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Autore: Nao Yoshikawa    19/11/2021    4 recensioni
Giappone, 1932
Orihime è da poco diventata una maiko e per la prima volta accompagna la sua nee-san Rangiku ad una festa.
La ragazza sa qual è il suo compito, sa cosa fare per intrattenere, piacere e, all'occorrenza, sedurre.
Ma l'incontro appassionante con uno straniero che farà di lei la sua musa, cambierà tutto ciò in cui ha sempre creduto.
L'amore, se ne renderà conto, è incantevole e talvolta difficile.
«Questo straniero è bello?» chiese Ururu mentre l’aiutava a vestirsi. Anche se timida, una volta che si lasciava andare quella bambina chiacchierava molto.
«È molto bello. I suoi occhi sono diversi, così grandi… e sono verdi, pensa un po’» nel dire ciò, sorrise.
Come una ragazzina.
Come ciò che dopotutto era.
«Se lui vuole ritrarti, allora tu sei… com’è che si dice? La sua musa ispiratrice!» esclamò la bambina. «Oh, è così romantico. Vi innamorate? Lui diventerà il tuo danna come il signor Ichimaru e Rangiku?»
Nel sentirmi nominare, la geisha sollevò lo sguardo, infilandosi un pettinino tra i capelli.
«Ururu, ora non disturbare Orihime con le tue chiacchiere, devi prepararti anche tu.»
La ragazzina fece un inchino e poi si allontanò per vestirsi.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gin Ichimaru, Inoue Orihime, Rangiku Matsumoto, Schiffer Ulquiorra, Yoruichi Shihoin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La principessa del mondo fluttuante

Parte Prima
 
Rangiku era la geisha più bella e richiesta dell’okiya e per Orihime era un onore poter essere la sua sorella minore. Oramai era una maiko a tutti gli effetti e doveva ammettere di essere nervosa. Aveva studiato a lungo, si era esercitata con lo shamisen fino a farsi indolenzite le dita, aveva danzato fino a sentire i muscoli bruciare. Si era abituata pian piano al pesante kimono e all’obi che doveva trascinarsi dietro, aveva imparato a conversare, intrattenere, a servire il tè, a essere piacevole, educata, desiderabile. Ma doveva imparare ancora se voleva sperare di diventare una geisha come Rangiku. Ed era questo ciò a cui Orihime mirava. Quando uscivano dall’okiya, tutti gli uomini si voltavano a guardare la sua onee-san.
Un giorno, forse, avrebbero guardato anche lei.
Quella sera di giugno, Orihime avrebbe accompagnato Rangiku ad un ricevimento e la okaa-san Yoruichi le stava facendo le ennesime raccomandazioni.
«Non dimenticare tutto quello che hai imparato. Una ragazza della tua bellezza è promettente» le disse, dando gli ultimi ritocchi alla sua elaborata acconciatura.
Per l’occasione, Orihime indossava un kimono rosso dai ricami dorati, il trucco abbondava sul viso e le labbra erano scarlatte.
«Non preoccuparti per lei, andrà benissimo. E poi ci divertiremo anche, non è vero?» domandò Rangiku allegra. Alle volte Yoruichi le rimproverava di essere troppo esuberante, ma capiva anche che il fascino di quella geisha era molto particolare.
«S-sono pronta» gemette Orihime, del tutto estranea ai loro discorsi.
Avrebbe dovuto intrattenere degli uomini e quando si aveva un’indole timida come la sua non era facile. Ma non voleva deludere né Yoruichi, né la sua onee-san.
 
