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Autore: Urban BlackWolf    17/11/2021    3 recensioni
Possono i desideri personali, l’ambizione insita in ognuno di noi, la latente frustrazione che comporta il ritrovarsi a tirare parzialmente le somme della propria vita vedendo quanto si è dovuto rinunciare per aver fatto scelte diverse, oscurare l’amore che fino a pochi istanti prima si considerava il punto di forza di tutta la propria esistenza?
Questo Michiru non lo sa, ma lo scoprirà presto.
Sequel dei racconti:
”l'Atto più grande”
“Il viaggio di una sirena”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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La vita che ho scelto

 

Sequel dei racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

I gesti che non ti aspetti

 

 

Dopo aver piantato il cavalletto a terra, Haruka smontò dalla sella sfilandosi il casco. Meno nervosa di quando era uscita dal capannone della sua scuderia, cercò comunque di respirare affondo per stemperare l’ultima stilla omicida che sentiva di stare provando per Giovanna. Le aveva detto un’infinità di volte di cambiare quello scassone d’auto, ma niente. Ora, come al solito, spettava a lei pagare le spese di una sorella più testarda di un mulo.

Sgranchiendosi il collo chiuse il casco nel sottosella guardandosi intorno. Ma dove diavolo sei!? Pensò trasformando gli occhi in due scanner. La piazzola dove aveva parcheggiato dava sulla salita pedonale che portava al belvedere, mentre dalla parte opposta fronte strada sorgeva un ristorante dove non vi era assolutamente anima viva. Della macchina di Giovanna neanche l’ombra.

“Se te ne sei andata via con il carro attrezzi…, ti polverizzo!” Masticò afferrando l’I Phon.

E li, al lato dello schermo, l’icona riferita alla sorella che le notificava l’arrivo di un messaggio.

Ho lasciato la macchina nei pressi della banca. Ti aspetto al chioschetto del belvedere. Raggiungimi li.” Annunciava serafica.

Corrugando la fronte ed invocando tutti i Santi a lei noti, Haruka spostò lo sguardo alla lunga salita che s’inerpicava sul fianco della montagna. Troni, Dominazioni, non risparmiò nessuno.

“Ma stiamo scherzando?! Perché dovrei farmi tutta quella scarpinata? Fotte un cazzo che ti sia venuta fame!” E lasciando scattare il pollice destro sull’icona del cornetta innescò la chiamata.

Due, tre, quattro squilli. Ma niente. Così il nervosismo tossico leggermente scemato dopo una bella corsa in moto, tornò a montare costringendola a percorrere a passo di carica i duecento metri di dislivello che dividevano la parte bassa della città con quella mozzafiato del belvedere. Sudando come una bestia da savana, s’inerpicò guardando i suoi poveri stivali da moto riempirsi di un sottile strato di polvere ad ogni falcata sbuffata con fatica. Giacca nell’incavo del braccio sinistro, arrivò al chioschetto indicatole circa dieci minuti dopo, ma li di Giovanna nessuna traccia. Visto che il posto era enorme, con una sessantina di piantumazioni secolari, parecchie viuzze cinte da arbusti e siepi, Haruka avrebbe impiegato una vita se quella disgraziata non avesse risposto al telefono.

La bionda provò allora a chiamarla nuovamente lasciando squillare il cellulare per diversi secondi, ma a quella latitanza dovette per forza di cose abbassarsi a chiedere aiuto al gestore del bar. “Scusi? - Lo richiamò vedendolo sorriderle ben disposto. - Starei cercando una donna sulla quarantina. Alta più o meno così. Mora. Capelli corti. Occhi chiari. Molto probabilmente vestita con un paio di pantaloni ed uno spolverino di renna.”

E alla negazione dell’uomo Haruka rimase come una fessa con il palmo della destra sospeso ad un’altezza di circa un metro e sessanta.

“Ne è sicuro?!”

“Si signora. Nei giorni infrasettimanali a quest’ora non c’è molta gente e me la ricorderei.”

“Ok. Grazie.” Borbottò poco convinta scendendo dalla pedana di legno dove sorgeva il chiosco. E adesso? Un rapido giro poteva anche farlo, ma sta di fatto che stava perdendo tempo che non aveva per star dietro ai capricci idioti di sua sorella.

