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Autore: Yellow Canadair    07/12/2021    1 recensioni
Fukuro mostrò al gruppo le fialette, tenendole nelle manine a coppetta. «C'è scritto che bloccano i poteri dei Frutti del Diavolo e i loro effetti collaterali per quindici ore, chapapaaa»
Lucci sbuffò. «Roba inutile.»
«Già.» ammise Fukuro. «Servirebbero solo se qualcuno volesse andare al mare e farsi un bagno.»
Cinque paia di occhi si illuminarono rapaci.

...
Fialette prodigiose, una cantante lirica famosa in tutto il mondo, una spiaggia abbandonata e tanto sole che fa risplendere glutei tonici e pettorali muscolosi! Sarebbe tutto perfetto, se alcuni dettagli non fossero decisamente strani, come il suono dello scratch proveniente dal bosco, e i bassi che fanno tremare il suolo...
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kumadori, Nuovo personaggio, Rob Lucci
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Atto primo

Le provvidenziali fialette

 

Rob Lucci prese fiato e si sistemò meglio la coda alta. Uccidere non era mai un problema per lui, ma dopo una settimana di combattimenti serrati era stanco e i capelli avevano decisamente bisogno di una doccia. Quel posto era caldissimo, sudavano tutti come in una sauna… niente di strano in un’isola estiva, nel pieno della sua estate, ma quello era il culmine di tre mesi molto impegnativi.

Ora erano all’ombra di un gazebo e il vento smuoveva pigramente un cartello di cartone con la scritta “Mini Club” dipinta a colori vivaci da alcuni bambini all’inizio della stagione. Accanto a loro, rovente di cemento, c’era il semicerchio dell’anfiteatro dove, la sera, si concentravano tutti i turisti per vedere gli spettacoli dell’animazione.

«Avrei decisamente bisogno di una vacanza adesso.» sospirò Califa, accanto a lui.

«Indegno.» la stilettò Lucci togliendosi di dosso la maglietta con la scritta “capo animatore”. «Siamo in missione da appena tre mesi!»

Hattori si scansò per permettergli di togliere la maglietta, poi tornò ad appollaiarsi sulla sua spalla nuda e bruciata dal sole estivo.

«Ma stiamo combattendo in questo maledetto resort da una settimana!» rispose Califa. «Una settimana senza elettricità, in pieno deserto, a farci attaccare dai Licaleoni, mangiando pasta e sabbia e bevendo dagli anfratti delle rocce!» protestò la donna. «E dormendo in sette in una tenda sola! Assolutamente molesto!»

Lucci la rimbrottò: «Avevamo una tenda sola e stavamo insieme per scaldarci, non lamentarti tanto! La notte la temperatura scende!» 

Califa si inalberò: «JABURA NON SI LAVA DA TRE SETTIMANE!!!» 

Tre mesi orribili, sotto copertura come animatori in un villaggio turistico per famiglie ricche e annoiate nel pieno di un deserto: ma dovevano stanare una banda di contrabbandieri che operava fingendosi un’impresa di pulizie che lavorava nello stesso resort; quando, dopo due mesi e mezzo, la situazione era diventata di guerra aperta, l’hotel si era trasformato in un campo di battaglia, i turisti erano scappati o erano stati uccisi, qualcuno aveva staccato l’energia elettrica e gli alloggi per gli animatori dove dormivano gli agenti erano stati fatti saltare in aria.

Ma alla fine, dopo una settimana di guerriglia, la missione era compiuta e gli agenti potevano meritatamente ritornare all’Arcipelago di Catarina.

«Comunque sia, non direi di no a una vacanza.» intervenne Kaku posando le cuffie da tecnico del suono. Poi aggiunse con nostalgia. «Avrei veramente voglia di un bagno a mare come ai tempi di Water Seven, quando arrivava l'estate…» 

«C'era quella spiaggetta dietro ai cantieri…» si ricordò Califa. 

Lucci chiuse il sipario davanti a quelle fantasie. «Potrete farvi la doccia quando tornerete a Catarina.» disse severo. «Adesso avete i poteri dei Frutti del Diavolo, non potete più toccare l'acqua di mare come una volta.» poi osservò: «Pensavo che il mare ti avesse stancata.»

«Non mi ha stancato il mare!» si esasperò Califa. «Mi hanno stancato tutte quelle donne petulanti che volevano fare acqua-gym… “quando comincia l’acqua-gym, metti la mia canzone preferita, che dieta fai, ma ce l’hai un ragazzo”… che moleste. Ho dovuto fare acqua-gym fuori dall’acqua, e sudare le sette camicie!»