Lì all’okiya c’erano altre ragazze con cui andava d’accordo, ma Rangiku era l’unica con cui avesse stabilito un vero rapporto di amicizia. Non era raro che si creassero rivalità all’interno dello stesso okiya, per questo Orihime si riteneva fortunata. Rangiku era arrivata lì che era anche più giovane di lei e solo dopo anni di duro lavoro, impegno e fatica era riuscita a guadagnarsi il titolo di una delle geishe più ambite di Kyoto.
Il nostro è un mondo crudele, le ripeteva sempre, devi stare attenta a fidarti, troveresti facilmente qualcuno in grado di tradirti.
Quella sera però le aveva parlato di argomenti più piacevoli. Rangiku era stata richiesta ad una festa esclusiva a cui avrebbero partecipato degli artisti, pittori e musicisti. Un’occasione perfetta per il debutto di Orihime, la quale si era aggrappata al suo kimono.
«Nee-san, aspetta. Credo di non riuscire neanche a respirare.»
«L’obi è troppo stretto?» domandò Rangiku, ma lei scosse la testa.
«E se dovessi sbagliare qualcosa? Non so se sopporterei la vergogna» ammise.
Yoruichi l’avrebbe rimproverata dicendo che una geisha non doveva mai e in nessun caso dimostrare insicurezza. Rangiku invece aveva un approccio più dolce.
«Ti sei impegnata così tanto. E poi, anche se sbagliassi, sono certa che sapresti uscirne a testa alta.»
L’afferrò per un braccio e si inoltrarono verso un sentiero illuminato dalle lanterne. Poiché faceva già molto caldo, il party si sarebbe tenuto all’esterno. Orihime poteva sentire le cicale, il chiacchiericcio delle persone in sottofondo. C’erano soprattutto uomini, vestiti all’occidentale. E geishe di altri okiya. Riconobbe Rukia, una maiko come lei, coprirsi il viso con un ventaglio mentre parlava con un uomo.
«Andiamo, Orihime. Vieni di qua. Devo presentarti una persona molto speciale per me» trillò entusiasta come una bambina.
La maiko le andò dietro, cercando di non cadere. Si stava dirigendo verso un gruppo di uomini.
Doveva solo respirare, tutto sarebbe andato bene.
Rangiku si avvicinò, assumendo un’espressione sensuale e sfacciata.
«Gin»
Gin Ichimaru. Orihime lo conosceva per fama, le era capitato di vederlo qualche volta, in quanto danna[1] di Rangiku, ma non ci aveva mai parlato. Era stato lui ad avere la verginità di Rangiku, qualche anno prima, quando si era sottoposta al rito del mizuage.[2]
Era davvero un uomo strano, pensò Orihime. Aveva gli occhi sottili e chissà perché gli ricordava un rettile.
«Rangiku. Non è una vera festa senza di te» le sussurrò e dal modo in cui si parlavano e guardavano, Orihime non poté che provare stupore. Lei sapeva poco, pochissimo, sul sesso e sull’amore. Ma certe cose si sentivano sulla propria pelle.
«Lei è Orihime, la mia sorella minore, una maiko» Rangiku le diede un colpetto sulla schiena e Orihime si risvegliò dai suoi pensieri. Arrossì e fece un cenno con il capo.
«Povera piccola bambina, non essere impaurita, qui nessuno vuole metterti a disagio. Ma immagino che questo Rangiku te l’abbia già detto» disse Gin, aveva un modo di parlare che quasi incantava. «Nemmeno io sono qui da solo. Lasciate che vi presenti alcuni miei stimati amici e colleghi.»
In seguito, Rangiku spiegò a Orihime che Gin era uno scrittore proveniente da una famiglia facoltosa. I suoi libri avevano avuto molto più successo in America, dove tornava ogni tanto. Gli amici di Gin erano Ichigo Kurosaki, in cui Orihime riconobbe l’uomo che Rukia stava intrattenendo, e poi un giovane pittore dallo sguardo malinconico.
Capì subito che non poteva essere di origine giapponese per via dei suoi occhi verdi che, quando la scrutarono per la prima volta, la fecero arrossire.
Dopo i vari convenevoli e le presentazioni, si sedettero ad uno dei tavoli. Orihime servì il sakè senza versarlo fuori dai bicchieri. Ma Ulquiorra (questa era il nome del pittore) non bevve.
Evitava di guardarlo, sapeva che altrimenti avrebbe rischiato di far cadere qualcosa e questo non poteva permetterlo.
«È la prima volta che Ulquiorra vede una geisha» esordì Gin.
«Ma non mi dica, siamo le prime? Questo ci onora» sorrise Rangiku. «E le geishe sono come si aspettava?»
Ulquiorra sollevò lo sguardo. Era schivo e serioso, ma sembrava educato.
«A dire il vero sono meglio di quanto pensassi. Meglio che nei dipinti o nei libri, comunque.»
Orihime sorrise, si sentiva piacevolmente incuriosita da quello straniero. Intuendo ciò, Rangiku decise di darle una mano.
«Sa, Orihime è una maiko molto promettente. Ancora qualche anno e magari diventerà anche più famosa di me.»
La ragazza arrossì. Era lì per intrattenere, non per starsene in silenzio come una sciocca.
«Io faccio solo del mio meglio» disse umilmente.
«Ma se nessuno suona lo shamisen come te. Perché non ci fai sentire?»
Orihime gemette, socchiudendo gli occhi. Sarebbe stato scortese rifiutare, così prese lo shamisen che aveva messo da parte. Non era un problema avere tutte le attenzioni addosso, il compito delle geishe era anche quello. Ma voleva evitare di incontrare lo sguardo di Ulquiorra. Tenendo lo sguardo basso, iniziò a muovere le dita sulle corde e a suonare con concentrazione. Le ci erano voluti anni per imparare e ancora era lontana dalla perfezione. Tuttavia, quella sera le avrebbero soltanto rivolto dei complimenti.
«Incantevole» commentò Gin. Orihime sorrise.