“A volte sembra che la maggiore sia io!” Ringhiò piantandosi le mani nelle tasche decisa ad inoltrarsi nella parte più ombrata dell’area.

Poi tutto d’un tratto, lo squillo familiare riferito alla sua donna le riempì le orecchie bloccandole di colpo il passo. Ingoiando afferrò l’I phone dalla tasca della giacca rispondendo subito dopo.

“Michi?”

“Ciao amore!” Inaspettatamente gioviale, Kaiou riuscì a spiazzarla tanto da farla sorridere.

“Hei! Da quanto non ti sentivo tanto allegra.” Sfotté bonariamente tornando a camminare per uno dei viottoli.

“Perché non dovrei? Oggi è una bellissima giornata! C’è un sole.”

“Veramente anche qui, anche se ha rinfrescato parecchio dopo il temporale di questa notte.”

“A si?”

“Già. Allora, come procede?” Chiese cercando di non badare a quanto si sentisse in difetto a causa di Martah Holland.

“Direi che le cose hanno preso una piega del tutto imprevista.”

“Problemi?”

“Tutt’altro. Ma non voglio annoiarti. Tu? Cosa stai facendo di bello?”

“Lasciamo perdere. Non ci crederai, ma sono al belvedere.”

“Dove?”

“Hai capito benissimo! A Giovanna si è rotta la macchina… Ancora.”

“… E fammi indovinare; ti ha chiesto di venirla a prendere e di parlare con il carro attrezzi.”

“Esattamente.” Confermò l’altra scorata.

“E a chi altri avrebbe dovuto chiedere uno strappo?”

“Per esempio a Stefano?!”

“Ruka…”

“Si, lo so Michiru. Però, che palle! Con tutte le stramaledette cose che ho da fare oggi. C’è poco da parlare, quel catorcio è da rottamare.”

“Amore…” Un sospiro e la Dottoressa Kaiou affermò sicura che se fosse stata a Bellinzona la sua donna si sarebbe certamente data un freno.

“Può essere, ma sta di fatto che ora non ci sei e che sono io a dovermi sciroppare le alzate d’ingegno di Giovanna!”

“Allora cerca di ricordartelo.”

“Cosa?”

”Quello che hai appena detto; ovvero che se fossi a casa ti daresti una calmata nel parlare con questo lessico da scaricatore di porto.”

Ascoltate quelle parole la bocca della bionda si dipinse di un sorrisetto beffardo, quasi di sfida, come se in otto anni di vita di coppia, quelle stesse labbra che un’infinità di volte avevano assaggiato ogni centimetro quadrato di quella donna, non avessero ancora imparato l’arte unica della cautela. E di fatti…

“Si Kaiou, si.” Tacitò forte della lontananza dalla sua dea.

“Scommetto che il barattolo sarà rimasto come l’ho lasciato.” Giocò Michiru di sarcasmo.

“Non proprio, ma non è affatto colpa mia.” E la bionda se la rise voltando il vialetto per ritrovarsi sulla spianata meridionale del belvedere.

Scattando la testa a destra e a sinistra strinse la giacca come se fosse stata un morbido collo. “Ma dove cacchio è?!” E riprese a camminare ancor più speditamente.

“Ascolta Ruka… Perché non rallenti un attimo?”

“Te l’ho detto Michi… Ho da fare in scuderia! E devo trovare quella casinista prima di subito!”

“Sarò più chiara… Fermati!” A quell’ordine perentorio Haruka bloccò il passo fissando lo schermo, mentre uno strano eco faceva rimbalzare la voce di Michiru dall’I phone alla sua schiena.

Portando nuovamente l’apparecchio sull’orecchio la bionda si fece attenta mentre il fenomeno si andava amplificando di secondo in secondo.

“D’accordo che sei arrabbiata, però Tenou…, sembra proprio che tu stia girando a vuoto.”

Voltando il busto di tre quarti Haruka rimase impietrita. Michiru la stava raggiungendo camminando con la sua solita postura calma e sicura.

“Mi… chi…ru?!”

“Ma lo sai da quanti minuti sono che ti sto dietro?” Chiese fermandosi a pochi centimetri dalla compagna.

“Ma che caz..”

“Basta… - La bloccò posandole indice e medio sulle labbra. - Ho tanto l’impressione che in mia assenza ci si sia un po’ troppo lasciate andare, vero? E sono passata anche per casa. Amore… è un macel…” Ma Michiru non riuscì a terminare la frase, perché arpionandole la vita con la destra, la bionda se la strinse contro rubandole le labbra in un passionale bacio.

