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Autore: ChrisAndreini    08/12/2021    0 recensioni
Misaki pensava che quello sarebbe stato l'inizio del più bel capitolo della sua vita, invece si trova catapultata in un incubo dal quale non vede via d'uscita.
Un hotel a 5 stelle isolato dal mondo, 16 studenti di enorme talento, un orso pazzo telecomandato da non si sa chi, tantissime regole che possono farti ammazzare e una sola che è davvero importante: Se vuoi uscire devi uccidere. E attento a non farti beccare.
Tra eventi con gli amici, freetime, omicidi, class-trial e moventi sempre più pericolosi, Misaki dovrà fare del suo meglio per restare in vita e proteggere le persone più care.
Ma attenzione, le apparenze raramente si rivelano realtà.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Monobear, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Chapter 3: Tied up with a friendship bracelet

Hotel Life


Dopo pranzo, arrivò finalmente il momento di visitare la stanza dei bimbi.

Dopo tanta attesa, Misaki non sapeva se essere piena di aspettativa o molto preoccupata da ciò che Nowell le voleva mostrare. Senza contare che non entrava lì dal giorno precedente, quando aveva trovato Kismet… solo il ricordo le faceva accapponare la pelle.

Quando entrò nella stanza, Nowell era già lì, e sembrò sorpreso nel vedere che l’avesse raggiunto.

-Sono tanto in ritardo?- chiese Misaki, entrando lentamente nella stanza. Ogni segno che Kismet fosse morta lì era sparito, ma si respirava comunque una brutta energia.

-Dopo stamattina dubitavo che saresti venuta- rispose Nowell, facendole cenno di raggiungerlo davanti alla casa delle bambole.

-Volevo raggiungerti appena sveglia, ma le urla di Winona mi hanno distratta- Misaki provò a giustificarsi, un po’ a disagio.

Cercò però di concentrarsi sul lavoro che c’era da fare, e non sul fatto che in quel momento era sola con Nowell, aka suo ex ragazzo, aka persona per cui aveva sentimenti contrastanti al momento che non sembravano affatto platonici.

Non era il momento!

Doveva pensare a sopravvivere!

-A proposito, congratulazioni per esserti eletta a paladina della speranza, a pranzo. C’era bisogno di qualcuno che aprisse gli occhi sulla situazione- Nowell le sorrise, e Misaki arrossì suo malgrado.

-Beh… faccio del mio meglio. Anche se non tutti sono a bordo del treno della speranza- Misaki si intristì pensando a Naomi. Non riusciva proprio a capire perché restasse così fredda e scettica su tutti, ma la sua corazza restava impenetrabile. Persino ad una come lei, il cui talento serviva proprio a recidere tali maschere. 

A volte si chiedeva se Naomi non fosse effettivamente antipatica e basta, senza seconde letture, ma dubitava fosse così. Ogni essere umano, anche Naomi, è pieno di sfaccettature.

-Naomi continua ad adottare la sua strategia per sopravvivere. Non è la tua, e forse non è quella giusta, ma è spaventata, devi capirla- Nowell scosse la testa, leggendole nel pensiero.

-Ci sto provando, ma è difficile quando lei è la prima a non volersi far capire- provò a giustificarsi Misaki. La prima regola dell’amicizia era che non si poteva forzare. Se uno dei due membri coinvolti rifiutava di aprirsi, non c’era molto che si potesse fare.

-Non sei costretta a stringere amicizia con tutti, amicona. Naomi se la caverà anche senza di te. Ha Brett, dopotutto. E se vuoi posso tenerla d’occhio io. Credo ci stia provando un po’ con me, questi giorni- ammise Nowell, non guardando Misaki negli occhi.

La ragazza perse un battito, ricordando come Naomi si fosse avvinghiata al braccio di Nowell, quella mattina, mentre esploravano.

-Fai quello che vuoi, non sono nessuno per dirti di tenere d’occhio qualcuno, o di provarci, o qualsiasi altra cosa!- si affrettò a rispondere, alzando le mani, e in tono più acuto di quanto avrebbe voluto.

Ma non doveva pensare a relazioni romantiche.

Sveglia, Misaki, sei in un gioco mortale! Non in una commedia romantica! 

-Allora, cosa volevi mostrarmi?- cambiò bruscamente argomento prima che Nowell potesse rispondere, guardandosi intorno come a cercare una prova palese che li aiutasse ad andarsene da lì.

Dopo averla osservata con sguardo un po’ deluso per qualche secondo, Nowell si inginocchiò davanti alla casa delle bambole, e sollevò il tetto, mostrando l’hotel in miniatura con le loro bambole.

Misaki si avvicinò, osservando il mini hotel, confusa su come potesse celare un indizio.

Non era stato toccato dall’esplorazione fatta il giorno in cui il piano era stato aperto, quindi tutte le statuine erano ai loro posti, anche quelle di Janine e Ogden, martoriate.

Misaki cercò di non concentrarsi su esse, e guardò le altre stanze, chiedendosi cosa potessero significare, e cosa poteva aver visto Nowell che richiedesse un’indagine più approfondita.

Poi notò Kismet, in sala bimbi.

…era… era una coincidenza, vero?

-L’hai notato anche tu, non è così?- chiese Nowell, indicando proprio quella bambola.

Misaki cercò immediatamente quella di Alan, che si rivelò essere in cucina.

La cucina… il luogo che aveva raggiunto e lasciato durante tutto l’omicidio.

-Nowell… non capisco cosa stai suggerendo- Misaki sentiva la sua mente che cercava in tutti i modi di arrivare alla soluzione, ma qualcosa la frenava dal raggiungerla.

Paura, probabilmente. Paura che la possibile risposta a quella coincidenza si rivelasse vera.

Nowell però aveva già messo insieme i pezzi.

-Premettendo che questa è solo una teoria che sarebbe meglio prendere con le pinze… non può essere una coincidenza che il luogo della morte di Kismet sia lo stesso segnato nella casa dei bimbi. E questo mi fa anche pensare che… beh… possiamo avere la certezza che Monokuma abbia sistemato Janine e Ogden solo dopo l’omicidio?- iniziò ad illustrare la sua teoria.

