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Autore: Angel TR    15/11/2021    1 recensioni
«E quindi? Ho sempre un motivo valido per farti il culo a strisce, Kazama. Su, salva il mio sabato sera!»
{Storia partecipante alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di Efp e "Solo i fiori sanno" indetta da Pampa313}
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hwoarang, Jin Kazama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Some Boys Wander by Mistake'
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14- Things you said too quietly / Le cose che hai detto troppo a bassa voce
15- Things you said over the phone / Le cose che hai detto al telefono
17- Things you said when you were drunk / Le cose che hai detto quando eri ubriaco
9- Things you didn't say at all / Le cose che non hai detto affatto
18- Things you said when you thought I was asleep / Le cose che hai detto quando pensavi che io stessi dormendo
41- Things you said in the dark / Le cose che hai detto al buio
4. Anemone: abbandono, attesa.
Partecipa alla Challenge "Quella volta in cui" indetta da MissChiara sul forum di Efp "Se solo avessi fatto finta di niente, quando ha chiamato"


Sorry, can you pick up the fucking phone?


Crawlin' back to you

Nell'orecchio, contro cui era pressato lo smartphone ormai di fuoco, rimbombava solitario il trillo meccanico, impietosa testimonianza del suo fallimento. Uno, due, tre squilli echeggiarono a vuoto all'interno delle quattro mura del triste monolocale.
È questo il numero, no? Non me ne avrà certamente dato uno falso!?
E ancora: uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Quattro, cinque.

Ever thought of callin' when
You've had a few?

Dannato Kazama, rispondi a questo telefono.

'Cause I always do

Il numero che stai tentando di raggiungere non è al momento disponibile; si prega di riprovare più tardi.

Sullo schermo spaccato del suo smartphone usato – uno di quelli ricondizionati che si comprano nei negozietti dei vicoli di Seoul a poco e niente, perché quello poteva permettersi – comparve l'innegabile prova del delitto: la bellezza di ben dieci chiamate rifiutate, la bellezza di dieci chiamate a una serie di numeri che, messi in fila, corrispondevano al recapito telefonico dello stronzissimo e noiosissimo Jin Kazama. Immersi nel buio del malandato monolocale, quei segni traditori sembravano brillare più delle insegne a neon affisse ai grattacieli.
Persino gli occhi appannati da svariati – ma non troppi, parola di allievo di Baek Doo San – bicchierini di soju di Hwoarang registrarono la cifra e compirono una bella rotazione. Che sfigato che sono. Lui odiava Kazama, no?
In realtà, no; non più di quanto odiasse se stesso, almeno.
O di quanto odiasse aver realizzato – troppo tardi – di non averlo mai odiato, bensì di aver sempre detestato il pensiero che gli stupefacenti occhi ambrati di Kazama non vedessero oltre la sua perenne e artefatta faccia da schiaffi. Lui non se ne fa niente di un idiota come me.
Quarantacinque secondi di squilli a vuoto.

Il numero che hai digitato non è al momento raggiungibile. Lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.

Dalle sue labbra secche a causa dell'alcol uscì uno sbuffo. Ok, hai ufficialmente rotto il cazzo, Kazama. Ora mi senti.
«Ehi, Capelli di Merda! Che cazzo hai da fare il sabato sera che non rispondi al telefono, eh? Ti sto chiamando da tre ore e adesso mi risponde la tua stronzissima segreteria telefonica e mi costringe a spendere tutto il fottuto credito che mi è rimasto perché le fottute chiamate al fottuto Giappone costano!» inveì, alzando la voce di un'ottava.
Portò due dita a pizzicare il ponte del naso, interrompendo la tiritera per prendere fiato e cercare di ricordare la ragione per la quale si ritrovava all'una di notte di un sabato sera a vomitare frasi senza senso nella segreteria telefonica di Jin Kazama, leggermente brillo e chiuso nel suo monolocale nel buio più totale. Tanto non mi risponderà mai, perdo solo tempo. Forte di quel minimo di lucidità riacquistata, staccò la chiamata e affondò il viso nell'incavo del gomito. Un lamento che non avrebbe sfigurato nelle migliori tragedie teatrali si levò da quella testa che, illuminata dalle luci della vita che scorreva prepotente per le strade di Seoul, pareva in fiamme.
Il telefono ancora stretto nella sua mano, digitò quasi per inerzia il tasto verde.

Maybe I'm too
Busy bein' yours
To fall for somebody new

«Vaffanculo, Kaza…» iniziò a mugugnare dopo il terzo squillo, proprio mentre veniva interrotto da una voce pacata, appena arrochita dal sonno e morbida come il burro; una voce che avrebbe riconosciuto tra mille, che gli faceva salire il sangue alla testa – o forse glielo faceva scendere da tutt'altra parte? – e avrebbe guarito la più pesante delle sbornie e tante altre cose.
«Hwoarang?»

