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Autore: Gaia Bessie    08/12/2021    1 recensioni
[What if: Severus sopravvive]
Il sogno ormai s’è rotto.
Se guardasse nello Specchio delle Brame, Severus si scoprirebbe sempre uguale – corrucciato, solo, sconsolato: dritto come un fuso e altrettanto pungente, i capelli neri che gli feriscono il viso come lame di carbone cristallizzato.
Seduto sulla sponda dal letto, fa penzolare i piedi come un bambino: uno, due, tre. Stai là.
[Severus/Narcissa | Partecipa alle iniziative "Calendario dell'avvento" (indetto da Cora Line sul forum "Ferisce più la penna") e "Regali di inchiostro" (organizzato sul gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta")].
Per il compleanno di LadyPalma.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Narcissa Malfoy, Severus Piton | Coppie: Severus/Narcissa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Per Martina,
Grazie per avermi permesso di conoscerti.

 
Un, due, tre: stai là
 
[Mappa]
 
Il sogno ormai s’è rotto.
Se guardasse nello Specchio delle Brame, Severus si scoprirebbe sempre uguale – corrucciato, solo, sconsolato: dritto come un fuso e altrettanto pungente, i capelli neri che gli feriscono il viso come lame di carbone cristallizzato.
Seduto sulla sponda dal letto, fa penzolare i piedi come un bambino: uno, due, tre. Stai là.
Era il gioco preferito di Lily, quand’erano bambini – prima che l’adolescenza si arrampicasse sulle loro spalle, rovinando tutto: s’era sorpreso, il giorno in cui aveva scoperto Narcissa e Andromeda Black, infagottate nella propria divisa invernale a giocare nel cortile di Hogwarts.
Uno, due, tre.
«Severus, sei sveglio?».
Stai là.
Narcissa Malfoy s’è liberata del proprio matrimonio come si fa con i vestiti vecchi: quando Lucius è stato, nonostante le suppliche (vane) e le promesse (altrettanto vane) alla corte del Wizengamot, condannato alla reclusione ad Azkaban. Per tutta la vita è un termine sfiancante, per un matrimonio, ha commentato la signora Malfoy quando le hanno chiesto perché desiderava rompere i propri voti coniugali: per tutta la vita significa che io e mio figlio potremmo non ricominciare mai da zero.
Così, bacchetta alla mano, Cissy Malfoy aveva pronunciato quelle parole – io divorzio da te – ed era tornata a essere una Black: se la buonanima di sua madre fosse vissuta abbastanza, probabilmente le avrebbe cavato gli occhi dal ritratto di famiglia con un tizzone ardente.
Severus non aveva presenziato – quand’aveva finalmente riaperto gli occhi, esattamente due mesi dopo la fine dei giochi, gliel’avevano dovuto raccontare.
Della disperazione cieca e insensata con cui Harry Potter era andato a cercarlo, trovandolo non morto ma quasi: lo aveva consegnato alle braccia di Madama Chips chiedendole, in un sussurro, di salvarlo.
Così Severus, che s’era abituato a quella sensazione fluttuante di pre-morte, era stato catapultato controvoglia nel mondo dei vivi e tanti saluti.
«Sì» la voce è roca, s’è disabituato ad usarla. «Sono sveglio».
Narcissa s’è offerta di ospitarlo a Malfoy Manor per tutta la durata della sua degenza, senza voler sentire alcuna obiezione: sei il padrino di Draco, gli hai salvato la vita – te lo dobbiamo, Severus. Forse ha approfittato del fatto che ancora non era in grado di parlare (due mesi di coma e il veleno di Nagini gli avevano danneggiato le corde vocali) e l’ha trascinato dall’infermeria di Hogwarts a casa sua, facendolo levitare fino a farlo levitare nella stanza degli ospiti del Manor.