Misaki aveva già capito dove volesse andare a parare, ma scosse la testa.

-No, no, sicuramente li ha posizionati dopo il primo omicidio per spaventarci. E con Kismet… può essere davvero una coincidenza. Dopotutto è qui che ha trovato il suo cavallo giocattolo, magari si riferisce a questo- provò a supporre Misaki.

Nowell sollevò le mani.

-Forse- le concesse il beneficio del dubbio -Ma se non fosse una coincidenza, si spiegherebbe il perché delle polaroid. La mia teoria che le polaroid incoraggiassero omicidi creando la situazione ideale per piccoli gruppetti è scemata quando abbiamo appurato che noi due non abbiamo le polaroid connesse, e questo mi porta maggiormente a pensare che il mastermind abbia progettato fin dall’inizio di arrivare ad una situazione dove qualcuno avrebbe voluto vendicare Godwin uccidendo Kismet. Sia River che Alan sono in cucina, i due che avrebbero potuto agire. E Kismet è in sala da bimbi- spiegò meglio.

-Quindi tu pensi che il mastermind abbia progettato accuratamente questo omicidio?- chiese Misaki, continuando a scuotere la testa, e preoccupata di come quella conversazione sarebbe potuta andare avanti.

-Non solo questo… anche il precedente. So di non avere prove, ma la polaroid che ho ricevuto di Janine prova il suo coinvolgimento con Ogden, e…- Nowell tirò fuori un’altra polaroid, e la mostrò a Misaki, che rimase estremamente sorpresa.

-Aspetta, cosa?!- esclamò, prendendogliela dalle mani.

C’era l’immagine, in soggettiva, di Janine con una mano sulla spalla di Ogden, che piangeva davanti ad una lapide. Dietro la scritta leggeva “Consoli Ogden dopo un lutto”.

Il momento era diverso, ma la frase era praticamente la stessa di… di… di cosa?

A Misaki sfuggiva un pezzo del puzzle, come se le fosse stato estirpato dalla mente contro il suo volere.

Ma una cosa era chiara, la polaroid rispondeva al dubbio che Ogden aveva, e se non fosse stato il primo assassino, Ogden avrebbe avuto una risposta al suo dubbio, e non avrebbe avuto motivo di uccidere.

-Non trovi sia un’altra interessante coincidenza che questi due siano stati appaiati? Credo che Monokuma avesse progettato fin dall’inizio che Ogden avrebbe ucciso Janine- Nowell continuò a spiegare la sua teoria.

-E come? Per prevedere una cosa del genere avrebbe dovuto conoscerli alla…- Misaki si tappò la bocca, e impallidì.

-Esatto! Conoscerli alla perfezione. Monokuma ci ha detto che abbiamo perso tre anni dei nostri ricordi, ed è abbastanza tempo per conoscerci bene, non pensi? Siamo tutti compagni di classe, e se c’è stata anche l’apocalisse nel frattempo potremmo esserci alleati ed esserci conosciuti ancora meglio. Uno di noi potrebbe essere il mastermind dietro Monokuma- quando quell’accusa lasciò la bocca di Nowell, Misaki si rese conto che quello era ciò che più temeva, la teoria alla quale il suo cervello era arrivata quasi subito ma che aveva cercato in tutti i modi di seppellire in profondità.

Uno di loro poteva essere il mastermind.

Uno di loro poteva conoscere gli altri così bene da averli manipolati per entrambi gli omicidi commessi finora.

E aveva messo in esposizione le sue predizioni in bella vista, talmente convinto dal non essere beccato da non preoccuparsi dell’eventualità che qualcuno avrebbe potuto notare il suo operato.

Ma Misaki non voleva crederci. Non voleva credere che uno di loro fosse il responsabile di quel gioco malato.

-…non necessariamente uno di noi, ma qualcuno di molto vicino a tutti noi, anche se non possiamo escludere alcuna pista, e…- Nowell, resosi conto dello stato di agitazione in cui aveva portato la ragazza, provò a fare un passo indietro, ma Misaki lo interruppe prima che potesse dire altro.

-Nowell, come puoi dubitare dei tuoi amici! Siamo tutti sulla stessa barca. E chi mai potrebbe essere così abile da manipolarci in questo modo?- provò a farlo ragionare. Nessuno era così bravo. Certo, erano dei talenti grandiosi, ma non ce n’era nessuno che comprendesse manipolazione o conoscenza degli altri così estesa.

-Lo so che è una teoria rischiosa e senza basi concrete, ma non sapendo cosa sia successo negli scorsi tre anni non possiamo conoscere l’entità delle abilità dei nostri compagni. Molti di loro hanno la capacità di architettare una cosa del genere. Sia Godwin che Chap hanno i soldi. Pierce ha conoscenze chimiche elevate e potrebbe essere il responsabile della nostra perdita di memoria. Winona è una giornalista, sono certo che fosse quella che più di tutti conosceva gli altri. Sophie e Leland sono molto poliedrici. River è un mistero e ha tantissimi segreti…- Nowell iniziò ad elencare i nomi degli studenti e i loro punti di forza.

Misaki lo interruppe subito.

-…e come potrebbe qualcuno di noi operare Monokuma a distanza?! Compare spesso quando siamo tutti insieme!- provò a farlo ragionare, a bassa voce, come se cercasse di non farsi sentire da Monokuma. Sapeva che comunque l’orso stava sicuramente ascoltando tutto quanto dalle telecamere.

-Un androide, magari- suggerì Nowell -Un androide istruito apposta per comportarsi in un certo modo, e reagire a determinati stimoli e parole- 

-E chi l’avrebbe creato? Brett con le sue doti da idraulico?- Misaki cercò di fargli capire che la sua teoria era pura follia.

-Perché no?! Naomi è insopportabile, ma su una cosa ha ragione: non possiamo fidarci ciecamente l’uno dell’altro. Siamo comunque degli sconosciuti che si sono ritrovati in una situazione difficile. È naturale stare attenti per sopravvivere- Nowell sembrava stranamente convinto della propria teoria, sebbene l’indizio ad averlo portato lì fosse davvero minuscolo. 