Fukuro chiacchierò contento: «Chapapapaa io e Kumadori invece andremo al mare appena torneremo a Catarina!» sottolineò, sollevando un moto di invidia dei colleghi. 

«Voi mi sembravate perfettamente a vostro agio al mini-club…» osservò Kaku.

«YOOOOYOOOOI INVERO LO EEEERAVAAAMOOO!! I TENERI VIRGULTI AVEVANO PREPARATO CON TANTA DEDIZIONE UNO SPETTACOLO PER L’ULTIMA SERA, YOOOOYOOOOI… SPETTACOLO SU CUI È CALATO UN INELUTTABILE DEEESTIIINOOOO.»

«Comunque sia, a missione ultimata ho diritto a una vacanza.» affermò Califa.

Kaku si rivolse a Lucci: «Non è stata una missione difficile, ma ne ho abbastanza di turisti scalmanati, di confusione, di spettacoli da organizzare tutte le sere, microfoni da controllare e tornei di freccette.»

Lucci si strinse nelle spalle; si guardava bene dal dirlo, ma il suo ruolo di capo-animatore era stato veramente al di fuori delle sue corde, una grande prova come agente, ma anche un grandissimo stress. «Provvederemo una volta ritornati in sede.» promise alla sua truppa.

«Voglio ritirarmi lontana dalla gente e dai rumori molesti.» sospirò Califa, subito appoggiata da Kaku e da Lucci.

In quel momento un altro agente entrò nell'ombra del gazebo. «E questo è quanto abbiamo recuperato.» disse Jabura scaricando davanti a Lucci una pesante valigetta grigia. 

Una volta doveva essere una valigia di quelle chiuse con il lucchetto, a prova di ladro, ma ormai la serratura pendeva floscia da un lato. 

«Non siete riusciti a fare di meglio?» domandò seccato il leader. 

«No.» intervenne Blueno. «È già un miracolo essere riusciti a uccidere i trafficanti, riprendere la refurtiva sarebbe stato difficile. Questa l'abbiamo presa perché era l'unica ancora nel loro magazzino secondario.» 

Jabura si strinse nelle spalle. «Il nostro compito era uccidere i contrabbandieri, nessuno ha parlato di refurtiva.» osservò. 

«Era comunque consigliabile recuperare qualcosa…» commentò Califa. 

«YOOOOYOOOOI FUKUROOOO SMETTILA DI ALLUNGARE LE TUE ADUNCHE DITA IN LUOGHI RIIISERVATIII» 

Fukuro sollevò la testina dalla zazzera verde, interdetto. «Ma tanto era già aperta.» disse, curiosando nella valigetta grigia. 

«Trovato qualcosa di interessante?» domandò Kaku.

«Ci sono un sacco di fiale.» osservò Fukuro. «Ma non hanno etichette, non so cosa siano. Tranne queste cinque qui.» 

Le mostrò al gruppo tenendole nelle manine a coppetta. «C'è scritto che bloccano i poteri dei Frutti del Diavolo e i loro effetti collaterali per quindici ore, chapapaaa» 

Lucci sbuffò. «Roba inutile.»

«Già.» ammise Fukuro. «Servirebbero solo se qualcuno volesse andare al mare e farsi un bagno.»

Cinque paia di occhi si illuminarono rapaci. 

 

~

 

«Io…? Come esperta di…? Può ripetere, boss?» balbettò la pilota del reparto, la signorina Lilian Yaeger. Era stata assunta qualche anno prima come segretaria, ma aveva finito col diventare l'esperta dei mezzi di trasporto del gruppo.

«Vacanze al mare, attività balneari e luoghi di interesse naturalistico altamente riservati.» ripeté Rob Lucci.

«...penso che mi ci farò dei biglietti da visita.» considerò la pilota.

Kaku decise di giocare a carte scoperte: tanto lei era del reparto, la segretezza non serviva, e a suo avviso era un po’ troppo tonta per andare così tanto per le lunghe: «Abbiamo delle fiale che ci permettono di sospendere i nostri poteri per quindici ore; abbiamo deciso che vogliamo andare al mare, e tu sei l’esperta del settore.»

«Vivi sull’Isola dell’Est, conoscerai sicuramente una spiaggia tranquilla dove riposarci dopo l’ultima missione.»

L’Isola dell’Est dell’Arcipelago di Catarina aveva il clima estivo: era famosa per le sue spiagge di sabbia bianca, per gli sport acquatici, per la movida notturna, per le danze scatenate fino all’alba, ed era collegata con l’Isola Centrale (quella dove vivevano gli agenti) da una lunga filovia che scendeva dalla parte alta della città. 

