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Autore: JennyWren    03/11/2021    4 recensioni
Erano in anticipo, i microfoni erano ancora in fase di preparazione, le telecamere da posizionare e lo stuolo di giornalisti stava cominciando a prendere lentamente posto.
George osservava Paul dannarsi camminando in cerchio, percorrendo a lunghi passi la hall. Alzò lo sguardo su George con lo stesso sguardo di una madre preoccupata.
- Non c’è ancora – ripeté. Paul stava cominciando a dargli sui nervi. Controllò l’ingresso della sala conferenze e provava solo nausea per le inutili domande che gli avrebbero posto, per poi comunque travisare tutto. Dunque decise che per la sua pace mentale, avrebbe ignorato tutto l’accaduto e cercato di farselo scivolare addosso, nonostante le persone stessero letteralmente perdendo la testa.
Quando finalmente la porta si aprì, fece capolino prima Ringo, con l’espressione più cupa mai vista sul suo viso, e poi John, con l’espressione più angosciata mai vista sulla faccia della terra.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Epstein, George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Love is more than holding hands

I flash delle macchine fotografiche illuminavano a giorno l’abitacolo dell’auto che portava i due ragazzi in hotel.
George alzò il bavero del cappotto per schermare gli occhi, aveva cominciato a vedere a macchie, mentre Paul continuava a guardare il mattoncino di appunti con le risposte da dare; non voleva sembrare impreparato.
Svoltarono bruscamente l’angolo e tutti i fogli caddero sotto al sedile. – Mal! – urlò Paul spazientito, aveva impiegato più di un’ora a scrivere sui fogli di carta intestata della EMI. Mal Evans scelse di non dare peso a Paul, il ragazzo era nervoso e avrebbe reagito male, dunque continuò a guidare, cercando di scorgere l’Hotel.
 

Erano in anticipo, i microfoni erano ancora in fase di preparazione, le telecamere da posizionare e lo stuolo di giornalisti stava cominciando a prendere lentamente posto.
George osservava Paul dannarsi camminando in cerchio, percorrendo a lunghi passi la hall a passi cadenzati. Alzò lo sguardo su George con lo stesso sguardo di una madre preoccupata.
- Non c’è ancora – ripeté il chitarrista. Paul stava cominciando a dargli sui nervi. Controllò l’ingresso della sala conferenze e provava solo nausea per le inutili domande che gli avrebbero posto, per poi comunque travisare tutto. Decise, dunque, che per la sua pace mentale avrebbe ignorato tutto l’accaduto e cercato di farselo scivolare addosso, nonostante le persone stessero letteralmente perdendo la testa appiccando roghi e gettando la loro musica.

Quando finalmente la porta si aprì, fece capolino prima Ringo, con l’espressione più cupa mai vista sul suo viso, e poi John, con l’espressione più angosciata mai vista sulla faccia della terra.
Non appena lo vide, Paul si raggelò. Immobile come una statua, con il viso teso e il respiro strozzato in gola.
John alzò gli occhi vergognato e amareggiato. Sapeva che quell’intervista improvvisa e fuori programma stava stretta a tutti, e soprattutto che le sue parole avevano messo tutti nella peggiore delle situazioni. Non sapeva cosa dire e si limitò ad abbassare lo sguardo, voleva sedersi e aspettare, ormai bisognava solo provare a limitare i danni.
Aveva appena mosso un paio di passi quando si scontrò con il petto del bassista. Paul lo stava abbracciando, lì davanti a tutti gli stava stringendo la schiena e aveva appoggiato il viso sulla sua spalla.
John si aggrappò a quell’abbraccio, lo strinse così forte che sembrava volesse diventare una sola persona con lui, lo strinse e inspirò il suo profumo e sembrava non volerlo lasciar andare più.

Gli altri membri della band decisero di spostare l’attenzione su altro, era un momento troppo personale per starsene lì a guardare. George chiuse la tenda che dava alla sala piena di giornalisti e chiese al batterista di seguirlo fuori per una sigaretta.

