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Autore: hermy09    29/11/2021    1 recensioni
Una raccolota di fanfiction (per la maggiorparte oneshots) sulla coppia Jason Grace e Reyna Ramirez Arellano.
Sono tutte storie tradotte dall'inglese all'italiano. Leggere il primo capitolo per più info.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Jason Grace, Reyna, Reyna/Jason
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale: https://www.fanfiction.net/s/8478979/1/Coping-with-Forever

Reyna poggio la testa sul petto di Jason. La sua maglie era morbidissima... E forse Reyna passava così tanto tempo con l'armatura addosso da pensarlo dei vestiti di chiunque, ma giurava ci fosse qualcosa di particolare nel detergente di Jason.

Quella era la sua parte preferita della giornata. Nessuno che li guardasse. Nessuno che si aspettasse qualcosa da loro. Nessuno che li criticava. Nessuno lì a lapidarli.

E quando non c'era nessuno esistevano solo loro due. Non aveva prezzo.

Beh, più o meno.

Ultimamente Reyna si sentiva come se anche quando erano entrambi in tuta e maglietta, i suoi capelli erano legati in uno chignon disordinato e lui stava scalzo, ci fosse sempre qualcun'altro lì. Quei momenti privatissimi non sembravano più così privati (e non è che fossero più solo momenti, da quando non c'erano più guerre apocalittiche e battaglie in senato avevano tutto il tempo del mondo).
"Jason?"
"Mm-hmm?". Jason guardava il tramonto, che lei invece stava del tutto ignorando. Era la loro scusa per accoccolarsi sul tetto della Villa, per un attimo lo aveva dimenticato.
"Sai che ti amo vero?" gli disse Reyna.
"Anche io ti amo" le rispose.
"Non era ciò che intendevo" disse Reyna. Ma buono a sapersi. Il giorno in cui glielo aveva detto per la prima volta, circa una settimana fa, era ancora fresco nella sua mente. "È solo che... Lo sai che io dentro di me... I sentimenti non sono proprio una cosa mia... "
"Siiì..." disse Jason capendo l'idea generale.
Reyna fece un respiro profondo. "Ho bisogno di... Ho bisogno di sapere che ne sei sicuro. Che sei davvero pronto a prendere questo impegno. Perché se non lo sei ancora, io non riuscirei a fare... Questo. Voglio dire, mi piace tutto ciò. Mi piace starti attorno ed essere spontanea. Mi ha insegnato a poter essere vulnerabile a volte, quindi sembra giusto. Ma... "

Jason le baciò l'orecchio. "Tenendo conto del fatto che hai dovuto chiedermelo, vorrà dire che dovrò sforzarmi ancora di più. Ma sì. Sarò sempre sicuro di tutto questo, sarò sempre sicuro riguardo a noi due.

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"Penso che dovremmo farlo" disse Jason.
Reyna poggio il mento sui palmi delle mani.
"Non sei convinta vero?".
Lei scosse la testa.

Jason si irrigidì. "Sono grande abbastanza per andare al college Rey. Vorrei studiare legge, penso che sarebbe figo"

"Lo sarebbe" disse lei.

"Non devi per forza ritirarti anche tu nel mio stesso periodo" disse Jason. "È che... non so chi potrà esserci al posto nostro quando saremo costretti a ritirarci e penso che Julian potrebbe davvero essere un ottimo pretore"

"Quarta corte?" verificò Reyna. C'era Julian Bradshaw, Smith e Ndyamirijé (quello a cui Jason si riferiva). Jason annuì.

"Lo so. E tu sai che anche io ho una contendente..." disse Reyna. "Emmeline"

"Della terza?" chiese lui. C'erano tre Emme, una Emmelyn e una Emmeline.

Reyna annuì.

"Lo so" rispose lui.

Nessuno dei due parlò per un po'.

A quanto pareva fare scelte di vita non era altrettanto facile quanto prendere decisioni per salvare il mondo. In quello erano bravi, ma nella prima facevano schifo.

"Tra due anni non so chi ci sarà a Nuova Roma, e chi potrebbe scegliere la legione. Al momento? Penso che sceglierebbero proprio Jullian ed Emmeline" disse Jason. "Dopo le vittorie consecutive della terza corte ai giochi di guerra e il successo della quarta corte con gli unicorni l'altro giorno... Mi fido di loro per Nuova Roma. Emmeline è energetica, Julian ispira fiducia a molti, lei è intelligente, lui uno storico. Sono una buona coppia"

Reyna annuì. Ovviamente Jason aveva ragione e tutto aveva senso.

"Essere pretore è l'unica cosa che so come fare" disse lei dopo un po'

"Ma non è l'unica cosa che saresti in grado di fare" disse Jason. "Se non voi ritirarci non siamo obbligati a farlo".

Reyna la guardò. Sapeva quanto ci volesse per diventare un avvocato, almeno 7 anni. Loro due avevano già 19 anni, e in pochi mesi ne avrebbero compiuti 20. Forse era comunque il momento di ritirarsi anche per lei. Essere la più vecchia del forte non la entusiasmava. Ritirarsi e ritrovarsi persi del tutto era un destino comune per i pretori, e nemmeno quello la entusiasmava. D'altro canto, la scuola di legge non andava da nessuna parte.

