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Autore: Mo0ny_    11/11/2021    0 recensioni
[KageHina, artistAU]
Hinata è un artista incerto sul suo stile di disegno. Kageyama è un musicista sicuro di quello che vuole comunicare. È il loro incontro a dare sicurezza all'uno e a mettere in confusione l'altro.
Dal testo:
"La sua attenzione non venne catturata all’istante. Ci volle un po’ perché il suono del piano, della chitarra e della batteria arrivassero all’orecchio di Hinata. Sentiva il cuore stringersi in una morsa malinconica. Si guardò intorno ma non leggeva negli altri la stessa emozione. Le note rockettare erano intrinseche di un’energia di cui Hinata si sentì rapito.
Vide colore."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccole e doverose spiegazioni: c’è stato un periodo in cui ero fissata con il basso ma, ahimè, quel periodo è un po’ lontano. Ho rispolverato le varie informazioni di cui ero a conoscenza sperando di non aver detto nessuna cavolata. Per quanto riguarda Hinata, ho immaginato uno stile di disegno simile a quello di Gio Quasirosso. Non dovrebbe esserci nulla da aggiungere, buona lettura!
 
 
Di come colori e note, parlarono
Parte 1
 
Se gli avessero chiesto cosa rappresentasse per lui l’arte, probabilmente avrebbe risposto con “Gwaaaah!”.
Gli occhi ambra brillavano ogni volta che aveva la possibilità di esprimersi con una matita, colori e fogli di carta. Amava dare pennellate decise alle tele, amava vedere le sue emozioni prendere forma. Non ci aveva pensato due volte, dopo il liceo si era immediatamente iscritto all’Accademia di Belle Arti per poter rendere la sua più grande passione il suo motivo di vita.
Se gli avessero chiesto come l’arte lo facesse sentire in quel momento, i suoi occhi non avrebbero più brillato di genuina luce.
Seduto davanti alla sua scrivania provava a ricreare le ossa e la muscolatura presenti sul libro con scarsi risultati. Era inutile: l’anatomia non faceva per lui. In realtà… Nemmeno la prospettiva. Invidiava Tsukishima che riusciva a creare corpi sinuosi senza particolari sforzi e ancor di più Yaichi per i suoi bellissimi paesaggi. Passò una mano fra i ricci rossi, stanco e deluso.
L’arte era il suo sogno più grande, la sua aspirazione massima.
Eppure, in quel momento, si sentiva solo un fallito.
 
-Avanti Sho! Vieni con noi! –aveva chiamato Bokuto per distrarsi da quei sentimenti contrastanti, da quel senso di estraneità che l’arte rappresentava ora per lui.
-Non posso, ho dei compiti da finire, accidenti –Lo aveva invitato a bere qualcosa insieme in un noto locale dove successivamente si sarebbe esibita la band di cui faceva parte il suo ragazzo. Aveva parlato poche volte con Akaashi proprio perché non era molto estroverso (e il fatto che fosse il ragazzo di Bokuto lasciava sempre tutti di stucco). Chissà come c’era finito a suonare in una band…
-Sho, a me non sembra che il tuo studio matto e disperato stia dando buoni risultati –Quell’affermazione lo fece sentire come se fosse stato appena sconfitto. –E poi come dovresti riuscire a disegnare qualcosa senza alcuno stimolo creativo?! –Shoyo sospirò grattandosi i folti capelli ricci. Poteva vederlo il sorriso vittorioso di Bokuto! Si sarebbe sentito sicuramente in colpa per quello che stava per fare.
-Va bene, a che ora? –si era appena condannato a sognare stupidi scheletri che lo rimproveravano per non impegnarsi abbastanza.
 
