Anime & Manga > Akatsuki no Yona
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Autore: Calime    06/11/2021    2 recensioni
[What if dal cap. 159: Durante quella notte al palazzo di Saika, cosa sarebbe successo tra Hak e Yona, se Yun e i Draghi fossero corsi da loro più tardi?]
«Non volete proprio arrendervi, eh?» Ridacchiò.
Yona scosse la testa anche se lui non poteva vederla.
«Ormai vi ho atterrata» le appuntò, quasi annoiato.
«Ma non mi hai colpita!» replicò lei, bellicosa.
Hak sogghignò: «Avete ragione».
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Son Hak, Yona
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: What-if dal cap. 159. Durante quella notte trascorsa al palazzo di Saika, cosa sarebbe successo tra Hak e Yona se Yun e i Draghi fossero corsi da loro più tardi? (Sì, è un classico xD Spero sia comunque una piacevole lettura ♥)
Il titolo è preso da Collide di Ed Sheeran.





When you and I collide, you bring me to life






«Non vi salterò addosso, se è questo a preoccuparvi».
L’impeto di Yona si arrestò dinanzi al tono distaccato di Hak e per evitare di cadere rovinosamente a terra, rendendosi più ridicola di quanto già non lo fosse, afferrò con entrambe le mani i lembi dei drappi che nascondevano il letto.
Il letto allestito inequivocabilmente per due – c’erano due cuscini –, morbido, pulito e fresco di bucato. Il letto sul quale avrebbe dormito con Hak come era accaduto tante di quelle volte, certo, ma abituati ad avere un semplice arrangio, un riparo di fortuna o, quando potevano permetterselo, un’anonima sistemazione in qualche locanda, la ricercatezza emanata da quell’alcova l’aveva destabilizzata. Il buonissimo odore e i sontuosi decori delle lenzuola le ricordarono casa e gli agi in cui era cresciuta – il palazzo di Saika, d’altronde, non aveva nulla da invidiare a quello di Kuto.
Tuttavia, il giaciglio era troppo sfarzoso, troppo lezioso persino per i suoi gusti da principessina abituata ad essere circondata dal lusso. Le faceva respirare un’atmosfera molto intima, un’atmosfera a cui non era abituata a trovarsi in presenza di Hak.
Era un posto speciale da condividere in due, come la prima notte di nozze tra due innamorati.
La prima notte di nozze con… Hak?!
L’imbarazzo le attanagliò ancora una volta lo stomaco e Yona fu tentata di riprendere la fuga interrotta.
Quella prima impressione era stata poi confermata dalla domestica che aveva portato loro uno spuntino e un profumo per la notte, che, nonostante il vero utilizzo spiegatole da Hak, non aveva comunque sortito alcun effetto.
Attirare gli uomini… Quanto ingenua doveva essergli sembrata! Forse c’era davvero qualcosa che non andava in lei.
Non che avesse desiderato una sua reazione… O forse sì?
Il problema era soltanto il proprio: quella nervosa era lei, quella che voleva correre via a cercare Tae-Jun per dirgli chissà cosa era lei. Tutto le sarebbe andato bene, pur di non rimanere da sola con Hak in quel letto, pur di evitare che la testa le si riempisse di se e di immagini in cui non aveva mai indugiato prima e che non le avrebbero fatto chiudere occhio. In realtà, anelava un gesto, un cenno, un qualcosa da lui che la spronasse ad aprirsi quel poco che le serviva per confessargli i propri sentimenti. Così, con la forza di volontà che avrebbe racimolato da sé, non ce l’avrebbe fatta. Eppure, Hak si trovava lì, al proprio fianco da sempre, e talmente vicino che poteva prendergli la mano in qualsiasi occasione, poteva aggrapparsi ai suoi vestiti come faceva da bambina quando era turbata e troppo orgogliosa per ammetterlo.
E, tuttavia, era difficile. Semplicemente, sembrava essere stato eretto un muro tra loro e lei non riusciva a valicarlo, a fare qualsiasi altra cosa che non fosse sbatterci contro.
Sbatteva contro la mancanza di imbarazzo di Hak, contro ogni sua allusione a ciò che lui provava, a lei, a loro; la vergogna l’annichiliva e risultava impossibile ribattere.
«Principessa?»
Ma Hak poteva anche continuare a comportarsi come se niente fosse cambiato, lei poteva anche fingere e rimanere ferma davanti al muro, ma, in verità, tutto era cambiato.
«Prin-ci-pes-sa?»
Questa volta, la voce di lui arrivò direttamente all’orecchio di Yona, stordendola: Hak le si era avvicinato di spalle senza che lei se ne rendesse conto. La sorpresa ebbe l’effetto di farla saltare via e ruotare con così tanta forza su sé stessa che lui dovette afferrarla dalle braccia per evitare che si schiantasse sul pavimento. Ritrovarsi a pochi centimetri dal suo volto, dal suo sguardo di rimprovero, mentre elucubrava proprio su di lui, la riempì nuovamente di agitazione.