"Ci penserò" disse Reyna.

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Reyna e Jason passarono la giornata a New York cercando di non sembrare dei turisti. Al diavolo ciò che aveva detto Percy riguardò alla facilità nel muoversi a New York, si erano totalmente persi.

"Penso che dovremmo prendere un taxi per il loro appartamento" disse Reyna.

"Nah" rispose Jason.

"Guarda, so che tu e i taxi non andate d'accordo..."

"Abbiamo una mappa e un paio di gambe allenate a Nuova Roma. Siamo a posto"

"Jason, ci siamo Percy. Penseranno che siamo stati mangiati" disse Reyna.

"Abbiamo condotto degli attacchi ai Titani. Possiamo gestire New York"

"È ovvio che non possiamo. Giurò, l'autista non sarà per forza un mostro"

"Questo lo pensi tu" disse Jason. "È ciò che avevo pensato anche io. Ma cosa era poi?"

"Un mostro, sì, lo so" lo anticipò Reyna. Continuarono a camminare e Jason si fermò ad uno stand. Per uno speranzoso secondo Reyna credette che si fosse fermato a chiedere indicazioni, ma prese un paio di occhiali da sole e li mise addosso a lei.

"Jace" si lamentò lei. Lui la portò davanti allo specchio. Gli occhiali erano grandi e di color giallo piscio, con degli strass attorno le lenti.

"Non sono carini?" disse lui.

"No non lo è" rispose Reyna.

"Per me sono carini"

"Hai dei gusti pessimi" disse Reyna.

"Non per quanto riguarda le ragazze".

"Mmmh" Reyna prese un paio di occhiali che aveva visto e glieli mise in faccia. Erano di color rosa acceso con appeso un paio di piccoli baffi che dondolavano al di sotto del naso.

Jason arricciò le labbra e inarcò le sopracciglia, e Reyna rise. Lo guardò, con addosso quegli stupidi occhiali e l'espressione buffa... Era abbastanza sicura che fosse quello il modo in cui voleva vivere, invecchiare e morire.

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Reyna chiuse la porta con un calcetto.

"Sono a casa!" disse Reyna ad alta voce. Nessuna risposta. Annabeth doveva essere uscita. O magari le lezioni all'università erano finite più tardi... non ne aveva idea. Da Annabeth ci si poteva aspettare che prendesse un master in mitologia con cui riempire altro spazio sul muro dei diplomi mentre suo marito viveva dall'altro lato del paese. Piper era fuori città, stava aiutando Leo nel racimolare dei soldi da un ragazzo a cui Leo aveva aggiustato la macchina, avrebbero passato il fine settimana a San Diego.

Una volta finito di fare mentalmente la lista degli abitanti della casa realizzò di sentirsi esausta, e che: a) la sua giornata aveva fatto schifo, b) considerando quanto il suo superiore fosse rigido il suo stato di probatio sarebbe stato esteso, c) avrebbe piovuto per tutta la notte e non avevano ancora aggiustato del tutto il tetto e d) avrebbe finito per cucinare lei dato che era stata la prima a tornare a casa. Si tolte il cappello e lo appese all'attaccapanni, strofinò il sopracciglio. Dio, quel giorno aveva fatto caldissimo e l'aria a Nuova Roma era umidiccia e appiccicosa... Si sbottonò la parte superiore della camicia domandandosi di chi fosse stata l'idea dell'uniforme dato che era a maniche lunghe ed erano in California. Avrebbe dovuto cambiare la regola quando ancora era pretore.

Poi notò il foglio sul pavimento. Una freccia che puntava dritto, disegnata coi pastelli a cera, e poi un altro con disegnati degli omini stilizzati. Le sembrò che uno dei due omini avesse disegnato su dei capelli lunghi. L'altro era un omino stilizzato semplice che diceva "Ciao, sono Jason", e l'omino dai capelli lunghi rispondeva "Non mi interessa".

Un'altra freccia.

L'omino coi capelli lunghi stava in piedi con una spada in mano sul petto dell'altro ce le diceva "Non uccidermi!".

Fece un passo verso un'altra freccia. Un altro disegno. C'era un albero in un angolo e un cielo di nuvole di cotone, che galleggiavano attorno ad un sole sorridente. Gli omini stavano parlando.

Omino: Mi serve aiuto con questo mostro Troiano.

Omino donna: No

Omino: Ma Roma potrebbe essere in pericolo e so che tu sai qualcosa al riguardo grazie ai pirati

Omino donna: Va bene

Un altro foglio la fece svoltare a destra. Nel disegno che trovò in cucina c'era un serpente morto con due X sugli occhi. I due omini stilizzati gli stavano sopra con spada e scudo.

Omino: Non siamo male come squadra.

Omina: Già, hai ragione

Un'altra freccia nella cucina. Le frecce andarono in cerchio fino a portarla in sala da pranzo. In un disegno c'era una montagna con nuvole colorate e fulmine in cima. I due omini la guardavano circondati da un esercito di omini stilizzati

L'omina diceva: "Facciamolo!"

