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Autore: Deb    24/11/2021    6 recensioni
Le era sempre piaciuta la prima seduta con un nuovo paziente, cercare di scoprirlo, di metterlo a proprio agio. Le piaceva conoscere la persona che prendeva posto davanti a lei.
Akito Hayama. Ripeté nella sua mente scrivendo quel nome sulla carta. Aveva sentito qualcosa di strano quando le avevano fatto quel nome, quando le avevano detto che quel paziente era stato assegnato a lei.
Curiosità.

{Partecipa al contest Vorrei incontrarti tra cent'anni indetto sul forum Ferisce la penna}
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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«Lui ti prende la mano per la prima volta e la memoria di questo tocco trascende il tempo e fa sussultare ogni atomo del tuo essere. Lei ti guarda negli occhi, e tu vedi l'anima gemella che ti ha accompagnato attraverso i secoli.»
Molte vite un solo amore
Brian Weiss



Those Eyes

Akito Hayama.
Sana Kurata si alzò dalla poltrona e fece un lieve inchino.
«Si accomodi, signor Hayama.» Sorrise, indicandogli il divano poco distante, il sorriso sempre presente. «Io sono Sana Kurata. Piacere di conoscerla. Prego, si segga.» Si sedette prima lei, aprendo il taccuino sulle sue gambe.
Le era sempre piaciuta la prima seduta con un nuovo paziente, cercare di scoprirlo, di metterlo a proprio agio. Le piaceva conoscere la persona che prendeva posto davanti a lei.
Akito Hayama. Ripeté nella sua mente, scrivendolo sulla carta. Aveva sentito qualcosa di strano quando le avevano fatto quel nome, quando le avevano detto che quel paziente era stato assegnato a lei. Curiosità.
Alzò lo sguardo, incontrando il suo. Akito era seduto a gambe larghe, le braccia intorno al petto, gli occhi ambra che la scrutavano seri, senza apparente interesse, le labbra strette. Era evidente che avrebbe voluto essere da qualsiasi altra parte, eccetto lì.
«Allora, signor Hayama, come mai è qui?»
«Mi hanno costretto.»
Sana vide la sua mano stringere con maggior forza l'avambraccio.
«Ah... E come mai?» Si finse curiosa, senza smettere di osservare ogni suo movimento. Hayama non rispose, continuò però a guardarla senza che il suo volto tradisse alcun tipo di emozione.
Sana capì che le sedute con quel ragazzo difficilmente avrebbero avuto un riscontro positivo. C’erano dei pazienti che si nascondevano dietro ad un muro di mutismo e spesso preferivano guardare il centrotavola del tavolino davanti al divano, oppure il quadro affisso alla parete dietro di lei. Era la prima volta che le capitava un paziente che non distoglieva lo sguardo dal suo.
Sta cercando di intimidirmi?
Lo vide inumidirsi le labbra, fare un respiro più pesante. «Credo che tu lo sappia.»
Sana prese appunti. Sfida chi ha davanti rispondendo in modo strafottente, senza dare del lei.
«Vorrei che me lo dicesse lei.»
Non lo fece, e per tutta l’ora a loro disposizione non volò più una parola.
Nessuno dei due distolse lo sguardo, in una lotta infinita fra chi avesse più pazienza. Sussultò, Sana, quando suonò il campanello di fine seduta.
Lo accompagnò alla porta e la tenne aperta per farlo passare accennando un sorriso.
Sospirò quando rimase sola. Non era la prima volta che un paziente scegliesse di chiudersi davanti a lei anziché aprirsi, eppure era stato diverso.
Gli occhi.
Quegli occhi che sembravano scrutarla dentro, che cercavano di non esprimere niente, ma che le era sembrato volessero parlare, urlare. Le avevano dato l’impressione di inchiodarla alla poltrona. Si era sentita paralizzata da quello sguardo.
Portò due dita sulle palpebre, massaggiandole. Scrisse qualcos’altro nel suo taccuino.
Le sedute successive non furono diverse. Quando Hayama arrivava, prendeva posto davanti a lei e non pronunciava parola. Per altre due sedute Sana passò il tempo a disegnare sul quaderno anziché prendere appunti, provava a farlo aprire ma non riceveva mai alcuna risposta. Durante la terza seduta cercò di fare quante più domande possibili.
«Che si è fatto alla mano?» Domandò, guardando la mano fasciata. Sana si rese conto che, nonostante il silenzio, ogni nuovo dettaglio riguardante Hayama che lei riusciva a cogliere, non faceva altro che aumentare l’interesse nei suoi confronti.
Akito seguì il suo sguardo, raggiungendo la benda.
Silenzio.
Tornò poi a guardarla.
Più il tempo passava e più la sua curiosità di Sana aumentava. C’era qualcosa che non comprendeva, che la spingeva a chiedersi il perché di quel mutismo. Hayama continuava a osservarla, ma la sua espressione non aveva più l’aria della sfida, sembrava anzi comprenderla senza parlare. Talvolta lui aveva cominciato anche a distogliere lo sguardo, a non guardarla più come le prime volte. E più lui non la guardava, più lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso.
Un ufficio non è il luogo ideale. Si ritrovò a pensare. Lo scrisse. Non è l’ambiente giusto.
Non avrebbero fatto alcun passo avanti se avessero continuato così. E lei sentiva il bisogno di raggiungerlo, di capirlo.
Non avrebbe dovuto oltrepassare il limite. Ma più se lo ripeteva, più voleva farlo. Ne va del suo bene, aveva pensato aprendo il suo fascicolo, a fine lavoro.
Nome, cognome, età, scuole frequentate, lavoro, fedina penale. Residenza.