«Bene» Cissy Black si torce le mani, prima di sedersi anche lei sulla sponda del letto di Severus. «Come ti senti oggi?».
Come se gli fossero andati in frantumi tutti i sogni: se vivi, si dice Severus cercando a tentoni le parole, è perché hai uno scopo – egoista, da parte di Potter, resuscitarmi dal mondo dei morti: io non avevo intenzione di cercare quella mappa che mi riportasse tra i vivi.
Ma, alla fine, le parole non le trova e scrolla le spalle. Narcissa sospira e, si vede che lo fa, conta fino a tre prima di porgli la domanda successiva: Severus non ha compreso immediatamente il senso di quei conteggi, finché non se n’è reso conto – vuole dargli il tempo di non farlo sembrare un interrogatorio.
Uno, due, tre.
Severus si agita, muovendosi leggermente sul materasso, a disagio – stai là.
«Oggi viene Meda a prendere il tè, insieme al piccolo Teddy» cinguetta l’ex signora Malfoy. «Potresti unirti a noi: ci sarà anche Draco, torna oggi dal suo piccolo viaggio in Scozia».
Severus sospira – un sibilo che gli trapassa la gola, lì dove i due fori del morso di Nagini continuano a far fuoriuscire l’aria che inspira, controvoglia: Madama Chips non è riuscita a richiuderli e, gliel’ha detto, dovrai convivere con quel dannato sibilo che ti segue come un serpente sui tuoi piedi. Consideralo il prezzo da pagare (per un’esistenza cui era pronto a rinunciare).
«Non mi pare il caso» la liquida, con un rigido cenno del capo. «Tua sorella non ha molta simpatia per me e, come penso tu abbia intuito, è reciproco».
Narcissa sospira, passandosi mano tra i capelli biondissimi, senza un filo di grigio – è ancora pallidissima, come se la tenzione della guerra non le avesse mai lasciato i nervi: e, anche se suo figlio è a casa con lei, Severus la notte la sente gridare il nome di Draco.
«Fai un tentativo» lo esorta, supplichevole. «Draco si fermerà solamente per un paio di giorni, poi andrà in Francia a trovare le sorelle Greengrass: penso che abbia una cotta per una delle due, ma non ho capito per chi».
Lo dice con tono leggero, ridacchiando – ma, quando menziona suo figlio, una riga di preoccupazione le sfregia il viso affilato come un coccio di vetro: Severus sospira, passandosi una mano sul viso, con aria stanca.
Non le dice che è subdolo, da parte sua, puntare su Draco per cercare di convincerlo – Severus non ha mai avuto particolare simpatia per nessuno dei mocciosi cui ha dovuto insegnare, ma ricorda ancora lo sguardo disperato di Malfoy mentre il Marchio gli ustionava la pelle, tingendogliela di carbone. Voldemort gli ha inciso la propria firma nella pelle, è toccato a lui tenerlo fermo mentre gridava, disperato, a volume azzerato.
Narcissa quella sera lo aveva cercato, per ricordargli la promessa (come se fosse in grado di dimenticare un Voto Infrangibile): aveva i capelli scombinati e annodati, il viso così pallido da apparire di una strana sfumatura verdastra, con le labbra livide come quelle di un’annegata.
Severus la guarda – Narcissa ha imparato che non c’è niente male nell’avere un’acconciatura spettinata e, ultimamente, si prende perfino il lusso di tenere i capelli sciolti sul viso. Qualche volta, sorride anche.
«Gli Elfi hanno preparato biscotti e una torta di mele» lo tenta come farebbe con il figlio di Lupin, con una dolcezza che sa di coccole e ninne nanne. «Sarebbe bello, Severus, averti con noi: siamo tutti sopravvissuti, in qualche modo».
Torna a contare: un, due, tre – Severus torna a far dondolare i piedi nel vuoto: stai là.
«La minore» commenta, annuendo leggermente. «Credo che sia sempre stata la Greengrass minore».
 