-Certo… Naomi è avanti a tutti, vero? Ecco perché la difendi a spada così tratta. Hai le stesse sue idee!- lo accusò, sentendosi tradita.

-Sto cercando soltanto di tenere aperta ogni possibilità. Voglio fidarmi dei nostri compagni, ma non possiamo dimenticare che non li conosciamo per davvero. È normale stare attenti- Nowell provò a difendersi, in tono conciliante.

Misaki pensò al discorso che avevano fatto poco prima, su di lei come paladina della speranza.

Misaki aveva fatto quel discorso con l’unico scopo di favorire l’unione, l’amicizia, e la collaborazione. Ma vista la teoria di Nowell, per lui era solo una strategia: tieniti stretti gli amici e ancora più stretti quelli di cui non ti fidi, per coglierli con le mani nel sacco appena si lasciano sfuggire qualcosa di compromettente.

-Avresti dovuto condividere con Naomi questa interessante informazione- borbottò, quasi tra sé.

Nowell sospirò.

-Perché avrei dovuto condividerla con Naomi?! Sei tu la persona di cui mi fido di più qui dentro- provò ad obiettare, sicuro. Le prese delicatamente le braccia e la portò vicino a lui, cercando il suo sguardo.

Fiducia… suonava vuota come parola, quando usciva dalle sue labbra. Perché Nowell si fidava di lei? 

Misaki alzò lo sguardo su di lui, fissandolo dritto negli occhi.

-Sai… una migliore amica di tutti potrebbe avere il talento e le conoscenze per organizzare un gioco del genere, non trovi?- gli fece notare, impassibile.

Nowell sobbalzò, sorpreso.

-Che stai dicendo?- chiese, lasciandola andare e guardandola come se fosse pazza.

-Sto seguendo la tua teoria, Nowell. Perché hai deciso di condividerla con me, eh? Logicamente non dovresti poterti fidare, giusto?- lo provocò, aspettandosi una reazione allarmata, spaventata, si aspettò che si ritirasse.

Ma Nowell si limitò a scuotere la testa.

-Te l’ho detto, sei la persona di cui mi fido di più qui dentro. So che non potresti mai essere la mastermind dietro tutto questo- affermò con la massima sicurezza.

-Perché?! Secondo la tua teoria non sono forse una candidata perfetta per conquistare la fiducia di tutti e poi tradirli?!- Misaki non sapeva da dove le venisse quella disperazione, ma quell’atmosfera di dubbio iniziava davvero ad essere troppo anche per lei.

-Misaki, tu non potresti mai essere la mastermind. Io e Leland non concordiamo su nulla, ma su una cosa gli do ragione. Tu sei autentica. E mi dispiace se la mia teoria ti ha sconvolto a tal punto, ma non posso fare finta di nulla quando quattro persone sono morte. Non voglio continuare a giocare al gioco di Monokuma, e prima lo troviamo, prima riusciremo ad uscire da qui!- Nowell mostrò tutta la propria determinazione. Misaki sapeva che il suo unico intento era di salvarli, e di proteggerla. Ex fidanzati o no, lei e Nowell erano legati, ed era dall’inizio di quella storia che affrontavano i problemi insieme.

Ma Misaki non poteva dubitare dei suoi amici, andava contro la sua natura.

Scosse la testa, e si allontanò dal ladro.

-Non posso affiancarti in questa ricerca, mi dispiace. Ti prego, chiedi a qualcun altro- Misaki iniziò ad allontanarsi, combattuta.

-Senti, Misaki… non sto dicendo di non fidarci di nessuno. Condivido seriamente il tuo pensiero sul collaborare per uscire, non solo per una qualche strategia che pensi mi sia fatto nella mente. Non è detto che la persona che si cela dietro Monokuma sia uno di noi. Potrebbe essere un vecchio compagno di classe, o un professore, o davvero il preside o qualcun altro. Ma… dico solo di non escludere la possibilità, tutto qui- Nowell fece qualche passo verso di lei cercando di recuperare la situazione.

-Nowell, io non… non sono tipa che dubita, okay?- Misaki insistette nel non volere niente a che fare con la teoria di Nowell, e fece al contrario un passo indietro.

Soprattutto perché l’indizio che l’aveva portato a quella teoria era fin troppo debole, troppo campato in aria. Sembrava quasi una forzatura per mandare avanti la trama.

-Non ti chiedo di dubitare, solo di stare attenta- arrendendosi al fatto che la sua ex ragazza non fosse sulla sua stessa lunghezza d’onda, Nowell alzò le mani in segno di resa, e fece un passo indietro a sua volta, per lasciarle metaforicamente i suoi spazi.

-Starò attenta- promise Misaki, dandogli le spalle e dirigendosi verso l’uscita della sala bimbi. Luogo nel quale non voleva tornare tanto presto.

-E se possibile…- Nowell la interruppe proprio mentre faceva il primo passo fuori -…tieniti lontana dal salottino privato delle ragazze- concluse, osservando dove la sua bambola si trovasse, nella casa delle bambole.

Misaki neanche rispose, e andò via, con tanti pensieri in testa, e la voglia matta di parlare con qualcuno per concentrarsi su problemi altrui e non pensare ai propri.

 

Freetime 

 

Mentre passava per il corridoio, pensò di entrare in infermeria a vedere se Godwin fosse da quelle parti. Magari aveva già scoperto qualcosa sulla sua salute, e Misaki era già pronta a consolarlo nel caso si fosse trattato di cattive notizie.

Ma quando entrò in infermeria, all’interno vi trovò solo Pierce, intento ad armeggiare con l’analizzatore chimico.

Avrebbe dovuto aspettarselo, Pierce praticamente viveva lì.

-Misaki Ikeda. Se cerchi Godwin Dixon, non è qui- l’accolse il dentista, con un sorriso sornione.

-Stai analizzando il suo sangue?- chiese la ragazza, avvicinandosi e osservando il lavoro che stava compiendo, affascinata. Lei non ci capiva molto di scienza.