«Non stavate ascoltando». Hak sospirò e, sentendola riprendere l’equilibrio perso, la lasciò andare.
Yona distolse lo sguardo e si umettò le labbra, farfugliando una mezza affermazione.
«Ho detto che non dovete preoccuparvi poiché, per quanto possa desiderarlo, non alzerò un dito su di voi» scandì lui lentamente. «Non è questo a turbarvi?» domandò, osservandola con cipiglio curioso.
«No… Sì… No!» si affrettò a rispondere la principessa in un balbettio. «No!» ribadì, mentre il cervello continuava a confonderla riecheggiando nella propria testa le sue parole: “Per quanto possa desiderarlo… desiderarlo… desiderarlo…”.
«No, eh?» Hak non era convinto, ma la graziò: «Allora andiamo a dormire?»
Yona annuì meccanicamente, ancora imbambolata.
Lui incrociò le braccia al petto, pensoso. «Volete il bacio della buonanotte?»
La principessa strabuzzò gli occhi e avvampò e lui s’intenerì.
«Giusto», ricordò. «Avete detto che non sarebbe accaduto più».
Si riferiva al bacio che lei gli aveva dato nell’impeto del momento, Yona lo sapeva. Così come sapeva di essersi liberata di quel peso adducendo la scusa del “saluto”. Era un saluto, ed era vero. Però…
Però.
Hak scrollò le spalle e sbadigliò. «’Notte, principessa» la salutò, senza attendere la sua risposta.
Yona rimase a fissarlo mentre si sistemava sotto le coperte dal lato opposto in cui si trovava lei. Avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto dirgli qualcosa, qualsiasi cosa: buonanotte, oppure che era stata folle di gioia nel sapere che fosse lei la ragazza che gli piaceva, che non riusciva più a restare calma con lui vicino perché aveva il petto in tumulto, i sentimenti in tumulto e che avrebbe potuto quietarli solo lui.
Portò un palmo al petto e strinse fino a sentire le unghie graffiarle la pelle all’altezza del cuore che correva…
Ma non fiatò.
Hak si coricò sul fianco utile per darle le spalle e in quel momento, lontana dai suoi occhi davanti ai quali le era impossibile mentire, la tensione si sciolse e lei crollò sul letto. Serrò le palpebre e i pugni per riprendere fiato, respirando con affanno come se l’aria le fosse mancata per tutto quel tempo. Quando stabilizzò battito e fiato, alzò lo sguardo sulla schiena di Hak: l’immobilità del suo corpo portava a credere che fosse addormentato, ma lei non ne era così sicura.
Seppure fosse ancora sveglio, cosa avrebbe comportato? La lingua sembrava intorpidirsi quando si trattava di replicare alle sue provocazioni, o quando riusciva a racimolare abbastanza coraggio da iniziare un farfugliare che poi veniva prontamente troncato da un’improvvisa interruzione.
Ogni evento sembrava frapporsi tra lei e Hak, il momento non pareva mai essere quello giusto e poi… Poi, lei s’innervosiva.
Abbattuta, Yona si infilò tra le lenzuola alla ricerca di riparo e calore, ma la morbidezza e il conforto del futon non ebbero l’effetto di distenderle i nervi ed indurre il sonno. Di contro, la stanchezza era di colpo svanita e sentiva formicolare i muscoli così tanto che presto l’avrebbero fatta saltare via di lì come un grillo. Ad occhi sbarrati fissò il soffitto che ricambiò in silenzio il suo sguardo arcigno e si ancorò alla piega delle coperte che le arrivavano sotto il mento.
Stropicciò il tessuto tra le mani sudate. Ma come faceva Hak a rimanere tanto indifferente all’aria che crepitava lì dentro? Yona non era in grado di sovrapporre a quella delicata penombra, a quella luce soffusa che s’infiltrava tra i tendaggi, le notti tra l’erba, il terriccio e le pietre a cui erano abituati.
Come faceva? Le aveva anche detto candidamente di desiderarla, di volerla toccare – Yona divenne nuovamente paonazza… Cosa lo frenava?!
A quel pensiero emise un sottile squittio e nascose il viso sotto le coperte. Strinse le palpebre e la bocca in una linea di rimprovero nei confronti di sé stessa. Quelle pulsioni che Hak aveva risvegliato in lei erano sconosciute, così diverse dalla serenità e dalla leggerezza con cui aveva vissuto la sua prima cotta. Con Hak… Hak la destabilizzava, la confondeva, la irritava e la rendeva schiava della propria ingenuità.
