ECCOCI.
Scusate se sono scomparsa ma sono dovuta partire per
località ignota per un po’
(dovuta poi – lo ho scelto io ahah) e poi, be, il mio cane ha
deciso di
mangiare la fibra del wi-fi, quindi indovinate chi ora è
attaccata con il
router improbabile del telefono?
Sì. Io.
Comunque vorrei ringraziare per le recensioni, ed il supporto, Farkas
ed
Edoardo811, ma chi ve lo fa fare?
Anche un cuore per chi legge/segue/ricorda/preferisce.
Ora, faccio una premessa, adesso, per come si conclude questo capitolo,
il prossimo
probabilmente sarà un po’ WTF (Non lo ho ancora
scritto, ma sto decidendo se
cominciare in media-res o continuare cronologicamente).
Oggi, abbiamo un disegno nuovo, ma lo posterò alla fine.
Un bacio
RLandH
Non si va in
missione senza una profezia – o i
commenti enigmatici di un dio tutore
“Stavo
pensando ad una cosa” aveva dichiarato Mel, attirando
l’attenzione di Jason,
che era riemerso da un armadio – avevano deciso di cercare
Stellan nel locale
caldaie (sì, ne esistevano uno; Jason Grace aveva smesso di
farsi domande).
“Dimmi” aveva dichiarato.
Mel lo aveva guardato con espressione seria, aveva una ditata di
fuliggine nera
che gli attraversava la fronte. “La Signora di Alfheim
… ha incaricato Stellan
di trovare uno skraeling, no. Uno di noi, nel
ventesimo piano” aveva
considerato.
“Hai idea di chi sia?” aveva chiesto Jason, da come
aveva capito lui, che al
venti fossero tutti a modo loro, stranieri. Mel
aveva scosso il capo,
nel farlo la treccia dritta era oscillata, “No. Penso Fred,
lui è il figlio di
Gerd. Da come mi hai raccontato il sogno, non credo che lei stesse
pensando ad
un barbaro uscito fuori da una profezia” aveva considerato
Mel.
“Ha semplicemente dato l’indicazione a
Stellan” aveva considerato Jason, “Forse
non ha esplicitamente detto il nome di suo figlio perché
… uhm … il
Giardiniere, tecnicamente, lavora per Frey?” aveva proposto
lui. Mel aveva
sollevato le spalle, “Sì, può darsi, ma
non volevo parlare proprio di questo. Gerd
ha chiesto al suo servitore uno skraeling
da trovare … pensando forse a suo figlio, ma non credo che
quello sia lo
skraeling di cui ha bisogno” aveva sottolineato.
Jason si era morso il labbro, “Perché il sogno lo
ho avuto io” aveva
considerato.
Mel aveva annuito, “Probabilmente questo è il tuo wyrd,
amico. Váli o
meno” aveva dichiarato, prima di proporli di cambiare stanza.
Wyrd.
Jason non sapeva cosa significasse ma scommetteva che la
traduzione fosse
pesantemente vicina a: non ci interessa se devi pensare
all’Holmagang il
fato ha deciso che dovrai cacciare un cinghiale.
L’Olifante stava ancora suonando e tutto
l’hotel stava cercando
l’infiltrato – questo aveva trasformato
l’intero posto in una bolgia con gente
che strillava a destra e manca e correva in ogni dove.
Jason doveva dire che quello che lo aveva colto più di
sorpresa era stata la
felicità che aveva pervaso gli abitanti del Valhalla.
Sembrano tutti
eccitatissimi a quella personale piccola caccia, come se nessuno fosse
sul
serio impensierito all’idea di un’effrazione in
quel luogo.
Avevano
intrapreso
la strada per le piscine, quando una figurava aveva fermato il loro
avanzare,
“Finalmente! È un po’ che vi
cerco!” aveva esordito la voce. Era una valchiria.
Una giovane ragazza, forse coetanea di Jason, con un viso di rame,
occhi scuri
ma luminosi, il capo coperto da un hijab verde con fiori rosa,
indossava solo
parzialmente un’armatura, spallacci, ginocchiere,
proteggi-gomito, per il resto
sfoggiava una maglia di lana e pantaloni di jeans. Aveva anche
un’ascia
allacciata alla cinta, che le dava un’area minacciosa.
“La grande Samirah Al-Abbas!” aveva dichiarato Mel,
con un sorriso aperto sul
viso e tanto riconoscimento.
Jason la ricordava come la valchiria che spesso girovagava intorno al
tavolo
del piano diciannove e come quella che aveva portato
un’anima, la stessa sera
che Jason era arrivata.
La preferita di Odino.
“Thumelicus di Confluentes[1]
e Jason Grace, giusto?” aveva domandato retorica
Samirah. “In carne e
spirito” aveva risposto subito Mel, facendo anche un inchino.
Samirah lo aveva guardato con un certo stoicismo, “Il divino
Bragi vuole
vedervi” aveva dichiarato serafica.
“Ora?” aveva chiesto Jason, facendo una
circonferenza, appena, accennata, con l’indice, per indicare
il caos che si
stava stagliando ai loro lati. “Lungi sapere da me come
funzionano il tempismo degli
dèi” aveva risposto Samirah, nonostante il tono
calmo della valchiria, Jason ci
aveva letto dentro tanta compressione.
“Quindi il buon vecchio Bragi è tornato, eh? Si
è stufato di tenere corsi agli
universitari?” aveva chiesto Mel, affiancando Samirah.
“Non saprei, ‘stamattina si è presentato
a colazione. Odino era felicissimo di
vederlo, fino a che il figlio non gli ha sussurrato qualcosa”
aveva spiegato
subito la valchiria, “Ed ora questo” aveva
aggiunto, ammiccando al suono
cavernoso dell’Olifante che si dipanava in ogni dove.
“Hai paura di essere trascinata in un'altra missione
pericolosa?” aveva
domandato Mel. Samirah aveva riso, “Se il mio sesto senso
funziona, questa
volta non capiterà a me” aveva dichiarato,
oscillando un po’ la testa,
“Inoltre, sebbene stia ancora facendo il mio lavoro di
valchiria, quest’anno ho
gli esami finali, devo scrivere elaborati per
l’università e sono entrata nella
banda della scuola, per i crediti extra” aveva dichiarato.
“Oh, alle prossime cene, ci delizierai con qualche
strumento?” aveva chiesto
subito Mel.
Jason avrebbe giurato che il suo amico fosse stranamente accomodante ed
interessato alla valchiria, tanto che questa si era fatta rigida per un
secondo, “Oh, no è così con tutti. Non
ci sta provando, inoltre, ha una
fidanzata che adora il tennis-mortale” era intervenuto Jason.
“Oh, no, certo che no!” aveva strillato Mel,
allontanandosi con un balzo dalla
valchiria. Samirah era anche arrossita, immaginava più per
il nervoso che per
l’imbarazzo. “Non fa niente. Ma ho delle regole di
vicinanza” aveva dichiarato,
“Comunque, suono il triangolo, non credo allieterei
molto” aveva stabilito lei.
“Meglio di questo” aveva caldeggiato Jason.
“Credo che un lamantino in amore sia comunque un suono
migliore” aveva
dichiarato Mel, l’attimo dopo averlo pronunciato, quasi come
una presa in giro,
l’Olifante aveva smesso di roborare per l’hotel.
