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Autore: NPC_Stories    31/10/2021    1 recensioni
Inktober 2021 con la lista ufficiale, come sempre troverete storie dei miei personaggi originali nel mondo di Forgotten Realms.
Dovrebbero essere storie brevi (altrimenti come faccio a pubblicarne una al giorno?), ma chissà se ci riuscirò...
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Genere: fantasy
Note: sequel di Spark, prequel di Extinct


31. Risk


1375 DR, città di Waterdeep

Il tempio noto come Spire del Mattino, dedicato al dio Lathander, era uno spettacolo maestoso nella luce radente dell'alba. Costruito interamente di marmo rosa e sormontato da sette guglie di rame, argento e oro, era così splendido che perfino la piccola mezzo-demone non poteva evitare di restarne incantata. Si alzava sempre molto presto al mattino - tutti gli ospiti del tempio si svegliano sempre prima dell'alba, per essere presenti alla funzione religiosa - ma a differenza di tutti gli altri, non si recava nella cappella per entrare in preghiera. Era una cosa che la metteva un po' a disagio, com'era ovvio per qualcuno con sangue immondo nelle vene. Invece, si recava all'esterno per poter assistere allo spettacolo della cattedrale che veniva inondata dalla luce dell'alba e poco alla volta sembrava prendere vita. Il sole toccava prima le guglie di metallo, facendole risplendere, e poi accendeva il rosa delle pareti strappando quel colore delicato dal grigio della notte. Con l'alba, un edificio che sembrava solo inutilmente complicato diventava anche bello.

C'è da dire che i chierici di Lathander la assecondavano in questo suo capriccio. Non le facevano pressioni per assistere alle messe o per partecipare alle preghiere. Uno di loro la scortava sempre quando usciva dai suoi alloggi, ma sembravano tutto sommato soddisfatti di lei.
Dopo aver assistito allo spettacolo della pietra che prendeva colore nella luce, Alayne spostò lo sguardo sull'uomo che le stava accanto.
"Oggi andiamo a scuola?" Gli chiese.
"Sì. Chi te ne ha parlato?"
"È stata Chaneya, e lei sa tutto perché è una sacerdotessa. Ha detto che a scuola si imparano cose."
"È vero. C'è qualcosa che vuoi imparare, in particolare?"
La bambina ci pensò per qualche momento. "Voglio imparare a volare."
"Questo non è il tipo di cose che si imparano a scuola."
"Oh" mormorò delusa. "Ma io voglio imparare. Come posso fare per costringere i maestri ad insegnarmelo?"
Lo sguardo del chierico si indurì. "Non puoi. Non fare questo genere di domande. Le brave persone non costringono gli altri a fare cose."
Alayne ragionò su quel concetto per tutta la strada fra il tempio di Lathander e la sua nuova "scuola". Le sembrava una cosa illogica: costringere qualcuno a fare qualcosa era di sicuro il modo più veloce per ottenere quello che si voleva. Se le brave persone non lo facevano, allora le brave persone erano stupide.

"Questa è la scuola?" La alu-demone chinò il capo da un lato. "Sembra tanto un altro tempio."
"Lo è. Sei una ragazzina sveglia per la tua età." L'uomo le rivolse un'altra occhiata. "Quanti anni hai?"
"Quattro. E quindi sono grande" ribatté in un tono che diceva 'non trattarmi con sufficienza'.
Il prete decise di ignorare quello sfoggio di arroganza. "Dai, vieni."
Alayne però era stata distratta da qualcosa. In un angolo un po' defilato c'erano dei gattini che giocavano in modo buffo e davano la caccia agli insetti.
La bambina si lasciò distrarre da quella vista e si avvicinò ai gattini. Loro però, vedendola, scapparono in ogni direzione.
"Ooow" piagnucolò lei. "Perché sono andati via?"
Tomel, il chierico che l'accompagnava, addolcì un po' il suo cipiglio. Checché ne dicesse lei, era una ragazzina.
"Hanno paura delle persone. Per questo sono scappati."
"Ah." Lei ci pensò un momento. "Allora te ne devi andare."
L'uomo sospirò. "Hanno paura anche di te. Dai, adesso entriamo. Tornerai dopo a cercare i gatti."

Alayne cominciò una routine in cui ogni giorno veniva portata al tempio di Oghma, ufficialmente per studiare, ma in realtà soprattutto per essere studiata. C'era voluto del tempo per convincere suo Alto Splendore la gran sacerdotessa Ghentilara, ma alla fine anche lei aveva riconosciuto che non potevano comprendere pienamente la natura di Alayne senza l'aiuto dei chierici del dio della conoscenza.
Già tenere in vita Alayne era stata una scommessa, un rischio; ma l'idea di sopprimere una bambina, anche se mezzo demone, metteva a disagio i chierici del dio protettore dell'infanzia. Se c'era la possibilità di farla crescere con princìpi sani, facendola entrare in contatto con la sua parte umana a discapito di quella demoniaca, loro avevano il dovere morale di tentare. Per di più la piccola, da neonata, era stata esposta a energie sacre che avevano influenzato la sua natura, anche se in minima parte. Forse c'era speranza per lei.

