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Autore: Mnemosine__    29/11/2021    4 recensioni
"Mi - mi dispiace - io..." Peter guardò Pepper Potts stringendo ancora di più la stoffa della poltrona su cui era seduto. Pepper aveva gli occhi rossi e gonfi, le tramava il labbro inferiore, ma quando incrociò gli occhi di Peter cercò di sorridergli. "Pete." disse, alzando le mani e facendo un passo verso di lui, come a mostrargli che non ci fosse niente di cui aver paura. "Tony ti chiamava così, ti ricordi?"
Pepper si accovacciò al suo fianco, coprendogli una mano con le proprie. "Sta bene. Secondo Bruce ce la farà." Scandì lentamente.
Con delicatezza, aiutò Peter a togliere la mano dall'interno del bracciolo, spazzando via con le proprie dita i pezzetti di imbottitura incastrati tra i nano bot del costume. "Ce la farà, capito?"
Peter annuì, stringendo gli occhi.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Famiglia'
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Di ritorni e attacchi di panico pt. 1
 

Peter non era sicuro di riuscire a parlare, se gli fosse stato richiesto in quel momento.
La giornata era iniziata in modo tranquillo, quella mattina: aveva fatto colazione con May e preso lo scuolabus per la gita scolastica al MOMA.
Avrebbe dovuto passare la giornata al museo insieme al resto della propria classe, vivendo almeno per un giorno come Peter Parker e non come Spider-man.
Lui era un amichevole Spieder-man di quartiere: aiutava le anziane signore ad attraversare la strada, gestiva gli incidenti stradali insieme alle forze dell’ordine, occasionalmente si occupava di super criminali. Quella mattina, invece, si era gettato in soccorso del Signor Stark per impedire che degli alieni – alieni! – rubassero uno strano ciondolo ad uno stregone.

Pochi minuti e si era trovato a bordo di un’astronave – un’astronave! – in compagnia del proprio mentore, del signor dottor Strange e di un simpatico mantello fluttuante.
Sì, aveva agito d’impulso, quando il signor Stark aveva cercato di rimandarlo sulla Terra e lui, invece, era riuscito a liberarsi dal paracadute della nuova armatura ed entrare di soppiatto all’interno di quel mezzo alieno.
E, dopo essere atterrati su un pianeta sconosciuto e aver fatto la conoscenza di insoliti alleati, non senza una sonora strigliata dal signor Stark per essere stato così incosciente da seguirli fin lì, le cose erano peggiorate esponenzialmente.
Thanos li aveva raggiunti ed annientati. Certo, avevano combattuto, all’inizio erano quasi riusciti a sottrargli il guanto, ma quell’essere era in possesso di quattro gemme.

Peter non sapeva esattamente come fossero andate le cose – era parecchio dolorante e si era premurato di risparmiare una brutta fine ai compagni di cui non riusciva ancora a ricordare i nomi – ma Thanos era sparito e il signor Strange aveva perso la propria gemma.
Peter aveva aiutato i compagni a rimettersi in piedi, controllato che stessero tutti bene ed era corso da Iron Man. Non aveva fatto in tempo a chiedere cosa fosse successo che, intorno a lui, i compagni avevano iniziato a scomparire. Uno alla volta si erano trasformati in cenere, dissolti nel nulla.
E poi, poi era toccato a lui. Lo aveva sentito arrivare nelle proprie viscere, il senso di ragno era impazzito e, d’un tratto, i propri piedi si erano dissolti.
Aveva fatto fatica a respirare, cercando di razionalizzare cosa gli stesse succedendo. Era riuscito a chiamare il signor Stark una volta ed aveva incrociato i suoi occhi scuri. Tony si era immobilizzato, forse in preda al terrore, forse alla sorpresa. Aveva aperto la bocca in un grido muto, si era gettato verso di lui per non farlo cadere sulla roccia.

Peter non era riuscito più a pensare a nulla. Morto. Sarebbe morto in pochi secondi. La morte non gli aveva mai fatto paura, ormai la considerava una vecchia amica: prima i propri genitori e poi zio Ben; la morte faceva parte della vita. Arrivava e ti strappava dal tuo corpo.
Ma lui un corpo non lo aveva più. Sarebbe diventato nulla, polvere dispersa nell’aria di un pianeta in una galassia lontana da casa.
Non voleva morire così. Non era giusto, non era la sua ora.
L’ultima cosa che vide fu lo sguardo implorante di Tony, che lo guardava senza poter fare nulla per aiutarlo, ma che era lì con lui mentre faceva il suo ultimo respiro.
Tempo di pochi secondi e Peter era tornato a respirare. Aveva di nuovo un corpo, delle mani, si sentiva le dita dei piedi e sapeva di essere disteso sulla dura roccia di Titano.
Al suo fianco, il dottor Strange si fissava le mani, tremolanti ma solide, così come gli altri tre compagni che li avevano aiutati in quello scontro.
Ma mancava qualcuno, all’appello. Dov’era il Signor Stark?

