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Autore: pampa98    07/12/2021    0 recensioni
[Questa storia partecipa al "Calendario dell'Avvento" indetto da Cora Line sul forum "Ferisce la penna"]
[Helsinki/Palermo; past!Berlino/Palermo]
|Non è un vero spoiler per la trama, ma informo comunque che è presente una scena delle ultime puntate.
«Perché queste lancette girano al contrario?» gli chiese una sera Andrés, mentre lo aiutava a impacchettare la sua roba per trasferirsi a Firenze con lui. Martín si avvicinò e prese il piccolo orologio con il cinturino d’acciaio tra le mani. Una parte di lui si sorprese che funzionasse ancora, seppure in quel suo modo anomalo. Non lo toccava da anni: era solo un lontano ricordo della sua vita passata, quando ancora viveva con sua madre e lei lo amava, ignara della sua vera natura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Berlino, Helsinki, Palermo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt 7: Orologio che segna il tempo al contrario.
Note: ho scritto questa storia di getto, ma ci tenevo a usare questo prompt che ho trovato molto particolare. Serve parecchia sospensione dell'incredulità e, anche se non l'ho messo nelle note perché in teoria non lo è, può essere presa come una sorta di Soulmate!AU. Detto ciò vi lascio alla storia e spero che possa piacervi ^^



 
 Il tempo di un "Ti amo"


 

 

Martín aveva una mente curiosa, sempre in cerca di risposte alle più svariate domande sul funzionamento della materia e del mondo intero. Fin da bambino si era divertito a smontare orologi, elettrodomestici, giocattoli per conoscerne l’anima e tutti i segreti che nascondevano. Se qualcosa non tornava o non sembrava funzionare correttamente, Martín la studiava a fondo, fino a trasformarla nella sua versione perfezionata. 

~ ~ ~

«Perché queste lancette girano al contrario?» gli chiese una sera Andrés, mentre lo aiutava a impacchettare la sua roba per trasferirsi a Firenze con lui. Martín si avvicinò e prese il piccolo orologio con il cinturino d’acciaio tra le mani. Una parte di lui si sorprese che funzionasse ancora, seppure in quel suo modo anomalo. Non lo toccava da anni: era solo un lontano ricordo della sua vita passata, quando ancora viveva con sua madre e lei lo amava, ignara della sua vera natura.
«Potremmo considerarlo un cimelio di famiglia» disse, accarezzando il vetro opaco mentre le lancette continuavano a muoversi a ritmo dei secondi trascorsi. «Mi sorprende che funzioni ancora.»

«Ha un funzionamento decisamente anomalo, Martín» rise Andrés, cingendolo per le spalle da dietro, forse ignaro di cosa quel contatto scatenasse nella sua anima. «Mi nascondi forse qualcosa? Sei una specie di alieno venuto sulla Terra per conquistarci o una fata decisa a incantarci tutti col suo orologio magico?»
Fu il turno di Martín di ridere. Si voltò tra le sue braccia, il viso di Andrés così vicino al suo che sarebbe bastato un soffio di vento perché si toccassero.
«Sì, amore mio, sono il re delle fate proveniente dal pianeta Sexy e intendo soggiogare tutti i deboli umani al mio volere.»
Impugnò l’orologio e lo puntò contro Andrés, esibendosi in una serie di suoni che avrebbero dovuto formare un incantesimo. L’altro scoppiò in una fragorosa risata e Martín si beò di quel suono sincero.

 

Da quel giorno, l’orologio non rappresentava più solo il suo passato, ricco di ricordi dolorosi che era incapace di eliminare, ma che cercava il più possibile di nascondere: rappresentava Andrés, l’inizio del loro sogno, il loro amore.

 

Martín aveva cercato spesso quell’orologio, soprattutto nei momenti più bui della sua vita. In quel tempo che si riavvolgeva su se stesso vedeva Andrés, vedeva ciò che non avevano più e che era stato loro precluso per sempre.