Bacio che l’altra ricambiò con lo stesso ardore ribadendo per l’ennesima volta a se stessa quanto la decisione di lasciare Stoccolma ed il suo sogno di riprendere la carriera di pittrice fosse stata giusta.

 

 

Impareggiabili. Le labbra della sua donna erano semplicemente uniche e mentre le assaporava con quell’ardore tipico del suo carattere, Haruka si domandò come avesse potuto cercarle altrove. Quella di cedere per una frazione di secondo ad un’altra donna era stata una cosa umana, soprattutto visto il periodo, ma nonostante ci avesse pensato e ripensato frantumandosi il cervello, solo in quel momento la bionda riuscì finalmente a capire fino in fondo, quanto cercare Michiru in un’altra fosse stato idiota, avvilente e soprattutto irrispettoso, sia per lei che per la stessa Martah. Poggiando la fronte su quella della compagna sospirò afferrandole la mano.

“Mi sei mancata da morire…”

“Lo so. Anche tu.”

“No… - Disse tornando a guardarla. - … Non credo tu sappia quanto.”

“Vuoi sempre avere il punto, eh?”

“Questa volta no… E voglio spiegartene il motivo.” Ammise guidandola verso una panchina di legno poco lontana.

Aggrottando la fronte Michiru scherzò sul fatto che anche se la bionda non era la persona più curiosa del mondo, un paio di domande sul perché se la fosse ritrovata davanti avrebbe anche potuto fargliele. “Tanto per darmi soddisfazione.” Aggiunse con un bel sorriso.

“Immagino che per la solita burocrazia idiota la temporanea stenti a partire e nel farmi questa sorpresa ci sia anche l’ombra della solita Giovanna.”

“E’ stata mia l’idea della macchina. Volevo vederti in un bel posto.”

”A si?” Chiese l’altra invitandola a sedersi imitandola a sua volta.

“Ruka, sei strana.”

“Prima che tu mi spieghi bene del perché della tua improvvisata, vorrei parlarti un attimo di una cosa. Una cosa importante Michi.”

“Ti ascolto…”

“Non è la prima occasione che vai via, che ci lasciamo per un po’, ma questa volta l’ho accusata molto più del solito. Tanto che… - Non riuscendo a sostenerne lo sguardo, spostò le iridi al pulviscolo terroso delle sue scarpe. - Mi sono ritrovata a cercarti in altre donne. Fisicamente intendo.”

Improvvisamente Michiru spense il sorriso irrigidendosi. Si era resa conto che negli ultimi giorni nella compagna c’era stato un netto raffreddamento, ma presa da Kristen, l’Amministrazione del Moderna Museet, Simon, Philip e le sue mille paure sul non riuscire ad essere all’altezza di quell’occasione, non aveva avuto la testa per cercare di far luce su quell’anomalia. Ora se ne stava pentendo.

“Cosa vuoi dirmi Haruka?” Chiese piatta guardandola sospirare ancora.

“Lo so che tu sei unica e bellissima, ma nell’ultimo fine settimana ho avuto un atteggiamento del cazzo riferito ad una rivenditrice incontrata a Sion. E si, lo so che vuoi che parli pulito, ma lasciamelo dire perché è giusto che tu sappia che la tua assenza mi ha fatto agire proprio di merda. Mi manchi da star male e non so cosa mi è pres...”

”Hai fatto qualcosa di ... irreparabile?”

“No, Michi.”

“E’ il caso che mi preoccupi?!”

Tornando a fissarla, Haruka scosse la testa con veemenza. “Assolutamente NO!”

”Mi ami?!”

Tenou raddrizzò tutta la colonna. ”Si, mia dea. Ti amo e ti assicuro sulla mia vita che da quando sei partita lo sento ancora di più!”

“E allora basta così!”

“Ma,...Michiru…”

“Allora basta così. - Rimarcò sicura, anche se un tantino destabilizzata dal proiettile schivato. - Mi fido di te, Haruka. Comunque se è della lontananza che ti stai preoccupando tanto, allora sappi che il problema non si pone più.”

“In che senso? Non capisco.”

“Ho mollato. Ho mollato tutto.”

“Cosa?!”