***
 
Si presenta anche Harry Potter.
Tenendo in braccio il figlio del Licantropo, con quel ciuffo insostenibile di capelli blu, e con un sorriso sciocco sul volto – la somiglianza con James gli fa venire i brividi, con un’ondata di nausea che gli preme sulla bocca dello stomaco, quando lui sorride e lo precede, come fosse casa sua, nella sala da tè del Manor.
Andromeda Tonks cammina, altera quanto le sue sorelle e più di entrambe messe insieme, la testa alta come se quella casa dovesse pregarla per farsi calpestare dalle sue scarpe e, sottobraccio, il proprio unico nipote, imbarazzato a morte.
Draco Malfoy borbotta un buonasera, professor Piton, prima di dileguarsi in un sussurro – Harry Potter lo segue, divertito: da quand’è che sono diventati amici?
Li sente bisticciare mentre s’allontano, diretti verso il giardino – parlano di Teddy e, Potter, continua a sostenere che i giochi Babbani dovranno insegnarglieli: acchiapparella, il lupo mangia frutta ma, soprattutto. Un, due, tre – stai là.
E Severus sta là, fermo come uno stoccafisso, a scrutare le due sorelle Black sottobraccio: Narcissa è rinata, l’assenza di Lucius l’ha resa diversa, più pacata nel momento in cui si volta e gli fa cenno di sedersi con loro al tavolo del salotto.
«Hai sempre avuto una passione, per i randagi» commenta Andromeda, dura. «Ricordo ancora quando, a quattro anni, hai trovato quel gattino nel nostro giardino: hai pianto così tanto, quando nostra madre ti disse che non potevamo tenerlo!».
«Mi stai confondendo con tuo cugino, signora Tonks» commenta Severus, atono. «Dubito di essere più randagio di lui».
Andromeda digrigna i denti, preparandosi a difendere Sirius, ma Narcissa le fa un cenno con la mano – via, Meda, ti sembra il caso? – e serve il tè in delle graziose tazzine decorate a violette bluastre: invita una persona al giorno e, quando le chiedono perché si sia stabilita in una delle dimore di Malfoy, lei scrolla le spalle e dice che, in fin dai conti, aver perso Lucius tra le mura di Azkaban la rende una quasi vedova. Ha trovato il gusto dell’ironia, Narcissa, ha riscoperto una joie de vivre che non aveva mai avuto nei suoi ultimi vent’anni di matrimonio – e non è forse che buona parte dei matrimoni siano infine la tomba della felicità?
«Sai Meda» continua Narcissa, passando un piattino con dei biscotti alla sorella. «Penso che Potter avrebbe piacere di parlare un po’ con Severus, non credi anche tu?».
«Penso che cerchi le pagliuzze per ignorare la trave che hai nell’occhio, Cissy» risponde bonariamente Andromeda. «Draco e Harry sono dei ragazzi, nonostante tutto: cosa pensi che dovrebbero dire a lui?».
Severus tossicchia – non osa darle ragione, quando incontra lo sguardo scontento della signora Malfoy e, allora, Narcissa sorride dolcemente.
«Se Harry Potter è vivo è grazie a lui» precisa, con forza. «E questo lo sai anche tu».
«Se Harry Potter è vivo è grazie a te. Anche se sembri averlo dimenticato, a volte».