La sera in cui Andrés lo aveva lasciato, credeva che quell’orologio sarebbe morto: nella sua mente era diventato l’incarnazione del loro amore e non era giusto che continuasse a vivere. Ma quando quelle lancette avevano proseguito nel loro moto, indifferenti al suo dolore, Martín si era convinto che fosse un segno: Andrés non era ancora pronto ad accogliere i suoi sentimenti. Avrebbe solo dovuto pazientare e il tempo glielo avrebbe restituito.
Il giorno in cui il telegiornale aveva annunciato la morte di Andrés De Fonollosa, Martín avrebbe voluto distruggere quell’orologio che ancora, ostinato, viveva. Aveva faticato a trovarvi una spiegazione quella volta, troppo immerso nell’alcol e nell’odio – verso Andrés, verso il suo cuore che ancora batteva per lui – e alla fine aveva scelto lo scenario che più agognava: l’orologio indicava il tempo che gli restava da vivere. Quando il suo cuore avrebbe cessato di battere una volta per tutte, anche le lancette si sarebbero fermate.

Durante quelle settimane al monastero, però, qualcosa era cambiato. L’orologio continuava a girare, ma Martín aveva l’impressione che le lancette si muovessero più lentamente di prima.
Era stato tentato di parlarne con Helsinki, ma a cosa sarebbe servito? Avrebbe solo dato all’uomo l’impressione che Martín volesse davvero la sua compagnia e, per quanto ormai l’amore fosse diventato solo un sentimento da calpestare per lui, sapeva che Helsinki era un brav’uomo e non meritava di soffrire.

Ogni giorno che notava un minuscolo cambiamento in quel moto perpetuo, si limitava a ignorarlo, ripetendosi semplicemente che presto sarebbe cessato.

~ ~ ~

Non aveva mai visto Sergio dare il via a una serata di ballo sfrenato. Se avesse saputo che bastava infilargli un merluzzo morto nel letto, lo avrebbe fatto molto prima.
«Devi dire a Nairobi che ha fatto centro» disse a Helsinki, quando l’uomo si avvicinò al tavolo per prendere un bicchiere di vino. «E incoraggiala a farlo di nuovo domani.»

«Mi sa che ormai l’abbiamo rotto» rispose con un sorriso divertito. Aveva il volto arrossato e piccole gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
Tese le braccia verso di lui, facendogli cenno di alzarsi.
«Coraggio, Palermo, tu sei il re del ballo» disse, quando l’altro non rispose al suo invito. «Sei troppo vecchio e stanco per divertirti?»
«Sono anche più giovane di te, stupido grassone.»
Gli prese le mani e Helsinki lo tirò su, stringendolo a sé mentre riprendeva a muoversi a ritmo con la musica. Martín gli mise le braccia intorno al collo, seguendo i suoi movimenti mentre si facevano strada tra gli altri ballerini scoordinati.
«E più tardi ti faccio vedere anche quanto sono stanco» gli sussurrò a un orecchio, facendolo ridere.
Le canzoni si alternarono alla piccola radio e mentre il cielo si faceva sempre più chiaro, gli altri lasciarono il cortile per tornare nelle rispettive stanze. Martín e Helsinki rimasero da soli, a ondeggiare tra le braccia l’uno dell’altro lasciandosi cullare dalla musica.
Il tocco dolce di Helsinki sui suoi fianchi, la barba che gli solleticava il volto e il suo respiro caldo sulla pelle mandarono delle scosse all’anima di Martín. In quel momento non erano brothers e non c’era nessuna barriera tra di loro, se non la sua volontà. Era tutto ciò a cui poteva aggrapparsi per non sprofondare di nuovo. A un tratto Helsinki sollevò la fronte e lui credette che fosse il segnale che quella notte, qualunque cosa fosse stata, era finita. Invece, l’uomo posò le labbra sulla sua fronte, in un bacio così puro che annientò le difese di Martín e lo portò a realizzare che il suo cuore era ben lontano dall’essere morto.

 

Nella camera di Martín, l’orologio si fermò per il tempo di un ti amo. Poi riprese a girare.
In senso orario.

   
 
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