La freccia successiva passava per il salotto e nel disegno i due omini facevano... surf sulla folla? Ah no, erano alzati sugli scudi come i pretori (Dovette ripensare alla sua esperienza e suppore per arrivare a quella conclusione)

Omina: immagino che adesso siamo una vera squadra

Omino: Già, è ufficiale. C'era un cuoricino disegnato sul suo petto, un bel miglioramento dato che era disegnato con un pastello a cera rosso. La fece sorridere.

Dopo in un foglio l'omino tirava aereoplanini di carta.

Omina: "Sei un idiota, torna a lavorare".

Omino: "Tanto sai che ti piace".

Omina: "Forse, ma non voglio fare tutto il lavoro da sola"

Freccia. Disegno. I due omini seduti su delle mal disegnate sedie ad un mal disegnato tavolo da caffè che sorseggiavano delle tazze da cui saliva del fumo.

L'omina diceva: "Questo è stranamente piacevole".

Era tornato il cuore di Omino, ed era connesso ad una cosa con scritto TNT, come se dovesse esplodere. Reyna rise.

Freccia. Freccia. Una scritta: [Non mi ricordo nulla di quando ci siamo baciati perchè il mio cervello si è sciolto. Inoltre non credo di saperlo disegnare quello].

Freccia. Disegno.

L'omina era sola e diceva: "Marco... Marco...? Jason, dovresti dire Polo...Jason?" Il suo cuore si strinse un po' ma le venne da sorridere. Marco Polo? Questo è ciò che pensava facesse? Oh Jason.

Freccia. Disegno di nave volante.

Freccia, freccia. Disegno di Omino con un'altra ragazza che non era Omina. C'era una scritta in rosso "Più grande errore che io abbia mai fatto. Mi è stato perdonato, grazie agli dei".

Il suo cuore si sciolse.

Freccia. Freccia. Un gigante stava per schiacciare Omina ma Omino gli lanciava dei fulmini. Seguiva subito un'altra immagine.

Il gigante era morto (beh, almeno il piede adesso non schiacciava Omina ma stava dall'altra parte del foglio). Omino e Omina si baciavano. La scritta in rosso diceva: Miglior cosa che potessi fare. All'angolo c'era un'altra scritta nera che diceva "Disegnato da Hazel perchè era qua per vedere Frank ed è entrata in soggiorno mentre Jason preparava questo . Ciao Reyna".

Freccia, freccia disegno. Omino e Omina stavano in piedi in un luogo non definito, senza orizzonte e Omino diceva "Ti amo".

Reyna salì le scale.

Freccia. Disegno. Due persone sedute sul tetto di una casetta composta da un quadrato con un triangolo sopra e un caminetto.

Omino diceva: "Sarò sempre sicuro di tutto questo, sarò sempre sicuro riguardo a noi due".

Altri disegni. Gli omini erano seduti ad un lungo tavolo.

Omino disse: dovremmo ritirarci.

Omina rispose: ci penserò

Omino e Omina si diplomavano, anche se in due scene separate. Poi Omina era in un letto d'ospedale con la gamba in una brutta posizione. Omina e Omino che facevano una battaglia di pistole ad acqua. Sempre loro che guardavano i fuochi d'artificio.

Era arrivata in cima alle scale e la freccia successiva portava alla sua stanza. La porta aveva un poster appeso con su scritto "Aprimi".

Reyna lo fece e trovò l'immagine di un anello in una scatolina blu. Guardò su (ricordando che il suo collo ne era capace) e vide Jason li in piedi con una scatolina blu.

Sentì un nodo allo stomaco.

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"Allora, ovviamente il vostro matrimonio verrà gestito dal senato" gli disse la donna al municipio.

"Come prego?" chiese Jason. La donna alzò lo sguardo, i suoi occhi li scrutarono da dietro le lenti a mezzaluna.

"Mi sorprende che un'agente della polizia e un avvocato non lo sappiano" disse lei. Aveva un volto inespressivo. Questa funzionaria pubblica era senz'anima.

"Il mio dipartimento non include le leggi del diritto matrimoniale" disse Reyna. Sapeva solo che nuova Roma teneva una lista delle coppie sposate e fidanzate ufficialmente nel caso accadesse qualcosa a qualcuno (come tende a succedere con il tragico fato dei semidei)- è per quello che erano andati lì.

"Avete entrambi lo status di proconsole"

"Giusto" disse Jason. Non era una novità.

"Il senato organizza questi matrimoni per esser sicuri vi sia una certa... classe, e ordine. Si seguiranno determinate tradizioni romane, e ovviamente certi dettagli saranno a vostra discrezione, come la festa di addio al nubilato e l'abito della sposa".

Reyna e Jason si guardarono. Reyna poteva starci. A Jason andava bene non dover organizzare un matrimonio dopo aver assistito al calvario che avevano passato i suoi cugini.

"A una condizione" disse Reyna".

"Non ci sono condi...".