Yona sbuffò e sbirciò da sotto le coltri nella sua direzione: il torace di lui si gonfiava ad ogni lento respiro e le sue spalle si alzavano appena seguendo quel lento ritmo. Sembrava realmente dormire e lei avrebbe dovuto fare altrettanto, ma la curiosità l’attirò fuori dal cantuccio in cui si era nascosta e si girò per poter osservare meglio. Non vi era nulla di misterioso in quello spettacolo, soltanto l’enorme mole di Hak che lei ben conosceva, che sempre le aveva fatto da scudo e da ombra; eppure, il cuore faceva le capriole al desiderio di provare se le proprie corte braccia sarebbero riuscite ad abbracciarlo in tutta la sua larghezza e se i suoi capelli, scomposti alla base del collo, sarebbero scivolati come acqua tra le proprie dita oppure sarebbe rimasta imprigionata tra le ciocche.
D’istinto, allungò la mano per sistemarli.
«Non lo farei, fossi in voi».
Yona sobbalzò, smise di respirare e bloccò ogni movimento al suono della sua voce. «S-Sei sveglio» sussurrò, tra l’interrogazione e la constatazione.
Hak si sollevò a sedere con un brontolio stanco, voltandosi verso di lei. Non confermò, non smentì, ma s’interessò delle sue condizioni. «Non riuscite a dormire?» domandò, guardandola dall’alto.
La principessa si sentì sopraffatta da come torreggiava su di lei, si sentì minuscola e, tuttavia, protetta. Le guance presero fuoco, eppure rimase con lo sguardo fisso in quello calmo di lui, traendo uno strano conforto dalla sua vicinanza. Tutto in lei pareva scalpitare, smaniare, per qualcosa, mentre la sua voce e i suoi occhi la ancoravano alla realtà; certo, la spegnevano anche di ogni buon proposito di confessione, ma lei li amava.
Lo amava.
«Chiamo Yun per cantarvi la ninna-nanna?»
«No!» sbottò. Era quasi, quasi, dispiaciuta di averlo involontariamente destato, dato che entrambi necessitavano di recuperare le forze… E, invece, lui si divertiva a prenderla in giro!
Yona serrò le labbra e gonfiò le guance di aria in un’ottima e credibilissima imitazione di Ao, che Hak trovò irresistibile. Ridacchiò: la principessa era così buffa, tutta arruffata e rossa.
«Ah! Mi farete diventare matto» sbuffò, tra il divertimento e la rassegnazione. «Dovrei essere io, quello che non riesce a prendere sonno con voi accanto. Cosa vi prende?»
In un gesto affettuoso, un po’ per consolarla un po’ per indurla a perdonarlo, le scompigliò i capelli sulla cima della testa e lei, fulminea, lo bloccò dal polso prima che si allontanasse.
Hak atteggiò la bocca in un tenero sorriso. La presa di lei accompagnò il piccolo spostamento in basso e lui poté accarezzarle un lato del viso, sulla sua guancia che quasi scottava sotto le nocche e i polpastrelli.
«Avete avuto un incubo?» chiese piano. Dedusse che quella fosse la causa più logica alla sua ricerca di contatto. «Sembrate inquieta e non avete fatto altro che rigirarvi tra le lenzuola».
Delicatamente, Hak la portò ad aprire il palmo per poter scivolarci sopra e cingerlo. Yona non oppose alcuna resistenza: il calore che le trasmise, la certezza che lui avrebbe spazzato via ogni inquietudine se lei l’avesse permesso, l’incrollabile fiducia che anche lui aveva in lei… Inspirò, sopraffatta, e l’avrebbe fatto.
L’avrebbe detto.
Che avrebbe voluto stare così, con lui, per sempre, che lui era l’unico a farla sentire viva e speciale, che avrebbe continuato a camminare sul filo teso della felicità se ci sarebbe stato lui a prenderla quando sarebbe caduta.
Voleva che lui la stringesse tra le braccia e non solo dalla mano.
Ma poteva? Forse Hak si era già stancato di lei… In fondo, aveva ignorato cosa lui provasse fino al momento in cui, esasperato, le aveva confessato ogni cosa per evitare fraintendimenti.
Yona mordicchiò il proprio labbro inferiore e abbassò le palpebre a mezz’asta, colpevole di aver fatto trapelare involontariamente la propria inquietudine, ma avrebbe dovuto aspettarselo da lui: era Hak e aveva sempre avuto quell’innata capacità di leggerle dentro.
Allora perché le sembrava di non riuscire a raggiungerlo? Se lui capiva così bene i suoi pensieri, perché non afferrava una cosa così semplice?
Tu per me sei una persona importante. In fondo, era come se quella volta lei avesse voluto esprimere a voce esattamente quel concetto. Eppure, non si erano capiti.
Hak le pizzicò una guancia, tirandole il muscolo facciale per procurarle di proposito una sensazione fastidiosa ma atta a riscuoterla dal torpore. Yona spostò d’impulso il collo indietro e finì con il procurarsi un dolore più forte, seppure lui mollò subito la presa.
«Ahia!» borbottò, massaggiandosi la zona dolorante e arrossata.
Hak fu flemmatico: «È colpa vostra che vi siete mossa».
La principessa non ebbe modo di ribattere e s’imbronciò, dandogli le spalle. «Buonanotte, Hak!»