Akito Hayama correva tutte le sere.
Tornava a casa molto tardi, zuppo di sudore. Sana l’aveva seguito per qualche giorno, passeggiando nei pressi di casa sua. Stai superando il limite. Continuava a ripeterselo spesso, ma la sera successiva si ritrovava comunque davanti a casa sua.
Lui si fermava sempre nella stessa panchina del parco poco distante dalla sua residenza. Riprendeva fiato, beveva un po’ acqua, poi si alzava e tornava a casa. Era uno schema.
Sana, nascosta nella parte opposta del parco, aveva notato che quegli occhi non cambiavano mai espressione nemmeno fuori dallo studio. E anche lì, in quel parco appena illuminato, guardando l’espressione di Hayama aveva la medesima sensazione di conoscerlo da sempre.
Camminò in sua direzione, lo vide sussultare appena quando quegli occhi la notarono.
«Buonasera, Hayama!» Salutò alzando la mano.
«Spiarmi fa parte del tuo lavoro?» Domandò, prima di sospirare.
«Stavo facendo una passeggiata. Posso?» Indicò la panchina, ma non attese risposta, sedendosi al suo fianco. «Non abito molto distante da qui. Che coincidenza, eh?! Cosa fa di bello?» Si voltò verso di lui, speranzosa.
«Sono andato a correre.» Finalmente una risposta.
Sorrise, Sana. «Magari ci siamo incrociati altre volte e non ce ne siamo accorti, ci pensa?»
«Può essere.» Aprì la bottiglietta e ne bevve un sorso. Sana continuava a guardarlo, continuava a sentire il bisogno di aiutarlo, di scoprire qualcosa in più su di lui al di fuori del lavoro.
Io lo conosco. Era una sensazione strana, qualcosa che non riusciva a comprendere del tutto. Qualcosa che la spingeva in sua direzione, come le onde che continuamente rincorrono la battigia. Voleva capire, Sana, il perché di quella sensazione così ingombrante.
«Senta, Hayama...» Fece una pausa, guardò il cielo scuro privo di stelle per colpa della luce dei lampioni. «… perché ha picchiato quel tizio?» Domandò, senza giri di parole. Attese un po’, ma non arrivò alcuna risposta. «Non sono qui come dottoressa, Hayama… Sono semplicemente curiosa.»
«Non sono fatti che ti riguardano.»
«Mh. Vero. Però… potrebbe far finta che io sia sua amica, con gli amici si parla e...»
«Non sei mia amica.» La interruppe.
Sana sbuffò sonoramente, alzò gli occhi al cielo. «Sei proprio irritante, lo sai?» Sputò fuori, senza riuscire a trattenersi, abbandonando la serietà alla quale era ormai abituata. «Stiamo facendo due chiacchiere e tu rispondi sempre a monosillabi. Facciamo così...» Trovò gli occhi di Akito scrutarla. Si bloccò. Si morse un labbro, prima di riprendere a parlare. «… ti do dei nominativi di altri psicologi e continuerai il tuo… percorso con qualcun altro. Tanto noi non caviamo una lucertola dal buco.» Alzò le spalle e le braccia.
«Una lucertola dal buco? Volevi dire un ragno dal buco?»
Sventolò una mano davanti a lui. «Quello che è. Allora, ci stai?» Sperava dicesse di sì, sperava di non essere più la sua dottoressa. Forse, se fosse stata una donna qualunque, avrebbe ottenuto le risposte che cercava.
«Non mi interessa. Fai quello che ti pare, ma lasciami in pace.» Si alzò, cominciando a camminare verso la sua abitazione.
Sana lo seguì, portandosi alla sua destra, ignorando le sue ultime parole. «Sì, sei davvero irritante, Hayama. Vorrei soltanto conoscerti meglio.» L’aveva detto. Il cuore batté forte nel suo petto, senza che ne capisse il motivo.
Speranza.
Aveva il desiderio di avvicinarsi a lui sempre di più e che lui sentisse lo stesso.
«E tu sei così petulante con tutti? Lasciami in pace.»
Negò con la testa. «Ti lascerò in pace quando mi risponderai.»
Hayama si fermò, si voltò verso di lei. Gli sguardi che si incontrarono di nuovo. Silenzio, spezzato poi dalla sua voce. «Mi ricordi qualcuno, ma non so chi.»
Sana sgranò gli occhi, allargò la bocca. «Davvero? Ma lo sai che… insomma… mi sembra di conoscerti! Hai degli occhi familiari, eppure non ricordo proprio di averti mai incontrato prima...» Ammise. Non era la sola con quella sensazione. Sorrise. «Allora, Hayama? Perché hai picchiato quel tizio?» Domandò ancora una volta. «Su, dillo pure alla tua amica Sana!»
«Non sei mia amica.»
«Non sono più la tua dottoressa. Quindi diventerò tua amica.» Rispose, pronta. «E tra amici si parla. Su!» Alzò le braccia al cielo con un sorriso.
Akito era fermo davanti a lei, l’osservava come se dovesse studiarla, capire la prossima mossa. Continuò a ripetere “su” e “dimmelo” e ancora “non vado via finché non me lo dici”, le braccia sempre levate al cielo, il sorriso che non scompariva dal proprio volto. Sentiva il bisogno di far sì che si aprisse con lei. Non si aspettava quello che invece stava accadendo.
L’aveva baciata.
Così.
Aveva abbassato il viso e l’aveva baciata.
Sana sgranò gli occhi senza riuscire a muoversi. «Che ca...» Sussurrò, prima di ritrovare di nuovo quelle labbra su di lei.
