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Autore: The Big Dreamer    24/11/2021    1 recensioni
Sono passati otto anni da quando Peter Parker è diventato Spider-Man, e le cose non sono più le stesse: zia May ha scoperto la sua identità segreta e, considerandolo un criminale, lo ha cacciato via di casa. Nel contempo ha dovuto sopportare la morte di Gwen Stacy e ha perso i contatti con i suoi un tempo inseparabili amici.
Tony Stark ha fatto molte scelte sbagliate che lo hanno estraniato dall'affetto del giovane e dalla stima degli Avengers, ormai uniti solo dalla necessità di difendere la Terra e non dall'amicizia come un tempo. Senza contare la rottura definitiva con la sua amata Pepper.
Il mondo sta cambiando sempre più velocemente, e non necessariamente per il meglio: un nuovo pericoloso aspirante alla Casa Bianca vuole imporre un Atto di Registrazione dei Superumani per farli diventare armi in mano al governo, al fine di far tornare l'America l'assoluta dominatrice del mondo.
Il tutto mentre l'Arrampicamuri, sempre più scettico sul suo ruolo di eroe, dovrà affrontare una nuova minaccia con suoi vecchi e nuovi nemici pronti a mettere le mani sulla Tavola dell'Ordine e del Caos, un manufatto che potrebbe sconvolgere l'intero continuum spazio-temporale.
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 1

AVENGERS DIVISI
 
New York era incredibilmente tranquilla quella notte, almeno nella zona che di solito lui pattugliava. Nessun furto, nessuna aggressione, nessuna vecchietta che aveva bisogno di aiuto per attraversare la strada.
La cosa che sollevava enormemente Spider-Man, che osservava la città sotto di lui dal tetto dell’Avengers Tower[1]. Il vento muoveva leggermente i suoi capelli castani, lasciati liberi dalla morsa opprimente di quella maschera che nascondeva la sua identità di Peter Parker, laureato a pieni voti all’Empire State University[2] e ora in procinto di conseguire un dottorato in Ingegneria Elettronica. Sui suoi occhi verdi, tuttavia, si leggevano una tristezza e uno sguardo che non si sarebbe detto appartenessero a un ragazzo ventitrenne come lui.
Che senso nascondersi ormai? Erano cambiate tante cose da quando aveva 15 anni: le morti di suo zio Ben, del capitano George Stacy e della sua povera, amata Gwen per mano di Electro (che potesse marcire in galera in eterno il bastardo, incatenato mani e piedi per contenere i suoi poteri nel caso volesse fuggire) e il suo migliore amico Harry Osborn sparito all’improvviso in Giappone, nella speranza che potessero curarlo dalla stessa malattia che aveva stroncato sua madre lo avevano già scosso abbastanza nel profondo.
E come se non bastasse ci si era messa prima la sua dolce e cara zia May che una volta scoperto che lui era in realtà “l’orribile Spider-Man” lo aveva cacciato via di casa, dicendogli che non lo denunciava alla polizia solo perché gli voleva comunque bene. Il tutto perché aveva creduto alle fandonie del Daily Bugle, quel giornale al quale aveva concesso lui stesso per anni le sue fotografie senza fiatare e accettando le paghe da fame rifilategli da quel bastardo di J. Jonah Jameson, anche se a onor del vero a volte il suo collaboratore Robbie Robertson (santo subito) lo convinceva a dargli un extra, incoraggiando Pete ad andare avanti.