«Tutta l’Isola dell’Est è perfetta.» rispose con ovvietà la pilota. «Basta andare nel centro della città bassa e dirigersi verso il mare: troverete bar, lidi, potete noleggiare le moto d’acqua, troverete anche istruttori di surf, di canoa, c’è un sacco di…»

«Niente di tutto questo.» tagliò corto Jabura. «Vogliamo una zona tranquilla, senza casino.»

Lili aguzzò lo sguardo: «Tu che mi chiedi una zona tranquilla e senza casino? Che ti è successo in missione?»

Intervenne Blueno: «Non possiamo farci vedere mentre facciamo in bagno: l’esistenza di quelle fiale è top secret, se qualcuno ci riconoscesse potrebbe insospettirsi.»

«E poi mi sono rotto il cazzo di gente che mi tira la sabbia, le palline, le racchette. Non voglio vedere più nessuno.» guaì Jabura.

«Chapapa, te l’avevo detto che come istruttore di tennis non saresti durato.»

«Ah ecco: vi serviva un cicerone per le spiagge più belle ma inaccessibili e tranquille. Una bella giornata al mare da soli, senza seccature.» riassunse Lilian.

«Puoi fare qualcosa?» chiese Lucci.

La ragazza ci pensò su alcuni minuti. «Certo che posso. Ho esattamente quello che fa per voi. Da quando parte l’effetto delle fiale?»

«Quindici ore a partire da quando vogliamo.» disse Kaku. «Non le abbiamo ancora bevute.»

«Perfetto. Penso a tutto io. Vediamoci domani alle dieci davanti al molo turistico!»

 

~

 

Le dieci.

Un orario da vacanza, non troppo presto, non troppo tardi. 

«Una perdita di tempo. Potevamo partire molto prima.» osservò Lucci, pantaloni lunghi chiari di lino, infradito e camicia. Hattori, sulla sua spalla, aveva degli elegantissimi occhiali da sole e una camicina hawaiiana color giallo a fiori verde acqua.

«E non rompere i coglioni. Siamo tornati ieri a mezzanotte, è un miracolo che la pilota non ti abbia mandato affanculo con questa storia del mare.» sbadigliò Jabura, in soli bermuda, asciugamano arrotolato sulle spalle, occhiali da sole dalle lenti rosa e sacca di cotone in mano.

«Penso che oggi sarebbe andata al mare indipendentemente da noi. Aveva il costume sotto la camicia, durante il viaggio di ritorno.» osservò Kaku, in pantaloncini di tuta e maglietta sportiva.

Da una porta invisibile spuntò fuori Blueno, pareo azzurro annodato in vita, maglietta nera e zaino «Scusate il ritardo… oh, pensavo ci foste tutti.»

«Secondo voi Kumadori viene truccato, oppure no?» si chiese Kaku ridendo.

«Kumadori è sempre truccato. Ha della roba a prova di acqua, non si toglie nemmeno con l’acquarag-»

«Si dice “waterproof”.» lo corresse Califa, elegantissima con un prendisole bianco di pizzo e il cappello di paglia a falde larghissime, e borsetta di paglia con un foulard rosso sui manici. La fascetta rossa del cappello fece inorridire Lucci per un istante, ma scosse la testa e non disse niente.

«Non mi aspettavo di vederti.» le disse Jabura. «In costume, siamo tutti uomini… non è molesto?»

Califa si abbassò gli occhiali da sole, due triangoli bianchi e sottili dalle lenti viola, e lo squadrò da capo a piedi. «Vedo una sola cosa molesta, qui. E sei tu, che non ti sei nemmeno degnato di vestirti.»

«Fatica inutile, tra mezz’ora saremo in spiaggia.» rispose pratico il Lupo.

Kaku scosse la testa, ma non avrebbe attaccato briga per quello.

Davanti a loro andavano e venivano barche: gente che si spostava da un’isola all’altra dell’arcipelago, pescherecci che arrivavano seguiti da un codazzo di gabbiani, altri che salpavano pigramente. Qualche barca a vela elegante, con l’equipaggio in livrea bianca che aspettava i ricchi armatori, e turisti in coda per imbarcarsi sui traghetti con la scritta “tour delle isole in giornata!”»

«Chapapaaaa eccociiii!» schiamazzò Fukuro da lontano. «Tutti al mareeeee, tutti al mareeee!» cantilenò.