Com’era possibile che passassero con così tanta facilità dai teneri gesti, quasi romantici, a battibeccarsi come due bambini, Yona era certa che non sarebbe riuscita a spiegarselo neppure quando sarebbero stati entrambi troppo vecchi da ricordarlo.
Hak esplose in una risata. Quell’atteggiamento altezzoso gli ricordò la principessina fiera e petulante che serviva al castello di Kuto. «Basta così poco a spegnere la vostra grinta, principessa?»
Yona irrigidì le spalle a quel commento e si raggomitolò su sé stessa, divisa tra la voglia di girarsi per osservarlo ridere e la testardaggine di tenergli il muso ancora per un po’.
Il primo impulso ebbe la meglio, poiché, in fondo, lei era una tosta. Era tosta e l’aveva detto anche Hak e il suono che aveva avuto quell’aggettivo ancora le sfarfallava dentro, sembrava come se quella scoperta lo avesse sorpreso e deliziato; per questo, alle orecchie di lei era suonato come un complimento e, in quanto principessa e donna, essere definita “tosta” doveva equivalere a un insulto alla propria femminilità. Sin da bambina, infatti, le era stato imposto di coltivare grazia, gentilezza, modi affettati e impeccabili; al contrario, viaggiava con sei uomini, dormiva sotto le stelle, tirava con l’arco e dava di scherma… Ed era diventata tosta. Era così tosta da impuntarsi sulle decisioni dei compagni, sugli eventi avversi, su qualsiasi cosa ritenesse potesse essere fatta secondo ciò che lei riteneva giusto.
Allora, Yona percepì un senso di rivalsa montarle dentro, che ben presto si trasformò nella velocità e nella forza con cui sfilò da sotto la testa il proprio cuscino e lo scagliò contro Hak.
Il colpo andò a segno ma, ovviamente, lui era una montagna inamovibile e non riportò alcun contraccolpo né fastidio: il cuscino lo colpì dritto in faccia e ricadde sulle sue gambe incrociate.
L’inaspettata mossa colse entrambi impreparati: Yona questionò sulla propria maturità e Hak sulla realtà dell’accaduto. Per qualche attimo si osservarono ammutoliti, stralunati e boccheggianti, come se faticassero a riconoscersi; poi, in un tacito e comune accordo di guerra aperta all’ultimo colpo di cuscino, si ritrovarono in un baleno a incrociare ognuno la propria arma imbottita.
«Non potete battermi, principessa!» sibilò Hak baldanzoso, anche se contrastare quel sorprendente slancio si stava rivelando più difficile del previsto. Le affusolate membra mascheravano bene il reale vigore della principessa, in particolar modo quando diventava cocciuta quanto e più di un mulo.
Yona rispose con un grugnito battagliero, ben poco femminile, mentre aumentava la pressione esercitata su Hak, e recuperò un po’ di terreno. Non poteva vincere contro di lui, era naturale, non era stupida… Tuttavia, nulla l’avrebbe fermata dal combattere fino all’ultimo sangue e farlo sudare per la vittoria.
Un’idea la illuminò d’improvviso e balzò in piedi scartando lateralmente per evitare Hak che, perso l’equilibrio, cadde disteso sullo stomaco. Fu lesto nel parare il colpo a tradimento che lei sferrò e sogghignò sornione.
La sua principessa era tosta. Tosta davvero. E molto furba.
Ma, d’altronde, era stato lui a insegnarle come sopraffare un avversario che la superava in forza, altezza e abilità. Ed era lui ad allenarla ogni notte, e giorno quando era possibile, poiché, se avesse imparato ad eguagliare la Bestia del Fulmine, allora nessuno avrebbe potuto torcerle facilmente un capello; avrebbe potuto difendersi da sola, proprio come desiderava. Aveva sconfinato dal compito affidatogli dal re Il, ma Kuto era lontana, sebbene fisicamente più vicina di quando se l’erano lasciata alle spalle in una forsennata fuga, erano lontani i suoi sfarzi e le risate che risuonavano tra le massicce mura; adesso si trovavano costantemente in pericolo: Koka aveva più nemici di quanto avessero potuto immaginare stando rinchiusi nel Castello… E, dopotutto, la destinataria della sua fedeltà incondizionata era sempre stata lei.
La principessa Yona.
La principessa Yona che aveva a cuore le sorti di un regno che le era stato strappato, che aveva la mira infallibile e i riflessi di un soldato, che era testarda e non si piegava dinanzi a nulla, che possedeva un’assurda tendenza a mettersi nei guai e al sacrificio da spaventarlo ogni volta che doveva assistervi impotente.
Voleva superarlo in astuzia? E allora le avrebbe dato quello che voleva.
Scattò in piedi anche lui e cominciò a sferrare un serie di colpi serrati che lei evitò con agilità e prontezza. L’orgoglio e l’amore, che sbocciarono nel proprio petto nel cogliere la mortale serietà, la passione e l’ardore sul volto di lei – era bella, bellissima –, minacciarono di renderlo cieco al cuscino che valicò le proprie difese.