“Esattamente. E non è solo per il fatto di essermi resa conto di quanto quel mondo sia diventato arido, ma anche e soprattutto perché i problemi che avevamo già prima che partissi non avrebbero mai potuto risolversi se fossi rimasta a Stoccolma.”

“Era il tuo sogno!”

“No Haruka! Credevo lo fosse e non posso negarlo, ma in realtà è il mio rapporto con te che m’interessa più di tutto. Sto bene in questo posto, nella nostra casa, con le piccole soddisfazioni di un lavoro in un centro che non ha tutte le lordure di una grande metropoli.”

“Michiru… - Accarezzandole un braccio Haruka dimenticò per un attimo la sua confessione. - E’ successo qualcosa che dovrei sapere?”

“Nulla di grave che non abbia già risolto. Ti racconterò, ma ora voglio che tu mi dica che è tutto ok.”

”Più o meno.”

“C’è dell’altro?!” Spazientita Michiru diede cenni d’insofferenza tanto che la bionda ritirò la mano tornando a posarla sulla stoffa dei jeans.

“Non riferito ad altre donne, stai tranquilla. Vedi, anche io mi sono accorta che nell’ultimo periodo le cose fra noi non vanno più nel verso giusto e ho iniziato a pensare a quale potesse essere la causa e sono arrivata alla conclusione che la colpa sia del poco tempo che posso dedicarti. Anche tu sul lavoro hai dei momenti stressanti, ma una temporanea è appunto, una temporanea, invece un lavoro a tempo pieno, il mio lavoro, è un impedimento.”

“Cosa vuoi dire?”

“C’è solo una cosa che ha portato uno squilibrio nella nostra vita ed è il tempo che ho iniziato a passare dietro al restauro della Winchester, perciò dovrei tirami fuori dal progetto, ma in tutta coscienza non posso chiedere a Stefano e a suo fratello di rilevare la mia quota. Sono sotto spese e sarebbe una bastardata. Allora ho pensato che l’unica alternativa per riappropriarmi dei nostri spazi sia quella di rinunciare ad altro, perciò considerando anche il fatto che tu non abbia mai visto di buon occhio il mio ruolo di collaudatrice, ho deciso di dare le mie dimissioni da Primo pilota.”

Haruka parlò tutto d’un fiato senza fare pause ad effetto o chissà cos’altro. Quell’abbandono era importante, forse al pari di quello di Michiru e pur nella sua drammatica coerenza, la donna ci aveva messo parecchio tempo per accettarla.

Aspettandosi chissà cosa Haruka guardò nuovamente il viso della compagna e quello che vi lesse fu la più totale ilarità. Coprendosi la bocca con la destra Kaiou scoppiò a ridere scuotendo la testa.

“Non dire assurdità!”

“Non è un’assurdità!” Rispose alzando la voce spegnendo immediatamente quel sorriso.

“Rinunciare ad una cosa che ti piace da sempre, nel quale sei brava e che in più ci porta denaro, non la trovi un’assurdità ?! Bene Tenou, io si!”

“Michiru è un discorso tra me ed il mio fisico che tanto prima o poi avrei dovuto affrontare, perciò meglio farlo adesso.”

“E’ vero che nel tuo campo quarant’uno anni iniziano ad essere tanti, ma conducendo la vita che conduci potresti ancora avere tre, quattro anni di carriera. In fin dei conti è quello che mi hai sempre detto; tenere botta il più possibile per poi dedicarti interamente alla gestione dell’officina affiancando al Capo Smaitters. Hai già rinunciato alle trasferte… non ritengo giusto che tu faccia quest’ulteriore sacrificio!” Controbatté decisa.

Haruka tornò a guardare altrove, questa volta lontano, alla terrazza del belvedere che si apriva ad una cinquantina di metri da loro. Quanto le stava costando quel discorso e non soltanto per la scelta di abbandonare uno dei lavori per lei più belli del mondo, ma anche per la consapevolezza dell’ineluttabile scorrere del tempo.

“Il giorno dopo essere scesa in pista mi fa sempre male da per tutto ed anche se le sedute di crioterapia migliorano la situazione, mi ci vuole sempre più tempo per riprendermi e non posso certo continuare a masticare anti infiammatori come se fossero caramelle.”