Il locale non era male. Certo, da quando era entrato in Accademia prediligeva i bar pressoché sconosciuti e poco frequentati dove potersi sedere senza essere disturbato dal pericolo di bambini o camerieri con troppi liquidi nei bicchieri ma il suo animo sempre allegro e in cerca di movimento amava quel posto! Le poche luci soffuse, i tavolini piccoli di vetro, la musica non troppo alta e la pista da ballo… Da quando non usciva esattamente?! Vi era un palco che sembrava quello da stand up comedy degli anni ’50: con le tende rosse e il pavimento in legno.
-Sho! Siamo qua! –l’urlo di Bokuto che lo stava salutando con le braccia in aria lo ridestò da quell’eccitazione crescente. Kuroo lo salutava seduto su un puff dietro al tavolino. Entrambi indossavano camicia e pantaloni. Non sapeva come gli altri riuscissero a sopportare le camicie. Aveva sempre preferito un  abbigliamento più comodo, che non lo soffocasse. Proprio per quello aveva addosso una semplice t-shirt bianca e il giubbino di jeans. Si avvicinò ai suoi amici salutandoli con un gesto della mano.
-Guarda chi è uscito dal mondo dei morti viventi! –si sentiva praticamente ogni giorno con i suoi amici, ma non usciva con loro da molto. Incassò la battuta fatta da Bokuto.
-Eh già, almeno sono del tutto integro –si sedette anche lui su un puff. –Kenma? –chiese convinto che sarebbe stato il quarto membro di quell’uscita.
-Musica, contatto umano e lontananza dai videogames. Piccoletto, nemmeno la tua presenza lo avrebbe portato in questo posto –Sorrise pensando che Kuroo non avesse poi tutti i torti. Certo che gli avrebbe fatto piacere rivederlo. Chissà la ricrescita a che punto era arrivata.
-Come va con gli studi Sho? –Ringraziò il cameriere per essere arrivato a prendere le ordinazioni. Non sapeva proprio come rispondere a quella domanda. Sentiva che per esprimersi avesse bisogno dell’arte nella sua vita e contemporaneamente sentiva ormai quelle matite e colori troppo stretti per lui. Che avesse sbagliato a conseguire gli studi artistici?!
Ordinò un tramezzino al tonno e un mojito. Chiacchierò con gli altri del più e del meno. Bokuto li informò che mancava poco per conseguire la laurea e che era un periodo piuttosto stressante. Kuroo doveva ancora dare degli esami prima di poter iniziare a pensare alla tesi, pensava anche di prendere la specialistica. Hinata sorseggiò il suo cocktail facendo solo qualche sorriso di circostanza. Si sentiva sempre un pesce fuor d’acqua all’interno della sua famiglia e nel gruppo dei suoi amici quando si affrontavano quegli argomenti.
-Eccolo! AKAASHIII! –Rise con Kuroo nel vedere l’entusiasmo di Bokuto che corse ad abbracciare il suo ragazzo e ad augurargli buona fortuna. Il palco era stato arricchito, nel frattempo, da microfoni e strumenti vari. –Ragazzi venite qua! –
Kuroo si alzò per raggiungerlo e Hinata lo seguì. Salutò con un cenno della mano Akaashi, vestito con semplici pantaloni scuri e una maglietta nera con su scritto “Setter Soul”.
-Agitato? –sentì Bokuto chiedergli. L’altro alzò le spalle ma muoveva nervosamente il piede a terra.
-Non più degli altri giorni. –
-GUARDA QUANTA GENTE! –Un ragazzo con il ciuffo biondo osservava il tutto con la testa fuori dalla tenda rossa.