«La ringrazio» rispose la ragazza, con una rinnovata sicurezza che la portò a conversare con più fluidità. Decise che avrebbe provato a parlare con Ulquiorra, ma le risultò difficile. Lui non chiacchierava molto e rispondeva in modo serrato, forse non era interessato. In effetti sembrava perso in un mondo invisibile che nessun altro avrebbe potuto vedere. Giusto, lui era un artista. E lei era una maiko che un giorno sarebbe diventata geisha. L’arte era nel suo nome, l’arte l’aveva studiata per anni con grande sforzo. Era su questo che doveva puntare.
«Mi piacerebbe molto vedere i suoi quadri» disse mentre gli serviva del saké, poiché alla fine Ulquiorra aveva bevuto. «Cosa dipinge?»
Lui alzò lo sguardo su di lei.
«Soprattutto paesaggi. È per questo che sono venuto in Giappone, queste terre alimentano la mia ispirazione. Ma questa sera è più alimentata che mai.»
Orihime arrossì, ma cercò di non mostrarsi imbarazzata.
«In che modo?» la ragazza lasciò intravedere il polso. Aveva imparato che quello era un gesto raffinato per stuzzicare un uomo, per fargli provare un brivido di piacere. Non sapeva se con Ulquiorra avrebbe funzionato, ma in effetti il suo sguardo si fece più attento.
«In passato ho anche lavorato a dei ritratti e questa sera mi è venuta voglia, dopo tanto tempo. Sto pensando di ritrarre te, se me lo concedi.»
Orihime sventolò il ventaglio. Non immaginava che quella sera avrebbe incontrato un giovane artista che le avrebbe fatto una simile proposta. E come potere rifiutare? I clienti erano preziosi e lei doveva cogliere ogni occasione per emergere.
«Mi… lusinga» sussurrò, sorpresa. «Nessuno mi ha mai ritratto. Ma proprio io?»
Sapeva di essere graziosa, ma non si considerava bella come Rangiku o come altre geishe. Invece Ulquiorra aveva scelto proprio lei.
«Proprio te. Ma per ritrarre qualcosa devo prima conoscerla» disse guardandola dritto negli occhi.
Questo era un po’ spacciato. Le piaceva quello straniero.
Dopo tanto tempo che erano stati seduti, alcune geishe, tra cui Rangiku e Rukia, intrattennero gli ospiti con una delle loro danze. Era stato allora che Ulquiorra aveva fatto segno a Orihime di seguirlo sul ponte in legno sotto il cui passava un fiumiciattolo. Attorno a loro, le falene svolazzavano vicino le lanterne e il rumore dell’acqua si confondeva con la musica.
«Allora, dimmi. Cosa è che devo sapere?»
Orihime aveva creduto che sarebbe stato lui a fargli domande. Ma cosa doveva raccontargli? Della sua vita come maiko, iniziata quando la sua famiglia l’aveva venduta da bambina? O della sua vita prima, quando il suo nome era un altro[3], quando era una goffa ragazzina, povera e senza futuro?
No, sarebbe stato deprimente.
Il suo nome da maiko – quello che poi avrebbe tenuto per tutta la vita – conteneva in sé un significato regale. Un augurio che il suo futuro potesse essere come quello di una principessa.
Fece un respiro profondo e decise di parlare con il cuore in mano.
«Mi piacerebbe diventare una geisha esperta, un giorno. Non solo per la fama, ma perché a me questa vita piace. All’inizio non piace a nessuna, perché è dura, è difficile arrivare a questo punto. Ma ho imparato tanto, cosa che non avrei mai pensato di poter fare. Quando mi acconcio i capelli e indosso il trucco, io posso essere un’altra persona. Senza insicurezze, importante, desiderata. Umh… per le insicurezze ci sto ancora lavorando» nascose un sorriso dietro il ventaglio, accorgendosi dopo che Ulquiorra si era fatto più vicino, rimanendo comunque ad una distanza rispettosa.
«Hai sempre voluto essere una geisha?»
Si era aspettata quella domanda.
«All’inizio, no. Vivevo nella campagna, ma la mia famiglia era così povera che mi hanno venduta. Avevo anche un fratello, però sono anni che non lo rivedo. Mi chiedo se sarebbe fiero di me adesso…» si morse il labbro. «Questo è un po’ deprimente.»
Ma Ulquiorra scosse la testa.
«Non lo è.»
Adesso che l’aveva così vicino, Orihime poteva osservarlo meglio. Era bello, ma di una bellezza malinconica a cui non era abituata. I suoi tratti da straniero la destabilizzavano, ma in senso buono.
«Anche io voglio sapere di lei» si lasciò scappare, ma Ulquiorra non si infastidì.
«La mia vita è molto meno interessante della tua. Ho origini inglesi e ispaniche, anche se so che non sembrerebbe. E il mio lavoro mi ha portato in giro per il mondo. America, Italia, Francia e sono stato in Giappone diverse volte. E poi, la gente di me pensa che sia bravo a leggere l’anima delle persone. Dicono che è tipico di noi artisti.»
Si era avvicinato ancora. Orihime non era stupida, sapeva che c’era un decoro da mantenere, che spesso gli uomini volevano approfittarsene. Ma Ulquiorra non sembrava quel tipo di uomo. Anche se non lo conosceva, lo sentiva.
«Lei è d’accordo con quest’affermazione?» chiese la ragazza, con un sussurro.
«Sì, sono d’accordo. E penso che tu sia come me. Io sarò un artista, ma tu sei arte.»
Quel complimento fece quasi perdere l’equilibrio a Orihime. Anche se non aveva esperienza, sapeva che adesso stavano superando i limiti di geisha-cliente. E non era neanche raro che accadesse, ma si sentiva spaurita, sperduta. Aveva solo diciassette anni, non ne sapeva ancora abbastanza del mondo.
Ma solo in quel momento si rese conto di come lui la guardava. Sembrava ispirato, rapito.
«Signor Schiffer, io…»
«Puoi chiamarmi anche solo per nome. E vorrei fosse chiara una cosa: non ho secondi fini, sono un professionista.»
In realtà Orihime non aveva neanche pensato a quell’evenienza, tutto il contrario. Ma era felice che lui l’avesse specificato.
«Su questo non avevo alcun dubbio.»
 