Ma era quello che aveva atteso.
Hak agì in pochissimi attimi: si abbassò su un ginocchio e parò, infondendo tutta la propria potenza in quel solo braccio che utilizzò. L’altro sgusciò, nascosto dalla confusione della lotta, verso Yona per avvolgerle una caviglia.
La trasse verso di sé e lei cadde di schiena sul futon.
La principessa urlò più per la sorpresa che vero dolore: atterrò comunque sul morbido; ma, prima di poter rimettersi in sesto, Hak le bloccò le gambe tra le proprie e la sovrastò. Di nuovo, le venne in aiuto l’inaspettata velocità, soprattutto quando si trattava di fuggire da lui, e si coprì il viso con il proprio cuscino appena arrivò quello di lui, che, certo della vittoria, diminuì la potenza dell’assalto.
«Non volete proprio arrendervi, eh?» Ridacchiò.
Yona scosse la testa anche se lui non poteva vederla.
«Ormai vi ho atterrata» le appuntò, quasi annoiato.
«Ma non mi hai colpita!» replicò lei, bellicosa.
Hak sogghignò: «Avete ragione».
Sentendo il cambio di pressione su di sé e l’impercettibile spostamento di lui, anche attraverso la rigidità delle cosce che le impedivano di scappare, Yona comprese e acuì tutti i sensi per anticipare la sua prossima mossa. L’aveva provocato e Hak non si sarebbe tirato indietro.
Infatti, cominciò una raffica di affondi: a destra e lei parò, a sinistra e lei lo fermò, sopra e tornarono alla posizione iniziale e, infine, dietro. Il blocco da lui imposto riduceva i movimenti della principessa e Hak credeva di avere la vittoria in pugno quando provò a colpirla sui piedi.
E, tuttavia, Yona sfruttò quello svantaggio; piuttosto che andargli incontro, provò ad attaccarlo mentre lui era intento a fare lo stesso.
«Oh, c’è mancato poco» soffiò Hak, ridendo sotto i baffi.
La principessa sbuffò di disappunto, digrignando i denti: non ce l’aveva fatta. Hak era davvero un mostro, un vero talento, era la famosissima e temutissima Bestia del Fulmine a ragione e, se riusciva a rivaleggiare contro la gamba di Jae-Ha e l’Artiglio del Drago di Kija, chi era lei per riuscire a batterlo? Non poteva competere con le sue innate capacità, né con la sua esperienza.
Hak parve intuire la sua amarezza e si affrettò a battere amorevolmente una mano sulla sua nuca. «Siete stata brava, principessa» la lodò in tono sinceramente colpito. Era stupefacente osservare i suoi progressi: anche in una semplice lotta con i cuscini lei aveva messo impegno e testa.
Yona sospirò sconsolata, ma accettò le sue oneste parole. Aveva ancora l’obiettivo di raggiungerlo, un giorno, e, se non fosse riuscita ad arrivare alla sua altezza, avrebbe voluto almeno essere una persona su cui Hak potesse contare durante uno scontro, voleva guardargli il fianco e le spalle e… Le sembrava di essere ancora al punto di partenza.
Certo, la principessina che aveva bisogno di aggrapparsi alla sua schiena per vedere il mondo fuori dal Castello di Kuto non c’era più – adesso, camminava in mezzo alla gente e poteva dire di conoscere il regno, almeno un po’ e meglio di prima –, eppure faticava a stargli dietro, faticava a esprimere ciò che pensava, né aveva il coraggio di dirgli che ricambiava i suoi sentimenti, che lo amava già da tempo.
Che lui aveva il dono di renderla felice. Immensamente felice. Così tanto da esserne sopraffatta.
Hak sciolse l’irrigidimento delle gambe, divaricandole per consentire a Yona di muoversi di nuovo.
«Ti arrendi?» chiese lei, confusa.
Lui rise. «Credevo che voi vi foste arresa».
La principessa arrossì. In effetti, non l’aveva dichiarato a voce ma, nei fatti, la resa appariva tale e, non fosse bastato quello, sarebbe stato infantile negare la propria disfatta. Sospirò e accettò la sua mano quando giunse ad aiutarla a sollevarsi.
Hak le si sedette accanto. «Avete male da qualche parte?» indagò.
Yona fletté arti superiori e inferiori, si massaggiò il collo e scosse la testa. Era giusto un po’ indolenzita per la caduta e intorpidita alle gambe; non c’era motivo che Hak fosse così apprensivo, come quando lei accusava qualche acciacco alla fine di un allenamento in cui lui aveva dovuto impegnarsi di più per seguire i suoi progressi.
Allora, realizzò: «Ti ho messo in difficoltà». A mente fredda, era così ovvio: l’aveva portato a giocare ogni carta che aveva in mano per vincere. Certo, lei non avrebbe potuto replicare la stessa strategia poiché Hak non si sarebbe smosso neppure trainato da cento cavalli, ma… il concetto era lo stesso.