"Stavolta ci saranno" interruppe Reyna "Ai semidei greci sarà permesso partecipare".

La donna sembrò sconcertata da quella proposta.

"Beh, non è... non è consuetudine"

"Il mio migliore amico è un reporter" disse Jason. "Che impressione darà secondo lei "Dopo anni di pace Nuova Roma continua a discriminare i Greci" scritto in prima pagina?"

"O qualcosa di ancor più accattivante come "Razzismo al culmine" aggiunse Reyna.

La donna scribacchiò qualcosa.

"Vi contatteremo per ulteriori dettagli" borbottò.

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Annabeth dispose per bene lo strascico del vestito di Reyna. Avrebbe potuto fare a meno dello strascico, ma era riuscita a non avere fiori, glitter o pizzi. Poteva accettare dei ricambi con perline e uno strascico.
Hazel dispose sulle spalle di Reyna il vero arancione ardente (antica tradizione romana, meglio non porsi domande).

"Tutto ok?" le chiese Piper. "Sei pronta?".

Reyna annuì. Si stava per sentire male. Però credeva di essere pronta.

"Sei bellissima" disse Hazel rivolgendo quel tipo di sorrisi così dolci da farti pensare che tutto nel mondo andasse bene.

"È buono che tu sia nervosa" disse Annabeth. "Fidati di me. Essere nervosa vuol dire che non inciamperai o sbaglierai il suo nome durante i voti".

"Non dare idee al mio subconscio" disse Reyna scacciandola.

Piper le mise una mano sulla spalla. "Andrà bene. Fidati".

L'istinto da figlia di Afrodite vinse sul suo, e Reyna annuí. Sapeva che questo era ciò che desiderava, che era la cosa giusta. Era come la tensione prima delle battaglie.

Bel paragone, pensò tra se e se.

Fu allora che la musica iniziò e Annabeth, Piper ed Hazel si misero in fila indiana come avrebbero dovuto fare dall'inizio.

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"I turisti sono buffi" disse Jason mentre Reyna esaminava una delle statue del Colosseo.

"Mi dispiace dovertelo dire Jason, ma in questo momento anche noi siamo turisti". Disse lei. "So che vai male in geografia, qua siamo in Italia".

"Lo so, ma non mi sento come se fossimo turisti. Non portiamo lucenti scarpe bianche, e non abbiamo zaini al petto con souvenir italiani e fotocamere al polso" disse Jason. "Siamo solo io e te", le disse prendendole la mano. Le dita di Reyna toccarono l'anello di lui.

"Siamo solo io e te" disse lei. "È questo il punto di una luna di miele. Forza, la folla di turisti si sta infittendo. Non siamo più solo tu ed io".

"Andiamo via da qui" disse Jason.

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Jason le baciò la fronte. "Sei sicura di non voler andare dal dottore Rey? Sei pallida".

"Sì, sono sicura" rispose lei. Alzò le gambe dal divano e si mise seduta. "In realtà dovrei parlarti di una cosa..."

Jason si sedette accanto a lei. "O... kay?"

Reyna fece un respiro profondo. Come annunciavano di solito le persone questo genere di cose?

"Non sto veramente male" disse lei.

"Rey, è da una settimana che vomiti. So che hai questo complesso per cui credi di non avere il permesso di ammalarti, ma..."

"È nausea mattutina" sbottò Reyna.

L'intero corpo di Jason reagì, spalle, viso, mascella.

"Nausea mattutina... tipo nausea da gravidanza?" chiese Jason.

"No Jason, nausea mattutina tipo quella che ti viene quando stai ler trasformarti in una zebra".

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"Chiudi il becco Percy" disse Reyna. "Quando avrai il tuo bambino gli darai il nome che vuoi. Perseus junior non è un nome considerabile"

"Già, suonerebbe idiota se poi fosse femmina". Disse lui.

"Percy, basta" disse Jason. Reyna intuí che fosse più un non rischiare contro gli ormoni che un non parlare se non hai intenzione di essere d'aiuto, ma lasciò perdere.

"Di questa lista mi piace Aidan" disse Annabeth (lei era d'aiuto). Il bebè - o Aidan magari- le diede un calcetto che Reyna ignorò. Ormai era abituata. Le prime centinaia di volte era stato emozionante, ma cresceva in lei sempre di più la preoccupazione che avrebbe dato alla luce una palla da calcio. "È molto carino, Aidan Anthony Grace, suona bene".

"È il mio preferito" annuí Reyna.

"Le sue iniziali al contrario formano gaah (gioco di parole introducibile in italiano).

" Oh miei dei, è vero" disse Jason.

"Per questo l'ho portato" disse Annabeth. "E come un concentrato di dodicenni. Se c'è un nome che ha un evidente nomignolo, lui lo troverà".

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Santi numi. Reyna non aveva mai imprecato così in tutta la sua vita.
Si sperava ne sarebbe valsa la pena.

" È tutto okay Reyna" disse Jason stringendole la mano. "Lui sta bene" le diede un bacio in fronte. "Te la sei cavata benone"

"Jason, è già fuori, è un po' tardi per dire quest- Oh dei..." disse vedendo l'infermiera avvicinarsi, tenendo un fagotto. Reyna allungò le braccia senza rendersene conto, con lo stesso istinto con cui sguainava la spada.