Severus sospira, nasconde il naso adunco nella tazza di tè rovente e, quando finalmente trova una parola da rivolgere ad Andromeda Tonks, il Prescelto tossicchia da un angolo della sala, con Draco Malfoy immobile sulla sua scia.
Un, due, tre – stai là.
«Professore, le andrebbe di fare una passeggiata» domanda, educatamente. «La signora Malfoy mi ha detto che è importante, per lei, tenersi in forma».
Lui si alza con tutta la dignità di cui è capace – non lo rimprovera per essere stato saccente, non gli dice di non trattarlo come fosse Lupin o quel cane randagio di Sirius Black: semplicemente lo segue in un turbinio di stoffa nera, i suoi passi che franano contro il silenzio e il borbottio imbarazzato di Draco Malfoy, mentre si siede tra sua madre e sua zia.
Harry Potter cammina lentamente, come se avesse realmente paura di farlo affatica e, allora, Severus comprende che Madama Chips deve averlo detto anche a lui, che il tempo che ha da vivere non è illimitato. Che il veleno di Nagini gli circola in corpo a ogni respiro e, prima o poi, gli brucerà vene e arterie come carta umida di benzina.
«Volevo ringraziarla» borbotta Harry, a disagio. «Per avermi affidato i suoi ricordi».
«Credevo che sarei morto, Potter» risponde Severus, atono. «Ma, a quanto pare, sono costretto a tollerare la tua presenza anche nella mia seconda vita».
Il figlio di Lily Evans sorride – e, allora, lui deve dolorosamente ricordarsi che quel sorriso appartiene a James Potter  e niente (niente) deve mai cancellarglielo dalla mente.
«Vorrei dirle che mi dispiace» commenta il ragazzo, ironico. «In realtà, sono venuto qui per darle una cosa».
Si fruga tra le tasche, con aria pensierosa, prima di rinvenire un foglio di pergamena accartocciato.
«L’ho fatto incantare da Hermione» spiega. «Può scriverci sopra quello che vuole e il foglio la metterà in contatto con me o con Draco Malfoy».
«Morboso, Potter» commenta Severus, atono. «A cosa dovrebbe servirmi una mappa che mi porti da te o da Malfoy?».
«Pensavo che le avrebbe fatto piacere, parlare con qualcuno che non fosse la signora Malfoy. Sa, penso che…».
Abbiamo ancora qualcosa da dirci – ma Piton scuote il capo, i capelli scuri che gli conferiscono un’aria ombrosa e inquietante, in un sussurro.
«Rassegnati al fatto che, prima o poi, tutti dobbiamo morire» commenta, atono. «Non puoi tirare via le persone dall’aldilà, Potter».
Il ragazzo che è sopravvissuto china il capo, con aria rassegnata – magari potessi, vorrebbe dirgli.
Severus sospira, nasconde il foglio di pergamena nella tasca del mantello con tiepida accettazione dei fatti e, quando nota un sorriso furbo sul viso di Harry Potter, non riesce a trattenere una smorfia (irritata, scontenta).
«Non disturbi troppo Malfoy» commenta il ragazzo, divertito. «Sta per partire in Francia e…».
«Narcissa mi ha detto» risponde Piton, secco. «Qual è quindi, delle due Greengrass?».
Harry pare pensarci per una manciata di secondi, accarezzando le possibilità come farebbe con il capo rosso di Ginny Weasley.
«Credo sia Astoria, sa?» ammette, infine. «La minore».
Severus annuisce, lasciando cadere la conversazione.
 