-Miya, rientra dentro! Dov’è Akaashi?! –Chiese qualcun altro con voce di rimprovero.
-Sono qui Suga-San! Arrivo –
-Porta una birra! –
-Oikawa! Non è il momento –Akaashi si girò a guardare Bokuto scoccandogli un bacio sulla guancia. –Ci vediamo dopo. – e sparì dietro la tenda
-Buona fortuna! –urlarono Kuroo e Hinata e qualcuno della band urlò: “Crepi!”. Il trio tornò al loro posto con Bokuto saltellante e particolarmente felice per il bacio che aveva ricevuto in precedenza. Quanto gli erano mancate quelle serate!
Tempo di tornare che il presentatore annunciò l’inizio della serata accogliendo la band, i “Setter Soul”. Partì un applauso generale.
-Potevano trovarsi un altro nome… -Gli bisbigliò Kuroo nell’orecchio facendo ridere Hinata. Da dietro la tenda uscirono tutti i membri della band. Non ne conosceva nessuno se non Akaashi, tornò a dedicare attenzioni al suo cocktail. Sbuffò notando che il ghiaccio si era sciolto rendendo il sapore della menta meno intenso oltre che la soda meno frizzante.
La sua attenzione non venne catturata all’istante. Ci volle un po’ perché il suono del piano, della chitarra e della batteria arrivassero all’orecchio di Hinata che non voleva altro che estraniarsi dal mondo. Alzò lo sguardo verso il palco. Fu catturato dalle movenze del batterista: dettava il ritmo che diveniva sempre più energico mentre i capelli grigi gli coprivano completamente lo sguardo. Il piano suonato da Akaashi sembrava rispondere alla batteria. Regalava dapprima una dolcezza che riscaldava il cuore, che dava un senso di calma. E poi il suono diventava sempre più grave, come se qualcosa si stesse rompendo. E attaccò poi la chitarra elettrica suonata dal ragazzo dal ciuffo biondo. Donava ancor di più il senso d’angoscia, di malinconia non più celata. Il cantante iniziò allora a dare sfogo a quel dolore. Hinata sentiva il cuore stringersi in una morsa malinconica. Si guardò intorno ma non leggeva negli altri la stessa emozione.
Improvvisamente la musica cambiò: era speranza, gioia e voglia di ritornare a vivere e respirare. Le note rockettare erano intrinseche di un’energia di cui Hinata si sentì rapito.
Vide colore.
Provò l’impulso di afferrare lo sketchbook e iniziare a disegnare quello che sentiva, tutte le emozioni che il suo cuore stava avvertendo. Ma non lo fece. Troppo assorto da quello che la musica stava raccontando. Tuttavia… nonostante la musica fosse un crescendo di energia positiva, vi erano delle note che sembravano voler dire altro. Come se fosse tutta un’illusione. Come se da un momento all’altro potesse accadere qualcosa di spaventoso. Fu allora che vide il quinto membro della band, il bassista. Suonava nella penombra e non sembrava sciolto come gli altri che ballavano a ritmo. Era vestito anche lui con la maglietta che portava la scritta “Setter Soul” e pantaloni scuri, il ciuffo corvino gli copriva il viso. Lo strumento di un intenso blu era l’unica cosa che gli dava colore.
La musica cessò e l’applauso che ne seguì fu rumoroso.
Applaudì anche lui non potendo non notare quanto il bassista sorridesse compiaciuto.
-Bokuto –l’amico si girò verso di lui. –Sai come si chiama il ragazzo corvino? –Ci pensò un po’.
-Ho parlato poche volte con lui, credo si chiami Kageyama –
 