La serata si esaurì troppo in fretta. Era andata molto meglio di quanto Orihime pensasse e lei e Rangiku tornarono all’okiya che era già tardi e sarebbe passato un po’ prima di andare a dormire: dovevano prima sfilarsi via i kimono, impresa che occupava diverso tempo. Ad aiutarle di solito ci pensava Ururu.
Ururu era arrivata all’okiya un anno prima ed era una ragazzina timida e sempre spaventata, che si occupava delle mansioni domestiche. Tra qualche tempo avrebbe iniziato anche lei il suo apprendistato per diventare una geisha, anche se Yoruichi era già parecchio dura con lei. A Orihime ricordava molto la sé stessa di qualche anno prima
«E così quel pittore vuole ritrarti, eh? Ma tu pensa, hai già fatto colpo» commentò Rangiku accanto a lei, mentre Ururu le scioglieva l’obi.
«Sono rimasta colpita anche io. Non pensi sia sconveniente?»
«E perché mai? Per uomini come loro, noi siamo muse. E credo che tu per lui lo sia eccome, ho visto come ti guardava, come se avesse visto il Paradiso. Secondo me si è innamorato di te al primo colpo.»
Sia lei che Ururu arrossirono.
«Intendi come Gin è innamorato di te?» la stuzzicò e questa volta fu Rangiku ad arrossire.
«È diverso.»
«Perché è diverso? Perché se vi amate non state insieme?» chiese ingenuamente.
Le geishe in genere non si sposavano, ma a loro non era preclusa una vita sentimentale o sessuale. Gin Ichimaru aveva pagato profumatamente la verginità della geisha e da allora non si erano più allontanati.
Rangiku sorrise in modo amaro.
«Perché lui è già sposato e io non posso ambire altro che ad essere la sua amante. E in cambio, lui si prende cura di me. Non saprei dirti se mi ama. Voglio sperare di sì» guardò la sua sorella minore con un misto di malinconia e rassegnazione. «Noi non siamo donne comuni. Possiamo essere amanti, molto spesso siamo destinate a essere solo questo» nel dire ciò le posò una carezza sulla guancia.
Ururu sospirò.
«Sembra così triste.»
Yoruichi entrò con passo deciso.
«Lo è, ma è una cosa che sappiamo tutti» disse in tono duro.
«Ci origliavi?» chiese Rangiku.
«Io ne ho il diritto» rispose lei, rivolgendosi poi a Orihime. «So che hai avuto successo stasera, con uno straniero, oltretutto. Ben fatto, ma presta attenzione.»
Quando Yoruichi diceva questo non si riferiva solo all’avere contegno e al non disonorare l’okiya. Poiché era affezionata a tutte le sue ragazze e sapeva quando Orihime fosse delicata e ancora un po’ ingenua, si sentiva in dovere di metterla in guardia.
«Oh, suvvia, quante storie!» disse Rangiku, ritrovando il suo buon umore. «Orihime è bella e ha fatto perdere la testa ad un uomo, certe cose capitano sempre. E poi, sbaglio o da giovane anche tu avevi avuto una relazione con un uomo? Com’è che si chiamava? Ora mi sfugge il nome. Ah sì, Kisuke Urahara. Mi era molto simpatico... ahi!»
Yoruichi l’aveva stretta per i capelli, Rangiku era l’unica che osasse scherzare così con lei.
«Non stiamo parlando di me, certo che hai la lingua lunga. E dopotutto io devo anche guardare ai guadagni, per cui… finché fate il vostro lavoro, non mi lamenterò di certo.»
Yoruichi era quel tipo di donna che cercava di essere dura, ma che in realtà tentava solo di proteggerle. Si rivolse a Ururu, intimandole di lasciarsi riposare e la bambina le andò dietro come un cucciolo-
Rangiku si massaggiò la testa.
«Che male…»
«Sei stata scortese» Orihime di distese. «Farò quello che devo.»
Avrebbe dovuto riposare, ma sia le parole di Yoruichi che quelle di Rangiku le tornavano alla mente. La vita di una geisha sembrava tanto malinconica e al contempo dolce come la musica che producevano con lo shamisen.
 