L'infermiera sorrise e glielo mise tra le braccia.

"È un bimbetto molto sano, 3 chili e mezzo".

Reyna sperò che Jason stesse ascoltando, lei era impegnato a fissare il suo bambino. Con la coda dell'occhio vide che Jason lo fissava altrettanto.

"Hey" disse Reyna a bassa voce. La guardava senza batter ciglio. Aveva gli occhi blu chiaro, e Reyna si chiese se sarebbero rimasti così, come quelli di Jason, o se sarebbero cambiati con la crescita. Quel pensiero le rimase in mente per tre secondi prima di passare al resto. Panico. Preoccupazione. Preoccupazione. La felicità più grande che avesse mai provato". "Hey".

Avvicinò timidamente il suo mignolo al suo pugnetto. Fece un verso gutturale che la fece sorridere. Reyna si voltò verso Jason. Sembrava scioccato ed in parte estasiato. Più o meno come lei, e dato che sembrava una bella sensazione, decise che così andava bene.

"Miei dei" disse a Jason. Lui riusciva solo ad annuire. Poi accarezzò all'indietro i capelli del bambino che singhiozzò di nuovo. Jason fece un sorrisetto e Reyna non riusciva a decidere se fosse più nervoso o disorientato.

La bacio sulla guancia e lei sorrise.

"Avete scelto un nome?" chiese l'infermiera un attimo dopo.

Reyna e Jason si guardarono.

"Più o meno..." disse Jason.

"Mota gente non lo sa subito" disse lei. "Basta che ne abbiate scelto uno prima di lasciare l'ospedale. Vi lascio del tempo per voi".

Per un po' non ci furono discussioni riguardo al nome. Jason ricevette il primo messaggio da Percy e Annabeth, Gwen aveva mandato un messaggio pieno di punti esclamativi. Piper fu la prossima (dopo pochi secondi), successivamente Leo gli disse che Piper lo aveva avvertito, e po lo seppero anche Hazel e Frank..

Dovevano pensare ad un nome.

"Evan" disse Reyna dal nulla.

"Come?"

"Evan" ripetè lei. "La prima persona che incontrai quando scesi dalla barca di Barbanera, dopo che venni separata da Hylla. L'ho appena ricordato.

"Evan Grace", disse Jason a se stesso. "Evan Anthony Grace... Suona bene".

"Assicurati che ti piaccia davvero" disse Reyna. "Perchè non ne avrai un altro a cui dare un nome"

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Reyna non usava borse. Reyna non usava borse.

Dovette convincersi che la borsa dei pannolini non poteva definirsi una borsa perchè si sentiva stupida con quella in spalla. Il peso non era nemmeno bilanciato, che roba era?

Evan era nel passeggino, faceva versi e muoveva le braccia come un mulino in miniatura, coperto da una copertina blu con un elefante.

Si avviò velocemente verso il bar. Hazel e Annabeth non erano ancora arrivate, quindi si prese un momento per dare da mangiare a Evan. Quando le ragazze arrivarono Evan aveva bevuto un biberon intero e si era addormentato appoggiato a lei.

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"Riesci a dire: zio Leo?". Sentì Reyna dire a Leo dal salotto.

"Bagah..." rispose Evan, sdraiato sulla sua copertina

"No, no, no. Le-O." Ripetè lui. "Zio Le-o"

"Rinunciaci, Valdez" disse Jason.

"C'è quasi!". Disse Leo. "Zi-o Le-o"

"Mamma" gorgogliò Evan. Reyna smise di preparare la cena e andò in salotto con gli occhi spalancati. Jason la guardò.

"Ha davvero...?"

"Sì, sì lo ha detto" disse Jason sorridendo.

"Beh, ci è andato vicino" riconobbe Leo.

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"Perchè devo andarci?" chiese Evan.

"Perchè la scuola è importante" disse Reyna infilando per le braccia la maglietta ad Evan. Non lo sapeva in realtà. Non ci era mai andata a scuola.

"Ma non voglio andare a scuola" disse lui. "Voglio andare nella legione. Come mami e papi".

La sua carriera accademica cominciava bene.

"Non puoi entrare nella legione se non vai prima a scuola" disse Reyna pazientemente. La pazienza era qualcosa di sorprendente che ricevevi dopo aver avuto un bimbo il gestazione per nove mesi, a quanto pareva.

"Quindi domani posso unirmi alla legione?"

"No, non domani" disse Reyna. "Tra un po' di anni okay?

"Quanti?" chiese Evan.

"Venti tre" disse Reyna, e gli baciò la guancia. "Venti quattro se continui a lamentarti, okay?"

"Non è giusto".

"Invece sì". disse Reyna. "Forza, facciamo colazione prima di andare a scuola".

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Reyna chiuse il contenitore di plastica mentre Evan le passò accanto correndo.

"Il pranzo Evan". Disse Reyna mettendo il tupperware in un cestino per il pranzo.