“Sia grazie” aveva dichiarato
Samirah, solenne.
Avevano
seguito la valchiria dentro l’ascensore, nonostante Jason lo
avesse preso ormai
un certo numero di volte, doveva dichiararsi sempre stupefatto. Sam
aveva
sbuffato, chiudendo pollice e indice sull’attaccatura del
naso, “Odio questo
posto” aveva bisbigliato.
Doveva avere problemi a ricordare bene il piano, poi aveva sciolto la
mano ed
aveva digitato un tasto.
Piano quattro centonovantadue.
Per un secondo non era successo nulla, poi da una parete
dell’ascensore, era
sputato un cilindrino, sistemato in orizzontale, dove Samirah aveva
posato il
pollice.
Un campanello svelto aveva suonato. Il tubicino era rientrato e la
salita era
ripresa. “Una delle stanze ad accesso limitato, oh”
aveva cominciato Mel. “Non
ci entravo da quasi mille e cinquecento anni” aveva asserito
Mel, pieno di
gioia.
Jason guardava invece i piani. Erano in alto.
Voleva dire qualcosa?
Quando
l’ascensore era arrivato, erano stati accompagnati da un
campanello, di nuovo,
e dall’apertura delle ante.
Davanti loro era apparsa un’ampia camera.
C’erano delle persone sedute su dei divanetti ad
L, affrontati l’un
l’altro. “Io vi lascio qui. Ho il giro di
ricognizione da fare e devo andare al
corso di volo; inoltre non potrei proseguire oltre. Buona fortuna,
ragazzi”
aveva dichiarato Samirah, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
“Grazie” aveva dichiarato Jason, anche Mel
l’aveva imitato ed ambedue erano
usciti dall’ascensore.
Non era stato necessario avvicinarsi troppo per riconoscere almeno una
persona.
Madina era in piedi vicino ad un divanetto, indossava la maglietta
dell’hotel,
mancava una manica ed era completamente insozzata di sangue.
Lei però sembrava stare bene, anche se aveva un ematoma su
una guancia e le
mancava qualche porzione di corpo.
“Ehi! Siete arrivati!” aveva dichiarato subito,
saltellando, letteralmente,
verso Mel quasi saltellando. Aveva schioccato un bacio sulle labbra del
fidanzato ed aveva abbracciato Jason. “Che giornata folle,
che è stata oggi;
ero lì, con una lama nella pancia quando è
cominciato a suonare quel coso. Serio,
ho proprio sperato di non morire; sapevo che ci sarebbe stato qualcosa
di fantastico”
aveva dichiarato Madina.
Jason aveva ricambiato l’abbraccio, trovandolo stranamente
catartico.
Mel aveva intrecciato le dita a quelle della sua fidanzata, o almeno a
quelle
che rimaneva, “Oh, dèi meravigliosi!”
aveva esclamato poi lei, girando con lo
sguardo verso i divanetti.
C’era Bragi, seduto, con le gambe accavallate. Con i
pantaloni cachi, il
maglioncino sopra la camicia e le scarpe crema squadrate, dando
l’impressione
di un tranquillo bibliotecario.
In una mano teneva una piuma d’oca e nell’altra un
quadernino, con un
rilegatura in pelle.
Sembrava interessato ai loro scambi.
Affianco a Bragi, c’era Stellan, che iper-ventilava, mentre
teneva tra le mani
un ramo di sorbo. Il suo aspetto dal vivo era leggermente diverso dal
sogno,
nonostante tutti tremori che aveva avuto, era sembrato più
in salute. Ora
pareva, quasi, opalescente.
I capelli biondi erano sparati da tutte le parti, aveva il viso
graffiato ed …
emanava un forte odore di pino silvestre.
“Mio divino, signore, perdonate la mia figura”
aveva manifestato subito Madina.
“Loro sono il mio ragazzo Thumelicus e il mio buon amico
Jason” li aveva
presentati subito la ragazza con un certo nervosismo. “Ho
conosciuto già
entrambi, cara” aveva dichiarato con gentilezza
l’uomo, facendo oscillare la
penna.
“Lui invece è il giovane Stellan, Brightflower, la
causa del trambusto di
questo pomeriggio” aveva dichiarato Bragi, calmo, indicando
l’elfo.
Mel si era voltato immediatamente verso di lui, Jason aveva annuito,
impercettibilmente. “Si è infiltrato qui da
Alfheim” aveva dichiarato Bragi.
“Lo ha fatto lungo l’albero, non so neanche come
sia scappato allo Scoiattolo!”
aveva esclamato Madina piena di ammirazione.
“Cera d’api” aveva bisbigliato il diretto
interessato.
Bragi aveva annuito, “Stellan, ci delizierà con un
racconto preciso, appena
sarà finita. Prima sedetevi con calma, manca ancora
qualcuno” aveva dichiarato
il dio.
I tre avevano eseguito l’ordine, accomodandosi al divano
affrontato a quello di
Bragi.
“Così è tornato nel Valhalla”
aveva dichiarato Mel.
Jason non aveva ascoltato la risposta con attenzione, nello scambio che
si era
susseguito. Aveva osservato Stellan, con una gamba tremolante e gli
occhi
spalancati come quelli di un animale all’angolo di una strada
che vedeva i
fanali.
Ovviamente, Bragi doveva aver saputo della vicenda del Cinghiale. I
piani di
Gerd di tenerla nascosta dovevano essere sfumati.
L’Elfo continuava a far saettare lo sguardo da loro, al sorbo
e alle ante
dell’ascensore.
Il suono della campanella, che segnava l’arrivo di
quest’ultimo, aveva
distratto anche Jason, che si era voltato verso di esso.
Dietro le porte era apparsa la figura slanciata di Thrud, ai suoi
fianchi, come
piloni, c’erano due figure: Astrid, con quella sua
espressione rigida come il
ferro, e Fred, che aveva smesso la camicia da notte.
“Ciaooo ziooo Braaagiiiii! Mia madre
è ancora arrabbiata perché non sei
venuto al pranzo due martedì faaa” aveva strillato
Thrud, facendo ondeggiare la
mano.
Bragi aveva sorriso, “Uhm … che ragazza
adorabile” aveva sospirato Bragi,
“Certo, tesoro, di a tua madre che io e Idunn saremo felici
di venire la
settimana prossima” aveva dichiarato a gran voce.
Come per Samirah, anche Thrud non era entrata, lasciando a Fred e
Astrid fuori
alla porta. Nessuno dei due aveva un aspetto sereno.
Avevano percorso i metri che li separavano come due condannati a morte.
“Oh
bene,
tutto il piano venti e qui al completo, mi pare di capire”
aveva considerato
Bragi, osservando i due nuovi venuti. “Astrid, giusto? Ci
siamo conosciuti
qualche secolo fa, alla mia gara di poesie” aveva ripreso il
dio della poesia
prima di dirottare lo sguardo verso Fred. “Sì. Ho
scoperto che le rime baciate
non piacciono poi molto” aveva risposto tetra Astrid.
“Temo invece che io e te non abbiamo mai avuto
l’onore di conoscerci” aveva
considerato Bragi, passandosi le mani sulla lunga barba intrecciata,
con la
stessa dedizione di un vecchio sapiente, “Ma immagino tu sia
il figlio di Gerd,
hai i suoi stessi occhi dolci” aveva dichiarato.