***
 
Severus non scrive mai né a Harry Potter né a Draco Malfoy – quest’ultimo, durante la propria permanenza in Francia, s’azzarda a mandargli una cartolina che lo ritrae al braccio di una delle sorelle Greengrass (non le sa distinguere: sono così dannatamente uguali da sembrare gemelle, ma gli sembra comunque che sia la minore) sullo sfondo del mare in tempesta.
Da Harry Potter silenzio stampa.
Lo ha compreso subito, che è astuto come Salazar Serpeverde e, la prospettiva della morte, l’ha reso meno avventato – il Prescelto attende pazientemente che sia lui, a scrivergli qualcosa.
Casa Malfoy è un porto di mare: una volta a settimana, Andromeda Tonks varca la soglia con un vassoio di pasticcini e si fa servire il tè della sorella minore. Ma ogni tanto, arrivano ospiti inattesi: Minerva McGrannitt (che non lo dice, ma è venuta per lui), Silena Greengrass e le sue due figlie (quale sarà Astoria?), i coniugi Parkinson, la signora Zabini.
Narcissa riceve tutti quanti con un sorriso e una tazza di tè – ma, quando finalmente la lasciano stare, dice la verità: avvoltoi tutti loro, o quasi. I Parkinson e la signora Greengrass devono aver saputo che Draco s’è finalmente innamorato e, ansiosi di organizzare un matrimonio con una delle loro figlie, come avvoltoi aspettano, insieme a quell’inguaribile pettegola della signora Zabini, che il giovane Malfoy comunichi al mondo i propri sentimenti.
«Come se non fosse evidente» commenta Narcissa, una sera, sbocconcellando la propria cena. «Draco è cotto di una delle due Greengrass e, per quanto detesti l’idea di imparentarmi con Silena, se mio figlio è felice lo sono anche io».
Non le parole che Lucius avrebbe detto, commenta Severus silenziosamente, non quel che Lucius avrebbe pensato.
«So a cosa pensi» sussurra Cissy, sistemandosi con le dita una ciocca di capelli biondi, dietro l’orecchio. «Lucius avrebbe insistito per scegliere lui, la futura signora Malfoy».
D’altronde, aggiunge, Abraxas aveva scelto me – i signori Black avevano offerto ai Malfoy tutta la loro progenie: Abraxas Malfoy aveva esaminato le mani e la dentatura di tutte quante, le aveva interrogate sui loro sogni (che cosa stupida, aveva tuonato ad Andromeda, avere dei sogni) e le loro ambizioni. Aveva scelto lei: mani delicate, abbastanza per una signora che mai avrebbe dovuto muoverle se non per indossare anelli, bei denti, nessun tipo di ambizione.
Aveva scelto lei – Bellatrix ne era stata lieta (ma solo per un po’), Andromeda sarebbe scappata di casa sei giorni prima del matrimonio, mentre sua madre cercava di combinare una doppia unione con i fratelli Lestrange.
«Ma, fortunatamente, Lucius non può darmi la sua opinione, ora come ora» commenta Narcissa, quietamente. «Draco sposerà chi gli pare. Ha già perso troppo della sua adolescenza, per fargli perdere anche l’amore».
Severus non risponde – mescola la propria insalata nel piatto e, quando scarta un pezzo di pollo, spingendolo con il coltello sul bordo del piatto, Narcissa è ancora persa nelle proprie riflessioni.
«Ci pensi mai, che avresti potuto essere diverso?» domanda la signora Malfoy, sezionando un pomodorino. «Che avresti potuto avere quel che desideravi e, invece, ti sei trovato con niente in mano?».
Lui s’adombra: nei lidi oscuri della sua mente, un raggio di luna illumina un campo erboso, un parco giochi con lo schema sbiadito per giocare a campana.
Una macchia di capelli rosso sangue che conta ad alta voce: un, due, tre – stai là.
«E tu?».
Narcissa sospira, quieta, posa le posate sul piatto con un tintinnio: ho avuto un matrimonio felice, pigola. Ma non abbastanza.
Severus socchiude gli occhi, la rivede pallida e disperata a supplicarlo di proteggere quel figlio tanto voluto, tanto amato, là dove Lucius non era stato in grado di farlo – Narcissa Malfoy gli ha strappato un Voto Infrangibile dalla bocca ma, quando lo guarda e ha gli occhi lucidi di determinazione, lui deve domandarsi quale sia il prezzo che Narcissa abbia dovuto pagare per sé.
«Penso che, a differenza di Andromeda, ho puntato su una vittoria sicura» commenta la signora Malfoy, sibillina. «E, nonostante ciò, ho perso tutto. Forse, noi Black non siamo fortunati come crediamo, al gioco d’azzardo».
Pensa alle sue sorelle, Narcissa, pensa a Sirius, a Regulus – pensa a sé stessa il giorno in cui è corsa da lui per prendergli la mano e obbligarlo al Voto: la mano di Severus non ha tremato, le sue erano gelide come quelle di un’annegata.
«Abbiamo perso tutto» si corregge, lei, con aria pensierosa. «Chissà se abbiamo mai avuto niente: ci pensi mai, che avresti potuto avere un’altra vita, se solamente avessi avuto il coraggio di prendertela?».
Severus china il capo – ormai lo sa: che ha voluto solamente ciò che gli era precluso in ogni brandello di possibile esistenza e, tutto il resto di ciò che avrebbe potuto avere, non l’ha considerato mai.
A Narcissa non lo dice che, nonostante tutto, nelle seconde occasioni non ci sa credere: che ormai il suo scopo (salvare il figlio di Lily) s’è compito e che, il fatto che Harry Potter lo abbia resuscitato dal mondo dei morti, non ha senso e non ha risoluzione.
Il sogno ormai s’è rotto – e, per quanto Severus possa ancora desiderare una mappa che lo riporti indietro nel tempo, ormai il suo compito è stato assolto: glielo scrive Harry Potter, quella sera, quando si rende conto che lui non gli scriverà mai di propria iniziativa.
Può permettersi di ricominciare, lo sa questo?
La guerra è finita – anche per lei.
Severus sospira sulla pergamena inchiostrata ma, dentro di sé, non riesce a trovare una risposta valida da fornire al Prescelto.
 