Ogni giorno, dopo la "scuola", Alayne faceva una deviazione per andare a guardare i gattini.
"Ti piacciono così tanto?" Le chiese un giorno fratello Tomel, mentre lei osservava i piccoli felini a distanza.
"Non lo so" ammise lei dopo qualche secondo di riflessione. "Sì, sono carini, ma vorrei ucciderli."
Tomel si irrigidì. "Cosa?"
"Però se penso di farlo, sono anche un po' triste. Non so cosa fare."
Una adepta di Oghma, che era l'insegnante che si occupava dei bambini piccoli, aveva sentito il discorso e si avvicinò con discrezione.
"Come mai, Alayne?"
Tomel guardò la "collega" come se avesse perso il senno, ma una seguace di Oghma aveva un approccio diverso ai problemi: capire sempre perché.
"Uhm… non lo so." Ammise la bambina. "Non ci ho mai pensato."
"Che ne dici di rifletterci su e poi dirmelo?"
La piccola ci pensò in silenzio, poi annuì. "Sì. Ci devo riflettere" disse molto compita, dandosi arie da adulta.

"Ho capito" disse qualche giorno dopo alla sua insegnante. "Ho capito perché odio i gattini anche se mi piacciono. È perché stanno crescendo, e sono sempre meno carini. Mi fa arrabbiare. Ma se li uccido, smetteranno di esistere ed è peggio. Non lo so, però. Non so se è davvero peggio." Sporse il labbro inferiore in un broncio molto sentito. "Perché non possono restare carini e basta?"
La donna guardò Alayne con un sorriso conciliante. Tomel invece sembrava sorpreso, non credeva che ci fosse un motivo - di qualsiasi tipo - per quel sentimento irrazionale verso i gattini.
"Allora cosa ne dici di provare a disegnarli? In questo modo resteranno carini per sempre."
Alayne spalancò la bocca in un "oh" di stupore, ma poi annuì con entusiasmo. "Posso provare! Mi insegni a disegnare?"

Il primo tentativo della piccola alu-demone non riuscì un granché bello. Aveva occupato tutto un foglio di carta per il disegno di un singolo gattino, come viene naturale alle persone con un ego importante. Non fu soddisfatta del risultato.
"Non va bene!" Si arrabbiò, accartocciando la pagina. "Fa schifo! Io voglio creare cose belle" si lamentò.
"Dovrai portare un po' di pazienza, esercitarti tanto. La bravura viene con la pratica."
"Ma quei piccoli cresceranno in fretta" continuò a lamentarsi.
"Ne nasceranno altri. I gatti nascono ogni qualche mese, non si resta mai senza."
"Ah" Alayne divenne pensierosa. "Allora imparerò. Ma non posso ucciderne qualcuno, se ce ne sono tanti?"
"Non sarebbe molto giusto, ti pare? Ognuno di loro è bello a modo suo. Con che criterio vorresti decidere?"
Alayne ci pensò ancora per un po'. "Hai ragione. Non lo so. E poi tu e Tomel non volete, vero?"
"Tomel non vuole di sicuro. Io vorrei che tu fossi te stessa, ma personalmente la morte di un gattino mi renderebbe triste."
"Sarei triste anche io. Non so perché voglio ucciderli, a parte che cresceranno e diventeranno meno belli. Magari se imparo a disegnarli bene, mi passerà la voglia."
"Posso darti un consiglio? Disegnali più piccoli. Potrai far stare molti disegni su un foglio solo, e poi sui ritratti piccoli si vedono meno i difetti."

Alayne prese sul serio quel consiglio. Cominciò a disegnare tutto quello che avrebbe voluto uccidere. Erano soprattutto piccoli animali, fiori, ogni tanto perfino qualche bambino suo compagno di scuola.
Allo stesso tempo, cominciò a disegnarli sempre più piccoli.
Man mano che rifiniva la sua tecnica, Alayne aveva sempre meno bisogno di fare disegni piccoli per nascondere i difetti; faceva disegni piccoli solo per risparmiare spazio. Presto le sue miniature iniziarono a essere molto realistiche, con dovizia di particolari.
Prima dell'adolescenza era già una discreta artista, ma fu solo con la maturità sessuale che raggiunse il suo periodo artistico più florido. Se non altro, aveva un futuro come miniaturista. Era anche un lavoro che le permetteva di esercitare il controllo e la pazienza, due doti indispensabili per la passionale figlia di una succube.
Alla fine, l'abitudine che era cominciata come un mezzo per sublimare i suoi desideri violenti diventò anche un genuino interesse. Ad Alayne piaceva creare cose belle, tanto quanto le piaceva immaginare di distruggerle.
   
 
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