Euforica, si illuminò e animò tutta. Hak! Hak! Sono stata brava, Hak?
Si voltò verso di lui e lo trovò riverso su un fianco, con un braccio sotto la testa e l’altro rilassato sull’anca, che la guardava con espressione divertita e compiaciuta, un accenno di sfida nello sguardo e nella curva delle labbra. Incrociare i suoi occhi la lasciò frastornata: quelle iridi di un profondo e quieto blu appartenevano a Hak, lei le conosceva, vi si era persa tante di quelle volte… Erano gli unici occhi che riuscivano a scandagliarle l’anima e pompare più sangue nelle vene.
Eppure, le parve di non aver mai colto quel luccichio dolce, dispettoso e, al tempo stesso, maturo e sicuro.
Lui era sicuro. Era saldo in quello che provava e forse, in tutti quegli anni che non era riuscito a contare, in tutti quegli anni che lei aveva vissuto nell’inconsapevolezza, non erano vacillati in nessuna occasione, in nessun modo, per nessun motivo.
Ma lei, di motivi, chissà quanti gliene aveva dati…
«Mi piaci».
Si accorse di averlo pronunciato a voce alta quando Hak allargò le pupille e si immobilizzò.
Yona aprì e chiuse la bocca, interdetta. «Io… Io-io intendevo-» incespicò, terrorizzata. «Vado a vedere se Zeno e gli altri hanno bisogno di qualcosa!» Arrangiò una scusa e saltò in piedi. E sarebbe fuggita a gambe levate, se Hak non l’avesse afferrata e strattonata da un braccio.
Emise un debole grido, ma sapeva che si sarebbe ritrovata soltanto tra le sue braccia, contro il suo enorme petto, al riparo da qualunque pericolo… tranne i propri sentimenti. E Hak l’avvolse come se fosse l’unica e l’ultima volta in cui avrebbe potuto farlo: seppellì il viso nell’incavo tra spalla e collo e inspirò; poi, vi si appoggiò con la fronte, stanco, e i capelli le provocarono un leggero solletico.
Stava tremando.
«Hak?» sussurrò Yona, accorta. Le era impossibile portare alla mente un accadimento simile e questo la sconvolse: Hak era indistruttibile, non poteva essere stata lei la causa di tanto smarrimento, ma la stringeva convulsamente, con un bisogno viscerale che le schiacciò il petto.
Piano, poggiò una mano sul suo braccio contratto e dolcemente lo accarezzò nel tentativo di calmarlo. Per fortuna, la sua stretta non le impedì di compiere il mezzo giro utile a poterlo guardare negli occhi.
«Hak» provò una seconda volta e fu sollevata di udire fermezza nella propria voce, poiché la sua espressione sofferente la ridusse sull’orlo delle lacrime.
Yona allungò un braccio per distenderla e Hak le baciò il palmo. Allora, prese un respiro e deglutì il nodo alla gola, chiuse gli occhi e si issò sulle punte, e premette le labbra contro quelle di lui con tutta la delicatezza di cui era capace. Per la prima volta, ebbe paura di ferirlo, di spezzarlo, che l’invincibile Bestia del Fulmine potesse sgretolarsi tra le proprie mani.
«Anche questo è un saluto?» Il tono di Hak grondava così tanta amarezza da farle male. «Volevate davvero il bacio della buonanotte?»
Non c’era divertimento. Adesso gli doveva la verità e Yona scosse la testa, incapace di emettere alcun suono. Non era un saluto, non era il bacio della buonanotte… Lei voleva baciarlo. L’aveva desiderato anche allora ma, soprattutto, ne aveva bisogno in quel momento – ne avevano bisogno entrambi.
Hak inspirò a denti stretti e l’agguantò. La tenne ferma dal viso e si appropriò della morbidezza della sua bocca, quando si schiuse contro la propria, del sapore di lei che aveva appena avuto il tempo di assaggiare nell’unica occasione che gli era stata concessa e di cui non conservava che un labile ricordo a causa dello stupore provato e della fugacità del contatto, dei suoni che lei emetteva mentre la baciava come un disperato.
Avrebbe dovuto essere gentile e paziente e lasciarle il tempo di imparare, di gustare la sensazione, ma la sete era troppa, la fame era troppa, e lei era finalmente lì, a sua completa disposizione.
Quando le permise di respirare, Yona quasi si divincolò in un gemito. «Hak».
«Ditelo di nuovo» le ingiunse lui.
La principessa sgranò gli occhi e negò con la testa, stordita dalla passione appena provata.
Hak, insaziabile, la cercò ancora: le succhiò e leccò il labbro superiore, facendole sfuggire un mugolio. Tracciò con la punta della lingua anche il resto della sua bocca e Yona rispose incontrandolo timidamente a metà strada, azzardando un assaggio che lui sfruttò per invaderla. Le abbassò il mento per un miglior accesso e portò le loro lingue ad intrecciarsi, soffocando ogni suo lamento, destabilizzandola tanto da aggrapparsi a lui con tutte le forze, persa e tremante.