 
Hinata si svegliò la mattina seguente sul foglio e sporco di acquerello blu sulla guancia destra. Qualche macchia vi era anche sulla T-Shirt bianca. Aveva il collo dolorante e la schiena a pezzi. Guardò il disegno che aveva realizzato la sera precedente e trovò immediatamente il sorriso. Era rincasato tardi e si era gettato subito sulla scrivania a realizzare quell’illustrazione. La conservò nel cassetto, conscio che forse avrebbe dovuto aggiungere qualche nuovo dettaglio. Guardò il telefono notando che Bokuto gli aveva spedito qualche messaggio.
 
“Avevo ragione! Si chiama Tobio Kageyama”
 
Guardò poi Instagram dove l’amico gli aveva mandato il profilo del diretto interessato. Sarebbe bello rivederlo, pensò. La sua musica era formidabile, l’avrebbe ascoltata per ore! Ma cosa gli avrebbe detto?! Come avrebbe iniziato la conversazione?!
Il telefono suonò ulteriormente e di nuovo per via di un messaggio di Bokuto.
 
“Stasera suonano di nuovo ;) Vuoi l’indirizzo?”
 
Si affrettò a rispondere che aveva bisogno anche di una buona compagnia.
 
 
E così, anche quella sera, Hinata si fermò ad ascoltare la musica dei Setter Soul. Il locale era più piccolo e con meno gente, cosa che Miya (così si chiamava il chitarrista) non aveva fatto a meno di far notare. Le canzoni erano uguali a quelle della sera precedente, eppure Hinata ne avvertiva nuove sfumature, nuove emozioni. Nuovo colore.
-Vieni! Ti faccio conoscere la band! –aveva detto a fine serata Bokuto trascinando il rosso. –AKAASHI! –gridò appena oltrepassarono le tenda del palco. Akaashi sorrise imbarazzato al suo ragazzo che si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra.
-Voglio stare con qualcuno anch’io! –sbuffò il batterista, il ragazzo dai capelli grigi. Ora che lo notava, aveva un neo sotto l’occhio, un dettaglio che Tsukishima aggiungeva spesso quando disegnava le ragazze. Se ne stava seduto con le mani a tenergli le guance. I suoi occhi dorati furono subito su quelli ambra di Hinata appena si rese conto che il piccoletto lo stava osservando –Bokuto, chi è il tuo amico? –Gli occhi della band erano posati su di lui.
-Mi chiamo Hinata Shoyo! –le guance gli andarono a fuoco peggio dei capelli, fece due inchini o più per l’imbarazzo. –Complimenti, avete suonato davvero bene! Mi piace davvero un sacco la vostra musica! –Sapeva quanto ognuno di loro fosse grato per quelle parole, era un artista anche lui. Amava sentire complimenti per le sue opere. Soprattutto dopo tutto il lavoro fatto e le ore passate a realizzarlo. Poteva capirli tutti i sorrisi che si formarono sulle bocche di ogni componente dei Setter Soul. Il bassista non sorrise, Hinata poggiò lo sguardo su di lui dopo averlo trovato. Se ne stava all’ombra, isolato da tutti.
Era strano, le labbra sottili erano serrate e la postura chiusa. Niente lasciava trapelare qualche emozione se non gli occhi di un blu acceso che vagavano in cerca delle sue cose. Voleva conoscerlo, parlargli e dirgli quello che pensava della sua musica, del suo stile che spiccava fra le note di tutti gli altri.
E così quando quello se ne andò, annunciò di dover tornare a casa. Salutò tutti con fretta e prese a correre fuori. Doveva trovarlo. Girò intorno al locale un  paio di volte prima di scorgere la sua figura che aspettava alla fermata dell’autobus. Passavano autobus a quell’ora?
Lo raggiunse.
-Ehy! –urlò ma l’altro non alzò subito lo sguardo. Notò poi che aveva le cuffie alle orecchie quando fu più vicino.
-Scusami! –Kageyama sussultò nel rendersi conto che qualcuno lo stava chiamando, precisamente il ragazzino dai capelli rossi di prima. Si tolse le cuffie. –Perdonami se ti ho interrotto, ma vedi… Sono due sere che vengo ad ascoltarvi e... –
-Lo so –Resosi conto di quello che aveva detto, le guance gli si colorarono di rosso. Hinata lo guardava con occhi confusi. –Beh… I capelli, difficile non notarli –Non era del tutto falso. Quello era stato il motivo principale per cui l’aveva guardato, poi aveva notato che lo fissava intensamente e si era sentito piuttosto a disagio.
-Oh… -Hinata portò una mano dietro la testa per via dell’imbarazzo. –Ecco… Si, insomma. Suoni benissimo e la tua musica è tipo… “gwaaahhh”! –e forse fu la luce che vide in quegli occhi o forse semplice autocompiacimento, ma lo invitò a vedere il concerto della settimana successiva.
 
-Non ci credo! –Kageyama avrebbe voluto dirgli di tacere. Okay che era stato lui a proporre di bere qualcosa insieme dopo l’esibizione, ma non si aspettava un tale uragano. Se poi pensava a Suga che li guardava da lontano… Perché semplicemente non era stato zitto?!
-Che c’è di strano?! Entrambi gli strumenti hanno lo stesso principio, dettano il ritmo della musica –Kageyama sorseggiò il suo cocktail ignorando gli occhioni ambra che lo fissavano, come se gli avesse rivelato chissà che verità.
-Si ma è facile immaginarti a suonare il basso, ma la batteria è più… -imitò una strana danza, dovette bere ancora per non scoppiare a ridere. –Dai! Non è proprio da te! Non riesco ad immaginarti mentre suoni la batteria –
-Cos’è? Una specie di sfida? –Hinata bevve il suo solito Mojito alzando le spalle.
-Beh, direi di si. –e Kageyama iniziò meticolosamente a pensare ad un modo per togliere Suga dalla batteria all’esibizione successiva. –Allora ci vediamo il prossimo sabato? –
-Decisamente –
 