Avrebbe voluto spingerlo via, allontanarlo. Invece le sue mani si appoggiarono sul suo petto, lasciandola incredula, senza la forza di opporsi.
Che diavolo?
L’aveva visto allontanarsi da lei e sospirare.
«Sei davvero impertinente. Non ti sopportavo più.»
Avrebbe voluto prenderlo a calci. «Io? Io? Io non vado in giro a baciare le persone!»
«Sei tu che non stavi un attimo zitta! Dovevo trovare il modo per zittirti!» Alzò la voce, strinse un pugno. Sana lo fulminò con lo sguardo. Nessuno l’aveva mai baciata senza che lei se lo aspettasse. Non avrebbe dovuto farlo. Non avrebbe dovuto baciarla, avrebbe semplicemente dovuto rispondere alla sua domanda. Deglutì, abbassò lo sguardo, gli occhi le bruciavano, ma cercava di trattenere le lacrime. Perché ho voglia di piangere?
Era tutta quella confusione che provava.
Aveva… sentito qualcosa.
Hayama portò una mano in tasca, gli occhi chiari puntati su di lei. Sana aveva socchiuso la bocca, pronta a parlare. L’aveva richiusa. L’aveva sentito anche lui? Portò il dito indice alla bocca, abbassando lo sguardo. Voleva nascondersi, in quel momento. Sprofondare in un buco nero e perdersi nei suoi pensieri.
Limone.
Lo sguardo corse verso la bottiglietta, allungò la mano senza proferire parola, la prese tra le sue e lesse l’etichetta. Aveva già sentito quel sapore sulla sua bocca. Quando?
«Limonata.» Lesse, prima di deglutire.
«Che stai dicendo? Il bacio ti ha dato alla testa?»
Alzò lo sguardo verso di lui, cominciando a cercare qualcosa dentro la borsa. Non era possibile. Era tutto illogico.
«Che irriverente.» Sussurrò cercando una pagina specifica nel quaderno che si portava sempre dietro. L’aveva sempre fatto. Da bambina non faceva altro che scrivere dentro i suoi diari, adesso che era adulta scriveva, di tanto in tanto, quello che le veniva in mente. «Ecco!» Girò la pagina verso di lui affinché leggesse quel pensiero fugace che aveva sentito il bisogno di appuntare alla fine di una delle sedute.
Il primo bacio aveva il sapore del limone. Perché prima che succedesse gli avevo rovesciato addosso una limonata. Il secondo aveva il sapore delle sue labbra. Che dopotutto... lui sia un ragazzo speciale per me?
«Ecco, cosa? Sei strana! Sicura di essere una psicologa?»
«Non lo so! E sì, sono una psicologa!»
«Mi fai leggere questa cosa qui e non lo sai, Kurata?»
Sana prese un respiro profondo, inalò l’aria, ributtandola fuori. Forse aveva ragione, forse era davvero strana. «Non so come spiegarlo.» Ammise. «È stato un pensiero che ho avuto dopo… dopo la nostra prima seduta. È strano, non trovi? Che il nostro primo bacio sapesse di limone...» Sentiva il calore crescere e aumentare sino alla punta dei capelli. Il rossore che si andava espandendo sul suo viso. Il nostro primo bacio, come se me ne aspettassi degli altri. «E hai detto che… E io ho sentito che… era come se… ci conoscessimo e volevo… parlarti. Davvero, volevo...» Lasciò cadere il quaderno di nuovo in borsa e si coprì il volto con le mani. Le era diventato così difficile articolare una frase di senso compiuto. Che stupida. Irritata da quel bacio e poi così smaniosa di comprenderlo.
Sentì la mano di Hayama sulla sua, dopo un po’. Fece in modo che il suo viso fosse di nuovo visibile.
«Ho capito.» Disse soltanto, annuendo. Cosa? Che era pazza?
Eppure, la mano calda stretta nella sua sembrava giusta, come se fosse stata sempre pronta a starle vicino. Come se la conoscesse da quando era nata.
Hayama lasciò cadere la bottiglietta per terra e si passò il palmo della mano sulla bocca più e più volte, strofinandosela. Mi sa che qui siamo pazzi tutti e due.
Non si mosse, Sana, quando lo vide abbassarsi di nuovo, questa volta lento, verso di lei. Era inchiodata all’asfalto senza possibilità di muoversi. Anche volendo non ci sarebbe riuscita, non quando quegli occhi chiari la stavano guardando in quel modo. Chiuse gli occhi quando Hayama appoggiò ancora una volta le labbra sulle sue. Hanno il sapore delle sue labbra, adesso.
Non si era ancora aperto, Hayama. Non sapeva il vero motivo dietro al comportamento che lo aveva portato nel suo studio, ma non era importante in quel momento. Avrebbero avuto modo di conoscersi davvero, era una sensazione di pancia che cresceva di minuto in minuto.
«È così anche per te, Hayama?» Chiese, ad un palmo dalla sua bocca.
Annuì soltanto, prima di ritrovarla di nuovo.
Pazzi tutti e due. Pensò, ridendo sulle labbra di Hayama che si allontanò per guardarla torvo.
«Rovini la verve, Kurata.» E lei rise ancora di più, una mano tra i suoi capelli biondi, stranamente a suo agio sentendolo così a contatto con lei.
«Per una volta che potresti stare zitto!» Esclamò, baciandolo subito dopo. Assaporando di nuovo il suo sapore.
Hanno il sapore di casa.