«Ditelo» ringhiò Hak, ma assomigliava più ad una supplica.
«Mi piaci» emise lei con voce strozzata. «Hak, mi piaci» sospirò, rincorrendo i suoi baci. «Ti amo» rantolò e le gambe cedettero per il sollievo e la gioia che provò nell’essere stata finalmente sincera e diretta.
Ma c’era Hak, c’era sempre stato Hak, e poteva lasciarsi andare.
Caddero insieme sul futon. Lui le fece da protezione per attutirle l’impatto e lei si dimenò per sincerarsi che stesse bene, per riprendere il fiato che le stava togliendo senza pietà e comprendere cosa stesse accadendo… Di contro, Hak le affondò le dita tra i capelli riportandola con smania su di sé.
«Ah-Aspetta!» La principessa tentò di ribellarsi ma con scarsa convinzione. E, quando lui parve ascoltare le sue preghiere, fu la prima a riacciuffare la sua bocca con un piccolo “no”.
Hak sorrise tra le sue labbra per quella foga. Essere il destinatario della sua testardaggine era esaltante e decise di godersi il momento: abbandonò la testa sul letto, immolandosi a lei affinché potesse essere libera di seguire l’istinto. Yona salì carponi su di lui, assuefatta dal suo sapore e da come, con semplici pressioni e sferzate, potesse ridurlo ad un ammasso di muscoli senza volontà, a parte quella di servirla e farsi seviziare. Era tutto così irreale, tutto così diverso dalle innocenti fantasie che aveva covato da ragazzina e che aveva sperimentato anche con lui: dei tocchi brevi e delicati, appena sfiorati, sulle guance o sulle labbra. I baci di Hak la lasciavano frastornata: era piacevole sfregare le bocche tra loro, incastrarle per lunghi e sognanti attimi, morderle e tirarle piano in un gioco stuzzicante. Non sapeva che potessero essere così umidi e così lunghi da mozzarle il respiro, non così esaltanti e così sfacciati: Hak roteava la lingua contro la sua con lascivia, la utilizzava per esplorarla e, quando lei lo imitò, le racchiuse la punta tra le labbra per suggerla e farle perdere lucidità.
Quel suo modo, a tratti affamato e a tratti premuroso, di baciarla la rese prigioniera. Era soggiogata dal calore che le aveva invaso il ventre e il corpo e che le scioglieva il sangue, ma anche Hak pareva preda di quel turbinio di emozioni, anche Hak era accaldato e affaticato e lei voleva averne di più, più del suo respiro, più del suo amore, più di lui. Alla ricerca di un appiglio, allentò la presa sui suoi abiti e allargò le mani sui suoi pettorali, tastandone la solidità attraverso la stoffa. Sotto le dita percepì il suo cuore che galoppava veloce, velocissimo, come il proprio, e si emozionò, si eccitò. E, spronata da quella scarica di adrenalina, risalì lungo il collo scoperto, strofinando la sua pelle calda con i polpastrelli e le unghie.
Hak la inspirò come impazzito e Yona dovette sostenersi dai suoi capelli, scoprendo finalmente cosa avrebbe provato a far scorrere le dita attraverso quei fili scuri. Erano sottili e le scivolavano via dalla presa.
Poi, andò giù e fu in quel momento che Hak tornò abbastanza in sé da realizzare cosa sarebbe successo se avesse permesso alla principessa di toccarlo ancora direttamente, se si fosse azzardata a valicare i confini dei vestiti, sebbene sarebbe stato il primo a volerlo, e intervenne. La prese delicatamente dalle spalle per spostarla – e lei gli si aggrappò temendo che la volesse allontanare – e la portò giù, distesa sulla schiena. Le gravò sopra per il necessario a starle il più vicino possibile e tenere nel frattempo un’adeguata distanza per resistere alla tentazione di fondersi con lei. A supporto, le allargò le braccia e intrecciò le dita a quelle di lei, serrando.
«Stringete». Sarebbe stata lei, la sua bussola per non smarrirsi.
Yona lo guardò con occhi illanguiditi. «Non voglio» protestò.
Hak abbozzò un sorriso. «Credo che non vorreste neppure quello che farei in caso contrario».
La principessa distolse lo sguardo, ma non replicò. Sapeva, in teoria e per sentito dire, cosa intendesse Hak, quale fosse l'altro significato di dormire accanto alla persona amata e, lui aveva ragione, non era sicura di essere pronta a compiere quel passo, sebbene tutto quell’ardore stesse facendo risuonare segrete corde dentro di lei.
Spasimava per il suo fiato caldo e rotto tra i capelli, che le accendeva le guance e il sangue, e per i brividi che lui le procurava con quel tono basso e rauco, finora sconosciuto, e che la portava a cercare le carezze che le aveva negato. Voleva tornare a riempirsi le mani di lui, così come di lui erano saturi tutti gli altri sensi e, così, ricambiò la sua presa.