Fu Paul il primo a sciogliere l’abbraccio, stirando poi le pieghe sulla giacca del chitarrista.
- Non dovevo, mi dispiace ti ho messo in imbarazzo – farfugliò sistemandogli il nodo alla cravatta.
John restò immobile e pensò a quanto Paul fosse innocente e ignaro dell’effetto che aveva su di lui. Scrutò il suo viso, le labbra disegnavano una curva all’ingiù. Le sue labbra non avrebbero mai dovuto disegnare una curva all’ingiù, pensò.
- Mi dispiace per quello che ho detto, credevo fossimo amici, credevo sarebbe rimasto tra noi e nessun altro – confessò amareggiato.
Paul scosse la testa. – Ora sistemiamo tutto – Tirò dalla tasca un mucchietto di fogli spiegazzati e John avrebbe voluto baciarlo lì davanti a tutti per quanto Paul gli sembrasse tenero.


La sala conferenze era piena, stracolma di giornalisti incazzati e non appena John fece ingresso nella sala, calò il gelo più totale.
I quattro Beatles si sedettero e Brian fece cenno di iniziare con le domande.
- John: Cosa ti ha spinto ad insinuare che i Beatles, un gruppo di quattro poco più che ragazzini, possano essere più importanti di nostro Signore? Sono i soldi, la fama, oppure il tutto viene dall’essere solo un…
- Basta così! – impose Brian Epstein, delle risate di scherno e uno scroscio di applausi si levò dalla sala.
John sentì la rabbia montare a ogni mano che batteva, ad ogni viso contratto dallo sdegno. – Io penso di aver detto – Paul lo interruppe.
- Quello che il mio collega sta cercando di dire è che quella frase è stata totalmente decontestualizzata. John credeva di parlare in confidenza con colei che riteneva essere una persona amica. Le sue parole sono frutto di una goliardica battuta detta nell’intimità di una casa e davanti ad una buona bottiglia di bourbon – Concluse Paul tutto d’un fiato, lo sguardo fisso sulla platea.

Un vociare arrabbiato si levò dalla sala e Brian scelse un altro giornalista.
Paul si rivelò essere preparato a rispondere ad ogni domanda, ad ogni ammiccamento, ogni provocazione in maniera egregia. John ne scrutò il profilo, gli occhi grandi erano tanto severi quanto sicuri di sé, aveva la voce ferma e tutto nella sua postura indicava una spavalderia e sicurezza tale da intimidire la platea.

Aveva preparato ogni risposta in maniera impeccabile e guardava fisso chiunque osasse insinuare qualcosa. Agli occhi di John, Paul rappresentava in quel momento mamma tigre che difende i suoi cuccioli, c’era qualcosa di animalesco ed intimo nel modo in cui Paul lo difendeva, a spada tratta, senza esitazione, senza avere il minimo dubbio, nonostante non fosse lì quando la fatidica frase era stata pronunciata.
John non riusciva a staccare gli occhi da lui e fu sorpreso quando sentì la sua mano scivolare vicino la propria. John la accolse, Paul la strinse e ancora una volta il cuore di John sembrò martellargli nel petto.
Davanti ad uno stuolo di giornalisti, Paul lo difendeva con i denti. 
Davanti ad uno stuolo di giornalisti incazzati Paul gli stringeva la mano.
Forse le cose da lì in poi potevano prendere una piega diversa, sperò John con tutto se stesso. 
Per il momento gli adava così. In quel preciso momento John si sentiva più grande ed importante di qualsiasi cosa vivente e non vivente potesse esistere. 
Si sentiva suo.


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Angolo autrice
Beh che dire? Ho trovato questa GIF e non ho resistito. 
L'episodio si riferisce alla famosa frase di John Lennon in cui affermò che in quel momento i Beatles fossero più famosi di Gesù. Frase che portò ad una vera e propria rivoluzione al tempo.
Spero che sia piaciuta almeno un pochino e che magari mi possa servire da sblocco per poter tornare a scrivere su questo meraviglioso fandom. 
With Love
JennyWren 
 

 
   
 
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