Quell’affermazione aveva fatto strabuzzare i, suddetti, occhi
a Fred ed
inarcare un sopracciglio scuro di Astrid.
“Sì” aveva dichiarato il ragazzo,
“Frédéric di Clermont, monaco della
chiesa di
Santa Maria Principale[2]”
si era
presentato con un certo melodramma il mezzo-Jotun. Bragi aveva sorriso,
mesto, “Se
non ricordo male, fu distrutta una volta dai normanni” aveva
considerato quello.
“Sì, la mia vita è uno stand-up
comedy senza fine” aveva detto pigro
Fred.
Mel aveva sciolto la presa dalla mano del suo fidanzato e si era
lanciata
letteralmente sul mezzo Jotun, quasi lo aveva fatto cadere, ma non lo
aveva
lasciato. Fred si era ritrovato anche una serie di baci sulle gote e
adorabili smancerie
varie. “Sono così felice di vederti!”
aveva dichiarato Madina, piena di gioia.
Davanti a tutta quella bontà, anche il viso sempre
indisponente di Fred aveva dovuto
sottomettersi. Era arrossito con vigore ed era riuscito a malapena a
trattenere
un sorriso; aveva ceduto, alla fine, ed aveva abbracciato la ragazza di
rimando. “Sì anche io, Madina, ora staccati,
però” aveva dichiarato,
riconquistando un po’ del suo contegno.
Bragi non si era scomposto; essere un dio immortale doveva aver dato
lui una
certa tolleranza nel trattare adolescenti eterni. “Prego
ragazzi, sedetevi” li
aveva invitati dolcemente, prima di illustrare ai due nuovi venuti la
presenza
di Stellan.
Questi aveva sollevato una mano guantata, con un certo nervosismo,
ancora
incerto della sua posizione lì.
“Volete
dell’Idromele, ragazzi?” aveva chiesto
Bragi, calmo. “Io no, grazie, signore”
aveva risposto per primo Jason, che aveva ancora in bocca il sapore di
quello
che aveva bevuto, prima di essere decapitato, da Fred.
Anche gli altri avevano declinato, rigidi e preoccupati.
L’unica che aveva
accettato era stata Madina, con un sorriso disteso. Non era sciocca e
da come stringeva
la mano del suo fidanzato, Jason aveva dedotto avesse compreso la
preoccupazione che albergava in loro, ma pareva più
rilassata rispetto tutti.
Forse perché non aveva partecipato all’idromele
del primo-pomeriggio assieme a
loro, o forse era la sua natura.
“Allora, mie giovani eroi, siamo qui, per una serie di
situazioni spiacevoli
che ci hanno coinvolto” aveva cominciato il dio, posato.
“Oggi,
sfortunatamente, dovrò fare le veci del mio caro padre che
ha avuto altro intoppo.
Nulla che interessi noi, per ora” aveva dichiarato quello.
Madina aveva ridacchiato, “Intende che sarà
affidato ai ragazzi del piano
diciannove” aveva commentato lei, senza malizia.
Bragi aveva fatto schioccare le labbra, “Non ho avuto modo di
conoscerli, ma ho
sentito solo belle storie” aveva commentato, mentre allungava
una mano poi, per
dare una pacca sulla spalla di Stellan.
“Ma voi siete qui per questo giovane elfo qui e la sua
signora, Gerd” aveva
aggiunto Bragi, putando gli occhi, chiari, sulla figura di Fred.
“Una missione! Oh, dei del cielo, una missione”
aveva dichiarato Madina, quasi
saltando su dalla poltrone, “Sono passati cento anni
dall’ultima” aveva raccontato,
piena di vita.
Poi aveva dato uno sguardo ai suoi compagni,
“Perché non parete sopresi?” aveva
chiesto, confusa.
“Effettivamente, sì” aveva considerato
anche Bragi. Jason si era fatto rigido
ed aveva direzionato il suo sguardo verso Fred, il monaco lo aveva
preceduto, “Riguardava
mia madre” aveva stabilito lui cupo.
Bragi aveva accettato la menzogna di buon gaudio, “Be,
sì … Ecco lascerò a
Stellan spiegare cosa è successo” aveva dichiarato.
L’elfo aveva raccontato la vicenda che Jason aveva sognato,
evitando di citare
l’uscita pomeridiana di Gerd con la jotun Jarnsaxa
– sebbene Jason scommetteva
fosse una manovra inutile, Bragi aveva preso il caffè nello
stesso posto delle
due – si era però premurato di aggiungere del suo
tentativo di incursione nel
Valhalla, senza molto successo.
“Sul serio? Hai scalato Yggdrasill con i rampini?”
aveva chiesto stupita Astrid,
aveva gli occhi scuri quasi luccicanti, cosa che aveva fatto avvampare
Stellan –
curiosamente gli elfi non arrossivano rosso sangue, ma una
tonalità più tenue.
“Poi, sì, ecco, non sono un grande stregone, ma mi
destreggio nell’Alf Seidre,
almeno in quanto modo di comunicare con la natura” aveva
dichiarato, facendo
oscillare il ramo di Sorbo, ancora sano nella sua mano –
Jason ricordava che lo
aveva chiamato Aiden.
“Bene, cerchiamo il barbaro che vuole la bella
Gerd” aveva stabilito Bregi.
Stellan aveva passato il ramo di sorbo a Madina, che era stata la prima
a
raccoglierlo; non era successo nulla di particolare, lei lo aveva
ondeggiato,
quasi speranzosa accadesse qualcosa, ma non era capitato.
“Peccato” aveva sbuffato, prima di allungare il
ramo verso il fidanzato. Mel lo
aveva preso senza particolare enfasi, sicuro che non sarebbe accaduto
nulla,
così era stato infatti.
Aveva allungato il rametto verso Jason, lui di rimando, lo aveva preso
con una
mano tremolante. Non era successo nulla, si era sentito,
vergognosamente, più
leggero.
Astrid lo aveva raccolto dopo di lui, anche lei rigida, “Oh,
grazie alla gloria
degli Asi!” aveva ammesso lei poi, quando nulla era successo.
“Oh, Saul a Damasco” era stato il commento spento
di Fred, strappando il ramo
dalle mani della sua amica. Tra le sue dita olivastre, il ramo aveva
quasi
preso vita, cominciando prima a vibrare e poi ballare, quasi.
“Bene perfetto!”
aveva stabilito Astrid.
“Io e Mel ti accompagneremo alla riceva di
Gullinsburti” aveva stabilito Madina
invece, mettendo una mano sulla spalla del suo fidanzato.
“Tecnicamente, verrei anche io” aveva dichiarato
Stellan con coraggio, “Quattro
è un numero sfortunato, no” aveva dichiarato
Madina, allora; poi si era rivolta
verso il suo fidanzato, “Duello mortale, amore, per decidere
chi accompagnerà
Fred?” aveva chiesto Madina, prima di crucciare le
sopracciglia.
Mel sembrava pensieroso, molto pensieroso.
Jason lo aveva guardato ed aveva trovato il germano ricambiare il suo
sguardo;
aveva ricordato la conversazione che avevano avuto nel locale caldaie
neanche
un’ora prima. Mel aveva annuito, quasi ad invitarlo.