Ovviamente dopo essere stato sfrattato da sua zia Peter si presentò un’ultima volta da Jameson, vomitandogli addosso anni ed anni di emozioni represse finendo col definirlo “un misero pennivendolo invidioso che New York amasse di più Spider-Man che i paparazzi come lui”, e mostrandogli un bel dito medio prima di andarsene. Jameson, che pur spacciandosi per grande giornalista non aveva tutto questo grande acume per le cose che lo riguardavano da vicino, non si accorse minimamente dei segnali che il giovane aveva inavvertitamente dato sulla sua identità segreta semplicemente lo mandò via tirandogli addosso una cucitrice, urlandogli che avrebbe fatto in modo che non potesse più pubblicare foto nemmeno nei giornalini parrocchiani e che avrebbe reso la vita del suo “fidanzatino tessiragnatele” un vero e proprio inferno in Terra. E mantenne la promessa, cominciando a scrivere servizi sempre più sconnessi e deliranti su Spider-Man, con presunte connessioni con Kingpin, la malavita e vari racket di New York. Una stagione, denominata da Peter “J.J.J. ha preso il volo”, che per fortuna terminò con Robbie che spinse il suo direttore a farsi vedere da uno specialista, che gli diagnosticò un grave esaurimento nervoso e lo convinse a prendersi tre mesi di vacanza su un’isola tropicale, lontano da Internet e da qualsiasi giornale o telegiornale, con Robertson che, prese temporaneamente le redini del Bugle, gli passava per via telefonica una rassegna stampa dei fatti del giorno in due minuti, ovviamente non citando in alcun modo il Ragno tanto odiato. Una volta tornato Jameson sembrò essere di nuovo il giornalista brillante della sua giovinezza, polemico verso Spider-Man ma non più così ossessionato, ricominciando anche a scrivere editoriali su fatti che riguardavano vari aspetti come la politica, la cronaca e il costume.
Parker sinceramente rise ricordandosi di quel dettaglio. Era stato sbattuto fuori dalla casa in cui era cresciuto, ma almeno si era tolto la soddisfazione di aver fatto impazzire per davvero J.J.J.
Poi gli tornò in mente l’ultimo capitolo della sua vita, che si era chiuso da poco, quello forse più doloroso dopo la morte di Gwen. Mary Jane Watson, che aveva appena ottenuto un posto fisso nel Daily Globe, il giornale concorrente al Bugle, lo aveva subito accolto a casa sua quando era stato sfrattato da May. Si era dimostrata una vera amica nei suoi confronti, non lo aveva abbandonato nel momento del bisogno, nonostante all’epoca si conoscessero a malapena. Del resto non sapeva da chi andare: pur avendo fatto pace con il suo ex bullo Flash Thompson e addirittura stretto un buon rapporto con lui questi si era appena trasferito a Los Angeles, dopo aver ricevuto l’offerta da sogno di giocare per i Lakers[3]; Eddie Brock, suo amico d’infanzia, era a fare un servizio giornalistico all’estero e ne aveva approfittato per far fare in sua assenza delle ristrutturazioni alla sua casa, che era dunque inagibile; Harry Osborn era partito da poco per il Giappone a curarsi, e a Peter non andava di disturbare suo padre Norman, sempre impegnato col lavoro da quando era stato eletto sindaco di New York. E sinceramente non voleva nemmeno andare a stare da MJ, visto che non solo lui si sentiva a disagio a stare con altre ragazze dopo la morte di Gwen, ma sapeva che lei stava faticando tanto per realizzare il suo sogno di diventare la più grande giornalista d’America, ma la rossa aveva insistito che lui venisse a stare da lei.
- “Niente scuse, Pete! Tu vieni a stare da me, o ti ci costringo io! Non permetterò a nessuno dei miei amici di finire in mezzo a una strada!” -
E stare con MJ sì che gli fece tornare il sorriso: nonostante le difficoltà lei era sempre così gioiosa, positiva, e passavano le serate a ridere leggendo gli articoli deliranti di Jameson su Spider-Man. Non era mai stato tanto felice da sei mesi a quella parte, e lei era contenta di aiutare un amico e di avere qualcuno di compagnia nel suo piccolo, ma vuoto appartamento.
Poi una sera accadde il fatto che cambiò le loro vite per sempre: per festeggiare un aumento nella sua busta paga la ragazza portò una bottiglia di champagne, senza curarsi minimamente che né lei, che pur si vantava di essere una festaiola inarrestabile, né Peter reggevano l’alcool. Inutile dire che divennero in men che non si dica brilli, fermandosi prima di divenire totalmente sbronzi e abbastanza lucidi da sfidarsi a “obbligo e verità”.
Un gioco all’inizio innocente, che però andò troppo oltre, con entrambi che si misero a nudo, rivelando traumi, paure, dolori. E non ci misero molto a ritrovarsi nudi fisicamente, sul letto di MJ. E Peter provò sensazioni che non viveva da tanto tempo: calore, intimità, piacere, il sentire di trasmetterle a qualcuno. L’ultima volta che ciò era successo era stato con… Gwen.