A quelle parole Michiru, da sempre restia all’utilizzo di quella roba, sembrò pensarci su. La compagna non aveva certo torto, ormai non si contavano più le volte che la ritrovava distesa sul letto a mugugnare in cerca di un massaggio alla schiena. Ma era una decisione quella che non poteva accettare. Non ora.

“Ti parlo francamente amore, se mi avessi fatto questo discorso anche solo un anno fa, non avrei battuto ciglio, anzi, lo sai che sono terrorizzata quando scendi in pista per collaudare una di quelle belve. Ma non adesso...”

“Michiru…”

Alzando la mano la compagna la pregò di farla continuare. “Non credo sia questo il momento di lasciare una parte della tua carriera e non soltanto perché conoscendoti vivresti di rimpianti avvelenandoti la vita, ma anche perché non sarebbe giusto. Hai faticato tanto per ottenere quel posto e meriti di ricoprirlo. In questi ultimi anni ho visto correre al tuo fianco almeno tre Secondi piloti e nessuno con le tue capacità! Nessuno degno di prendere il tuo posto. E non lo dico perché sei la mia donna. Ce li ho anche io gli occhi per vedere quanto sei brava, quanto riesci a diventare un tutt’uno con le moto che contribuisci a creare.”

Haruka sbatté forte le palpebre. A parlare era veramente la sua compagna?

“Ma se sono anni che non vieni più in pista a guardarmi correre.”

“Ci sono altri modi.” Ammise abbassando leggermente il timbro.

“Le registrazioni?”

“Alcune volte il Capo Smaitter me le manda e li, sapendo che non ti è successo nulla, riesco a guardarmele serenamente e sei brava amore mio. Tanto.”

Improvvisamente alla bionda mancò il respiro. Da sempre aveva il desiderio che Michiru prendesse ad incoraggiarla anche quando ricopriva il ruolo di Primo pilota, che s’interessasse di più al mondo dei motori.

“Lo so di averti sempre ostacolata come collaudatrice, ma non puoi negare che sia un lavoro pericoloso. Forse penserai che quando parli di motori io non ti ascolti, ma non è così. Per esempio so quanto poco ti piaccia correre con la luce radente dell’autunno o con gli pneumatici troppo morbidi. Come so quanto fastidio ti diano le righe verdi e rosse che segnalano le curve del circuito di Bremgarten e quanto consideri poco attendibile la pedana di simulazione che avete in scuderia. Per non parlare della sella della V4, che continui a considerare troppo scomoda se paragonata alla tua Panigale e cento altre cose che borbotti di continuo quando vai su e giù per casa.”

“Michiru mi stupisci. Adesso mi sento un’imbecille!”

“Haruka non amerò mai il saperti in pista e scordati che io ti dia corda, ma non per questo posso trovare corretto il disinteressarmi di quello che fai.”

“Io credevo che saresti stata felice della mia decisione.”

“Si, ma ti ripeto…, non ora. Non così. In qualche modo faremo, come sempre. Soprattutto ora che sono di nuovo a casa. E poi… - Ridacchiando le portò una mano dietro al collo iniziando ad accarezzarglielo. - … sarà meglio tenercela stretta la tua seconda busta paga.”

“Merda, non ci avevo pensato! Potresti perdere il posto al museo!”

“Se fosse per il signor Miller, non credo. Non vorrei peccare di superbia, ma anch’io sono brava in quello che faccio e non è facile rimpiazzarmi. Ma la mia rinuncia ad esporre a Stoccolma ha fatto imbestialire Kristen.”

“E allora? - Chiese l’altra socchiudendo gli occhi mentre Michiru alzava le spalle facendole intuire quale potessero essere le conseguenze del suo abbandono. - Ma che grandissima bastarda!”

“E’ molto probabile che il Direttore abbia già ricevuto un’accoratissima telefonata dai toni minacciosi e visto che non è un uomo dotato di chissà quale carattere, mettiamo in conto che la sua offerta di aspettarmi a braccia aperte possa essere già passata in cavalleria.”

Sbattendo il pugno destro sulla coscia, Haruka si morse un labbro per evitare di dar vita ad una serie d’inenarrabili sfondoni.

“E poi c’è dell’altro.” Continuò Michiru non fermando le carezze.

“O Dio, Michi…”

“Aspetta a lagnarti. Non è una cosa brutta, anche se potrebbe dare noia alla mia carriera di restauratrice.”

“Con questo preambolo non dovrei lagnarmi?!”