«YOOOOYOOOOOOOI  A MOSTRAR LE CHIAPPE CHIAREEEEE» completò Kumadori al trotto.

«Perché non ci avete aspettati?» chiacchierò Fukuro avvicinandosi saltellando. «Potevamo uscire dalla Torre tutti insieme.» aveva un bello zainetto verde, un pantaloncino bianco e la maglietta a righine blu.

«L’appuntamento era al molo, alle dieci.» ricordò Lucci. «Nessuno ha parlato di ritrovarsi alla Torre, quindi siamo venuti direttamente qui.»

Kumadori si guardò intorno smarrito. «YOYOI. SGOMBRO È IL CIELO, NON UNA NUVOLA, SOLO GABBIANI CHE ONDEGGIANO NEL LORO VOLO. DUNQUE DOVE MAI SI TROVA LA NOSTRA GUIDA, IL CICERONE DEL NOSTRO BALNEARE SOLLAZZO?» recitò a voce tonante, facendo ondeggiare il grande caftano bianco.

Tutti guardarono nel cielo. La pilota era in ritardo, ma non si sentiva nessun rombo di motore. 

Si avvicinò al molo un grosso gommone trainato da una coppia di tartagugli marini, grosse tartarughe con un’infiorescenza calcarea sui loro dorsi simili a guglie, che nuotavano pigri facendosi sciabordare le ondine del porto sui fianchi. 

Il guidatore del gommone tirò lievemente le redini dei tartagugli, ormeggiando l’imbarcazione in modo che desse la poppa al molo. 

«Signori, buongiorno.» esordì Lilian Rea, salendo sul molo con un balzo. 

«Alla buon’ora.» la salutò Lucci. 

«Boss, andiamo. Siete in vacanza, non sia così fiscale.» poi spiegò: «Tartamarta era indisposta questa mattina, abbiamo fatto un po’ tardi. Però ormai siamo qui.» concluse sospirando.

«Non andiamo in aereo?» chiese Kaku.

«Dobbiamo arrivare solo dietro l’isola dell’Est. Troppo vicino, l’aereo è uno spreco. E poi in barca si ammira il paesaggio.»

Kaku annuì e saltò agilmente sul gommone.

Califa si fermò prima di salire, osservò la pilota.

Lili pensò che volesse aiuto per salire e le tese la mano. Califa la ignorò.

«Non hai i pantaloni.» disse.

Lili si guardò addosso. Aveva solo il perizomino blu del costume con i laccetti. «No.» disse, normalmente. «A che mi serve? Si bagna.» da sopra aveva solo una camicia bianca annodata sui fianchi, mezzo aperta.

Califa scosse la testa e montò a bordo con eleganza, mentre Jabura rideva.

«Che bel caftano.» commentò l’abito di Kumadori. «Dove l’hai preso?»

«YOOOYOOOI, UN SEGRETO CHE SOLO A TE POSSO SVELARE!» rispose l’agente dai capelli rosa. «UN NEGOZIO DI ARTICOLI TEATRALI DISMESSI!»

«Vintage. Mi piace.» commentò Lili.

«È tua la barca?» chiese Lucci salendo a bordo.

«È a noleggio. In genere non mi serve un gommone da dodici metri con doppia trazione.» sorrise lei.

«E lo sai manovrare?» 

«Boss, avete ingaggiato un pilota serio. So pilotare tutto di cui il reparto ha bisogno. Pronto per la gita al mare?»

 

~

 

I tartagugli filavano veloci nell’acqua, solcando le onde con la loro testolina e sollevando due larghe ali bianche di spuma sui fianchi del gommone.

I capelli rosa di Kumadori schioccavano al vento, mentre tutti si reggevano ai sediolini e Califa si teneva il cappello con una mano per non farlo volare via.

«Vi porto in una spiaggia che conosco solo io.» gridò la pilota per sovrastare il fischio del vento, ma la sentì a mala pena Lucci che sedeva come al solito al posto del co-pilota.

Anche se quello era un gommone turistico preso a nolo, non esisteva nessun posto del co-pilota.

«Una volta era una spiaggia… non dico frequentatissima, ma c’era gente. C’era un vecchio albergo al di sopra della baia, che aveva la sua spiaggia privata. Ma molti anni fa, prima che mi trasferissi qui, c’è stata una frana e l’unica strada che collegava l’albergo con la città è stata seppellita. È stata una frana molto importante, è venuta giù mezza montagna, le operazioni per sgombrare la strada sono durate un sacco. Nel frattempo l’hotel ha continuato a funzionare, facendo arrivare i turisti dal mare, che era rimasta l’unica via di accesso… però gli affari sono andati subito male… insomma, l’hotel è fallito, è stato abbandonato, la strada è ancora bloccata, e noi ci godiamo la spiaggia!» concluse.