La felicità si trasformò in tristezza, il sollievo in un peso opprimente. Il ragazzo non riuscì minimamente a chiudere occhio, e restò sdraiato sul letto cercando di tenere lo sguardo il più lontano possibile da Mary Jane, la quale nemmeno dormiva. Anche lei provava le sue stesse sensazioni, sentiva pure lei di aver tradito Gwen, la sua migliore amica morta sei mesi prima. Quella notte Peter decise di lasciare la casa della donna, la quale era d’accordo con lui. Quello che era successo tra di loro, per quanto bellissimo, era stato un errore.
A quel punto non gli rimase altro che bussare alla porta dell’ultima persona amica che gli era rimasta. Certo, i rapporti si erano molto raffreddati rispetto a tanti anni prima, quando era un semplice ragazzino che giocava a fare l’eroe, e che non sapeva nulla di come funzionasse la vita vera, ma era sicuro che non lo avrebbe abbandonato. O quello o un marciapiede, del resto.
 
- “E alla fine sei tornato al nido, Bimbo-Ragno.” -
Peter si girò, e vide di fronte a sé Tony Stark, alias Iron Man. L’uomo che un tempo ammirava come un dio, a cui aveva voluto bene come se fosse stato il padre che gli era mancato da quando zio Ben non c’era più, e che alla fine lo aveva deluso. Eppure lui non lo aveva lasciato nel momento del bisogno, ancora provava affetto per quel bambino che appena avuti i suoi poteri scorrazzava in giro per New York volteggiando aggrappato a delle ragnatele in un costume da wrestler[4].
- “Sei qui per sfottermi? Perché non sono dell’umore, Tony.” -
Non lo chiamò per nome come si usa fare come un vecchio amico, ma come una conoscenza in parte sgradita, quel tipo di persona che una volta si adorava e che ora la si considera quasi meno di nulla.
L’uomo sospirò. Il suo volto era ormai solcato da profonde rughe, che lo facevano sembrare un po’ più vecchio di quella che era la sua vera età anagrafica. Ciò era dovuto allo stress accumulato nel corso di anni di battaglie non solo contro macchine da guerra e alieni, ma anche concorrenti nel campo dell’imprenditoria, legali, persone che lo accusavano di aver recato loro danno nei suoi scontri o a causa delle sue invenzioni e che pretendevano astronomici risarcimenti, anche per una semplice visita al pronto soccorso a causa di una lieve ferita.
- “Ragazzo, gradirei fossi un po’ più gentile con me. Dopotutto ti ospito…” -
- “In quanto Avenger, e per questo ti ringrazio. Ma vorrei appunto che i nostri rapporti restassero tali, e non andassero oltre.” -
Stark lo guardò infastidito - “Noi Avengers siamo una famiglia. Purtroppo tu non lo riesci a comprendere, ma qui tutti noi teniamo a te, allo stesso modo di chiunque altro membro del nostro team.” -
- “Sì, certo, basta chiedere a Occhio di Falco…” - rispose sarcastico Peter.
- “Clint ha fatto una scelta. Da quando è morta la sua famiglia è morta una parte di lui. E sinceramente non lo biasimo…” -
- “Allora perché gli date la caccia?” -
- “Per due ragioni: la prima perché ormai non si limita più a neutralizzare i criminali, ma a ucciderli proprio. E questo lo rende un assassino, lo sai. La seconda è che spero di prenderlo prima che possa finire nelle mani di qualcuno tipo Kingpin, che sicuramente gli farà la festa, o del governo, che potrebbe fargli anche di peggio. Io e Nick Fury vogliamo salvare Clint.” -
- “Lo S.H.I.E.L.D. non è un’agenzia governativa? Se Occhio di Falco finisse in mano vostra non sarebbe la stessa identica cosa che se fossero i servizi segreti a catturarlo?” -
- “Non fare il finto tonto, lo sai benissimo che lo S.H.I.E.L.D. e gli Avengers hanno una legislazione tutta loro. Ed è anche meglio così, visti i tempi duri che ci attendono…” -