Dopo qualche giorno, Rangiku era nuovamente stata richiesta dal suo danna e aveva insistito affinché Orihime venisse con loro.
«Ururu può venire con noi e portare i nostri shamisen. Dovrà farlo prima o poi» propose Rangiku. Yoruichi, seduta sul pavimento, posò il suo sguardo da gatta sulla bambina.
«Non ha torto. È giunto anche per te il momento di vedere con i tuoi occhi quello che dovrai fare un giorno.»
Ururu si lasciò sfuggire un gemito, nessuno avrebbe saputo dire se fosse eccitata o impaurita. Probabilmente entrambi. L’evento quella sera era una semplice cena fuori, ma Orihime aveva curato ancora di più il suo aspetto, il trucco e la scelta del kimono. Ne aveva scelto uno di un azzurro cielo, mentre continuava a ripetersi a mente che anche e l’amore non era vietato, era difficile e lei era lì per lavorare e compiacere, non per altro. Ma nonostante le incombenze della vita, Orihime aveva un animo romantico.
«Questo straniero è bello?» chiese Ururu mentre l’aiutava a vestirsi. Anche se timida, una volta che si lasciava andare quella bambina chiacchierava molto.
«È molto bello. I suoi occhi sono diversi, così grandi… e sono verdi, pensa un po’» nel dire ciò, sorrise.
Come una ragazzina.
Come ciò che dopotutto era.
«Se lui vuole ritrarti, allora tu sei… com’è che si dice? La sua musa ispiratrice!» esclamò la bambina. «Oh, è così romantico. Vi innamorate? Lui diventerà il tuo danna come il signor Ichimaru e Rangiku?»
Nel sentirsi nominare, la geisha sollevò lo sguardo, infilandosi un pettinino tra i capelli.
«Ururu, ora non disturbare Orihime con le tue chiacchiere, devi prepararti anche tu.»
La ragazzina fece un inchino e poi si allontanò per vestirsi.
Orihime sospirò, guardandosi allo specchio.
«Sono un po’ nervosa al pensiero di rivederlo.»
«Non dire sciocchezze. È un uomo, gli uomini non hanno segreti per noi, nemmeno gli affascinanti stranieri come lui. Ammetto che un po’ ti invidio. Nemmeno Gin mi ha mai guardato in modo così adorante.»
Pensava, Orihime, l’amore funzionava davvero in modo strano. Non bastava amarsi per stare insieme? Non bastava prendersi per mano e camminare nella stessa direzione?
Se lo avesse detto ad alta voce, le avrebbe risposto che era una sciocca, un’ingenua.
Erano donne che portavano una maschera e si lasciavano dietro una vita fatta di dolore.
Erano fiori e salici. [4]
 