Come a rispondere alla propria muta domanda, il dottor Strange aveva spiegato che erano passati cinque anni, dalla battaglia contro Thanos e che ora erano ancora in tempo per ribaltare le sorti di quello scontro, ma avrebbero dovuto fare in fretta.
Peter non capiva come fosse possibile una cosa del genere. Come facevano ad essere passati cinque anni, se per lui erano stati solo pochi secondi?
Il signor Lord aveva fatto quella stessa domanda pochi secondi dopo, cercando una spiegazione logica a cosa fosse successo esattamente.
Strange aveva stretto le mani a pugno, lungo i fianchi, e aveva contratto la mascella.
Veloce, aveva spiegato tra un tentennamento e l’altro che Thanos inizialmente aveva trovato tutte le gemme ed era riuscito a cancellare metà della popolazione dell’universo, loro compresi, ma che ora era loro compito tornare sulla Terra e sconfiggere il titano pazzo una volta per tutte.

Il cuore di Peter andava a mille: Ned, Zia May, il Signor Stark… erano sopravvissuti?
Non aveva fatto in tempo a formulare nessuna domanda che, grazie alla maglia dello stregone, era stato catapultato al centro di una battaglia, affiancato da tutti gli Avengers ed era riuscito persino a ricevere un abbraccio dal Signor Stark che, da quando Peter lo conosceva, si era sempre rifiutato di concedergliene uno.
Ora, a battaglia conclusa, Peter faticava a respirare. Non sapeva nemmeno come riuscire a far arrivare automaticamente l’aria nei propri polmoni, era costretto a pensare ripetutamente di espirare ed inspirare, altrimenti sarebbe potuto morire asfissiato.
Il suo stomaco era in subbuglio, aveva la nausea e sapeva che, se non si fosse trattenuto, avrebbe potuto vomitare lì, in volo. Probabilmente non sarebbe stato un bello spettacolo, né per lui né per le persone sotto di loro. Il colonnello Rhods lo teneva da sotto le ascelle mentre, più veloce che poteva, seguiva Carlo Denvers fino allo Stark Hospital.

“Starà bene.” Diceva, ogni tanto. Peter non sapeva se per tranquillizzare lui o se stesso, ma non gli importava.
Era nel panico. Tony aveva schioccato le dita, li aveva salvati tutti, aveva sconfitto Thanos.
Peter non aveva nemmeno fatto in tempo ad esultare che Tony Stark era caduto a terra, con metà del corpo sfigurato e gli occhi vitrei.
Peter era paralizzato, così come Rhody e Pepper che era atterrata al suo fianco dopo la scomparsa del titano.
A conti fatti tutti erano nel panico, ora che ci pensava. Ma non Captain Marvel.
Era stata lei che, in fretta, aveva preso il corpo inerme di Tony sottobraccio ed era decollata alla velocità della luce, gridando degli ordini a Bruce Banner.
Con qualche secondo di ritardo, anche gli altri si erano riscossi: Thor aveva preso con sé Hulk ed era volato dietro la donna, così come Shuri e Pepper.

Un po’ più lentamente i super eroi rimanenti si erano organizzati, anche grazie al sangue freddo di Steve Rogers. Gli stregoni sarebbero rimasti ad arginare i danni, con l’aiuto dei wakandiani.
Peter aveva assistito in silenzio, immobile, finché Rhody non lo aveva scosso per le spalle e gli aveva detto che sarebbero andati insieme fino all’ospedale dove Carol aveva portato Tony.
Rhody atterrò sul tetto di un grattacielo, nello spazio riservato agli elicotteri. Era stato sempre Rhody che, liberatosi dell’armatura, l’aveva spinto leggermente verso la porta e poi per le scale. “Dovresti mettere la maschera, ragazzo.” Aveva aggiunto prima di raggiungere il corridoio principale.