Arrivarono nel giro di mezz’ora alla spiaggia, dopo aver circumnavigato l’Isola dell’Est. Incrociarono diverse imbarcazioni, che fecero beccheggiare il loro gommone, ma i due tartagugli rimanevano saldi sulla loro rotta e continuavano imperterriti a nuotare.

I tartagugli caracollarono fin sulla riva sabbiosa, e Lili dovette tirare con forza le redini per evitare che si trascinassero dietro anche il gommone, che venne ancorato vicino alla riva. Poi staccò gli animali dall’imbarcazione e andò a sistemarli in un luogo dove potessero pascolare nell’acqua bassa senza scappare via.

Erano in una piccola baia assolata e silenziosa, con una parete rocciosa alla loro destra e una ripida salita a sinistra, tutto coperto da vegetazione, arbusti e piccoli alberelli tremuli. Seguendo la salita con lo sguardo, tra la boscaglia si notava una costruzione imponente: doveva essere l’albergo in rovina. Da dov’erano si vedevano le spalle dell’insegna, tutta rotta e sgangherata, e le finestre del primo e del secondo piano, alcune chiuse da delle assi e altre spalancate nel buio delle stanze abbandonate. Kumadori e Fukuro lo considerarono per mezzo secondo, poi si misero d’impegno a piantare i due ombrelloni che avevano portato.

«Bene!» disse Jabura sbarcando. «Adesso fuori le fiale, fa un caldo che si muore.»

«Le prendiamo tutti insieme, o ognuno prende la sua quando vuole fare il bagno?»

«Tutti insieme.» intervenne Lucci. «Così sarà più facile tenere sotto controllo le quindici ore.»

«Abbiamo comunque tutto il tempo per nuotare e rilassarci. Non ha senso partire sfalsati.» muggì Blueno, tirando con i denti il tappo della sua.

Califa, si avvicinò ai tre uomini, Lucci le porse la sua fiala.

«Pronti?» disse Kaku. «Tre, due, uno…»

«Giù! Giù! Giù!» tifava Fukuro.

E in un sol sorso i cinque agenti bevvero la pozione.

«YOOOYOOOOIII! IL MIRACOLO È AVVENUTO! CHE L’ACQUA ORA VI SIA ALLEATA, O FEDELI COMPAGNI!!»

Jabura si pulì il muso con l’avambraccio. «Non mi sento niente di diverso.»

«Proviamo ad andare in acqua.» propose Kaku. Si sfilò il cappellino con la visiera, la maglietta, e tirò giù i pantaloncini corti.

Era raro vedere Kaku senza vestiti. Spesso, visto che era il più magro della compagnia, ci si dimenticava che anche lui era un agente preparatissimo e spietato, e che sotto le sue tute comode c’erano spalle larghe da carpentiere e muscoli atletici pronti a combattere contrabbandieri, pirati e rivoluzionari.

E oltre a questo c’era anche un costume da bagno a boxer, che degradava dal verde menta in vita e finiva con un bel rosa marshmallow.

«Sobrio.» ridacchiò Jabura con i pugni sui fianchi, mettendo in mostra i pettorali baciati dal sole e da estenuanti sessioni di allenamento nella palestra interrata della Torre; lui, si sapeva benissimo che fisico avesse: quello di un toro pronto alla corrida. Aveva tirato su i lunghissimi capelli in uno scomposto chignon.

«Sempre meglio di te, che sei venuto con… non mi dire che sono davvero dei mutandoni bianchi. » ribatté il ragazzo

Dei boxer di cotone bianco larghi e ariosi, per la precisione. 

«Ehi, quante storie. Sono comodi e esattamente come un costume, no?» protestò Jabura. 

«Ma per piacere, appena ti bagni si vede tutto.» disse graffiante Califa, mentre si apriva i bottoncini del prendisole.

Intanto anche Lucci si era sbarazzato dei vestiti, rimanendo in slip bianchi che gli fasciavano dei glutei scolpiti e delle cosce muscolose e scattanti. Lo slip era impreziosito da una sottile cintura bianca, nella quale erano infilate delle minuscole lettere dorate e luccicanti che sul davanti formavano il nome della marca.