Chinando leggermente la testa da un lato, Kaiou sfoderò una delle sue classiche espressioni dolci ed alzandosi dalla panchina tirò su Haruka. Afferrando la borsa dimenticata sulle assi verdi, l’aprì tirando fuori una scatolina rettangolare lunga circa quindici centimetri. Aprendo il coperchio lasciò che la sua bionda intravedesse il fregio di una Winchester.

“L’ho trovato in un negozietto del Gamla Stan. 1919. Originale, naturalmente. Non potevo non comprarlo. Ti piace?”

Dopo un momento di ovvio stupore, sul viso di Tenou andò delineandosi un sorriso enorme. “O Michiru… E’ fichissimo!”

“Appena ho visto dei pezzi d’epoca esposti in vetrina sono entrata per prenderti un pensierino, ma poi parlando con il proprietario è saltato fuori questo. Adesso non potrai più dirmi che non m’interesso a quella specie di bicicletta a motore.”

“Hei! Un po’ di rispetto.” Ma proprio quando stava per prenderlo, l’altra ritrasse un poco la scatola.

“Aspetta…”

“Che c’è?” Non capendo la bionda guardò entrambe alternativamente.

“Allora, visto che sono anni che aspetto che sia tu a farlo, sarà il caso che mi decida io.” E rimettendo sulla seduta della panchina la borsa dimenticata nell’incavo del braccio, iniziò a fissare Haruka in modo strano, quasi pudico e dopo aver preso un grosso boccone d’aria, piegò le ginocchia accovacciandosi ai suoi piedi.

“Michi, che fai?”

“Gli anelli già li portiamo agli anulari e sono perfetti così, perciò ho pensato che sarebbe stato carino donarti una cosa legata alla tua passione per la velocità… Haruka Tenou, amore della mia vita, lo so che è come se già lo fossimo da anni, ma ... vuoi sposarmi?”

Inebetita. A quelle parole la bionda rimase semplicemente inebetita e non solo perché non era affatto da Michiru un gesto tanto plateale, ma anche e soprattutto perché era sempre stata convinta che prima o poi l’avrebbe compiuto lei. A suo modo. Alcuni secondi e Kaiou iniziò a guardare di soppiatto le prime persone fermarsi attratte dalla scena.

“D’accordo lo shock, ma non credi di stare tergiversando un po’ troppo?” Chiese abbassando la voce.

Ma ancora nulla. Haruka era ferma come un palo della luce tanto che l’altra sospirando abbassò la scatola di qualche centimetro. “Va bene. Se proprio non mi vuoi…”

“E NO! Niente resi! – Con uno scatto di reni la bionda l’afferrò per le braccia alzandola per schiacciarsela al petto. - Parlando seriamente…; sei sicura? Lo sai che non te l’ho mai chiesto per via dei tuoi lavori per la Chiesa.”

“Sono stanca di aspettare e detto fra noi… chi se ne frega del lavoro…” Soffiò poggiandole la fronte nell’incavo del collo.

“Non la pensavi così fino a cinque minuti fa.”

“Ruka… Non mi hai risposto…”

Allora alzandole il viso con la punta dell’indice, la bionda le catturò le labbra in un profondissimo bacio. “Ti basta come risposta?”

“Sssssi…”

 

 

 

Fu una notte romantica come non ne vivevano da tanto, fatta di sesso, parole sussurrate, risate e tanto, tanto amore; quello con la A maiuscola, che fa sentire grati di essere venuti al mondo. Ma l’indomani, a mente fresca, Michiru avrebbe dovuto affrontare con il signor Miller il discorso sulla sua posizione lavorativa. Così alla buon ora e forte che lo avrebbe trovato nel suo ufficio, si fece coraggio e si preparò ad affrontare l’ennesima battaglia. Andò, battagliò, espose le sue giustificazioni in merito alla sua rinuncia di lavorare con il binomio Marinof-Kocc, ed una volta finito attese il peggio. E il peggio non si palesò.

Al tepore del sole delle dieci, Michiru si voltò verso la ferrigna struttura di Castel Grande sospirando. Si era sempre sentita dire che chi semina raccoglie, ma non avrebbe mai creduto che un proverbio tanto vecchio le sarebbe calzato così bene.