Peter aveva sussultato, ma era riuscito ad indirizzare i nano bot dell’armatura fino al proprio viso. Non si sarebbe potuto nemmeno cambiare, in quel momento. All’interno dell’armatura indossava il proprio costume e non aveva nessun vestito a portata di mano. Non che la sua identità segreta avesse importanza, comunque. Niente era importante, oltre a Tony.
Incrociarono un paio di infermieri, fermi davanti all’ascensore.
“Colonnello Rhods! Quello è Spider-man?” chiese uno, voltandosi allarmato verso di loro.
“State bene?” chiese l’altro, facendo qualche passo in avanti. “Possiamo…”
“Dov’è Tony?” li interruppe War Machine, continuando a tenere Peter per le spalle.
“Al dodicesimo piano, nel laboratorio della dottoressa Cho con il dottor Banner e la principessa wakandiana.” Rispose il primo, alternando gli occhi tra Rhody e Peter. “Hanno vietato a tutti di entrare. Anche la signora Stark sta aspettando all’esterno.”
Peter e Rhody superarono gli infermieri, e il più anziano premette tasto di chiamata.
Peter tremò. E se Tony non fosse sopravvissuto?

Non poteva perdere anche lui, non dopo tutto quello che era successo. Conosceva Tony Stark da un anno, ormai, sempre che di anno si potesse parlare, visto i recenti avvenimenti, e in quell’arco di tempo aveva imparato a conoscerlo. Non sarebbe potuto morire. Non così.
Per un attimo, si immaginò Tony vestito con il suo completo preferito, gli occhiali che tanto adorava a coprirgli il viso e le mani chiuse in grembo. Per un attimo, Peter vide Tony in una bara.

Peter socchiuse gli occhi, reprimendo la nausea e cercando di scacciare quell’immagine dalla mente, ma, involontariamente, si lasciò scappare un gemito dalle labbra. Faticava addirittura a capire come camminare ed era costretto a guardare i propri piedi per non inciampare.
“Colonnello… Spider-man sta bene?”
Rhody rafforzò la presa sulle spalle di Peter, spingendolo delicatamente in avanti quando le porte dell’ascensore si aprirono davanti a loro.
“Ragazzino…”

Peter scosse la testa, cercando di ignorare il proprio cuore battere nel proprio petto in modo troppo forte per i suoi standard.
“Ragazzino?” sussurrò uno degli infermieri all’altro.
Com’era possibile? L’ultima volta che aveva visto Tony, era lui quello moribondo. E ora, invece, Tony si trovava in chissà quale stanza di ospedale a lottare contro la morte.
“Peter, i tuoi livelli di ossigeno sono estremamente bassi.” Sentì la voce di Karen all’interno della maschera. “E la pressione…” Peter smise di ascoltare.

Non riusciva a respirare. Il cuore batteva all’impazzata e lui non riusciva a respirare. Come poteva non riuscire a respirare se faceva entrare e uscire l’aria ogni cinque secondi?
Tony disteso in una bara.
Vide gli infermieri lanciarsi uno sguardo preoccupato ed entrare simultaneamente con loro in ascensore un secondo prima che le porte si chiudessero.
Rhody cercò di guardare Peter negli occhi, anche se attraverso la maschera, quando lui inspirò rumorosamente e a fatica.
“Ragazzino, mi senti?” chiese di nuovo.
“Credo…” Peter si sorprese, quando la sua voce uscì come un misero squittio. Cercò di respirare a fondo, ma la cosa iniziava a risultare difficoltosa.
Più si rendeva conto di quanto difficile fosse continuare a respirare, meno aria entrava nei suoi polmoni. “Credo che sia un attacco di panico.”

Il campanello dell’ascensore trillò e le porte si spalancarono.
“Merda.” Ringhiò Rhody scattando verso il corridoio, seguito dagli infermieri.
Si trovavano in una stanza dai muri rossi con decorazioni dorate, abbellita da alcuni disegni di bambini che raffiguravano Iron Man e Spider-man incorniciati ed appesi sulle pareti e alcune poltrone e divanetti addossati alle pareti.
Vide con la coda dell’occhio Pepper e Thor, seduti su delle poltrone dall’altro lato della sala d’attesa, scattare in piedi non appena li notarono.

Thor era ancora vestito da dio norreno, ma Stormbreaker era appoggiata al muro, inoffensiva.
Peter si portò una mano al petto, cercando di artigliarsi il cuore. Perché gli risultava così difficile fare entrare dell’ossigeno nei suoi polmoni? L’aria passava, ma non era mai abbastanza. Perché non era abbastanza?
Peter si sentì strattonare, da chi non sapeva dirlo con certezza. “Qui.”
Si ritrovò seduto su una delle tante poltroncine, mentre uno dei due infermieri, un uomo di mezza età dai capelli scuri, si inginocchiava alla sua destra.
“Ehi, ragazzo…” iniziò a dire, con voce lenta e calma. “Sei un ragazzo, vero? Concentrati sulla mia voce, d’accordo? Solo sulla mia voce.”
Peter tremò, scuotendo la testa e toccandosi il petto più volte. “Sei al sicuro. Nessuno ti farà del male.” Continuò, annuendo alle sue stesse parole.