So have you got the guts?

Gli si serrò la gola, già secca e indolenzita dopo gli shottini di soju. Fissò un punto non precisato nell'oscurità prima di tentare di schiarirsi inutilmente la voce e rispondere «Allora ci sei, Kazama! Con chi eri, eh? Te la spassi il sabato sera, vedo!»
Sembro veramente uno sfigato geloso. Avrebbe voluto che la terra lo seppellisse ma, allo stesso tempo, non riusciva a smettere di sbatterci la testa. Prendere a calci e pugni il muro di indifferenza che Jin Kazama aveva eretto attorno a se stesso era sempre meglio che restare lì seduto a guardarlo impotente.

Been wonderin' if your heart's still open
And if so, I wanna know what time it shuts

«Non ero con nessuno, Hwoarang, stavo dormendo» tagliò corto Jin.
Solo. Una vampata di calore investì le guance di Hwoarang che si morse un labbro, sentendosi vagamente colpevole – perché poi? – e terribilmente sollevato al tempo stesso. L'aveva svegliato, quindi. Beh, giusto così. Anche io sono sveglio per colpa sua, ben gli sta!
«Il solito palloso, è sabato sera e stai dormendo. Che noia mortale sei» biascicò. Poco importava che stesse praticamente contraddicendo la frase precedente e l'intero messaggio che gli aveva lasciato in segreteria: ciò che contava era invertire i ruoli e far passare Kazama per quello patetico.
Una lieve risata sconvolse il flusso delle sue malconce riflessioni. Un minuto, Jin Kazama stava ridendo? Aspetta, aspetta, lui aveva fatto ridere Jin Kazama? O forse Jin stava ridendo di lui? La sola idea lo mandò in bestia: il sangue gli affluì al cervello e aprì la bocca, pronto a dirgliene quattro.
«Hai ragione. Menomale che ci pensi tu a salvare il mio sabato sera.»
Hwoarang boccheggiò pateticamente.
Aveva sentito bene o era l'alcol a fargli brutti scherzi? Jin aveva rivelato che proprio lui, Hwoarang, era corso in suo soccorso come un cavaliere senza macchia e senza paura e, sfoderando intrepido il suo smartphone di seconda mano, aveva strappato al tedio la sua serata? Preso alla sprovvista, Hwoarang non seppe più cosa dire; era solo fastidiosamente consapevole della reazione spropositata del suo corpo. È l'alcol. È la vescica che scoppia. È l'ora. È il sangue che ha sbagliato vena. Lui non vuole niente da te, smettila di illuderti! Pensieri confusi mulinavano nel suo cervello annebbiato. Si mordicchiò il labbro pensando a come imporsi su Kazama.
«Allora mi devi la rivincita» fu l'unica cosa che riuscì a pensare per non essere vittima del silenzio. Sì, eccola là, la scusa suprema, la migliore arma di Hwoarang per assicurarsi di non essere mai scoperto: la rivalità. Acerrima, estrema, essa si dilatava nello spazio e nel tempo come una retta infinita che non aveva né un punto di inizio né uno di fine – quel poco di geometria e aritmetica che Hwoarang ricordava era servita, eh. Era il jolly, l'asso nella manica ogni volta che si sentiva braccato.
«Che rivincita? Mi hai già battuto» rispose divertito Jin. Non aveva ancora attaccato: era un miracolo, Hwoarang doveva assolutamente approfittarne. Gattonò sul letto alla ricerca di una posizione più comoda da dove intrattenere Kazama in quello che si promise sarebbe stato lo scambio telefonico più imbarazzante della sua vita. Stiamo ballando e allora balliamo!
La bottiglia semivuota di alcol riversa sul pavimento impolverato sembrò schiacciargli un malizioso occhiolino.
«E quindi? Ho sempre un motivo valido per farti il culo a strisce, Kazama. Su, salva il mio sabato sera!» rinfacciò Hwoarang ma, per suo sommo disprezzo, il suo tono di voce uscì miagolante, quasi seducente... insomma, sembrava proprio che stesse supplicando il suo pallosissimo rivale!
La risposta giunse beffarda alle sue orecchie: «Sono in Giappone, Hwoarang.»
Hwoarang rotolò sul dorso. «Non vedo il punto, Kazama. Puoi fare qualcosa anche a distanza» lo provocò; stava iniziando a divertirsi – e, ascoltando le risposte di Jin, fu piacevolmente sorpreso nel constatare che per lui valeva lo stesso.
«Spiegati meglio» rincarò la dose Jin.
L’oscurità lo circondava, avvolgendolo in un confortevole abbraccio dove avrebbe potuto dimenticare le sue parole, fingendo che non fossero mai state pronunciate. Sentendosi quasi protetto dal buio, Hwoarang si sentì improvvisamente coraggioso. Sì, la piega che stava prendendo la situazione iniziava a piacergli più di quanto fosse lecito. Un angolo delle sue labbra si piegò all'insù: stava già pregustando la reazione di Kazama.
«Ho detto che puoi salvare il mio sabato sera anche al telefono» ribadì, lanciando il guanto di sfida dritto dritto in Giappone.
Un respiro profondo al telefono; Hwoarang chiuse gli occhi, immaginando le labbra piene di Jin mentre si schiudevano per soffiare lievemente l'aria, immaginando di avvertirlo sulla pelle. Sono questi gli effetti collaterali del soju di cui mi parlava il maestro? Eppure giurerei di non aver superato il limite…