***
 
Narcissa si fa inquieta, quando scopre che Severus non ha mai disfatto i propri bagagli – che tiene il baule con i vestiti piegati alla rinfusa e, quando la Preside McGranitt viene a trovarlo, lui le domanda se potrà mai tornare a insegnare. Non che sia propriamente la passione della sua vita, commenta Severus senza espressione, ma che altro potrebbe fare?
(Lui, che una vita non l’avrà più).
Narcissa glielo dice – sottovoce, quando la Preside s’avvia verso il caminetto a grandi passi, dopo avergli detto che Madama Chips gli ha sconsigliato vivamente di tornare a lavorare.
Potresti restare.
Severus non la sente – o finge che sia così.
 
***
 
Glielo scrive Harry Potter – potrebbe restare.
Glielo scrive Draco Malfoy – potrebbe restare.
Severus scuote il capo, ma non risponde a nessuno dei due.
 
***
 
Finché Narcissa, che di Grifondoro non ha mai avuto niente, nemmeno l’amore per l’oro, non prende la situazione tra le mani e la trattiene come acqua che scola: io non ce la faccio più a lasciare perdere, Severus, davvero non ce la faccio più.
«Vorrei che restassi qui» glielo dice con casualità, come se lo stesse informando del meteo. «Madama Chips dice che non è il caso che tu torni a vivere da solo, con quelle ferite e io… mi fa piacere averti qui, Severus, davvero».
«Non ho bisogno della tua carità, Narcissa» risponde lui, atono. «Hai già un figlio e un nipote cui badare, non credi?».
Ma lei non si arrende – continua a domandarglielo, giorno dopo giorno, finché Severus non sbuffa e si risolve a guardarla negli occhi, facendola tremare.
«Resta» ripete, calma. «La guerra è finita per davvero, Severus: anche per te».
La vede – ha ricominciato con i propri conteggi: uno, due, tre.
Severus annuisce, facendole spalancare gli occhi, ma le parole (va bene) gli si incagliano in gola – stai là.
Quel giorno, pensa, se guardasse nello Specchio delle Brame, vedrebbe due bambine che giocano in cortile.
E, all’unisono, contano fino a tre – una ha la testa bionda come un campo di grano, l’altra rossa come un papavero.
Un, due, tre – stai là.

 

Buongiorno e buon metà settimana!
Proseguo con la mia carrellata di regali (presto arriveranno cose che vi faranno capire quanto io stia saltellando fuori da tutto ciò che mi è noto lol) con il regalo per LadyPalma, a cui rinnovo i miei auguri di buon compleanno.
A voi, grazie per avermi letta.
Gaia
   
 
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