Sentì i passi di Pepper e Thor farsi sempre più vicini.
“Ho dato a Tony una scossa, una volta. Si è sentito subito meglio. Lo faccio anche al ragazzo-ragno?” chiese il dio del tuono facendosi scappare una scintilla dalle dita.
Peter si lasciò sfuggire uno squittio dalle labbra e scosse la testa.
Aveva la nausea, era sicuro di aver bisogno di vomitare e le sue mani tremavano senza controllo. Perché era così difficile respirare?
“Non è un infarto.” Rhody fece un ampio movimento con le mani in orizzontale, facendogli segno di no.
“Colonnello Rhods, sarebbe più facile senza la maschera.” Sussurrò il secondo infermiere a Rhody.
Peter fece un apio respiro, chiudendo gli occhi e reprimendo l’ondata di nausea che l’aveva pervaso.

“Sei al sicuro.” Ripeté l’infermiere in ginocchio. “Nessuno rivelerà la tua identià. Segreto professionale. Puoi fidarti.”
Peter scosse la testa. “Non riesco… non – non respiro…”
“Lo so. Sono qui per aiutarti. Concentrati su di me…”
Scosse di nuovo la testa, artigliando il bracciolo della poltrona. Sentì la stoffa piegarsi sotto le sue dita fino a deformarsi. Probabilmente aveva appena rotto una delle poltrone di Tony ma, in quel momento, la sensazione di stringere qualcosa di morbido e reale, lo rendeva un po’ più conscio di ciò che aveva intorno.
“Mi – mi dispiace – io…” guardò Pepper Potts stringendo ancora di più la stoffa. Pepper aveva gli occhi rossi e gonfi, le tramava il labbro inferiore, ma quando incrociò gli occhi di Peter cercò di sorridergli. “Pete.” disse, alzando le mani e facendo un passo verso di lui, come a mostrargli che non ci fosse niente di cui aver paura. “Tony ti chiamava così, ti ricordi?”

Pepper si accovacciò al suo fianco, coprendogli una mano con le proprie. “Sta bene. Secondo Bruce ce la farà.” Scandì lentamente.
Con delicatezza, aiutò Peter a togliere la mano dall’interno del bracciolo, spazzando via con le proprie dita i pezzetti di imbottitura incastrati tra i nano bot del costume. “Ce la farà, capito?”
Peter annuì, stringendo gli occhi.
“Stark è forte.” Aggiunse Thor, soddisfatto del proprio contributo.

Sapeva di star respirando, lo stava facendo da quando era tornato, ma l’ossigeno non era abbastanza. Non riusciva a riempire i propri polmoni. Era incapace, non poteva respirare, non avrebbe dovuto.
“Tesoro, prova a togliere la maschera, senza il metallo respirerai molto meglio. Te lo prometto.”
Pepper gli strinse la mano per dargli sicurezza.
“Anche Tony ogni tanto ne aveva bisogno, Peter.” Aggiunse Rhody.
Gradualmente, la maschera di Spider-man si dissolse e Peter si provò a prendere una grossa boccata d’aria.

Vide i due infermieri sussultare e guardarsi negli occhi. “È veramente un ragazzino.” Sussurrò quello in piedi.
Non era abbastanza. L’aria fresca che sentiva passare dentro di sé non era abbastanza.
“Peter.” Lo chiamò l’uomo inginocchiato accanto a lui. “Ti chiami così? Raccontami della tua scuola, hai una ragazza?”
“Che cosa fa?” sibilò Rhody.
“Io – non… non lo…” Peter pensò a MJ. L’immagine del suo viso gli si parò davanti agli occhi e, per un breve momento, i problemi sembrarono sparire. MJ gli sorrideva, seduta lì sulla poltrona davanti a lui. Gli diceva che poteva farcela, di tenere duro.
“Come si chiama?” chiese l’uomo “Sono sicuro che sia una bella ragazza.”

“Michelle.” Peter espirò dal naso, questa volta senza fatica. “Non è la – noi non stiamo…” si sforzò di inspirare.
“Oh, vi state conoscendo, certo.” Annuì lui. “Parlami di lei, perché ti piace?”
Peter si sentì avvampare e, per un momento, gli mancò il respiro.
Perché gli piaceva MJ? Non aveva paura dell’autorità o delle etichette che i ragazzi popolari assegnavano a tutti gli altri, lì a scuola. Era carina, quando si legava i capelli e lasciava libero il viso.
Era anticonformista, le piaceva disegnare – una volta gli aveva fatto un ritratto, lo aveva appeso nella sua camera – e sapeva un sacco di cose.
“È… intelligente, bella, simpatica – non…”
“Anche Jane era bella e intelligente.” Commentò Thor. “Ma mi ha mollato. No, beh, è stato un mollamento reciproco. Ci siamo mollati insieme.”