-Yup. Ci vorrà ancora un po’, ma domani dovrei avere i risultati. La situazione è piuttosto complessa- rispose lui, in tono tranquillo, come se non fosse affatto complessa, la situazione. 

Misaki si era sempre considerata piuttosto brava a capire le persone, ma Pierce le sfuggiva, con il suo comportamento. Sembrava perfettamente consapevole della situazione e allo stesso tempo completamente alienato dalla realtà. Era disorientante.

-Posso aiutarti in qualche modo?- si propose, mettendosi a disposizione.

-Sembri turbata, Misaki Ikeda. È successo qualcosa?- Pierce le lanciò un’occhiata penetrante. Misaki fece del suo meglio per sorridere rilassata.

-No, sono solo un po’ annoiata- mentì, facendo finta di nulla -Se la mia presenza ti da fastidio posso sempre andare via- alzò le mani in segno di resa e fece qualche passo indietro.

-Assolutamente no, la tua presenza è sempre piacevole, e lo è ancora di più da quando sei riuscita a far ragionare Winona e gli altri. Francamente non capisco il perché di tutta questa aggressività nei confronti di River- Pierce le fece cenno di avvicinarsi, continuando nel frattempo ad armeggiare con i prodotti chimici.

-Tu non sembri molto turbato da quello che ha fatto- osservò Misaki, sorpresa dalla sua calma riguardo quella situazione.

Dopotutto anche lei era piuttosto combattuta circa il gesto del medium, nonostante quello che aveva detto a pranzo. 

-Meh, non è facile turbarmi, e non giudico la moralità altrui, dato che mi è spesso stato detto che io in primis ne sono sprovvisto. Comunque credo molto nel potere del karma, e nella giustizia dell’universo. Se River ha fatto qualcosa di sbagliato, l’universo equilibrerà l’azione. Forse a questo punto dovrei preoccuparmi per lui più che altro- rifletté, pensieroso -Ma nah, se gli dovesse succedere qualcosa significa che se lo merita, giusto?- ritornò ad osservare Misaki, che era rimasta senza parole.

Non aveva idea di come rispondergli.

-Non ho mai riflettuto molto sulla cosa, ma è un punto di vista davvero interessante- iniziò a ponderare, lasciando la sua mente aperta.

Pierce le sorrise, soddisfatto.

-Sai… sei la prima a non fare l’espressione con me- osservò, rigirando tra le mani guantate una provetta.

-L’espressione?- ripeté Misaki, confusa.

-È un’espressione che fanno sempre le persone quando inizio a parlare. Mi guardano come se fossi completamente pazzo. Anche tu mi vedi un po’ matto, ma non hai mai fatto l’espressione. Sei strana, Misaki Ikeda- lasciò perdere la provetta per tornare a guardare Misaki, con curiosità.

La ragazza abbozzò un sorriso.

-Uno strano positivo, spero- osò sperare, positiva.

-Lo spero anche io. Se fosse uno strano negativo ci resterei male, dato che mi sei molto simpatica, Misaki Ikeda- anche Pierce sorrise, piuttosto sinceramente, tornando poi alle sue analisi.

-Posso aiutarti in qualcosa?- Misaki cambiò argomento e si mise a disposizione.

-Sì. Mi passi gli ingredienti mano a mano che te li chiedo? Voglio sperimentare alcune reazioni chimiche- le chiese, e Misaki eseguì gli ordini, distraendosi abbastanza dal turbamento provato con Nowell poco prima.

Era felice di stringere rapporti sempre più stretti con i suoi compagni di avventura.

Non voleva assolutamente arrivare a dubitare di loro.

 

Fine Freetime

 

Misaki non riusciva a distinguere ciò che vedeva davanti a lei. Era come cercare di osservare una scena da dietro un vetro appannato, e con gli occhi velati di lacrime.

Provò a strofinarsi gli occhi, ma il suo corpo non sembrava rispondere ai suoi comandi. 

Un corpo, in realtà, non sembrava neanche averlo.

-Devi andare avanti. Adesso dobbiamo solo pensare a sopravvivere- sentì una voce da qualche parte dietro di lei, o davanti, o di lato… sembrava ovunque e da nessuna parte.

Ci furono alcuni secondi di silenzio ovattato.

-So quanto fosse importante per te, ma…- la voce si fece appena più chiara, vicina a lei, e si interruppe poi di scatto, come se fosse stata interrotta. Ma Misaki non stava parlando. Nessuno stava parlando, oltre a quella voce, femminile… conosciuta.

Irriconoscibile, in quel momento.

-So come ti senti, non sei l’unica persona che soffre per questa situazione! E non sto dicendo di dimenticare e basta, ma non possiamo aggrapparci al passato e cercare vendetta. Dobbiamo…- la voce sembrava star litigando con qualcuno, ma chi?

Misaki provò a mettere a fuoco, cercò di liberare la testa, di respirare nonostante l’assenza di corpo, ma era tutto inutile. Era completamente alienata da lì, come un’infiltrata in una situazione intima nella quale non apparteneva affatto, e della quale riusciva a recepire solo alcuni minuscoli dettagli. Sembrava osservare la scena nascosta in un angolo, spiarla dal buco di una serratura.

-Calmati…- lungo silenzio.

-Stai delirando, rientriamo dentro e parliamone con più calma, prima che i droni…- altro silenzio, più breve.

-…so che dici così solo perché hai il cuore spezzato, non sei così crudele, anche se fingi di esserlo- di nuovo silenzio, intermezzato da un suono ovattato ma impossibile da decifrare.

-Smetti di fare i capricci, adesso! Mi sono davvero stancata! Entra immediatamente in casa e smetti di comportarti così! Siamo in un’apocalisse! Non abbiamo tempo per rimuginare, arrabbiarci e farci prendere dalla disperazione!- Misaki sentì distintamente un colpo alla testa, poi tutto si fece nero come la notte, e silenzioso come una tomba.

Lentamente, Misaki sembrò riuscire a mettere a fuoco i dintorni, schiarendone i contorni, e si ritrovò in una sala piena di specchi, che la riflettevano in ogni direzione.