Spider-Man sapeva benissimo a chi Iron Man si riferiva - “Intendi la candidatura alla presidenza di James Marcus[5]?” -
L’uomo d’affari sospirò - “Già… secondo gli ultimi sondaggi, sia ufficiali che quelli segreti fatti dai miei amici alla Casa Bianca, pare essere in netto vantaggio sia sul candidato Repubblicano che su quello Democratico…” -
- “Scusami, ma se venisse eletto non sarebbe una cosa buona? Insomma, è il primo candidato al di fuori dei due maggiori partiti che potrebbe essere eletto da… non si sa quanto tempo! E in più ha sempre speso parole buone nei confronti di noi superumani.” -
- “Perché gli siamo utili. Sebbene Charles Xavier abbia avvertito tutta la comunità mutante di votare secondo coscienza e di non farsi trascinare dalle proposte di Marcus gran parte di essa è pronta a sostenerlo, e anche dall’altra parte ci sono molti scettici. Pure Reed è preoccupato al riguardo, visto che Marcus secondo i suoi report si sarebbe incontrato più volte in Latveria con il Dottor Destino.” -
- “E che diavolo avrebbe da guadagnarci facendo amicizia con quella canaglia di von Doom?!” -
- “Un appoggio in Europa. Per quanto la Latveria sia uno stato canaglia è ricchissimo, e influenza moltissimo gli altri paesi del continente. In più si farebbe molti amici anche tra i supercriminali. Per questo Charles sta spingendo la comunità mutante non fedele a Magneto a riflettere prima di votare, gli X-Men hanno già detto che non lo sosterranno.” -
- “E’… è scandaloso! Dovremmo far diventare la cosa di dominio pubblico!” -
- “E come? Non abbiamo prove né video né audio dei suoi incontri con Victor von Doom, solo i rapporti delle nostre spie. Sono svegli, fanno tutto in gran segreto in zone difficilissime da localizzare prive di qualsiasi tipo di tecnologia rintracciabile. E qualsiasi congegno che possa registrare le loro conversazioni o filmarli che io e Richards credevamo a prova di bomba sono stati tutti scoperti da Destino, che ha puntualmente giustiziato i nostri informatori.” -
Peter si morse il labbro. La situazione era veramente seria, per la prima volta nella storia rischiava di salire al potere un uomo con un tale potere. E non si trattava più di un semplice magnate o di qualche politico navigato, era proprio uno sembrava avere le mani in pasta in TUTTO.
- “E non è finita qui…” - continuò Tony, divenendo ancor più mesto - “Se James Marcus dovesse essere eletto, cosa che molto probabilmente accadrà a meno che non succeda qualcosa che sconvolga tutto, il suo primo passo al governo sarà imporre un Atto di Registrazione dei Superumani.” -
Se prima era preoccupato Parker ora era in pieno panico. Cominciò a sudare freddo - “Ma… cosa significa?!” -
Purtroppo il suo ex mentore gli diede la terribile risposta che già si attendeva - “Saremo tutti costretti a dire al governo chi siamo. Le nostre identità non saranno più segrete.” -
Peter cominciò a dar di matto - “Tony, ti rendi conto di cosa significa?! I nostri diritti civili verrebbero calpestati, i nostri cari potrebbero essere messi a serio rischio?! Se ci fosse anche solo una fuga d’informazioni i nostri nemici potrebbero scoprire le nostre vere identità!” -
- “E non solo: saremo costretti a lavorare per il governo. Ciò significa tutto il contrario di tutto, ma, in teoria, potremmo essere costretti a fare anche del… lavoro sporco.” -
“Lavoro sporco”… Spider-Man trasalì. Questo significava che se Marcus, una volta diventato Presidente, avesse voluto che loro facessero lavori tipo rapimenti, tortura o addirittura omicidi avrebbero dovuto obbedirgli, pena il finire probabilmente dietro le sbarre di una cella contenitiva, se non peggio.