“Signora Kaiou non sono affatto stupito di vederla. - Aveva esordito il direttore quaranta minuti prima alzandosi dalla sua scrivania per andarle in contro a mano tesa. - E credo possa intuirne il motivo.”

“Direttore… Sono mortificata.” Si era ritrovata ad ammettere lei mentre le narici tornavano a riempirsi di quell’odore di legno stagionato tipico dei castelli o delle dimore antiche che tanto l’erano mancate.

“Non deve. Certo, non fa piacere a nessuno ricevere delle…, mi faccia trovare la parola giusta, pressioni tanto decise in merito ad una terza persona, però mi lasci dire che la signora Kristen Kocc non è la prima e non sarà neanche l’ultima artista che si permette di metter bocca nel mio museo.” Aveva confessato con tanta naturalezza da lasciarla di sasso.

“Io vorrei solo farle sapere che non era assolutamente mia intenzione coinvolgerla in questa grottesca faccenda.”

“Lo so Dottoressa. In questi mesi ho imparato a conoscerla sia sul piano lavorativo che su quello strettamente personale, perciò sappia che per me quello che ci siamo detti prima della sua partenza è ancora valido. Non sarò il direttore di un grande museo, ma so riconoscere un collaboratore valente e non sarà un’artista ferita nel suo ego a farmi rimangiare la parola data.”

“Signor Miller…” A quelle parole l’espressione di Michiru era stata tanto riconoscente che l’uomo aveva tossicchiato ridendo poi di gusto.

“Dottoressa Kaiou mi ascolti, adesso che è rientrata vorrei parlare con lei della prossima mostra che vorrei facessimo insieme. - Ed invitata a servirsi di una bevanda l'aveva vista sedersi ancora un pò incredula. - E’ una cosa alla quale tengo molto. Una temporanea di un’artista che anche se non più giovanissima, è ai suoi esordi.”

Michiru aveva preso un bicchiere d’acqua fredda ascoltandolo con attenzione e al nome dell’artista poco era mancato che perdesse la presa.

Ora, uscita al sole caldo del Ticino, scuotendo la testa la donna tornava lentamente e con fare abbastanza meditabondo a camminare verso la sua macchina. E’ vero…; chi semina raccoglie, pensò cercando il cellulare nella borsa.

 

 

 

“Amore sono a casa.” Annunciò Kaiou sulla porta mentre si sfilava giacca e scarpe.

“Ben tornata!” Una bionda parzialmente sdraiata su una delle sedute del divano alzò il braccio in segno di saluto.

“Mi sono fermata a prendere del vino. Dobbiamo festeggiare il buon Direttore.” Disse l’altra comparendo con una bella bottiglia in mano per poi lasciarla sul piano della penisola.

“Farà coppia con il pranzo speciale che sto preparando.”

“Perfetto!”

“Allora vuol dire che prima pranzeremo, poi berremo ed infine… assaporeremo il dolce. - Si fece sorniona Haruka avvertendo il calore delle labbra della compagna sulla pelle del collo. - Ti sembra un buon programmino?”

“Perfetto! Dunque è per questo che non sei andata al lavoro oggi. - Inquisì accorgendosi del fregio che Tenou stava tenendo tra le mani. - Ruka…, finirai con il consumarlo quel povero oggetto. Dagli tregua.”

“Stefano rosicherà come un cane, ma ho deciso che non lo userò per la Winchester. - Se ne uscì lentamente guardando con attenzione la lacca levigata. - Rimarrà qui, in casa. Voglio metterlo in una cornice ed appenderlo da qualche parte.”

“Mi piace.”

“Lo sapevo. Sei ancora la stessa romanticona di quando ti ho conosciuta.” Allungando il braccio destro sopra la testa, la bionda arrivò ad accarezzarle il viso.

“Romanticona che ancora non ha deciso dove sposarsi.”

“Questa volta ti ho dato carta bianca. Sono a tua completa disposizione. Spero solo in una cosa tranquilla.”

“Lo so e ti ho già promesso che sarà così. Stavo pensando al mare.”

“Non avevo dubbi.” Se la rise.

“E ti sta bene?”

“Perché no?! Ma non con quaranta gradi. Ti prego.”

“Ricevuto. - Una strofinata naso a naso e Michiru si fece più seria. - Ora però ascoltami; cambiando discorso… Per quanto riguarda il mio lavoro, questa mattina al telefono non ti ho detto tutto.”