«D… o… s… k… o… i.» lesse Fukuro andando a toccare quelle letterine invitanti che scivolavano sul tessuto. «Doskoi! Doskoi Panda!» disse infine, sollevando la testa. Lo sguardo dell’agente dai capelli verdi scavalcò la rada peluria del basso ventre, gli addominali cesellati, i pettorali tonici, e infine incontrò gli occhi freddi di Rob Lucci.

«Hai finito di giocare?»

Fukuro si rizzò in piedi. «Chapapa.» mormorò allontanandosi dal capo.

Califa si sfilò il copricostume e si sciolse i capelli, liberando una nuvola di dolcissimo profumo di cocco e di sandalo.

«C… Califa…?» mormorò Jabura arrossendo.

«Sì? Dimmi pure.» lo sfidò la donna.

Indossava un costume nero sgambato che metteva in risalto le lunghe gambe affusolate. Due sottili bande partivano dal pube e salivano a coprirle i prosperosi seni, e si allacciavano dietro al collo, mentre dietro un taglio brasiliano metteva le incorniciava un sedere glorioso che le minigonne lasciavano solo immaginare.

Era una molestia sessuale.

Sarebbe bastato un misero colpo di vento per far spostare quell’impalcatura di lycra.

«No, niente.» rinunciò Jabura, voltandosi verso il mare e appellandosi al suo autocontrollo. 

Anche Blueno in costume (un bel boxer arancione con tante palmette gialle) era un evento raro: si tolse la maglietta aderente rivelando delle spalle larghe e muscolose.

Fukuro invece era piacevolmente rotondo e roseo: si tolse i vestiti senza particolari cerimonie, si aggiustò lo slippino verde, e corse verso il mare inseguendo una farfalla.

Kumadori non amava molto immergersi: del tutto comprensibile, visto che era truccato di tutto punto come al solito, con il cerone bianco e generose linee di kajal nero sugli occhi e sulla bocca. Rimase con il suo meraviglioso caftano bianco, che al sole riluceva perché aveva delle perline ricamate sulle maniche e sul colletto, e si accontentò di mettere i piedi in acqua.

La pilota aveva finito di occuparsi dell’imbarcazione e si godeva lo spettacolo dall'acqua bassa in cui era immersa, facendo la gnorri con gli occhiali da sole. Seguì con lo sguardo i colleghi agenti che si avvicinavano al mare e si bagnavano i muscoli lucidi.

Blueno fu il primo a rompere gli indugi ed entrare nell’acqua cristallina. Fece qualche passo, sentendo sotto i piedi la sensazione dei granelli e dei piccoli gusci di conchiglia che venivano trascinati dalla risacca. L’acqua gli arrivò alle ginocchia. 

L’uomo si concentrò sulle proprie sensazioni, poi si girò verso Lucci e gli disse: «Niente da segnalare.»

«Ottimo…» disse Jabura tornando sui suoi passi.

«Dove va?» si chiese Kaku, avanzando nell’acqua.

Lucci sospirò: «Avrà dimenticato il cervello sotto l’ombrellone.» 

Califa si voltò verso Jabura. «No! No non farlo!!» urlò. 

«LEVATEVI!!!»

Una palla di cannone formato Jabura si fiondò in mare, saltò sulla riva e tirando le ginocchia al petto sollevò una mareggiata che investì persino Kumadori che era ben lontano.

«Gyahahahaa! Ohhh scusate! Vi ho bagnati?» disse riemergendo dall’acqua e scuotendosi come un cane.

Mentre Lucci tentava di affogare Jabura, Fukuro si sedette sul bagnasciuga e cominciò a gonfiare, pian pianino, con la bocca, una bella ciambella salvagente piena di glitter luccicanti.

«Chapapa, sanno nuotare tutti, ma con questa magari si divertono di più.»

Kaku, intanto, si era fatto forza (ormai grazie a Jabura era fradicio), si era tuffato e si era allontanato dalla riva con ampie bracciate.

Anche Blueno si era calato in mare, e galleggiava pigramente a pochi metri dalla riva.

Califa guardava con trasporto Lucci che bloccava la testa di Jabura sott’acqua.

Lilian decise di salvarlo: andò sotto l’ombrellone, tirò fuori dallo zaino un bel pallone grande, lo tirò verso Lucci gridando: «Pallaaaa!»

 

~

 

La spiaggia era tranquilla e silenziosa, se si escludevano gli schiamazzi di Jabura e di Kaku, e il fitto chiacchiericcio di Fukuro. 

Califa si era spalmata la protezione solare e stava prendendo beatamente il sole sul suo lettino, con Hattori vicino a lei, all'ombra del parasole, che si godeva il fresco e un succo di frutta con la cannuccia che gli aveva portato Rob Lucci.