 
E il sabato successivo Hinata teneva il broncio davanti ad un vittorioso Kageyama che si gustava un cocktail offerto gentilmente dal rosso.
-Okay, okay! Sai suonarla… Sei un mostro! –Ed era davvero arrabbiato! Come diamine riusciva a saper dare alla musica tutta quella intensità rimanendo composto senza mai eccedere nei movimenti come gli altri componenti della band?! Anche Akaashi si lasciava trasportare in qualche modo!
-Come sei entrato nella band? –chiese per cambiare argomento.
-Ero nello stesso club di musica con Oikawa e serviva un bassista, tutto qui –
-Riesci a rendere la tua vita estremamente noiosa, Bakageyama! –Il moro tossì.
-Come mi avresti chiamato?! –
-Bakageyama, vuoi lo spelling?! –Hinata aveva imparato che amava stuzzicarlo. Si erano scambiati i numeri di telefono e in quei giorni avevano parlato tanto, principalmente piccoli litigi stupidi: Kageyama accusava Hinata di essere infantile nell’usare troppe emoji, per l’avere una foto con un orsetto come immagine di profilo e perché semplicemente era stupido. Eppure nessuno dei due smetteva mai di continuare a scrivere. Del resto, ad Hinata, era bastato uno sguardo per vedere in quelle gemme blu tutta la dedizione e l’amore che provava per la musica, per l’arte che era in grado di generare.
E Kageyama si era sentito capito da quella piccola figura che veniva a vederlo ogni volta e non perdeva occasione per dirgli quanto la sua musica gli piacesse. Forse era stato l’unico, negli anni, a cogliere le giuste sfumature di colore che voleva trasmettere al mondo.
-Stupido! –e gli diede una piccola pacca sulla spalla. –Tu invece? –chiese sorseggiando ancora dal suo cocktail.
-Io cosa? –
-Cosa fai nella vita. Studi, lavori… -L’Hinata di qualche mese addietro non si sarebbe fatto problemi a mostrare le sue illustrazioni e le sue opere. Ora invece…
-Allora? –
-Studio, arte. Cioè, studio arte. –Kageyama sorrise dinanzi a quell’imbarazzo. Era carino, in quel momento, mentre cercava di evitare il suo sguardo. Il rosso bevve tutto il suo cocktail.
-Sembra tu abbia appena rivelato di spacciare droga, CretHinata! –
-CretHinata?! –
-Vuoi lo spelling? –Si godette ancor le guance di Hinata divenire dello stesso colore dai capelli mentre agitava le mani in aria nervoso.
-Domani sera suoniamo di nuovo, ti aspetto? –chiese poggiando il bicchiere sul bancone alzandosi. L’altro si ridestò e annuì sorridendo.
Intanto Suga osservava la scena dal palco nervoso per non aver potuto suonare il suo strumento ma fiero del suo kohai e del fatto che avesse trovato qualcuno con cui parlare.
-Oikawa –chiamò il compagno poggiandogli una mano sulla spalla, essendo lui vicino. –Ti propongo un gioco. Ogni volta che Kageyama sorride, mi paghi un cocktail! –
-Una scommessa persa in partenza… -Intervenne Miya.
-Fantastico! Giochi anche tu? –
 