Vide centinaia di copie di sé che le restituivano lo sguardo, alcune imitandola alla perfezione, altre in posizioni ed espressioni completamente diverse dalla sua.

Un riflesso, in particolare, attirò la sua attenzione. Una Misaki che la guardò con espressione delusa.

-Che ci fai tu qui?- le chiese, uscendo dallo specchio, e inginocchiandosi davanti a lei.

Le tirò uno schiaffo che Misaki sembrò sentire ancora più del colpo alla testa di prima. Sembrava reale, era piuttosto doloroso.

-Svegliati!- le ordinò.

 

Misaki si svegliò con i sudori freddi, ma questa volta non c’era né un problema al riscaldamento nella sua stanza, né una polaroid sul comodino.

Il sogno che aveva fatto però era ancora vivido e inquietante nella sua mente, e sentiva ancora lo schiaffo sulla guancia.

Se la massaggiò, mettendosi a sedere e cercando di calmare i battiti forsennati del proprio cuore.

-Wo! Che ci fai sveglia a quest’ora?- una voce acuta e completamente inaspettata rischiò di farla morire d’infarto, e Misaki sobbalzò cadendo dal letto per allontanarsi il più possibile dal pupazzo di Monokuma che si era intrufolato in camera sua senza permesso.

-Cosa ci fai nella mia camera?!- gli rigirò la domanda, e il pupazzo ebbe l’accortezza di mostrarsi imbarazzato per essere stato beccato con le zampe nel sacco.

-Ops, beh… che dire, se te lo dicessi ti rovinerei la sorpresa che ho in mente per domani- Monokuma cercò di evitare la domanda. Nascondeva qualcosa dietro la schiena. Misaki provò a guardare cosa fosse, ma l’orso lo nascose meglio.

-Ehi, non sbirciare! Fidati che è meglio non sapere già da subito, non vorrei rovinare la sorpresa, sarà spaziale- Monokuma fece sparire qualsiasi cosa tenesse tra le zampe e iniziò a strofinarle divertito.

Misaki era sempre più preoccupata.

-È… è il prossimo movente?- suppose, controllando dapprima i dintorni, e poi il proprio corpo, per assicurarsi che non ci fosse nulla fuori posto.

-Ahhh, odio gli spoiler! Ma dato che mi hai beccato, ho deciso di premiarti e saziare la curiosità con un indizio!- Monokuma le propose una merce di scambio al posto dell’informazione sul movente. 

Misaki non voleva sapere nulla di quanto avesse da dirle.

-No grazie! Basta che vai via e…- provò a cacciarlo per rimettersi a dormire ma Monokuma la zittì.

-Shush, allora… il super mega interessantissimo spoileroso indizio che ho da darti è…- Monokuma iniziò ad enunciare, con un certo entusiasmo.

Misaki provò a tapparsi le orecchie, ma l’orso parlava troppo forte e superava la barriera delle sue mani.

-…tra voi studenti… c’è un infiltrato! UPUPUPUPUPU!!- annunciò infine, ridacchiando subito dopo nel vedere l’espressione terrorizzata di Misaki.

-Stai forse dicendo…?- cominciò a supporre, pallida, ricordando la teoria di Nowell.

Non voleva crederci. 

Non DOVEVA crederci!

Sicuramente Monokuma stava solo cercando di farle dubitare dei suoi amici, ma lei si sarebbe fidata di loro, e non di un orso malefico e chiaramente bugiardo.

-Sì, ho sentito le teorie che tu e il ladruncolo sussurravate in sala bimbi, è stata una scena di puro intrattenimento. E ho deciso di dare a te, e solo a te, questa succosa informazione. Chissà se la condividerai con gli altri, o solo con Nowell, o con nessuno cercando di bearti della tua speranza finché non capirai che è troppo tardi. La conoscenza è potere, dopotutto. Ma chissà se userai questo potere per la speranza o per la disperazione. Non vedo l’ora di vedere cosa farai con quello che ti ho detto. Certo… se sopravvivrai abbastanza da avere occasione di usare l’informazione- Monokuma si leccò metaforicamente le labbra alla prospettiva, e si incamminò verso la porta.

Misaki non sapeva cosa ribattere, come prendere l’informazione, né le parole di Monokuma.

Era ancora assonnata, distratta dal sogno, e si sentiva estremamente debole, tutto ad un tratto, come se la testa le stesse per esplodere.

-Perché dovrei credere ad un’informazione che non ti gioverebbe affatto darmi?- chiese, convincendo sé stessa di quanto fosse improbabile la veridicità delle parole di Monokuma.

-Ohh, chissà. Forse so che non userai mai l’informazione che ti ho dato perché sei troppo santarellina. Forse l’informazione che ti ho dato ha un significato diverso da quello che gli attribuisci. Forse… mi ha fatto molto, molto ridere, la crudele ironia di alcune cose dette da te e Nowell- Monokuma rise sguaiatamente tra sé -In ogni caso, amicona, non ho niente da temere da voi. Perché sono dieci passi avanti- dopo quest’ultima provocazione, Monokuma scomparve nel nulla lasciando Misaki più confusa che mai, e con un mal di testa che non faceva che aumentare.

 

-Buoooongiorso a tutti quanti! Sono le sette del mattino. Preparatevi ad un’altra grandiorsa giornata!-

Tanto per cambiare, Misaki aveva dormito poco e niente quella notte, per colpa delle parole di Monokuma, e del mal di testa che non si era acquietato durante la notte.

Si segnò mentalmente di chiedere a Pierce un antidolorifico, e si preparò lentamente, poco desiderosa di trovarsi faccia a faccia con Nowell dopo ciò che era accaduto il giorno prima.

Certo, lo aveva visto a cena, ma dato che era stato il turno del ladro di cucinare, l’aveva visto poco.

Una volta giunta nella sala da pranzo, erano già tutti presenti, e si girarono a guardarla con cipiglio severo.

-Cosa c’è?- chiese, sorpresa.

-Alla buon ora, Misaki! Era il tuo turno di cucinare, oggi!- la riprese Sophie, facendo il muso.

Misaki impallidì. Se n’era completamente dimenticata.