“Dovrei dire una cosa” aveva dichiarato Jason,
sentendo l’attimo dopo la presa
ferrea – e le unghie, anche oltre i jeans dei pantaloni
– di Astrid sulla
coscia, però, quello non l’aveva affatto fermato.
Jason aveva raccontato il suo sogno, o almeno il suo coinvolgimento in
esso,
anche se da semplice spettatore.
“Molto curioso” aveva commentato
Bragi, anche se il suo tono sembrava in
qualche modo distante, i suoi occhi erano puntati da qualche parte
oltre le
loro spalle, Jason non aveva bisogno di voltarsi per scoprire che fosse
un
semplice punto vuoto. Era con la mente che galoppava veloce, con
qualcosa che
loro non dovevano capire.
“Hai sognato altro?” aveva chiesto poi curioso,
Jason aveva risposto con una
parziale onestà, raccontato di aver sempre e solo veduto i
suoi amici. “Ho
anche cercato di indurre una visione post-mortem”
era intervenuto Fred,
posando la mano sull’elsa della sua spada Flusso di Angoscia.
“Un caso unico …” aveva esaminato Bragi,
aveva distolto lo sguardo dal
rassicurante vuoto per puntare gli occhi su quelli di Jason. Era
passato molto,
moltissimo, dall’ultima volta che un dio aveva guardato Jason
così, con serietà
immensa e dritto negli occhi – anche il suo precedente
incontro con il medesimo
Bragi, o quello con Kym, non lo avevano scosso così.
Aveva sentito brividi saltargli lungo la schiena.
Sapeva cosa stava per succedere … Lo sapeva anche Astrid
visto che aveva stretto
la presa sul suo ginocchio, così tanto da aver fatto
impallidire le nocche,
così tanto che Jason aveva potuto sentire le unghie
raschiare la carne,
attraverso il tessuto dei jeans.
“Io credo che tu, giovane Jason Grace, debba accompagnare
Stellan e Fred” aveva
stabilito.
Anche l’elfo lo stava guardando, dal momento che non
possedeva più il sorbo,
non faceva altro che tendere ed arricciare le dita preda di un tic
nervoso.
“Credo fosse come avevo detto io” aveva considerato
ad alta-voce Mel.
Fred era lo skraeling di cui Gerd aveva bisogno, ma non quello che il
destino
aveva scelto … quell’infame compito toccava a
Jason, ancora. Anche dopo la
morte.
Astrid si era lamentata in una lingua aspra e dura, probabilmente
quella dei
Thule.
“Probabilmente era Skuld che sussurrava nei tuoi
sogni” aveva considerato
Madina, “La Norna addetta alle predizioni del
futuro” aveva spiegato poi, dopo
aver colto la confusione – che ormai doveva essere parte
integrante della sua stessa
natura – sul viso di Jason.
“Questo mi ricorda che … credo voi abbiate bisogno
della profezia di una Vǫlva.
Penso, che per una facezia come questa, le norne non si
scomoderanno” era
intervenuto Bragi.
Jason aveva deviato lo sguardo dal dio, quando aveva sentito quella
parola, con
un certo imbarazzo.
Jason si era voltato verso Mel e Madina, preferendo, vigliaccamente,
evitare lo
sguardo tetro – più tetro – di Fred che
ancora guardava il ramo ballerino e
Astrid che probabilmente lo stava maledicendo in tutte le lingue che
aveva
imparato nell’ultimo millennio.
“Conosco la Vǫlva giusta. Visioni profetiche precisissime.
Sono settecento anni
che non può più Scommettere alla Battaglia Reale
di Natale” aveva dichiarato
Mel, alzandosi in piedi.
“Be, sì, prima cominciamo a fustigarci, prima
finiremo di sanguinare” aveva
dichiarato tetro Fred, alzandosi anche lui. Stellan li aveva imitati,
con un
certo nervosismo.
“Oh, ragazzo, tieni, finché sei qui indossa questo
… così la gente si ricorderà
di non cercare di ucciderti” aveva dichiarato Bragi,
lasciando all’elfo
giardiniere un elmetto, era di ferrò molto lucido,
nonostante il colore fosse
un’panna opaco, sulla parte frontale, c’era un
simbolo, probabilmente una runa,
composta da una stanga dritta, attraversata d’obbliquo da un
altro trattino,
più breve.
“Not” aveva letto Stellan,
osservando il simbolo, “Il bisogno”
aveva aggiunto.
Bragi aveva annuito, “Mie giovani eroi, è stato
per me un piacere parlare con
voi, vi invito a proseguire per questa missione, di cui godrete di
tutto l’appoggio
che Asgard in tempi complicati, come questi, può
darvi” aveva dichiarato, prima
di congedarli, passandosi le mani sulla portentosa barba.
Astrid si era morsa un labbro, “Jason tra sei giorni deve
essere presente ad un
holmagang con me” aveva dichiarato.
Bragi non era sembrato poi molto stupito da quella confessione,
probabilmente già
conoscente. “Sì, avevo sentito qualcosa.
Fanciulli, posso tentare di mitigare l’animosità
di Váli, forse posso convincerlo a posticipare
l’incontro per darvi il tempo,
visto il grande sacrificio che Asgard ti sta ora chiedendo”
aveva ponderato il
dio della poesia.
“Abbiamo giurato di essere lì” aveva
ricordato Jason, avendo finalmente il
coraggio di guardare Astrid, che di rimando aveva deciso di puntare
tutte le
attenzioni sul dio.
“Sull’onore?” aveva chiesto Bragi,
c’era angoscia ed un po’ di speranza –
che non
lo avessero fatto – nella sua voce. “Lo abbiamo
fatto” aveva confermato Jason,
lugubre, mentre Astrid ispirava profondamente.
“Io … io sono certo, Jason Grace, che tutto abbia
una ragione” aveva provato il
dio, “E non vedo l’ora di scrivere i miei nuovi
versi su di voi. Giovedì terrò
un convegno sull’introduzione alla mia nuova opera, comunque:
Edda-in-Versi2.0
se voleste partecipare” aveva dichiarato.
“Spero di essere morto” aveva risposto sfacciato
Fred.
Astrid aveva sospirato.
Jason era rimasto calmo, Madina aveva aggrottato le sopracciglia.
“Be,
tranquillo, amico; la morte è una delle poche ragioni che
viene accettata per
la mancata partecipazione ad un duello” aveva sussurrato Mel
al suo orecchio.
Stellan sembrava oltremodo sconvolto.
“La
state
facendo tutti tragica” aveva dichiarato Fred, incrociando le
braccia sotto al
seno, “Io non ho tempo, io non c’entro niente.
Aiutare qualcuno mi ha già messo
abbastanza nei guai” aveva stabilito arrabbiata Astrid.
“Sei troppo buona,
tesoro, per pensarlo davvero” aveva squittito Madina, tirando
una guancia della
sua amica, facendola ridere.
“Sentite, io non vi conosco, se siete qui, siete certamente
tutti degni di ogni
merito” aveva cominciato a parlare tremolante Stellan.
Mel stava invece guardando il frenetico scorrere dei piani. Il Valhalla
aveva cinque
centoquaranta piani sicuri ed altrettante porte per i vari mondi, per
cui,
prendere l’ascensore era come farsi un giro nel labirinto
– o almeno così aveva
capito Jason.