It's just I'm constantly on the cusp of tryin' to kiss you

«Dimmi come» giunse vagamente roca la voce profonda di Jin.
Hwoarang si infilò una mano tra la folta zazzera di capelli; il maledetto stronzetto lo stava provocando, ecco qua. Un brivido scese lungo la sua spina dorsale.
«Kazama, sembri un addetto alle hotline in pensione» scherzò. Aveva tentato di dare alla sua voce una nota di rimprovero, di noia, di qualsiasi cosa che non desse a vedere che erano bastate due paroline per incendiargli totalmente i sensi. Dirti "come"? Se te lo dicessi, scapperesti via come tuo solito.

I don't know if you feel the same as I do
But we could be together if you wanted to

La risata di Jin giunse leggera, causandogli un brivido lungo la schiena. «Perdonami» ironizzò. «Non sono allenato.»
Le labbra di Hwoarang si piegarono in un ghigno spontaneo. E così Kazama non era tipo da telefonate hot – il pensiero lo rassicurò e lo rallegrò al tempo stesso. No, non riusciva proprio a immaginare Jin che si scambiava effusioni al telefono… con qualcun altro. Con lui, con il suo rivale, era tutt'altra storia. Si morse un labbro; nella sua testa, come in un lampo, sfrecciò l'immagine di Jin riverso sul letto, un paio di pantaloni morbidi e una maglietta di cotone che gli abbracciava le spalle larghe, mentre arrossiva per una frase particolarmente audace sussurrata al telefono.
Cazzo.
Non ce la faceva più ad andare avanti in quel modo. Il suo cuore accelerò ancora prima che il cervello registrasse quell’informazione. Se dovesse andare male, darò la colpa all'alcol.
Rotolò sul letto prima di sussurrare in un filo di voce, quasi temesse che qualcun altro all'infuori di loro due potesse udire la frase scabrosa che scivolò dalle labbra: «Allora dovresti allenarti con me.»
Calò un silenzio tombale in cui quelle cinque parole scoppiettarono fino a dissolversi. Hwoarang attese febbricitante la risposta, i sensi all'erta, come un condannato a morte aspetta il minaccioso sibilo dell'ascia del boia.

Do I wanna know if this feelin' flows both ways?
Sad to see you go, was sorta hopin' that you'd stay
Baby, we both know that the nights were mainly made for sayin' things that you can't say tomorrow day