A quell’ammissione la compagna roteò gli occhi posando bruscamente il fregio sulle gambe. “Lo sapevo… C’è sempre la fregatura!”

“Non saltare subito alle conclusioni. - La bloccò serrandole le mani alle spalle. - E’ una cosa bella!”

“Mmmm… Sentiamo.” Per nulla convinta Tenou si lasciò baciare.

“Credo che questa volta ti piacerà l’artista che dovrò aiutare ad esporre.”

Voltando il busto di tre quarti Haruka fece una smorfia stupita. “A si? Non dipinge falli viola e lavora il legno di risulta come un povero mastro Geppetto?”

“No, anzi. Non è di molte pretese.”

“Un’imbratta tele…”

Tirandole un buffetto sul collo, Michiru le consigliò di non esagerare. “Bada. E’ un tipetto abbastanza suscettibile. Non ama le critiche, ma le accetta. E poi alla sua compagna, nonché futura moglie, non piacerebbe affatto come stai parlando.”

Tirando indietro il collo Haruka le sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio destro. “Vuoi scherzare?”

“No, amore. Il signor Miller mi ha confessato di stare pensando ad una personale a mio nome già da parecchi mesi, molto prima che arrivasse qui da noi una ex allieva del grande Marinof.”

“Ma è fantastico!” Esplose con entusiasmo.

“Sono ancora frastornata. Non avrei mai creduto in una proposta del genere da parte di un uomo che ho sempre ritenuto incapace sia d’imporsi sulle personalità di spicco, che di avvallare azzardi del genere.”

“Perché azzardi? Sa che sei brava, tutto qui. E ti vuole nonostante il tuo nome non si affianchi più a quello di una sgallettata mangia polpette o del suo maestro.”

Scuotendo la testa la compagna strinse le labbra con finta disapprovazione. “Tenou…”

“Non fare quella faccia! E’ vero. Quella svedese voleva fare la furba. Ecco! Ben le sta! Il karma l’ha colpita ed affondata!”

Michiru non poteva certo obbiettare. Aveva raccontato dell’approccio fisico di Kristen proprio come Haruka aveva fatto parlandole di Martah, ma aveva però rincarato la dose con grandissima enfasi rabbiosa, del tentativo intimidatorio dell’artista a danno della sua carriera di curatrice, tanto che una volta uscita dall’ufficio del signor Miller con la certezza non soltanto del suo ritrovato lavoro a Castel Grande, ma della possibilità di mettere in campo una temporanea tutta sua, il suo orgoglio era cresciuto di passo in passo alimentato da un potente senso di rivalsa.

“Quando lo verrà a sapere credo che le scoppierà il fegato.” Disse Kaiou e quasi quasi se ne dispiacque.

Cosa che invece non toccò minimamente la bionda, che iniziando a ridere si alzò dal divano affermando di stare godendo come un riccio.

“Haruka!”

“Non è una parolaccia!”

“Si, va bene, ma non c’è neanche da far così però.”

"Ma senti, senti; non sei tu ad averla mandata bellamente a farsi fottere?"

"Questo si. Diciamo però che sto cercando di non gongolare troppo."

“O Kaiou…, il problema è che tu sei sempre troppo leale.” Disse la bionda rimettendo il fregio sul davanzale del camino mentre la compagna andava verso i pensili della cucina.

“Non si tratta di lealtà, ma di rispetto. Opinabile il suo comportamento come essere umano, ma dal punto di vista artistico, Kristen Kocc merita tutto il nostro risp…”

Fino a quel momento non ci aveva fatto caso, ma ora guardando il barattolo delle parole poco lecite, come lo aveva soprannominato, notò al suo interno un oggetto a dir poco curioso. Avvicinandosi alla penisola, Michiru l’osservò meglio voltandosi poi verso Haruka.

“Amore…”

“Mmmm?”

“Forse non dovrei chiederlo, ma perché il bancomat di Giovanna è nel barattolo?”

“Ecco.... non chiederlo.” Disse la bionda tornando a ridere.

 

 

 

NOTE: Salve, ecco terminato il terzo arco della mia prima ff, ma non chiedetemi nulla sul matrimonio, perché se mai lo scriverò, sarà in una one-shot. Lascio a voi il compito di sognarlo a vostro modo.

Un saluto a tutti ed un grazie a coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi.

Ciauuuu

   
 
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