“Però per la mia signora è importante;
il matrimonio tra lei e suo marito non è
sempre …” aveva cominciato Stellan, ma Fred aveva
parlato più forte, “Ti prego,
non voglio sapere della vita sessuale di mia madre” aveva
dichiarato
perentorio. L’elfo aveva taciuto, “Comunque
è necessario ritrovare Gullinbursti,
non solo perché è una creatura dolce. Ma
è una creatura forgiata da Brokkr, lo
stesso che ha creato il Martello di Thor, non credo, ecco, che sia da
prendere
così sottogamba una sua sparizione” aveva
dichiarato l’elfo.
Era caduto nell’ascensore un momento di puro silenzio;
nonostante il loculo
fosse spazioso, Jason lo sentiva affollato.
“Lo ritroveremo” aveva rassicurato
l’elfo, sorridendoli e posandoli una mano
sulla spalla. Stellan aveva annuito, “Inoltre, ecco, io, temo
davvero quello
che possa succedere. Gullinbursti è una delle luci dei
nove-mondi” aveva
bisbigliato quest’ultimo.
Fred si era voltato di scatto verso Mel, con un dito puntato,
“Non dire niente!”
aveva strillato. Mel, aveva fatto una smorfia e sollevato le mani in
senso di
resa.
Madina aveva guardato la scena confusa – ignorante
dell’ipotesi del suo
fidanzato sul fatto che il cinghiale del verro potesse essere uno dei
motivi
dell’eterno giorno della terra degli elfi.
Jason aveva
rivolto uno sguardo ad Astrid, l’espressione austera sul viso
e gli occhi verdi
tumultuosi. “Mi dispiace” aveva sussurrato.
“Lo dici, spesso, vero?” aveva risposto Astrid,
fredda, come una stilettata.
Jason aveva annuito, colpevole.
“Non è colpa tua, la storia di Gullinbursti
… se le Norne ti hanno scelto, non
puoi sottrarti. O meglio puoi farlo e pagarne il peso” aveva
detto Astrid, “Ma
di Váli, sì. Di Váali
sì” aveva sottolineato lei, burbera.
“Sì, quello è colpa
mia. Abbiamo giurato solo di presentarci lì –
chiederò al divino Váli di cambiare
le condizioni, dicendo che lo servirò fino al Ragnarok e
oltre” aveva stabilito
Jason. Lo aveva detto di getto, ma pensava che fosse giusto.
Astrid era stata buona con lui, le aveva fatto da Pigmalione, lo aveva
aiutato ad
Idavol, lo aveva fatto sentire meno solo, nella sua condizione e lo
aveva
aiutato, anche quando Jason stava combinando qualcosa di stupido
– come salvare
un lupo mezzo-jotun.
Astrid lo aveva guardato, intensamente, “No” aveva
stabilito perentoria. “Forse
tu godrai nel fare il cavalier servante, ma io mi prendo le mie
responsabilità”
aveva aggiunto. “La situazione di Váli
è colpa tua, ma il mio coinvolgimento è
colpa mia. Ho questo brutto vizio non riuscire ad abbandonare le
persone” aveva
dichiarato lei.
Madina si era sporta per abbracciarla, “Perché sei
buona come il pane” aveva
dichiarato, dandole un bacio sulla guancia “E per questo ci
stia comunque accompagnando
dalla volva” aveva aggiunto.
“Un pane un po’ bruciato ai bordi, così
ha un sapore cattivo” aveva aggiunto
Fred, guadagnando una pestata di piede letale.
“Avevo un amico con lo stesso, be … difetto
fatale” aveva considerato Jason,
pensando a Percy.
Lui invece, lui era quello che non agiva mai tempestivamente e
rifletteva
troppo sulle sue decisione, rimuginava troppo[3];
decisamente, decisamente la morte lo aveva cambiato.
Con Váli ed il lupo era stato l’istinto, lo stesso
atavico istinto che Lupa lo
aveva sempre invitato a seguire e che al campo aveva cercato di
limitare,
mitigare.
Era stupido e nonostante tutte le conseguenze, Jason non si sentiva in
colpa – si
sentiva in colpa per aver coinvolto Astrid, ovviamente, ma non per aver
salvato
il lupo-jotun.
Senza considerare che si era sentito, letteralmente, trainato in quella
direzione,
ancora prima concretizzare quello che stava facendo.
“Solo fino alla Vǫlva, poi andrò allo Spazio-Chase
e probabilmente chiederò alla
combriccola del piano diciannove di allenarsi” aveva
stabilito Astrid, ricomponendosi.
Quando le
porte dell’ascensore si erano aperte, la prima cosa che aveva
investito Jason
era stata una zaffata di carne cruda miste a spezie, poi gli occhi
erano venuti
in suo soccorso.
In puro ferro luccicante, si poteva vedere, chiaro come sotto il sole,
una
cucina industriale ed un mucchio di valchirie intente a lavorarci
dentro, in
una cacofonia di chiacchiere, urletti ed ordini gridati a gran voce.
“Benvenuti nel posto più bello del
Valhalla” aveva dichiarato Mel, entrando in
cucina.
Un sibilo aveva tagliato l’aria ed un coltello aveva sfiorato
l’orecchio del
germano, evitato Jason per altrettanti pochi centimetri e si era
conficcato
nell’ascensore.
Stellan aveva urlato senza vergogna – giacché lui
da un coltello poteva essere ucciso
“Non sono ammessi Einherjar qui” aveva impartito
subito una voce. Era stata una
donna a parlare, capelli rosso fiammante, che scendevano dritti fino ai
fianchi, viso duro e di ferro ed occhi fiammeggianti. Era molto alta,
con
spalle ampie ed il fisico di una body-builder, aveva delle fattezze
eleganti, a
modo suo, sebbene l’aspetto somigliasse a quello di qualcuno
abituato a piegare
persone come fossero sedie sdraio – a Jason aveva ricordato
un po’ Clarisse.
Indossava una cotta di ferro, sulle spalle un pesante mantello fatto di
piume
bianchissime, a rovinare l’immagine da virago era in
grembiule nero con la scritta
in rosa shocking: Bacia la Cuoca – ma solo quello.
Sfoggiava una collana d’oro, larga e
dall’aria pesante, attorno al collo
taurino.
“Salve mie meravigliose signore!” aveva
dichiarato con scioltezza Mel, “Non
vi disturberò, avrei bisogno solo di qualche
porro” aveva provato.
La valchiria aveva le sopracciglia, altrettanto rosse peperone, crucciate, “Cosa
devi farci Thumelicus
figlio di Harmin?” aveva chiesto, mentre una
valchiria, una ragazzetta
giovane e magra scivolava fra loro per recuperare il coltello dalla
parete dell’ascensore.
Si era salutata sia con Mel, sia con Madina come vecchie amiche ed
aveva
lanciato uno sguardo interessato a Stellan.
“Be, lo sai Boudicca, sono pazzo per i porri” aveva
dichiarato lui, avvicinandosi
– Jason aveva deglutito al nome della valchiria –
“No, in realtà devo andare da
una vǫlva” aveva ammesso.