Peter si lasciò scappare un sorriso, rendendosi conto di essere tornato a respirare in silenzio, senza boccheggiare, anche se il cuore gli batteva ancora forte.
“Grazie.” Sussurrò, abbassando la testa.
Le mani di Pepper strinsero la sua ancora una volta, prima di spostarsi sul suo viso e lasciargli una carezza.
“Cristo, ragazzino.” Borbottò Rhody. “Tra te e Tony, non so chi dei due mi farà morire d’infarto.”
Pepper si lasciò scivolare a terra, appoggiando la schiena alla poltrona su cui era Peter.

L’uomo al suo fianco sorrise lasciandosi andare in un sospiro di sollievo.
“Dovremmo fare degli esami, per sicurezza.” Disse. “Ma il paggio è passato.”
Peter si voltò di scatto a fissare la porta al di là del corridoio. “Non voglio andarmene.” disse. “Voglio stare qui – se si sveglia…”
“Banner ha detto che ci vorranno giorni.” Disse Thor, incrociando le braccia. “Io propongo di accamparci.”
“Accamparci?” gli fece eco Rhody. “Qui?”
“O in giardino. Questo posto è vuoto.” annuì il dio del tuono. “Aspettiamo tutti insieme e quando Stark si sveglia... bisboccia.” Batté le mani.

“Se posso interrompere…” disse l’infermiere che era rimasto accanto a Peter, alzandosi in piedi. “Per la sicurezza di Spider-man sarebbe meglio fare alcuni test. In sala operatoria ci sono i migliori medici del mondo… ci vorrà del tempo per terminare l’operazione.” Spiegò.
Pepper annuì. “Devo chiamare un po’ di persone. Happy è con Morgan, adesso.” Disse passandosi una mano sul viso. “Ma ci sono degli appartamenti in questo edificio, possiamo sistemarci lì tutti insieme. Anche zia May.” Aggiunse
Peter non sapeva chi fosse Morgan, ma spalancò gli occhi quando si rese conto che con tutto quello che era successo nelle ultime tre ore non aveva ancora chiamato zia May per dirle che era tornato.

“Devo chiamare zia May.” Sussurrò. “Sta bene?” chiese guardando Rhody.
Qualcosa nell’espressione del soldato si ruppe. Lo vide tentennare e, presto, la consapevolezza lo travolse.
“È sparita anche lei?”
Pepper abbassò gli occhi, ma annuì.
Peter si morse un labbro. Se né lui né May erano rimasti lì ed erano passati cinque anni…
“E la casa, tutte le nostre cose – le cose di zio Ben…” chiese.
“La casa… il governo ha rivenduto tutte le case dei blippati. Ma Tony è riuscito a prendere le vostre cose. Le abbiamo. Abbiamo tutto.” Assicurò Pepper. Si voltò a guardare la porta del laboratorio dove, probabilmente, Tony era nel bel mezzo di un’operazione.

“Staremo tutti insieme, finché non si sveglia.” Decretò. “Tutti insieme.”

 

Premetto che avevo pensato di scrivere una singola one shot. Ma... ehm... la cosa mi è sfuggita di mano e la storia si è allungata più del previsto. Ho preferito dividere il tutto in tre capitoli, per facilitarne la lettura. 

Questo è il mio what if grande come una casa, in cui Tony sopravvive magicamente allo schiocco grazie a Shuri, la dottoressa Cho e il dottor Banner. 

Non faccio spoiler sul contenuto, solo... grazie di essere arrivati fin qui e grazie se deciderete di continuare la lettura :) 
Ci tengo anche a ringraziare leila91 per aver recensito le precedenti due one shot.

Promesso. Dopo questa smetto di scrivere cose. E' tipo la terza storia che pubblico in un mese. Non ho mai scritto così tanto in così poco tempo, ma non è un bel periodo e immergermi nella scrittura e creare con questi personaggi mi aiuta a staccare per un po'. Ma questa è l'ultima, almeno per novembre (che finisce tra due giorni), promesso. 
Per dicembre... potrei ipoteticamente avere pronta una raccolta natalizia che inizierò (sempre ipoteticamente) a pubblicare dalla prossima settimana U.U

 

   
 
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