Lui corse di nuovo da lei. Somigliava molto a Jason, ma aveva dei lineamenti più marcati. Inoltre la sua cicatrice non era sul labbro, ma vicino al suo orecchio sinistro - e non perchè avesse mangiato una spillatrice (fortunatamente è sempre stato un po' più sveglio di così), aveva sbattuto nell'angolo di un muro mentre giocava ad acchiapparella con Alice J.

"Grazie mamma" disse Evan preparandosi di nuovo ad andare via.

"Aspetta un attimo" disse Reyna. Lui si immobilizzò e poi si voltò, con una espressione annoiata.

"Okay, animati" disse lei. Lui alzò la testa e fissò lo sguardo per sembrare un essere con un intelletto. "Hai tutto ciò che ti occorre?".

"Sì mamma".

"Il diario?". Evan annuì. "Il pranzo?".

"Me lo hai appena dato".

"I compiti di storia?".

"Compiti di storia?". Ripeté Evan. "Come facevi a sapere che avevo...?".

Reyna alzò la scheda con la consegna.

"Oh!". Glielo prese dalle mani. "Grazie mamma, mi sento un po' in confusione. Oggi a scuola verranno i legionari".

"Ah ecco perchè oggi vai così di fretta" disse Reyna.

Evan annuì energicamente, gli occhi strabuzzati per l'emozione. "Perchè dato che siamo in prima media, possiamo lasciare scuola e scegliere di unirci alla legione se vogliamo, giusto?".

"Evan, unirsi alla legione non si tratta di questo" disse Reyna. "E se l'unico motivo per cui vuoi unirti alla legione è questo, non te lo lasceremo fare. Nella vita non puoi scambiare un compito difficile per un altro compito difficile".

"Beh... Che significa allor unirsi alla legione?" Chiese Evan.

Reyna ci pensò per un attimo. "Si tratta di coraggio. Significa sforzarsi di essere più forte, intelligente, e migliore per un dovere cruciale. Si tratta di storia viva, che si manifesta nelle persone di una piccola bolla di terra, dove i nostri poteri sono i più forti,e i nostri dei i più potenti. Per quale motivo pensi che io e tuo padre ci assicuriamo tu svolga bene i compiti e studi a dovere latino? Si tratta di del duro lavoro, forse più duro della scuola. L'armatura non è per nulla come i tuoi libri di scuola giovanotto". Disse Reyna pizzicandogli il mento.

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"Che bello" disse Annabeth guardandosi attorno.

"Grazie" disse Frank. "Volevo ricostruirlo come l'originale, ma Hazel mi ha convinto a non farlo, per fortuna direi".

Reyna ammirò la tenuta della famiglia Zahng. Non era utilizzata del tutto, la casa era più piccola, il che faceva sembrare la proprietà più grande, e con gli alberi che la circondavano pareva fosse immensa. Frank l'aveva ereditata al compimento dei suoi diciotto anni, insieme a una piccola fortuna che l'avrebbe pagata per sempre, così lui ed Hazel avevano ricostruito una casa dalle dimensioni normali dato che erano una piccola famiglia (ai tempi i gemelli non erano nemmeno nati, beh i gemelli non nacquero prima di molto tempo) e si erano trasferiti. Erano circondati da alberi enormi.

"Dove sono finiti tutti i miei Minions?" chiese Leo.

"Se ti riferisci ai bambini, penso che Emma e Mia volessero mostrargli la loro cabina" disse Hazel.

"Perchè li chiami in quel modo?" chiese Jason a Leo.

"Nemmeno ti ascoltano quando sei al comando, nessuno di loro lo fa". disse Percy.

"Ci sto lavorando" disse Leo.

"E il governo trova accettabile il tuo piano?" controllò Piper, tenendo il biberon di Arian su per lei. Doveva occuparsi per un paio di mesi di un'orfanella figlia di Afrodite, una piccolina di 7 mesi.

"Il governo non sa nulla dei miei piani" disse Leo facendo una boccaccia.

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Stavano camminando verso il cinema chiacchierando. Era una normale serata fuori, Evan era al forte.

Jason le stava raccontando di questa cosa nello spazio che il governo stava progettando quando Reyna collassò. La prese al volo.

"Reyna? Rey? Rey?".

Le persone attorno a loro, perchè c'era sempre qualcuno, si fermarono e li fissarono, qualcuno urlò, corsero in ospedale. In macchina Jason fece stendere Reyna e le fece sdraiare le gambe sulle sue ginocchia.

"Reyna?". Le toccò la guancia e provò a svegliarla, ma lei era completamente incosciente.

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"Papà" disse Evan. Jaon guardò dietro la sua spalla, distogliendo gli occhi dal giornale.

"Sì?".

"Stai facendo di nuovo quella cosa".

Jason aggrottò la fronte. "Quale cosa?".

"Guardare il giornale senza leggerlo o vederlo" rispose lui. Jason ripiegò il New Rome Imperial e lo spinse via.

"Giusto, scusa" disse. Controllò l'orario. Okay, non aveva saltato alcun pasto importante. Bene.