-Scusate! Preparo immediatamente!- si rimboccò le maniche e corse in cucina, per preparare caffè per tutti e mettere insieme qualcosa da mangiare da preparare in pochi minuti.

La testa martellava sempre più forte, ma aveva un compito da svolgere, e non poteva tirarsi indietro all’ultimo.

Mise in fretta la caffettiera sul fuoco, e si affrettò a cercare del cibo decente.

La colazione tradizionale giapponese avrebbe dovuto aspettare un prossimo turno, dato che ci avrebbe messo davvero troppo a prepararla al momento.

…cavolo, quanto si sentiva l’assenza di Alan! Era egoista pensare a lui solo come cuoco e maggiordomo di prim’ordine, ma obiettivamente il suo contributo in cucina era stato fondamentale i giorni passati.

-Misaki, hai bisogno di aiuto?- una voce interruppe la sua preparazione per un attimo.

 

Freetime

 

Ad offrire la propria assistenza, era stato River, arrivato così silenziosamente che Misaki non se n’era proprio accorta.

-River, ehi… non preoccuparti, ce la posso fare- provò a rifiutare il suo aiuto. Non perché non volesse River accanto o avesse paura di lui, ma le sembrava giusto occuparsi da sola del proprio errore.

Anche se, visto l’orario e il proprio mal di testa, un aiuto le avrebbe fatto proprio comodo.

E River si mise ad aiutarla, senza neanche risponderle, prendendo uova e salsicce per una perfetta colazione americana.

Misaki sistemò una grossa pentola, e i due iniziarono a cucinare in silenzio.

-Grazie per l’aiuto- silenzio rotto dopo qualche minuto da Misaki, che iniziava finalmente a respirare avendo due mani in più ad aiutarla.

River scosse la testa.

-Non devi ringraziarmi. Sei tu la prima ad avermi aiutato, sto solo ricambiando il favore- il ragazzo alzò le spalle, come se non fosse nulla di ché.

-Non ti ho aiutato per ottenere qualcosa in cambio- ci tenne a sottolineare Misaki, perché non ci fossero incomprensioni.

Da quello che aveva capito di River, in particolare le sue ragioni per il proteggere Godwin, sembrava una persona che non voleva sentirsi in debito con le persone, e che non si aspettava mai niente per niente.

-Lo so… neanche io ti sto aiutando per ottenere qualcosa in cambio- ribatté, senza dare ulteriori informazioni.

Misaki decise di cambiare argomento. Non sarebbe andata molto lontano altrimenti, e le faceva piacere provare a conoscere meglio lo schivo River.

-Sei molto bravo a cucinare- osservò, indicando le uova che girava con grande maestria.

Il ragazzo le lanciò un’occhiata sospettosa, ma abbassò appena la guardia.

-Sì beh, ho sempre dovuto cucinarmi da solo… ho imparato molto presto a prendermi cura di me- ammise, a voce bassa.

-Wow… beh è buono imparare presto. Ti ha insegnato la tua famiglia?- Misaki provò ad indagare, ma River strinse le spalle.

-Mia nonna- disse solo, senza guardare Misaki negli occhi -È l’unica ad essersi presa cura di me- il suo tono faceva intendere che non avrebbe aggiunto nient’altro.

Misaki non insistette, ma fu felice di aver scoperto qualcosa in più su River. Sentiva che iniziava ad avvicinarsi anche a lui, e sicuramente conoscendolo meglio sarebbe presto riuscita a capirlo meglio e a crescere come persona e come amica.

 

Fine Freetime

 

Misaki si affrettò a servire il pasto ai compagni affamati, sperando fosse uscito decente nonostante il poco tempo che aveva avuto per prepararlo.

Mentre lavorava, però, una conversazione attirò la sua attenzione.

-Sì, conto di fare un numero al giorno, o al massimo uno ogni due giorni, dipende dagli articoli!- stava infatti dicendo Winona al suo compagno di posto, ovvero Leland. Accoppiata particolare, ma il critico sembrava piuttosto interessato a ciò che la giornalista stava dicendo.

-E vorresti che scrivessi qualcosa anche io?- chiese, in tono professionale.

-Speravo di fare una rubrica di barzellette curata da Chap, una sezione curiosità curata da… Sophie, e forse anche un… nah, meglio non coinvolgere l’assassino. Ma tu sei un critico di prim’ordine, mi piacerebbe molto averti nel mio giornalino!- spiegò Winona, entusiasta. Sembrava aver recuperato la determinazione.

-Stai pubblicando finalmente il giornalino dell’hotel?- chiese Misaki, porgendo il piatto con il cibo e il caffè.

-Sì! Ho già pubblicato il primo numero! Non avendo materiale di stampa sarà in esposizione nel salottino delle ragazze, ogni giorno di prima mattina! Dopo colazione vai a guardare. Ci sono tutti i fatti salienti degli ultimi giorni!- Winona si fece pubblicità, con entusiasmo.

La rabbia cieca verso River le era passata davvero in fretta. Meglio così.

Probabilmente avere uno scopo aiutava a distrarsi. Anche Misaki avrebbe voluto averne uno.

-Immagino sia nella mappa con gli indizi di Janine- suppose Leland, pensieroso.

-Yup, penso che dovremmo riprenderla in mano e cercare un modo di uscire. I miei articoli potrebbero essere un riassunto dei fatti importanti accaduti, e potrebbero aiutare ad avere più chiara la situazione- Winona spiegò pratica, mangiando piuttosto in fretta -Ora, se volete scusarmi, devo andare ad intervistare tutti per la domanda del giorno!- si alzò dal tavolo e fece per allontanarsi, ma ci ripensò e tornò dai due ragazzi, con un blocco per appunti e la penna in mano -Qual è una vostra opinione impopolare?- chiese, pronta a segnare le loro risposte.

Misaki fu presa completamente in contropiede. Non credeva di avere molte opinioni impopolari da condividere.

-Ehm… i dorayaki sono meglio dei pancakes?- sparò la prima cosa che le venisse in mente.

Winona e Leland la guardarono come se fosse matta.