Questa storia partecipa al contest “Vorrei incontrarti tra cent'anni” indetto da Nirvana_04 sul forum Feriscelapenna. (Le iscrizioni sono ancora aperte, quindi se ci sono degli autori tra di voi, partecipateh!)

Credo che non si sia capito - avendo messo soltanto il link del contest - in cosa consista. Questa fanfiction è una AU e Soulmate!AU come indicano le note.
Il contest chiede quanto segue:
“Deve trattare di anime che si rincontrano di nuovo in un'altra vita, si trovano e in maniera sconvolgente, sorprendente, improvvisa e incontrollata si "riconoscono", attratti in modo inspiegabile e irresistibile l'uno dall'altra.” Per tutti i dettagli delle regole, potete leggerle attraverso il link sopra ^^


Questa oneshot per me è stata una grande, grandissima sfida! E quindi vorrei ringraziare Nirvana per aver indetto il contest che ha portato a mettermi in gioco su qualcosa in cui non mi ero mai cimentata.
La sfida più grande in questa shot è stato il limite di parole: massimo 2.500. Ed io sono longa. Ed essendo una AU avevo paura di non riuscire a mettere le basi per il background. Ci sono riuscita? Chissà. Spero di sì!
Scrivo molto in modo canonico, difficilmente esco dal seminato, se non con delle what if?, ma questo contest mi ha spinto ad uscire dai miei margini autoimposti.
Sana è una psicologa, ho pensato fosse da lei visto che, alla fine del manga, sappiamo che ha instaurato uno sportello radiofonico per poter aiutare le persone. Akito finisce da lei per una rissa, anche se non si scoprirà mai - nella fic - il motivo, ma come pensa Sana avrà motivo di scoprirlo :P
Spero che la fic vi sia piaciuta ♥
Baci
Deb




   
 
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