Boudicca aveva sbuffato, “E vieni a prendere dei porri, da
me? Sai, cosa, piccolo
screanzato? Vai. Non voglio neanche sapere, ma se tu o i tuoi amici mettete in disordine la mia
dispensa, vi
pentirete di non essere a passare lo straccio a casa della divina
Hela” aveva
dichiarato la valchiria.
Mel le aveva ringraziata di cuore, spronando gli altri a farlo anche.
“Tranquilla, faccio io da scorta” era intervenuta
una voce per Jason, nota.
All’angolo dei suoi occhi, seduta allo spigolo di una lunga
tavola di ferro, c’era
Thrud, armata di pela-patate ed una piramide di tuberi al fianco.
“Quando c’è da lavorare la piccola dea
fugge sempre” aveva ghignato un’altra
valchiria, ma Thrud non aveva dato cenni di esserne infastidita in
alcuna
maniera.
Beudicca aveva annuito, “Sì, tanto quando peli le
patate con la buccia tiri via
pure tre quarti della parte buona” aveva sentenziato.
Era stata
Thrud a condurli nella dispensa. “Mi avete proprio salvato
– odio i turni in
cucina” aveva dichiarato la valchiria, “Speravo che
lo zio Bragi mi tenesse a
chiacchierare con voi” aveva aggiunto, con le braccia
conserte.
Jason era ammirato dalla dispensa che il Valhalla offriva, era grande
come un
ipermercato, composta da scaffali, celle frigorifere ed ogni reparto
immaginabile. Solo la sezione per i cereali occupava quattro scaffali
in
altezza ed almeno un chilometro in lunghezza. “Non si sfamano
fino all’eternità
infinite anime con solo un cinghiale, anche se al nonno piace
dirlo” aveva
chiarito Thrud, notando il suo sguardo.
Mel era
sparito nella sezione orto-frutta in cerca dei suoi porri, Stellan li
era
andato dietro – guidato dal fatto che probabilmente Mel
sembrava l’unico
consapevole di ciò che faceva.
Madina ed Astrid erano ammirate tanto quanto lui. “Non ero
mai entrata qui”
aveva dichiarato la seconda, “Be, ora so da dove tira fuori
Mel la farina;
quella che la stanza produce quando la immagini non ha lo stesso buon
sapore di
quella che usa lui” aveva dichiarato la figlia di Ullr.
Thrud si era avvicinata a Jason, dopo aver lanciato uno sguardo, non
poì così ammonitorio
a Fred, che stava prendendo senza pietà delle barrette di
cioccolata da
nascondere sotto il farsetto.
“Ti va di parlarmi del pasticcio in cui ti sei infilato con i
miei zii?” aveva
chiesto, non c’era molta dolcezza nella sua voce.
“Bragi mi ha reclutato per una missione” si era
giustificato Jason, “Oh, be,
sei nel Valhalla da due giorni … ma non sono
stupita” aveva confessato lei,
grattandosi sotto il mento, “Con quel simpaticone di
Váli?” aveva chiesto.
“Ho avuto un alterco … tra sei giorni avremmo un
holmagang a primo sangue”
aveva cercato di minimizzare la cosa.
Thrud gli aveva tirato un buffetto sulla collottola, “Profilo
Basso,
Jason! Avevo detto profilo basso!” aveva
ringhiato, stava tenendo un
tono basso e quello era l’unico motivo per cui non stesse
gridando. “Cosa
racconto a Kym?” aveva sussurrato quella.
“Kym?” aveva domandato confuso Jason, non che la
terribile signora dei mari non
fosse da tenere in considerazione, ma a lui, pareva una delle ultime
personalità di cui doversi preoccupare, o almeno sicuramente
dopo Vali o Gerd.
“Sì!” aveva risposto Thrud,
“Cosa le dico? Scusa, hai presente il semidio per
cui rischiamo di scatenare una guerra infra-pantheon, sì,
lui si è messo a
sfidare mio zio, quello a cui ne mare ne fuoco possono arrecare
danno?” aveva
chiesto retorica Thurd.
Ne mare ne fuoco?
Jason aveva avuto un brivido, perché aveva ricordato lui, i
versi della Profezia
dei Sette[4],
ma allo
stesso modo, dopo un primo momento di panico, aveva …
calmato. Ne il mare, ne
il fuoco; nessun accenno alla tempesta.
“Perfetto ragazzi, ho i porri” aveva dichiarato
Mel, tornando da loro, con le
braccia piene di pori, alle sue spalle il giovane Stellan lo stava
imitando.
“Okay, vi scorto fuori, non voglio sentire Beodicca
lamentarsi poi” aveva
dichiarato Thrud, attirando l’attenzione, “In
realtà dovremmo andare nelle
stanze delle valchirie” aveva considerato Mel.
“Chi vuoi incontrare?” aveva chiesto Thrud.
“Kráka” aveva
risposto Mel; la figlia di
Thor aveva emesso una risata soffocata, “Oh poveri
voi!” aveva dichiarato.
I piani
ordinati per le valchirie, sia quelle einherjar sia quelle appartenente
alla
stirpe degli dei – ed anche quelle mortali che non potevano
vivere nel loro
mondo – erano molto diversi dagli altri piani
dell’hotel. Ne occupavano tre,
con corridoi lunghissimi.
Differentemente dagli altri piani, tutte le camere delle valchirie
erano senza porte,
tra i soffitti e le pareti c’erano scale a chioccia che
collegavano gli spazi
senza bisogno di ricorrere all’ascensore. Per il resto
c’erano un sacco di cianfrusaglie
in giro e ragazze, alcune passeggiavano da un parte all’altra
in pigiama e
altre non erano neanche del tutto vestite.
Jason nel vederle aveva avuto un ricordo del suo tempo nel Collegio
Maschile, i
piani dedicati alle Valchirie sembravano un grande dormitorio.
“Questo posto è fantastico” aveva
dichiarato senza mezzi termini Madina, “Anche
se mi dispiacerebbe non averti intorno sempre, saresti un ottima
valchiria”
aveva concordato il suo fidanzato, si era sporto per darle un bacio
sulla
tempia, un porro era fuggito alla fuga ma era stato intercettato da
Jason.
“Scusate, io non posso proseguire” aveva dichiarato
perentorio Fred, quando una
giovane donna, dalla pelle caramello, curve generose e capelli biondo
tinto,
umidi e gocciolanti, aveva appena attraversato il corridoio con solo un
asciugamano addosso.
“Peccato che la profezia serve a te” aveva
dichiarato Astrid, prendendolo a
braccetto.
“Kráka è la centotreesima porta sulla
destra. Mi raccomando non entrate in
quella a sinistra” si era raccomandata Thrud.
“Non vieni con noi?” aveva chiesto Jason.
“Oh, no, vi aspetterò nella mia
stanza, duecento dodici B del piano superiore, mi farò una
bella vasca rilassante,
tanto Kráka ha il vizio di tirarle per le lunghe”
si era congedata, tirando con
una mano indietro i voluminosi capelli.
“Ah, non pensarci, bella, sei di turno in cucina, solo
perché sei la figlia del
Potente Thor non te la caverai!” era stata immediatamente
rimproverata da un’altra.
“Stavo
pensando una cosa” aveva detto Jason, mentre percorrevano il
corridoio, poco
prima di dover evitare un arriccia capelli abbandonato per terra,
vicino una spada
corta che somigliava interessatamente ad un gladio. C’erano
anche valchirie
romane?