Suga era al suo secondo cocktail e gliene aspettavano ancora quattro di diritto. Akaashi si chiedeva se si potesse essere così idioti da accettare un gioco proposto da Suga mentre Kageyama era intento a parlare con Hinata.
-Il pezzo che avete suonato, l’ultimo, era… diverso? –Il moro lo guardò stupito. Effettivamente aveva cambiato qualche nota, aveva provato a dare un tocco più energico rispetto al solito. Ma non era sicuro si fosse sentito.
-Infatti Kageyama, cos’era quel cambio improvviso?! Avvisami quando vuoi cambiare ritmo! –Intervenne Suga e solo allora i due si accorsero di essere osservati dal resto della band fatta eccezione per Akaashi che, intanto, se n’era andato con Bokuto.
Un braccio di Hinata ridestò Kageyama dall’imbarazzo. Gli stava indicando la porta d’uscita e non poté che annuire, afferrare il basso e andare via insieme a lui.
Camminarono in silenzio per qualche secondo. Hinata scalciava con la scarpa i ciottoli che incontrava per strada e Kageyama si guardava intorno torturandosi l’interno delle guance.
-Perché era così diverso? –come al solito, ci pensò il rosso a ridestare l’altro.
-Non ti piaceva? –
-Non ho detto questo. Solo, assumeva un significato… diverso. –
-Non penso a tutte queste cose, suono e basta –Hinata lo vide superarlo e allora lo scimmiottò ripetendo le sue ultime parole. Poi lo raggiunse, deciso a non perdere quello stupido battibecco.
-La prima volta che vi ho sentito, sembrava che volessi rompere il flusso positivo della musica. Ora invece… era come se volessi farne parte –Kageyama era in evidente imbarazzo. Non sapeva che cosa l’altro volesse dire, cosa lui avesse voluto dire con quel cambio. Fece spallucce continuando a camminare avanti. –Sembra tu non voglia parlare di questo, Bakageyama –
Ed infatti non voleva. Odiava non avere il controllo sulle sue azioni e quando suonava accadeva spesso. Non immaginava un mondo in cui la musica non facesse parte di lui: la musica era ciò che lo teneva vivo, che lo rendeva libero di comunicare senza la necessità di usare le parole. Era la prima volta che qualcuno sembrava capirlo, era la prima volta che qualcuno entrava nella sua bolla dove per molto tempo era stato da solo.
Ma come dire, tutto ciò?
-E allora tu? Non parli mai di quello che fai! –Hinata si sentiva colpito e affondato. Si portò una mano alla base del collo abbassando lo sguardo imbarazzato.
-È un po’ un periodaccio –Non era uno che parlava troppo, Kageyama non poteva definirsi nemmeno un bravo ascoltatore ma non ci pensò due volte a porgli quella domanda:
-Perché? –Provava genuina curiosità verso Hinata. Voleva sapere di più e sempre di più.
-Ti capita mai di sapere esattamente come dover fare qualcosa  ma non riuscirci? Tipo... Immagina di dover scrivere la parte musicale di un brano, okay? Sai che devi dire, sai come vuoi farlo ma le corde del tuo strumento non sono sufficienti. È come se il modo convenzionale che hai di farlo, non bastasse! Ti hanno insegnato come si disegna un corpo, com’è la struttura ossea e i suoi muscoli ma… A  volte, non senti che questo sia un limite? Come se non vedessi altro oltre questo limite? –
-Superalo –la risposta fu talmente tanto imminente che Shoyo alzò lo sguardo per assicurarsi di aver sentito bene. –Te l’ho detto, è raro sentire il basso. –decise di mostrarglielo direttamente. Vide una panchina e fece cenno di seguirlo. Tolse il suo strumento dalla custodia. –Il basso ha solo quattro corde, non si sente spesso il suono quando è mischiato ad altri ma credimi, se lo togli da una canzone… beh, lo senti che manca –pizzicò qualche nota e si, il suono era decisamente basso ma era vero, riusciva a sentirlo. –Se Oikawa avesse dovuto spiegartelo, ti avrebbe detto che è quello strumento che “ti fa tremare il culo ad un concerto”. –Il rosso rise.
-Oikawa è il cantante? –
-Si, ma dagli anche uno stupido triangolo e sarà capace di suonarlo. –vide una nota di invidia negli occhi di Kageyama. –Il punto è che il basso serve a dettare il ritmo, a dare sonorità ad ogni canzone che ascolti. È un collante e spesso viene superato dagli altri. Eppure, tu l’hai sentito. –Hinata annuì quasi incantato da quel discorso. –L’unico limite che puoi porti, sei tu stesso. Non cosa usi per farlo –
Mentre l’altro metteva a posto lo strumento, Hinata provò delle emozioni contrastanti dentro di sé. Kageyama aveva fatto centro, gli aveva dato le risposte che sentiva di aver bisogno. Era stato più saggio di lui, aveva vinto quella sfida che forse aveva sentito di combattere solo lui. Incrociò le gambe sulla panchina e osservò il suo volto coperto dai ciuffi ebano.
Kageyama, dal suo canto, si sentiva sconfitto a sua volta. Perché Hinata aveva saputo dar un nome a quello che provava: la paura di essere ingabbiato e di non trovare uno stile che lo identificasse, che mostrasse il suo modo di vivere. Mentre lui non riusciva ad ammettere che era il cambiamento, la novità a spaventarlo e il ragazzo seduto a suo fianco lo era. Si girò e nello scoprirsi osservato le sue guance assunsero un colorito rosato. La tentazione di abbassare lo sguardo era tanta, ma non avrebbe perso anche questa volta. Non si sentiva un rumore, solo i grilli che però sembravano un suono lontano. Era completamente rapito dagli occhi ambra di Hinata che si facevano sempre più vicini. E forse non avrebbe dovuto spaventarsi  nello scoprirsi intenzionato ad interrompere quella distanza, ma lo fece.
Si ritirò e non vide la delusione negli occhi dell’altro.
-Ci si vede, Hinata –lo salutò senza voltarsi a guardarlo.







 
|||Angolo Autrice|||
Questa storia ho iniziato a scriverla dopo Sanremo. L'ho scritta pù volte e ogni volta cambiava temi e personaggi. Non credevo che avrebbe mai visto la luce, eppure...
Pubblicherò la seconda parte presto, spero che intanto l'incipit vi sia piaciuto. Grazie per aver letto fin qui!
Mo0ny!
   
 
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