- “Cioè dovremmo diventare delle specie di agenti del governo che fanno qualsiasi, e dico QUALSIASI cosa venga richiesta?! Ti rendi conto di che razza di follia sia?!” -
- “Credi che non lo sappia?! Io ho deciso di rivelarmi al mondo come Iron Man di mia spontanea volontà, ma ci sono tanti altri come te, Daredevil e Kamala Khan che sarebbero messi a serio rischio! Ti dirò, normalmente l’avrei approvata una cosa del genere[6], ma il fatto che sia proprio Marcus a proporla mi preoccupa enormemente. Uno come lui che fa amicizia con un criminale di guerra come von Doom è troppo pericoloso per avere in mano tutto questo potere. Mi vengono i brividi se mi viene da pensare che lui ha pieno accesso al nostro arsenale di armi nucleari…” -
- “Appunto! Dobbiamo fermarlo a tutti i costi!” -
L’uomo navigato sospirò, e gli parlò con quel tono paterno che con lui non sfoggiava da tanti anni - “Ragazzo… non è così semplice: James Marcus è un vero e proprio sociopatico. Se vuole qualcosa la prende, indipendentemente da quello che deve fare per arrivarci. Ed è un dannato genio, forse alla pari con Reed Richards e Bruce Banner, solo che lui a differenza loro non ha nessuna remora a fare uso della sua intelligenza per i suoi scopi. In questo è pure peggio di von Doom. Quella che vede il pubblico è solo una maschera: quell’uomo aperto, accogliente, gioioso e ottimista in realtà è un vero e proprio mostro. Ho sentito cose terribili sul suo conto, addirittura che possegga dei veri e propri schiavi al suo servizio. O meglio, gente che lui ricatta e che utilizza come giocattoli prima di buttarli via.” -
Ormai Spider-Man era terrorizzato. Questo confermava i suoi timori, che i supereroi che avrebbero finito per accettare l’Atto di Registrazioni sarebbero divenuti dei servi di James Marcus - “Mamma mia… è davvero come dici tu, Tony?” -
Il più anziano lo guardò negli occhi, e Peter vide che era sincero. Era serio, preoccupato - “Te lo assicuro. Ha le mani in pasta ovunque, perfino io ho le mani legate.” -
- “Che intendi dire?” -
- “Quando lui annuncerà l’Atto di Registrazione dei Superumani al pubblico gli dovrò dare il mio sostegno.” -
Il giovane lo fissò per un attimo sconvolto, poi urlò in preda alla rabbia - “VUOI SOSTENERE QUEL FASCISTA?! PUR SAPENDO CHE E’ UN MOSTRO?!” -
- “Peter, cresci, CAZZO! Non ti rendi conto che la situazione è seria?! Io sono l’uomo più ricco al mondo e il capo della squadra di eroi più importante del pianeta! Sono l’unico che può proteggere tutti da lui!” -
- “Ma… se le cose fossero così saresti in pratica un suo prigioniero per sempre! Chissà cosa ti costringerebbe a fare, magari ad allearti con qualche mostro tipo Destino!” -
- “E cosa vuoi che faccia?! Prendere l’armatura di Iron Man, andare direttamente da lui e fargli un bel buco nel petto?! Perché ti assicuro che avrei una gran voglia di farlo, e ci ho seriamente pensato per un secondo, ma non è così che funziona la diplomazia! Bisogna saper parlare, ragazzo, sapersi districare! Anche questo fanno gli Avengers!” -
Parker chinò il capo, stringendo i pugni per la rabbia. Eccolo, il caro vecchio codardo Tony Stark che scappa alle sue responsabilità, tutto per proteggere i suoi affari e la sua squadra. Sempre a cercare la via più facile. Si chiese come si era fatto incantare da lui quando venne a casa sua otto anni prima proponendogli uno “stage” alla Stark Industries. Era stato proprio uno stupido. No, non stupido… ingenuo, ancora ferito e impaurito dalla morte di suo zio Ben, avvenuta solo pochi mesi prima. Era solo un quindicenne, un bambino, diavolo… un Bimbo-Ragno. Anzi, neanche era sicuro di essere ancora uno Spider-Man. Che schifo quest’epoca: i suoi zii alla sua età sapevano già qual era il loro posto al mondo ed erano pronti a spaccarlo, lui era ancora un moccioso indeciso…
Cercò di aggrapparsi a quell’unica figura che ancora ammirava della sua gioventù, che per quanto fosse anch’essa piena di difetti gli sembrava nel suo profondo un incorruttibile simbolo, un esempio - “Cap che ne pensa?” -
- “Steve è… molto scettico al riguardo: sai com’è, lui è un americano vecchio stile che crede che le libertà individuali siano il fulcro di questa nazione, che senza di esse non si può essere allo stesso tempo uniti. Per lui quest’Atto di Registrazione è una follia: sebbene noi tutti Avengers tranne pochissime eccezioni come te abbiamo deciso di rivelare le nostre identità al pubblico crede che ognuno di noi debba avere il diritto di scegliere, anche se si tratta di superumani.” -