Continua…

[1]Di solito è un uomo molto ricco e facoltoso che ha un rapporto esclusivo con una geisha. Si occupa di lei economicamente e spesso ripaga i suoi debiti alla madre dell’okiya. Di solito i danna sono piuttosto avanti con l’età, anche se in questa storia mi sono immaginata Gin più grande di Rangiku, è comunque abbastanza giovane-
 
[2] Rito di iniziazione sessuale di una geisha. La verginità di quest’ultima viene messa all’asta (è brutto da dire, ma è così) e chi paga di più può averla.
 
[3] Qui mi riferisco al fatto che quando una geisha diventa tale (o una maiko, come nel caso di Orihime), cambia nome. Ho voluto che i nomi effettivi di Orihime e Rangiku fossero i loro nomi da geishe.
 
[4] – Ci si riferisce al mondo delle geishe come “il mondo dei fiori e dei salici”.
 
Okiya: luogo dove vivono le geishe
Maiko: apprendista geisha
 
Non sono una studiosa, ma un’appassionata della figura della geisha e tutto ciò che so lo apprendo dai libri e all’occorrenza dai documentari e internet.
Doveva nascere come OS, ma ho deciso di dividerla in due capitoli per non caricare troppo la storia. Purtroppo per adesso non sono nel mood di scrivere una long, infatti è stato difficile perché ci sarebbero tante cose di cui parlare e approfondire, riguardo a questo mondo. Ma si fa quel che si può :P
Spero vi sia piaciuta questa prima parte
   
 
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