I battiti del suo cuore in tumulto scandivano dolorosamente i secondi che passavano. Ho cagato fuori dal vaso. A disagio e indispettito, Hwoarang soffiò al telefono: «Ti sei per caso addormentato, Capelli-di-Merda?»
Un brivido. Si era davvero addormentato mentre parlottavano? Il ragazzo si morse un labbro; il pensiero gli scatenò una vampata di dolce calore al basso ventre. Era stranamente intimo il fatto che il suo acerrimo rivale fosse caduto nelle braccia di Morfeo proprio mentre era al telefono con lui. Gli svelava una certa fiducia nei suoi confronti, una confidenza che Kazama donava solo a pochissimi eletti – forse a nessuno.
Hwoarang restò in silenzio, cercando di captare il respiro leggero di Jin. «Kazama…» mormorò, la voce sorprendentemente roca. «Non puoi capire quanto vorrei essere lì.»
Il silenzio che seguì, più che intimo, fu imbarazzante e acuì solo la sensazione del sangue che gli era affluito tutto giù. Ora, complice tutta una serie di circostanze, si stava spazientendo: quella distanza lo importunava decisamente e non poté che maledire tutte le volte che aveva sprecato il suo tempo a blaterare di rivalità e altre sciocchezze invece di colmare la distanza tra lui e Kazama e farla finita. Che lo ricambiasse o no, almeno avrebbe avuto un esito, un riscontro – ma la verità era che Hwoarang era troppo codardo per fare il grande passo.
Chiuse gli occhi. Nonostante tutto, poteva rimediare facendo tesoro di quelle esperienze: non avrebbe gettato alle ortiche anche l'occasione che gli si era presentata adesso. «Sai, Muso-Lungo… secondo me il Torneo mi ha ucciso gli ultimi neuroni che avevo, sai com'è: se vai con lo zoppo, impari a zoppicare. Ehi, Jin…» lasciare che il suo nome rotolasse lungo la lingua gli diede quasi alla testa, infondendogli l'ultima goccia di coraggio di cui aveva bisogno. Mordicchiandosi il labbro, rivelò: «Sai che non me ne frega un cazzo se mi concedi la rivincita o no, se ti batto o no» Pausa. Non essere coglione, Hwoarang. Respiro profondo. «Ti cerco sempre perché mi piaci un sacco».
Ora. Hwoarang si aspettava una reazione, anche minima – un ronfare, per così dire, anche quello gli sarebbe andato bene. Purtroppo, con suo sommo ribrezzo, dall'apparecchio non provenne nemmeno un bip. Io mi dichiaro e tu non mi dici niente?
Scostò il telefono dall'orecchio per scoccargli un'occhiataccia, come se il suo sguardo potesse bucare lo schermo e arrivare fino a Kazama, quello stronzo inutile che osava ignorarlo – no, non gli interessava che stesse dormendo – ma ciò che si presentò davanti ai suoi occhi gli fece saltare i nervi.
In rosso brillante, più brillante dei suoi capelli, lampeggiava la scritta "Chiamata terminata". Per quanto tempo aveva parlato da solo?
«Maledettissimo bastardo!» urlò Hwoarang, nemmeno avesse ricevuto una pugnalata al petto. «Questo stronzo mi ha staccato il telefono in faccia!» si lamentò, tradito e abbandonato, completamente fuori di sé. «Adesso mi sente, lo sfondo!»
E, se avesse schiacciato più forte il tasto della chiamata, avrebbe finito per sfondare davvero il telefono.

Messaggio gratuito. Il credito residuo è insufficiente per effettuare la chiamata. Per ricaricare…

Incurante della voce meccanica della segreteria che sfumò fino a diventare un fastidioso sottofondo, Hwoarang restò impalato a osservare il telefono, nemmeno potesse ottenere un bonus credito solo grazie alla sua espressione sbalordita. Digitò velocemente un messaggio ed eccola là, la prova della sua lunghissima telefonata con Jin Kazama.

Ti informiamo che il tuo credito è esaurito.

Sono io a essere esaurito!

Lanciando un lamento simile a quello di un cucciolo di leone ferito, Hwoarang affondò la testa nel cuscino. Incredibile. Che sfiga. Che sfortuna. Che ridicolo! Aveva letteralmente dichiarato i propri sentimenti per Jin Kazama alle quattro mura del suo fatiscente monolocale! E tutto questo per colpa dei costi delle chiamate internazionali!
«Stronzissimo Giappone, stronzissime compagnie telefoniche, stronzissima Corea…» iniziò a mettere in fila tutti i vari colpevoli della sua debacle, uno dopo l'altro: boom! Hwoarang sparò senza pietà e, giusto per sottolineare la sua indignazione verso il capitalismo dei gestori, scagliò il telefono che volò oltre il letto con un bel tonfo prima di abbandonarsi alla disperazione e alle imprecazioni come la più cafona delle principesse Disney. Se solo avesse fatto finta di niente, quando aveva chiamato, Hwoarang avrebbe ancora potuto convincersi di conservare un briciolo di dignità; invece...
E, mentre si dilettava in un misto di coreano, maccheronico giapponese e anche un po' di inglese grazie agli insegnamenti del raffinato Steve Fox, la suoneria dal sapore rockeggiante del suo telefono esplose come una bomba nel cupo monolocale.
Hwoarang sollevò di scatto il capo e fissò l'origine dei riff di chitarra e della rabbiosa batteria, sentendosi il protagonista di un film tragicomico che lo voleva eterno pagliaccio – o, forse, finalmente protagonista. In timoroso silenzio, strisciò fino al bordo del letto dove finalmente poté gettare un'occhiata al telefono. Ciò che lesse sullo schermo gli mozzò il fiato in gola.
"Kazama".

Do you want me crawling back to you?
Arctic Monkeys - Do I Wanna Know?




N/D: si guarda attorno* Cucù? C'è nessuno? XD vedo che questo Fandom è sempre più abbandonato! XD significa che posso scrivere una marea di sciocchezze, allora! XD Non so se sapete che Hwoarang adora la musica rock quindi, quando ho riascoltato questa canzone, ho pensato "Ma dio, ma parla di lui!" in più dovete sapere che anche io mi sono iscritta a un corso di Taekwondo per cui sento di essere in procinto di trasformarmi proprio in Hwoarang versione femmina italiana. Abbiamo anche gli stessi gusti di cacca! XD Bah, fatemi sapere se passate di qua cosa ne pensate, o' prodi lettori fantasmi!

  
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