"Puoi accompagnarmi a vedere la mamma?" chiese Evan. "So che oggi siamo già andati, ma..."

Ma non puoi passare tanto tempo con la tua famiglia e la legione, quindi vuoi andare adesso.

"Certo" disse Jason alzandosi e mettendosi la mano in tasca per prendere le chiavi. "Mm, un secondo, l'ospedale non è così lontano. Andiamo a piedi".

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Che i semidei restassero bloccati a S.Francisco non era qualcosa di raro. Solitamente la legione o la polizia di Nuova Roma andavano a recuperarli, ma adesso che uno di loro era stato processato per omicidio, Jason doveva prima farlo uscire di prigione.

Jason uscì dal tunnel Caldecott, guidò verso la città. Aveva parlato un'ultima volta con il suo cliente riguardo al tribunale, rassicurandolo che non era in torto e che lo avrebbe tirato fuori da lì.

Stava per spegnere il cellulare, quando ricevette una chiamata da... casa?

Lo uscì dalla tasca, ma sentì solo un borbottio insensato.

"Evan?" provò a dire. Il semidio lo guardò, terrorizzato dal cellulare. "Evan calmati, parla con me".

Non sentì più Evan, invece rispose una voce dal tono alto e formale.

"Signor Jason Grace?" la voce gli parve familiare... Era uno degli operatori sanitari dell'ospedale, lo riconosceva.

"Sì?" rispose.

"Padre di Evan Anthony e marito di Reyna Avila Ramírez-Arellano? Figlio di Giove, fratello di Thalia Grace?"

Nuova Roma aveva un sistema di identificazione peculiare.

"Sì" rispose. Cominciò a innervosirsi.

"Deve ritornare subito in città. Mi dispiace molto, ma sua moglie è appena deceduta".

A Jason cadde il telefono di mano.

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Non riuscì a vedere Evan sposarsi, sebben considerando quanto stretti fossero i legami tra i semidei, la figlia di Venere, Anaya Hart, sarebbe rimasta a lungo nei paraggi.

Non potè vedere la cura per il cancro, perchè era ancora celata all'umanità, sebbene lui fosse convinto che fosse là fuori.

Non potè assistere a molte cose.

Non potè nemmeno dire addio.

Semplicemente successe quel giorno in cui era andato a S.Francisco per incontrare qualcuno, e la sfinge lo prese alle spalle.

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"Pretore di Roma" un giudice lesse in quella che sembrava essere un contorto curriculum. "É sempre buon cosa".

"Per quattro anni", disse un altro. "Giusto sotto il limite di tempo".

"Veterano della guerra contro i Titani e della guerra contro Gea" disse un altro. "Leader dell'Argo II e figlio della profezia. Due ottimi titoli...".

"Pretore fondatore del centro di assistenza dei veterani di Nuova Roma, una fantastica iniziativa, ci ha risparmiato molti guai".

"Un'avvocato di successo", disse uno di loro, "Questo potrebbe essere un problema".

"Padre di Evan Grace" dissero poi, "Discendenza di Bellona e Giove, Centurione della Quarta Corte".

Jason sorrise al sentirlo.

"Morto in battaglia" l'ultima riga diceva. "Aut vincere aut mori."

"Conquista o muori" disse Jason .

"Beh, puoi escludere conquistare dalle tue opzioni. Puoi andare, Elisio ." Disse uno dei giudici spingendo via la sua copia del curriculum.

Jason venne scortato fuori. Si fermò in mezzo alla sala opponendo resistenza alle spinte.

"Posso chiedervi una cosa?" chiese.

"Sì, sua moglie vi sta sta aspettando laggiù. Sa che già che sei qui." Disse un giudice mentre sfogliava un'agenda.

Jason sorrise. "Vi ringrazio" disse. "Non mi serve sapere altro."

Le ombre lo spinsero oltre le mura della città e finì lì, era arrivato. Sentì la sua pelle farsi più liscia, e si accorse di avere di nuovo 16 anni. Per certi versi il migliore ma anche il peggior anno della sua vita.

Camminando passò davanti a semplici capanne, eleganti manieri vittoriani, case a schiera, tende e capanne, ville, condomini, persino un grattacielo... Ovunque in giro c'erano persone in costume, che camminavano con la grazia di un Lord o una Lady, o con la camminata baldanzosa di un bambino.

L'Elisio era un posto be fatto. .

Fece una lista mentale di chi avrebbe dovuto esserci lì.

Dakota: era stato investito da un autobus. Piper: la sua carriere da portavoce per le Nazioni Unite l'aveva resa troppo esposta. Leo: di punto in bianco, nessuno se l'era aspettato. Percy: il suo odore da semidio lo aveva tradito. Gwen: la malattia che aveva contratto mentre lavorava all'ospedale di Nuova Roma l'aveva spazzata via in pochi giorni. Avrebbero dovuto trovarsi tutti là.

Non stava cercando nessuno di loro. Si sentiva abbastanza perso- e sicuro di essere passato di fronte a quella fontana di acqua nera almeno 5 volte.