-È solo un gusto personale!- si difese la friendship maker, alzando le mani in segno di resa.

-Sei un mostro!- ridacchiò Winona -Tu invece, Leland?- si rivolse al critico, che alzò le spalle.

-Poiché le mie opinioni sono fatti, e la mia critica è ciò che crea le tendenze, non ho opinioni che possano essere definite impopolari- si atteggiò, sistemandosi gli occhiali sul volto in modo sbruffone.

Misaki e Winona lo guardarono eloquenti per qualche secondo, in totale silenzio.

-I ready-made non sono arte…- cedette infine Leland, sbuffando -Insomma, sono solo oggetti comuni messi su un piedistallo, non hanno nessun impegno dietro!- 

-Su questo concordo- Winona segnò l’informazione, e poi procedette verso gli altri tavoli.

-E qual è la tua corrente preferita?- chiese Misaki per fare conversazione.

-Mi piace tutto ciò che è stato fatto durante il rinascimento. È l’epoca d’oro dell’arte- rispose Leland, con occhi brillanti.

Misaki sorrise.

-Questo tuo lato appassionato è la parte migliore di te. Sei adorabile- commentò con leggerezza, prendendo il piatto vuoto di Winona e dirigendosi in cucina senza rendersi conto che il suo commento aveva fatto arrossire interamente il critico.

Dopo aver finito di servire tutti, Misaki finalmente riuscì a sedersi a sua volta, e scelse il tavolo di Midge, nonostante fosse confinante a quello di Nowell, perché l’orafa le stava facendo cenno di sedersi accanto a lei e non si era alzata nonostante avesse finito da un pezzo. Il minimo che Misaki potesse fare era starle vicina.

Ma forse sarebbe stato meglio se si fosse messa distante.

Perché Winona, con le sue domande, era arrivata proprio al tavolo accanto.

-Allora, ditemi, qual è una vostra opinione impopolare?- chiese ai membri del tavolo: Nowell, Naomi e Brett, che era messo in un angolo ma era riuscito a sedersi con l’amore della sua vita.

-Il capitalismo fa schifo- borbottò Nowell.

-Non penso sia un’opinione impopolare- gli fece notare Winona.

-Ma non viene detto abbastanza!- obiettò il ladro. La giornalista gliela fece passare.

-Per me…- cominciò Brett, ma venne interrotto da Naomi.

-L’opera lirica dell’Amleto è mille volte meglio del dramma di Shakespeare- disse con nonchalance -E francamente, dovrebbe essere un’opinione popolare, questa- aggiunse poi, scuotendo la testa.

Winona segnò, e aprì la bocca per commentare, ma venne anticipata da una grassa risata incredula, proveniente proprio da Misaki, che non era riuscita a trattenersi di fronte una cavolata così abissale.

Tutti gli studenti si girarono verso di lei, sorpresi da tale reazione.

-Hai qualcosa da dire?- la provocò Naomi, offesa.

Misaki provò a fermarsi, ma era più forte di lei. Non poteva essere seria!

-S_stai scher_zando, vero?- chiese, asciugandosi le lacrime per le troppe risate.

Naomi inarcò un sopracciglio.

-Si da il caso che io abbia interpretato Ofelia nell’opera lirica dell’Amleto. So di cosa parlo! E quella versione è di gran lunga superiore all’originale!- insistette Naomi.

Misaki provò a calmarsi, e apparire seria, ma era oltremodo impossibile prendere sul serio quell’affermazione.

-Va bene, è un’opinione, ma… obiettivamente il dramma è meglio, dai. È una delle migliori opere di Shakespeare!- condivise la propria opinione popolare… e c’era un motivo se era quella universalmente riconosciuta.

-Sei per caso l’Ultimate theatre director? Che ne sai di cosa sia obiettivamente meglio? Delle due quella con la massima voce in capitolo sono io- insistette Naomi, lanciando a Misaki un’occhiataccia.

-Non serve essere l’Ultimate theatre director, o l’Ultimate actress, o l’Ultimate dramaturgist per rendersi conto che il dramma è meglio. Ma capisco che sia una tua opinione personale, probabilmente preferisci l’opera proprio perché l’hai interpretata. Hai ragione, perdona la mia reazione- Misaki provò a tornare sui suoi passi, rendendosi conto che il suo intervento era stato poco carino e inappropriato, ma Naomi continuò a guardarla storto.

-Si può sapere perché ti sta così a cuore? C’è davvero bisogno di attaccarmi per un’opinione su cui non hai alcuna voce in capitolo?- la sua critica aveva senso. Misaki aveva esagerato.

Naomi sembrava tirare fuori il peggio di lei, e senza alcun motivo logico. La friendship maker si sentì parecchio in colpa.

-Scusa, io…- provò a rammaricarsi, ma Leland la interruppe prima che potesse continuare.

-In qualità di Ultimate critic, e quindi di persona con maggiore voce in capitolo circa la qualità di un prodotto mediale, mi sento in dovere di concludere questa disputa affermando senza esitazione alcuna che il dramma è decisamente superiore all’opera lirica, nessun dubbio al riguardo- entrò nella conversazione prendendo le parti di Misaki, che gli sorrise appena, soddisfatta dal suo verdetto, pur continuando a sentirsi nel torto circa la sua reazione.

Naomi era molto meno soddisfatta. 

-Ovviamente il critico prende le parti della sua cotta. Sapete che vi dico? Fate come volete! Io ho risposto a una domanda! Fine! Credo che ci siano cose peggiori a cui pensare che i gusti personali di una ragazza, no?- si lamentò, alzandosi con enfasi e uscendo drammatica dalla stanza, impettita.

-Naomi, aspetta!- Brett si alzò a sua volta e provò a seguirla, lanciando nel frattempo un’occhiata seccata in direzione di Misaki e Leland -Non c’era bisogno di trattarla così!- li riprese, prima di sparire a sua volta fuori dalla stanza.

Certo, che un rimprovero del genere venisse da Brett era strano, e un po’ ipocrita, ma era la prima volta che vedeva l’idraulico così serio, omicidi a parte, e aveva motivo di esserlo.