Hak allora le sfiorò la bocca con la propria, all’inizio con delicatezza e, solo dopo aver saggiato quanto turgide fossero diventate le labbra di lei, s’intrufolò all’interno. Yona infuse nel bacio la stessa frustrazione, tenendosi a lui come richiesto, con così tanta forza da ricordargli di aver appena avuto quelle piccole ed allenate mani addosso e tutti quei segni, che lei stava imprimendo sui suoi dorsi nell’impeto, avrebbero potuto essere altrove.
Ovunque. Le sue mani, i suoi graffi. Ovunque.
«Solo un po’» la pregò in un ansito, sragionando, e scese a leccarla sotto il mento. «Soltanto un altro po’».
La assaggiò ancora una volta e Yona si agitò alla scossa che arrivò dritta al bassoventre, rendendola consapevole del bisogno che aveva di lui e che la condusse ad arcuarsi verso l’alto, verso il suo corpo massiccio che la schiacciava.
E allentò la presa sulle sue mani.
«Stringete» masticò tra i denti Hak.
Un singhiozzo, che assomigliava al nome di lui, fuoriuscì dalle labbra di Yona mentre obbediva. Hak mugugnò in approvazione e strusciò sensualmente la bocca lungo il collo di lei, scendendo pericolosamente fino all’ostacolo degli abiti.
Come facevano gli uomini ad impazzire per dei banali cosmetici? Era l’odore naturale della principessa, mischiato alla fragranza dei saponi con cui si era lavata, ad essere afrodisiaco.
«Siete sensibile qui» soffiò nel punto bagnato dalla propria saliva e la principessa rabbrividì, tenendosi alle sue mani. «Bene» affermò e provò a succhiare.
Yona dischiuse le labbra in un urlo muto, reclinò indietro la testa, facilitandogli il compito di solleticarle ogni angolo che riusciva a raggiungere, e Hak…
Hak si fermò. «Sta arrivando qualcuno» proruppe, scostandosi da lei.
La principessa serrò le palpebre e le labbra, aspirando una profonda boccata d’aria per arginare l’improvvisa insoddisfazione e riprendere il controllo di sé.
Hak aggrottò la fronte riconoscendo il rumore di passi concitati in avvicinamento e continuò, più tranquillo: «Sono i Draghi e Yun». E, per quanto gli piacesse vederla riversa sul letto, con i capelli scompigliati, gli occhi lucidi, le gote arrossate e le labbra gonfie a causa sua, l’aiutò a issarsi.
Yona sospirò e, preoccupata che potesse essere successo qualcosa ai ragazzi, volse lo sguardo verso i tendaggi. Stava per alzarsi e correre loro incontro, quando percepì le dita di Hak sistemarle i capelli.
Non aveva immaginato di essere in disordine e si rimproverò: dopo la lotta con i cuscini e dopo che Hak li aveva stretti e tirati e… Si infiammò e portò precipitosamente le mani tra i capelli per domarli lei.
Hak la lasciò fare, osservandola teneramente mentre si affaccendava a rimettersi in condizioni presentabili. Era dannatamente carina e sarebbe rimasto lì fermo in beatitudine per ore, giorni, mesi e anni, ma senza uno specchio non avrebbe potuto fare molto; così, l’aiutò dove poteva: sistemandole alcune ciocche davanti a coprirle il collo. Yona abbassò lo sguardo, confusa dai suoi movimenti, e trovò dei puntini rossi a interrompere il candore della propria pelle.
Prima impallidì e poi prese letteralmente fuoco.
Lui si grattò la nuca e si schiarì la gola con un colpo di tosse. «Sembrerebbe che vi abbia appena assalita» commentò.
Yona sobbalzò con un piccolo ansito e si voltò di scatto verso di lui con aria smarrita. Poteva dargli ragione, ma non sarebbe stato completamente vero: lei non aveva opposto molta resistenza… Tuttavia, sarebbe stato troppo imbarazzante ammetterlo.
Lo sorprese assorto, con la solita aria calma e impassibile, ma c’era un leggero rossore a smascherarlo e un angolo delle labbra era appena piegato verso l’alto: Hak appariva sia dispiaciuto che enormemente soddisfatto di quello che aveva fatto.
Allora, la risata le sfuggì incontrollata. Tentò di attenuarla soffocandola con le mani, ma non funzionò: era troppo felice, troppo euforica e il cuore le sarebbe esploso nell’arginare tutte quelle emozioni.
«Non ridete» la redarguì Hak, ma stava sorridendo. La colpì giocosamente sulla fronte e scese ad accarezzarle il viso, sfregandole il pollice sullo zigomo sollevato e arrossato.
«Raiju!»
Entrambi si voltarono di scatto verso Yun che aveva appena fatto irruzione nella camera con i Quattro Draghi al seguito. Dal suo tono allarmato e l’espressione terrorizzata risultò evidente che non arrivati ad augurare loro la buonanotte.







   
 
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