Nonostante quella fosse una spiaggia selvaggia e senza nessun servizio, la pilota si era organizzata benissimo perché non mancassero a nessuno le comodità che avrebbe offerto un lido: aveva portato tre grandi ombrelloni, un bel frigobar dove tutti avevano depositato i loro panini e le loro bottigliette, e persino bottiglioni d'acqua dolce con i quali sciacquarsi dopo i bagni in mare.

 

Kumadori si era messo vicino alla riva, all'ombra di una pianta, con il suo prezioso caftano; stava leggendo una pièce teatrale che sarebbe andata in scena con l'apertura della nuova stagione teatrale sull'Isola dell'Autunno, tra appena due settimane.

L’attrice protagonista sarebbe stata Verona Odéion, la famosissima soprano che era partita dalla piccola Catarina con la sua immensa voce, e adesso faceva il giro del mondo con i suoi spettacoli, con il suo nome scritto in grande sui manifesti e collaborava con tutti i migliori cantanti, persino di generi musicali non teatrali! Quando Kumadori aveva letto, anni prima, che sarebbe stato di stanza nell’Arcipelago di Catarina, non poteva credere alle sue fosche pupille! Avrebbe vissuto nella città natale di tale talento! Appena arrivato era corso ad abbonarsi al teatro più grande dell’arcipelago, e si ricordava del primo concerto visto a Catarina, nell’Anfiteatro del Mare sull’Isola dell’Est: la grande Verona Odéion che cantava il suo repertorio con Brook il Canterino, stella emergente della musica pop. Kumadori aveva adorato il mischiarsi della lirica con pezzi contemporanei, e la voce struggente dello scheletro Brook era il perfetto contraltare per la vitaminica voce di Verona.

Era una diva di fama mondiale, acclamata e nota anche per una sua bizzarria: le sfuriate. I rotocalchi la dipingevano come una donna tranquilla e dolce, ma assolutamente da non far arrabbiare! Kumadori sorrideva ogni volta che leggeva quel pettegolezzo: come poteva un’artista così talentuosa lasciarsi andare a simili eccessi? e quanto mai potevano essere apocalittici?

Stava leggendo le battute della protagonista dello spettacolo, una bella principessa esotica fatta prigioniera e innamorata di un generale dell’esercito, e riusciva a immaginare la voce dell'attrice che recitava. 

All'improvviso però, le sue orecchie d'agente percepirono qualcosa nell'aria: sembrava che qualcuno, molto e molto lontano, stesse cantando. Ma era così lontano che Kumadori non sentiva la voce, solo una remotissima vibrazione nell'aria.

Tese le orecchie: ma non sentì più nulla. Sospirò, e si immerse di nuovo nella lettura. Forse era stata la voce di Jabura che faceva un'eco strana sulle rocce, o il verso dei tartagugli che gorgogliavano felici con le loro foglie di lattuga.

Sarà stata la sua immaginazione! Si stava facendo trasportare dalla trama della tragedia e gli schiamazzi degli altri agenti si erano trasformati in altro.

Chiuse il libriccino, ci mise un indice dentro per portare il segno, e si mise a passeggiare sulla battigia sollevando il caftano per non farlo bagnare dalle ondine.

«Niente bagno, tu?» lo sfidò Jabura sollevando il mento.

«YOYOI, MIIIIO SOLLAZZO È GODER DELLA VISTA DELLA NATURA INCONTAMINATAAA!» disse a gran voce Kumadori. 

«E non hai caldo con quel coso addosso?» insistette Jabura.

«UN CAFTANO DI LINO D'ALABASTA È L'INDUMENTO IDEALE PER I CLIIIMIII CALDI COME QUESTOOO!!»

Kumadori considerò se fosse il caso di chiedere a Jabura se avesse sentito qualcosa proveniente dalla boscaglia; ma poi pensò che Jabura era rimasto tutto il tempo a mare, a giocare con il pallone tirando mazzate violentissime a Lucci, che rispondeva con cannonate non meno potenti (e il pallone in effetti non era più tondo, era un povero cadavere di gomma che veniva lanciato a velocità cosmiche). Ormai erano rimasti da soli a passarsi la palla, Blueno si era rifiutato di giocare in quel modo e Lilian, prima di rimetterci la testa, si era semplicemente ritirata e ora dormiva a faccia in giù sul bagnasciuga, lasciandosi spostare dalla risacca a corpo morto. Kaku era un puntino che nuotava, laggiù al largo. Anche se quell’eco fosse stata reale, era improbabile che qualcuno di loro l’avesse sentita.