- “E ha ragione! Le nostre libertà civili e la sicurezza dei nostri cari sono a serio rischio!” -
- “E’ il popolo che decide, Peter. Non possiamo manipolare la democrazia, non è una cosa da Avengers.” -
- “Ma noi abbiamo il potere per poter…” -
Stark lo fulminò con lo sguardo - “Per poter COSA?! Rovesciare il governo e instaurare una dittatura di superumani?! Peter, ti senti quando parli?! Sembri von Doom!” -
- “No… non intendevo questo!! Volevo solo dire che a questo Marcus bisognerebbe fare un bel discorsetto, e fargli capire che non ce ne staremo lì a guardare mentre ci spia e ci manipola, specie se si mette a fare accordi coi criminali!” -
- “Sì, così dichiara direttamente illegali gli Avengers e i loro alleati e fa un bel team composto da Loki, Destino e qualche altra bella mela marcia per sterminarci tutti, magari con delle belle armature della mia compagnia dopo averle sequestrate!” - Tony trasse un profondo respiro, sconsolato - “Siamo con le spalle al muro, Pete. E’ molto probabile, anzi quasi certo che fra tre mesi James Marcus vincerà le elezioni. E a quel punto saremo fregati.” -
- “Cosa possiamo fare, allora?” -
- “Infiltrarci nei suoi ranghi. Scoprire i suoi punti deboli. Nessuno è perfetto, ricordatelo. Nemmeno un geniale sociopatico come lui.” -
Peter tuttavia non era convinto di quello che il suo ex mentore gli stava dicendo. Sì, quella di conquistare la sua fiducia era l’unica via apparentemente possibile, ma sarebbero riusciti a ingannare uno come James Marcus, una mente che poteva rivaleggiare con i più grandi geni della Terra? Senza contare, inoltre, che se fosse stato davvero un sociopatico avrebbe potuto essere ancora più senza scrupoli di un Victor von Doom.
- “Va bene, Tony. Mi fido di te. E per quanto riguarda… ecco…” -
- “La tua identità segreta? Purtroppo non sei più minorenne, quindi non possiamo usare questa scappatoia per nascondere la tua identità come faremo con Kamala. Tuttavia, essendo noi Avengers parte dello S.H.I.E.L.D. e quindi di un’organizzazione governativa possiamo fare in modo che se l’Atto dovesse essere approvato potremo godere di un’immunità, in quanto le nostre informazioni personali sono già in mano a Fury. Non ti posso promettere niente, ma farò tutto il possibile per proteggere te e i tuoi cari.” -
Quali “cari”, Tony… pensò il ventitreenne amaramente, ricordandosi che non gli era rimasto praticamente nessuno al mondo. Avrebbe potuto mandare tutti al diavolo, lasciare che il mondo scoprisse che lui era Spider-Man, e se i suoi nemici li avessero catturati chissenefrega! No… la verità è che, a parte zia May, nessuno lo aveva veramente abbandonato. Harry stava male e doveva curarsi, Flash ed Eddie avevano giustamente le loro vita da portare avanti. Ma Mary Jane… basta, doveva smettere di pensarci! Si era lasciato andare, e aveva rovinato il loro bellissimo rapporto di amicizia. Il tutto perché amava ancora Gwen… o era quello che si stava dicendo per giustificarsi? Per non ammettere che lui, Peter Parker, non voleva essere felice a causa della colpa ancestrale per la morte dello zio Ben? Quella che lo spingeva ad essere Spider-Man, a rischiare la vita tutti i giorni per uno scopo che sentiva sempre più lontano e vuoto?
- “Ti ringrazio, Tony. Ora vorrei solo farmi un giro, se non ti dispiace.” -
- “Niente affatto. Non sei più un ragazzino, non devi mica tornare a casa entro la mezzanotte.” -
- “Allora a domani, buonanotte.” -
- “Buonanotte, Pete.” -
L’Uomo Ragno si mise la sua maschera e si gettò giù dalla Avengers Tower, mentre Tony Stark lo fissava diventare sempre più un puntino, per poi cominciare a volteggiare grazie alla sua ragnatela tra i palazzi di New York. Si ricordava bene quando era ancora un ragazzino ingenuo, innocente, che adorava lui, Capitan America e tutti gli Avengers, ritenendoli grandi eroi. Erano stati anni felicissimi, in cui loro lavoravano insieme. Lui e Cap gli avevano insegnato tutti i trucchi del mestiere, come essere un vero guerriero, e dopo la guerra del Guanto dell’Infinito e la promozione di Peter ad Avenger a pieno titolo sembrava tutto perfetto.