“Ho paura di chiedertelo” aveva risposto subito
Astrid. “Sappiamo, scusa
Stellan, che una delle preoccupazione della divina Gerd fosse quello di
essere
uscito con la Jarnsaxa” aveva considerato Jason.
L’elfo era arrossito – in quella
maniera sinistra che non era rosso – degli elfi, per essere
stato colto sulla
sua palese omissione. “Ma ovviamente la Jotun
c’entra qualcosa. Non può mica
essere che non sia così, no?” aveva chiesto con
tono retorico Fred.
“Anche Gerd è una jotun” aveva
dichiarato Madina, tirandoli una gomitata
leggera e complice, “Nessuno sta saltando a
conclusioni” aveva specificato.
“La mia signora sì, notava che la cosa fosse
troppo coincidenziale” aveva
dichiarato l’elfo timoroso, lanciando sguardi di sottecchi a
Jason, realizzando
quanto la portata del suo sogno significasse. Lo aveva letteralmente
spiato. “Magari,
hanno solo lasciato il cancello aperto ed il maiale è
scappato” aveva
dichiarato Fred, “Ed adesso è ad Alfheim ha
grufolare in giro” aveva aggiunto.
Stellan lo aveva guardato, pieno di imbarazzo,
“Magari” aveva bisbigliato – lui
e Gerd non avevano testato quella possibilità.
“Aspettiamo la profezia? Non ha senso fare il conto senza
l’oste” aveva stabilito
Mel, sicuro di se, mentre contava le porte.
“La conosci bene questa vǫlva?”
aveva domandato Mel, non c’era gelosia o incertezza nella sua
voce, “Oh,
be, sua madre, come lei era una valchiria ed è stata la mia
valchiria” aveva
dichiarato con un certo calore nella voce il guerriero Germano.
“È sempre speciale
il rapporto tra una valchiria e la sua anima salvata” aveva
considerato Mel, “Per
i primi tre anni … poi si dimenticano completamente di
te” aveva sentito il
bisogno di sottolineare Fred, guadagnando un’altra pedata
brutale da Astrid.
“Be, sono comunque oberate di lavoro” aveva
giustificato la cosa Madina.
“Poi non è vero … io sono rimasto in
contatto con la mia Valchiria fino a che
non è morta, circa, pace al suo spirito, e poi con sua
figlia” aveva sottolineato
Mel, con voce piena di dolcezza.
“Anche io” aveva considerato Astrid, “E
capiterà anche a te Jason, visto che
era zia Thrud” aveva precisato.
“Sempre se non finite schiavi di
Vá-ahhhh” Fred non era riuscito a finire la
sua cattiveria, quella volta.
“Ma esattamente con Vulva[5]
a cosa vi stare rifendo?” aveva chiesto Jason, sicuro di aver
pronunciato male
la parola; ne era stato certo l’attimo dopo che un
ilarità infantile aveva inondato
tutti quanti, incluso Stellan.
“Non quello che stai pensando!”
lo aveva rimproverato Astrid, “Devi cominciare
a studiare meglio l’Edda” lo aveva rimproverato
Astrid, “Indovina!” aveva invece
risposto Mel, “Nel senso Volva è
l’indovina; loro sono in grado di interpretare
i sogni, scorgere spicchi di future e leggere le rune” aveva
specificato.
Jason ancora rosso di imbarazzo aveva annuito.
Immaginava la Vǫluspá, la veggente che aveva riportato la
profezia del Ragnarok
come la Sibilla Cumana e le Vǫlve come aruspici o …
sì, indovini.
“Comunque avrebbe fatto ridere una vulva
che prevede il futuro” aveva
commentato Mel; aveva perso un porro, dopo una gomitata ammonitrice
della sua fidanzata.
Avevano
raggiunto la porta, come le altre era una quadratura in un muro senza
la porta.
Sì poteva vedere l’interno, notevolmente
più grande della stanza di Jason, con
buoni due ambienti. In quello visibile, che appariva come un soggiorno
c’era
una donna.
Aveva alzato gli occhi verso di loro, erano di brace, un castano
ribollente da
apparire quasi rosso. Jason era rimasto intimorito. Kráka,
se quello era il suo
nome, non era la donna più bella che Jason avesse mai visto
– aveva visto
Venere, aveva visto le sue figlie, nessuna donna arrivava per lui alla
bellezza
di Piper, probabilmente mai una avrebbe raggiunto quello, ai suoi occhi
– ma aveva
qualcosa che aveva visto raramente, la compostezza e la
regalità.
Guardandola, Jason aveva pensato all’aurea austera di Reyna
quando si presentava
in senato con il manto porpora alle spalle e alle lezioni storia,
così,
pensava, Livia Drusilla doveva apparire.
L’incarnato di Kráka non era bianco come la
polvere, come una donna del nord,
ma era scottato dal sole, un po’, una sfumatura
più crema.
Non indossava un abito elegante, in vero, non indossava neanche un
vestito,
erano reti da pesca, di corda, di infiniti e diversi colori, con maglie
fitte,
che drappeggiavano il suo corpo.
la donna aveva un corpo snello, con braccia toniche senza grasso, ma un
accenno
di muscolatura, un collo di cigno, dita lunghe acconciate al grembo.
Era seduta vicino un’arpa, con una gran cassa incredibilmente
grande.
I capelli erano castano-dorati, erano portati sciolti e liberi come la
natura
voleva, come aveva notato raramente alle donne nel Valhalla fare.
“Mel” aveva detto la donna alzandosi, in piedi era
flessuosa e più alta di
quanto Jason avesse immaginato, era più alta di lui, di
Thrud, forse
rivaleggiava con Boudicca, “Sono felice di vederti”
aveva dichiarato con voce melodioso.
“Kráka anche io” aveva esclamato lui,
con gioia, chinandosi su ginocchio. Poi
gli aveva presentati tutti con garbo ed in ultimo aveva presentato la
donna a
loro, non l’aveva chiamata però come si era
rivolta fino a quel momento.
“Lei invece è la mirabolante Aslaug
Sigurdsdottir” aveva detto con orgoglio.
Fred e Stellan aveva trattenuto il respiro, Astrid aveva chinato
rispettosa il
capo, mentre Mel si era sbracciata in ode di ammirazione per una tale
valente
valchiria, guerriera e regina.
Lei aveva sorriso accomodante, senza perdere quella sua aria
però imperiale, “Come
posso aiutarvi?” aveva chiesto.
“Sì, mia buona amica, non veniamo qui per piacere.
Al mio amico Fred serva una
predizione per il futuro, abbiamo portato dei porri come pagamento, so
quanto
ti piacciono” aveva dichiarato Mel.
“Qualcosa che posso avere quando voglio e come
voglio?” aveva scherzato Aslaug,
facendo arrossire tutti, “Non preoccuparti, Mel, per un
vecchio amico … posso
provare ad aiutarvi” aveva considerato, mentre dava cenno ai
due giovani di
scaricare i porri sul tavolo.
“Non ho avuto sogni, ne il mio occhio vede bene, qualcosa
temo sia accaduto”
aveva considerato, “Ma posso, provare ad interpretare le
rune” aveva valutato.
Si era voltata verso di loro, con aspettativa.