Fu allora che sentì qualcuno corrergli incontro alle sue spalle, le braccia intorno al suo collo. Riconobbe l'anello per cui so era angosciato tanto nel comprarlo e il suo cuore cominciò a battere come un tamburo. Si girò e vide Reyna, anche lei sedicenne, capelli neri lunghi e lucenti e (contrariamente agli ultimi mesi della sua vita) presenteil suo sguardo affilato come sempre.

Lo baciò e Jason sussultò, non avendo baciato nessuno da due anni. Ma ricambiò comunque il bacio. In pochi secondi gli sembrò familiare.

Lei si allontanò. "Che ci fai qui?"

Lo baciò di nuovo "Perchè ti sei fatto ammazzare?"

Lo baciò ancora. "Dov'è Evan?"

Lo baciò di nuovo. "Non riesco a trattenermi, mi sei mancato."

"Anche tu mi sei mancata," disse affogando il viso nei suoi capelli.

Si sedettero sul bordo della fontana e Reyna lo aggiornò su tutto ciò lei sapeva fosse accaduto in superficie dopo che era morto.

A Jason era stato fatto un funerale Romano come si deve, ecco perchè era nell'Elisio Il suo nome era stato aggiunto al Monumento dei Sette due statue gemelle poste tra Nuova Roma e il forte. Annabeth si era occupata della casa di Evan; passava molto tempo con Alice Jackson che era una cosa molto buona per lui.

Gli parlò anche dei morti.

Il concetto di morte era ancora estraneo alla mente di Jason, il che era strano considerando che aveva passato la sua intera vita a prepararsi per quando sarebbe arrivata. Ma ascoltò Reyna senza prestare molta attenzione, cosa per cui era sicuro avrebbe pagato in futuro.

Percy abitava in riva al mare, il modo più facile per trovarlo era recarsi lì. Reyna lo aveva visto lì quasi ogni giorno, ed era riuscito a rincontrare molti dei greci che erano morti nella guerra dei Titani. Leo era dappertuttoperciò Reyna lo incontrava solo quando voleva il destino. Piper era facile da trovare, stava spesso vicino all'entrata per aiutare i nuovi arrivati. Jason l'aveva mancata per pochi secondi probabilmente, perchè dalla sua morte passava molto tempo con Reyna, come se lo aspettassero insieme. Tutti loro erano di nuovo sedicenni- Piper aveva provato a capire perchè ed aveva concluso che fosse perchè si trovavano lì per aver fatto cose straordinarie quando avevano sedici anni (nessun altro nell' Elysium aveva mai subito un cambiamento di età , quindi resta strano).

Dakota aveva provato a reincarnarsi; voleva raggiungere Gwen nelle isole dei beati . Ottaviano aveva trovato altra gente con cui stare, il che a Jason andava bene.

Reyna conosceva chiaramente quel posto, sapeva esattamente dove andare e cosa succedeva in giro. Era come un villaggio, tutti parlavano tra loro, potevi avere una conversazione con un cavaliere senza testa se ti andava (anche se Reyna aveva detto che tendevano ad essere acidi). Sembravano tutti vivi, ma i loro corpi non potevano toccare nulla che non fosse stato realizzato nell'Elisio (che sorprendentemente era tanta roba). Non avevano bisogno di mangiare (nonostante molti lo facessero perchè il cibo era delizioso) o dormire, o lavarsi, o cambiarsi i vestiti, solitamente si facevano feste, degustazioni di gelato, balli, o maratone di danza, da qualche parteDovevi solo capire da che parte fosse quello che volevi fare. In sostanza era una festa senza dine per ricompensarti per tutto ciò che avevi fatto in vita, carino.

"Piper ha trovato qualcuno che ama ad una festa in verità."

"Veramente?"

"Un arciere greco chiamato Lee," disse Reyna. "Lui era morto due anni prima che lei arrivasse in scena, ma sono molto legati"

"Veramente ironico. Come era quella frase? Finchè morte non ci separi?"

Reyna gli diede un pugnetto sul braccio. "Questo è da parte sua."

Si alzarono e passeggiarono, tenendosi per mano. Passarono davanti a un chioschetto di Waffles, un negozio di giocattoli, uno di caramelle, un negozio di vestiti, uno di fiori...

"Quindi immagino che ti amerò per sempre, 'lo voglio', 'prometto di esserti fedele sempre' non era abbastanza eh? ". disse Jason. "Quaggiù siamo insieme per sempre."

"Non chiamarlo quaggiù, le persone potrebbero offendersi." sibilò, "Non siamo mica tenuti nello scantinato di qualcuno." Camminarono un altro po'.

"Sai che c'è? Credo di essermi abituata all'idea."

"Quale idea? Essere quagg....voglio dire, essere quì?" chiese Jason.

"No," disse lei colpendogli di nuovo il braccio. Dopo due anni il suo braccio si era fatto morbido. "A noi. Per sempre. Penso che sia diventata brava a fare i conti con "per sempre". Non mi spaventa più.

"No?" chiese Jason.

Lei poggiò la testa sulla sua spalla mentre camminavano. "Per nulla."

   
 
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