Poi il colpo di Stato del Wakanda del 2019 cambiò tutto: Erik Killmonger prese il potere cacciando via T’Challa e instaurando al posto del vecchio regno una repubblica che di fatto avrebbe garantito il suffragio universale, ma che in realtà era una vera e propria dittatura della quale N’Jadaka divenne di fatto presidente a vita. E subito riuscì a entrare nelle grazie del presidente statunitense di allora Troy Ryan, promettendo di superare la classica neutralità della sua nazione nello scacchiere mondiale e condividendo con l’America le avanzatissime tecnologie del Wakanda. T’Challa guidò una ribellione per tornare a guidare il paese, ma il Presidente Ryan costrinse Tony Stark a intervenire in una missione segreta addirittura agli Avengers e allo S.H.I.E.L.D., pena la condanna nei suoi confronti per la vendita indiretta involontaria di armi ai talebani durante la guerra in Iraq nel 2004. E per quanto l’industriale fosse amico di Pantera Nera non poteva nemmeno permettersi di finire in galera, col rischio che gli Avengers fossero smantellati. Erano troppo importanti per la salvezza del mondo, per difenderlo da minacce come Loki e Thanos.
Quando si seppe la verità per poco il gruppo non si spaccò, e Capitan America diede pubblicamente a Ryan del fascista in una dichiarazione alla stampa, in quanto T’Challa era un amico degli Stati Uniti, sebbene si fosse sempre rifiutato di combattere in guerre che non toccassero direttamente il Wakanda. Ci volle l’intercessione di Tony e Nick Fury perché Steve non finisse in galera per oltraggio alla figura del Presidente. Alla fine riuscirono a giungere a un compromesso, permettendo a T’Challa e a molti profughi della nazione africana di trovare rifugio in America, e sebbene Killmonger avesse preteso che gli fossero consegnati Ryan dovette trattenerli, anche perché aveva subito un crollo di gradimento nei sondaggi, cosa tremenda in un periodo così vicino alle elezioni. Cosa che fu inutile, in quanto perse lo stesso le elezioni del 2020, anche a causa del boicottaggio da parte di Cap.
Un fatto che segnò moltissimi che credevano in Stark, compreso Peter, che da quel momento non riuscì più a guardarlo con gli stessi occhi di prima. Lo accusò di essere un servo dei potenti, che Steve aveva ragione sul Presidente Ryan, e gli disse che da quel momento tra loro ci sarebbe stato un semplice rapporto tra colleghi, nulla di più.
Fu una cosa terribile, in quanto nel corso degli anni avevano formato un bellissimo rapporto, quasi tra padre e figlio. Addirittura non lo invitò alla consegna del suo diploma liceale, che Tony dovette osservare da lontano, dietro a un albero. A fargli ancora più male fu che, invece, Capitan America era venuto a sostenere un discorso agli studenti diplomati, e dopo la cerimonia lui e Pete, che si mise il costume di Spider-Man, andarono a mangiare a un Burger King, parlarono a lungo e infine si salutarono dandosi un abbraccio. Quel giorno l’imprenditore capì che il suo rapporto col ragazzo era perduto per sempre.
Fu dura per l’uomo conosciuto come Iron Man non ricadere nel vizio dell’alcool, in quanto questo si venne a sommare anche alla perdita di tanti amici tra gli Avengers stessi, e pure Pepper Potts dopo i fatti del Wakanda, disgustata da quello che Tony aveva fatto, decise di rompere la loro relazione sentimentale e lasciare la Stark Industries, accettando un’offerta di lavoro da parte di Norman Osborn alla Oscorp.
Dopo cinque anni ancora teneva nel cassetto del suo comodino accanto al letto l’anello che aveva intenzione di darle il mese dopo la loro rottura, nel quale sarebbe caduto il giorno in cui lei era venuta a lavorare nella sua azienda. Un monito alla sua stupidità, alla sua debolezza. Aveva deciso la via apparentemente più facile, come lo aveva accusato Spider-Man, e aveva rovinato tutto.
Era inutile che invitasse Peter a stare da lui, nella speranza di poter far tornare tutto a quei tempi. Il suo era un dovere da Avenger, nulla di più. Non restava letteralmente più niente di Tony Stark, ora c’era solo Iron Man. Una banale armatura, una semplice maschera vuota, dietro la quale prima, almeno, c’era un uomo.