«Yoooyoooi, Califaaa!» attirò l’attenzione della collega. «Qualche rumore inconsueto giunse alle tue fini orecchie?»

Califa aprì un occhio e sollevò gli occhiali da sole. «Un rumore molesto?» chiese. «No, non ho sentito proprio nulla.»

Kumadori si mise a sedere cogitabondo su un lettino vuoto accanto a quello di Califa. Di nuovo le sue fini orecchie registrarono una vibrazione anomala nell’aria: una melodia malinconica e triste.

«YOOOYOOOOI! ORA INVERO DEVI AVER SENTITO!»

«Non ho sentito niente. Sei sicuro che non sia stato Fukuro a fare qualche versaccio?» disse la donna.

Kumadori, come ipnotizzato, si alzò in piedi e si avvicinò al fondo della spiaggia, dove la sabbia finiva e si innalzava una scogliera coperta di arbusti e vegetazione. Tra gli alberi, alcuni metri più in alto, faceva capolino il vecchio albergo abbandonato, e sulla destra si intuiva una vecchia scalinata che si perdeva nel bosco, tutta invasa dalle piante che si erano riappropriate del loro territorio.

«Viiiiiiissiiiii d’aaaarteeeee… viiiiiissiiiiiii d’amooooore....!»

«YOYOI, C’È QUALCUNO NEL BOSCO!!» declamò Kumadori attirando l’attenzione degli altri agenti.

«Avevi detto che la spiaggia era isolata.» disse Lucci alla pilota.

«Boss, se qualcuno ha l’hobby della passeggiata nei posti sperduti, io cosa posso saperne?» si lamentò Lili sollevando la testa da terra.

«Poche persone non sarebbero comunque un problema. Può capitare di incontrare qualcuno, anche nelle baie sperdute.» ricordò a tutti Fukuro.

«Che succede, Kumadori?» chiese Blueno.

Gli agenti si avvicinarono al loro teatralissimo collega.

«COLSI UNA VOCE D’AIUTO, PROVENIENTE DALLA FORESTA.» spiegò l’uomo dai capelli rosa. «E ACCORRO, YOYOI!» annunciò dirigendosi verso la vecchia stradina che portava all’albergo. 

Lucci scosse la testa. «Non siamo l’Opera Pia. Di che ti immischi?»

Kumadori spiccò un salto, e con potenza liberò un forte Rankyaku che spazzò via le frasche e i rovi, e riaprì la strada che portava all’hotel.

«È già andato.» si lamentò Jabura guardando i morbidi capelli rosa di Kumadori che ondeggiavano come alghe, sempre più lontani. «Gli vado dietro. Quel coglione è capace di perdersi in mezzo al bosco…»

«Non andarci tu, ti si vede qualsiasi cosa con quella mutanda bagnata…!» lo richiamò Rob Lucci. 

Ma niente da fare, anche Jabura aveva messo la terza ed era partito a testa bassa.

Benissimo, se voleva farsi denunciare da qualcuno per molestie, erano affari suoi, pensò Rob Lucci tornando verso il mare e progettando di farsi una bella nuotata al largo come Kaku.

 

 

 

Dietro le quinte...

I'M BACCCCK!!!! Grazie per aver aperto la storia! Grazie per averla letta! Un biscotto/fetta di pandoro/torta se la vorrete recensire ♥

Lo so, avevo annunciato una long... ci sto lavorando, il problema è che quest'estate mi è venuto in mente il famoso "episodio delle terme", solo che poi mi è sfuggita la mano ed è diventata una mini-long in tre capitoli!

Spero vi sia piaciuta! Devo ammettere che privo questi ragazzotti dei loro poteri un po' troppo spesso... Però qui al bando il dramma e il macabro! volevo solo divertirmi e vedere i loro succulenti pettorali ignudi sulla battigia! spero che la visione sia cosa gradita anche a voi lettori!

Chi ci sarà nella foresta, a cantare niente meno che "Vissi D'Arte" tratto dalla Tosca di Giacomo Puccini?

Anche la scena in cui Kumadori legge il libretto teatrale nasconde un easter egg: "la storia di una bella principessa esotica": è l'Aida di Giuseppe Verdi, mentre la canzone che canticchia con Fukuro è "Tutti al mare" di Gabriella Ferri.

 

Spero di avervi incuriositi abbastanza! non perdete l'aggiornamento della prossima settimana!

Yoyoi a tutti!

 

Yellow Canadair

 

 

  
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