“Vuoi … Lei non ha personali?” aveva
chiesto Astrid, “Ne ho, legno, pietra,
ferro … materiali magici impronunciabili, ma
è il vostro di futuro. Il
legame personale aiuta incredibilmente” aveva risposto la
Volva.
“Uhm … io non ho quelle cose, lo sai”
aveva risposto Fred, mortificato,
guardando Astrid.
Jason non sapeva neanche a cosa stessero facendo riferimento.
“Io … ehm … non
le ho portate” aveva dichiarato Stellan grattandosi il
dietro, Madina aveva
scosso il viso e Mel si era guardato le scarpe.
“Grande Odino” si era lamentata Astrid, da una
tasca della sua pelliccia messa
a nuovo aveva tirato fuori un sacchetto di pelle, “Adesso,
sarò ufficialmente tirata
in mezzo” si era lamentata.
“Le hai comprate? Le hai fatte? Con cosa?” aveva
chiesto Aslaug.
“Olmo. Le ha create un mio amico, per me, lui era un
praticante di seidr e alf-seidr
… io no, però” aveva ammesso Astrid,
cupa in viso, con un tono melanconico.
Kráka aveva annuito, raccogliendo il sacchetto,
“Legno potente. Da quello che è
nata la prima donna; quale runa manca?” aveva domandato,
“Nessuna” aveva
risposto la guerriera. Le sopracciglia perfettamente curate della Volva
si
erano incrinate, “Non va bene. Ogni set dovrebbe avere una
mancanza a
testimoniare della sofferenza subita” aveva dichiarato.
“Sono morta prima di compiere diciassette anni, direi di
averlo ampiamente
dimostrato” aveva risposto burbera Astrid. La Volva non aveva
fatto una piega,
se non un sorriso mesto, poi si era voltata verso di loro,
“Chi è il più
coinvolto?” aveva chiesto.
Fred aveva indicato Jason, lui Stellan e l’elfo il
mezzo-Jotun. “Stellan e Fred
sono stati incaricati dalla Signora di Alfheim, mentre Jason ha sognato
l’incarico”
aveva spiegato Madina.
Kraka aveva annuito, “Va bene, allora, il figlio di
…” aveva cominciato,
poi si era interrotta, venendo l’espressione di panico che si
era dipinta sul
viso di Jason e di Astrid, “… Dello
straniero” aveva concluso la Vǫlva, ma un guizzo
di curiosità era salito sul viso, prima di concentrarsi su
Mel, che li guardava
interrogativi. “Dicevo, lo straniero, sì, il
figlio dello straniero, pescherà
la runa da togliere” aveva dichiarato, facendo ticchettare il
sacchetto come se
fossero i numeri della tombola.
Jason aveva allungato una mano, infilandola nella bisaccia, aveva
sentito sotto
le punta delle dita il legno freddo, era stato tentato di raccogliere
la prima tessera,
ma poi aveva sentito qualcos’altro a spingerlo infondo,
così aveva cercato fino
a che con il tatto non aveva trovato quella che secondo lui era giusta.
“Non dirmela” aveva dichiarato Aslaug.
“Cosa è, tipo, un trucco da mago da
strada” aveva dichiarato Fred, offeso. “Meglio.
Molto meglio” aveva risposto Kráka, prima di
richiudere il sacchetto ed
agitarlo nelle sue mani, si era alzata e si era diretta verso il tavolo
della
stanza, facendo accatastare tutti i porri da un lato, “Mi
raccomando ragazze,
non sembra ma con questo ortaggio si posso accalappiare ottimi
partiti” aveva
detto, strizzando l’occhio ad Astrid – che era
arrossita. La donna si era allontanata,
recuperando poi da un lato, posata, ad un muro una scopa a cui aveva
fatto
cadere la parte della sagina, rivelandosi così come un
bastone con una
biforcazione finale, “Sì, non mi rende molto
onore” aveva ricominciato.
Aslaug aveva aperto il sacchetto ed aveva fatto rovesciare le rune, ma
queste
non avevano toccato il tavolo, erano rimaste sospese a
mezz’aria, come le mani
della indovina, in posizione orante.
Aveva mosso le dita della mano libera, mentre un sibilo era uscito
dalla sua
gola, parole troppo basse e veloci per essere interpretate, il bastone
da
stregona era luccicato di una luce dorata accecante.
“Ragazzi, giù” aveva gridato Aslaug, non
avevano ricevuto il comando fino a che
i tasselli di rune avevano cominciato a schizzare per la stanza come
schegge impazzite.
Jason si era lanciato a terra, afferrando Astrid con lui.
Fred era caduto nell’azione, ma aveva evitato i proiettili.
Madina li aveva evitati
con grazia, Mel era stato colpito su una spalla, causa la vicinanza con
la
strega, mentre Stellan in pieno petto, finendo poi a terra tra i
lamenti.
“Interessante” aveva esordito Aslaug, osservando il
tavolo.
Stellan, Jason e Fred si erano avvicinati, l’ultimo
massaggiandosi il gomito su
cui era caduto. L’elfo invece era sorretto da Madina, che lo
aveva aiutato ad
alzarsi. Astrid e Mel erano rimasti in silenzio, dietro.
Jason aveva spiato alcune rune erano finite sul tavolo,
anziché in giro per la
stanza.
“So cosa c’è scritto, ma …
cosa vuol dire?” aveva chiesto Stellan, con ancora
la voce impastata di dolore e la mano sullo stomaco.
Aslaug aveva annuito, voltandosi verso l’elfo,
“Parliamo del pagamento prima”
aveva dichiarato, “Pensavo i porri lo fossero”
aveva dichiarato Fred.
“I porri erano per leggere il vostro futuro, non per
dirvelo” aveva dichiarato
ovvia lei.
Astrid aveva sospirato pesantemente.
Jason era cereo, guardando quei simboli che per lui erano ignoti,
mentre
sentiva quasi bruciante nella mano la runa esclusa. “Cosa
vuole?” aveva chiesto
Stellan, pieno di timore.
Kráka aveva sorriso: “Facile. Un paio di brache
villose.”
Kráka,
di cui non sono molto felice; https://www.deviantart.com/rlandh/art/Kráka-the-Seer-899338267
Fred
in tutto il suo cupo splendore; https://www.deviantart.com/rlandh/art/Frederic-of-Clermont-899511843
[1]
Nome
Romano dell’odierna Coblenza.
[2]
Nome
antico di quella che è, oggi, è la Cattedrale di
Notre-Dame du Port. (Chicca
inutile, ma la prima crociata è partita da Clermont; Fred
è stato un crociato
ma è morto durante la quarta)
[3]
A quanto
pare questo è il difetto fatale di Jason – cosa
che, bo, mi sembra molto
lontano da Jason. Avevo sempre pensato fosse il suo grossissimo spirito
suicida
(insieme al bisogno di essere l’eroe TM)
[4]
Ovviamente Jason fa riferimento al fatidico verso “Fuoco o
tempesta, il mondo
cader faranno” [semicit.-] in realtà anche quella
di Thrud è una profezia presa
dalla Gylfaginning presente ne l’Edda in Prosa(Quella di
Snorri), che al
momento Jason non sta leggendo.
[5]
Volva si
legge, in islandese, grazie a quel segnetto sotto la O come Vulva. In
italiano
fa ridere (se hai 12 anni o sei me), ma anche in
inglese.