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Uff… la mia prima storia dopo… un sacco di tempo…
Come avete potuto intuire, questa non è propriamente una storia sul Marvel Cinematic Universe, quanto piuttosto ispirata in gran parte ad essa e in parte ad altri media di Spider-Man, soprattutto il fumetto e il videogioco del 2018, anche se ci saranno accenni pure alla trilogia di film di Raimi e ai due di Webb (come il fatto che Flash Thompson è un giocatore di basket di successo).
Inoltre è palese che, in puro stile MCU, ci saranno innumerevoli citazioni e apparizioni di altri eroi Marvel, anche se il protagonista della vicenda resterà sempre il nostro caro Tessiragnatele, oltre a crossover anche con serie non-Marvel.
Spero che questa storia vi piaccia, avendola pensata da tanto tempo ed essendomi deciso a darle finalmente forma, anche se vi assicuro che in origine era molto, ma MOLTO diversa (vi dico solo che doveva essere l’ennesima origin story di Spider-Man).
Vi saluto, perciò! Al prossimo capitolo!
 
[1] L’ex Stark Tower di New York, trasformata nel quartier generale prima degli Avengers e poi dei New Avengers.
[2] Università privata dell’Ivy League newyorchese. Gli studenti che vi prendono parte come requisito fondamentale devono uscire dalle scuole superiori con un voto molto alto o per meriti sportivi. Tra i suoi studenti si annoverano Peter Parker, vicino al dottorato, Harry Osborn, che ha sospeso la sua carriera universitaria per motivi di salute, Flash Thompson, che ha lasciato gli studi prima della laurea per dedicarsi al basket professionistico, e la defunta Gwen Stacy. Tra i laureati vi sono eccellenze del calibro di Norman Osborn e Otto Octavius.
[3] I Los Angeles Lakers sono a pari merito con i Boston Celtics la squadra di basket più vincente di tutta la storia della NBA, con 17 titoli vinti nel nostro universo. Nell’universo di riferimento del nostro racconto, invece, i Lakers hanno vinto due ulteriori campionati nel 2022 e nel 2023, finendo al primo posto nell’albo d’oro NBA con 19 titoli.
[4] A differenza del Marvel Cinematic Universe, in cui Peter prima di ricevere il suo costume “classico” da Tony utilizzava una semplice felpa, una calzamaglia blu da danza e delle calze rosse, in questa storia Spider-Man ha indossato fin dall’inizio una sua versione “semplice”, senza le ragnatele nere e con delle semplici lenti riflettenti per nascondere i suoi occhi agli altri (come nell’universo Ultimate). In seguito Stark gli ha donato una versione “hi-tech” molto simile a quella usata nei film MCU. Spidey l’ha poi aggiornata nel corso degli anni, dotandola di gadget di sua invenzione e di protezioni a spalle, gomiti e ginocchia e una rinforzatura sul petto, come garanzia per possibili nemici più veloci di lui i cui colpi non potrebbe schivare nemmeno col suo senso di ragno.
[5] James Marcus non è presente in nessuna continuity Marvel né di nessun’altra serie, è un personaggio originale della storia. Nato a New York nel 1984 Marcus è il più giovane candidato alla presidenza degli Stati Uniti d’America dai tempi di William Jennings Bryan (Pete Buttigieg pur avendo 37 anni nel 2020 non rientra nel computo perché si era candidato per la sola nomination democratica, perdendo). Marcus si è laureato all’ESU a pieni voti in giurisprudenza, divenendo prima un rinomato avvocato e poi buttandosi in politica con un partito tutto suo, l’Alleanza Unitaria, che si propone di portare la pace e l’ordine in un mondo sempre più devastato dai superumani. Tuttavia Marcus ha sempre dichiarato la sua amicizia nei confronti di quelli che definisce “dalla parte della legge”, anche se non ha ricevuto al momento un pieno endorsement dei capi della comunità superumana.
[6] Nell’universo Marvel originale (quello dei fumetti) Tony Stark/Iron Man s’impegnava attivamente per l’approvazione dell’Atto di Registrazione dei Superumani, a seguito di una catastrofe che gli aveva fatto riflettere riguardo al controllo dei vigilanti mascherati (e spingeva anche Spider-Man a rivelare la sua vera identità al mondo). Qui Tony, invece, è preoccupato delle implicazioni che possa avere l’Atto in quanto ideato da una personalità come James Marcus.
   
 
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