Infatti, sebbene un po’ sopra le righe, la reazione di Naomi era stata parecchio autentica, e a Misaki non era sfuggito che il suo tono, alla fine, era davvero ferito.

Ma da dove le era uscita quest’aggressività?! 

Non si era proprio regolata, né trattenuta. Sapeva che non era una faccenda di stato, ma l’Amleto era un’opera che le stava particolarmente a cuore. Era uno dei drammi migliori che avesse mai… no, non era una giustificazione per essersi comportata così. 

Incrociò per un attimo lo sguardo di Nowell, che non aveva commentato, ma la guardava confuso e parecchio deluso. La ragazza si sentì ancora peggio. Era diventata un cliché inaccettabile.

Si alzò per andare dietro la cantante lirica e provare a scusarsi, pur sapendo che con Naomi sarebbe stato difficile ottenere un po’ di tempo per parlarle, ma una volta in piedi, la colse un giramento di testa, e per poco non cadde a terra.

Venne afferrata al volo da Winona, che la tenne in piedi con forza insospettabile.

-Tutto bene?- chiese, un po’ a disagio.

-Mi dispiace, non volevo reagire così…- Misaki non rispose, e cercò di mettere le mani avanti circa la sua reazione.

-Deduco che l’Amleto sia un tasto dolente per te- osservò Midge, controllando le sue condizioni.

La testa le girava ancora un po’, ma Misaki fece finta di niente, e si rimise seduta, sperando che il dolore le andasse via del tutto, e segnandosi di andare da Pierce non appena finito di mangiare.

-Sì, io… ho bei ricordi circa l’Amleto- disse solo, senza specificare, e tornando a mangiare.

-Non mi sorprende- borbottò Nowell, in tono sfuggente, distogliendo lo sguardo da lei.

Misaki avrebbe voluto chiedere chiarimenti sul commento, ma decise di ignorarlo. Aveva troppo mal di testa per pensarci.

Si limitò a mangiare, e ascoltare passivamente Sophie e Chap che le avevano raggiunte al tavolo per darle ragione circa l’Amleto.

-Okay… non sono la massima esperta di Shakespeare perché il mio fangirling si concentra maggiormente su opere di questo secolo, ma l’opera originale è sempre (o quasi) meglio dei remake, soprattutto se si tratta di adattamenti!- affermò Sophie con sicurezza.

-E comunque Naomi se la prende sempre troppo, quella reginetta- borbottò Chap, dando prova che più che prendere le parti di Misaki per una questione oggettiva, si stavano schierando con lei perché era lei, ed era loro amica, mentre Naomi no.

…era ingiusto.

Perché Misaki era nel torto, in questo caso.

Naomi aveva solo risposto ad una domanda.

La friendship maker, che si sentiva davvero poco tale in quel momento, sospirò, e si alzò dal tavolo, ancora con mal di testa ma decisa a rimediare ai suoi errori.

-Dove vai?- chiese Chap, confusa.

-Vado a cercare Naomi- rispose Misaki, iniziando a dirigersi verso l’uscita.

All’improvviso, fu colta da un’ondata di nausea improvvisa, che la fermò sul posto.

Forse era il caso di andare prima da Pierce, e poi da Naomi.

Qualsiasi sua decisione venne interrotta quando Monokuma decise di interrompere il silenzio stampa, durato decisamente troppo poco, per fare un annuncio.

-Tutti gli studenti si dirigano immediatamente nella hall- ordinò, in tono gongolante.

-Oh no!- esclamò Midge, sobbalzando preoccupata.

-Di già?- chiese Leland tra sé. Erano passate meno di quarantotto ore.

Nowell si limitò ad irrigidirsi e superare Misaki, dirigendosi per primo verso la hall.

Il resto dei ragazzi fece altrettanto, commentando tra loro, e parecchio ansiosi.

Come sempre, Naomi fu l’ultima a presentarsi, e si mise in un angolo, a braccia incrociate e postura rigida.

Misaki provò ad avvicinarsi per scusarsi, ma venne trattenuta da Nowell.

-Se andassi adesso, non le faresti un favore- le sussurrò all’orecchio.

Misaki si irrigidì, e si allontanò inconsciamente.

-Voglio solo scusarmi, non le farà piacere, ma…-

-Fidati, amicona. Sembra sul punto di scoppiare a piangere, e se tu ne fossi la causa, ti odierebbe per tutta la vita- Nowell indicò discretamente il volto di Naomi, che in effetti era completamente irrigidito, come se stesse sforzando al massimo delle sue forze i muscoli.

Gli occhi erano vagamente arrossati, ed evitava gli sguardi di tutti.

Persino Brett non aveva provato ad avvicinarsi a lei.

Era meglio lasciarla in pace.

-Bene bene bene bene… ora che ci siete tutti… devo dire di essere profondamente deluso da voi!- Monokuma mise le mani sui fianchi, e iniziò a scuotere la testa, per esprimere il suo disappunto.

-Che abbiamo fatto?- chiese Leland, inarcando un sopracciglio.

-Sono morti due vostri amici, e invece di disperarvi, andate in giro per l’hotel a ficcare il naso, e provare a smascherarmi. Non è un comportamento molto gentile nei confronti del vostro preside, né dei compagni che sono morti solo due giorni fa!- rispose Monokuma, lamentandosi come un bambino che non ottiene le caramelle che vuole.

-I nostri compagni vorrebbero che ci ribellassimo, non che fossimo sopraffatti dalla disperazione!- obiettò una voce in un angolo.

Sorprendentemente, la provocazione venne da Godwin, che aveva le lacrime agli occhi, molto più evidenti di Naomi, e che non tentava di nascondere, ma era anche determinato a mandare il messaggio.

Era quello che aveva perso di più a causa dell’ultimo omicidio, ma sembrava aver trovato la forza di rialzarsi.

O quantomeno, ci stava provando con tutte le sue forze.

-Awww, che pensiero dolce, padroncino! Ma non cambia il fatto che, siccome non riuscite a stare tranquilli, ho deciso di anticipare il movente. E badate bene, non perché sia in difficoltà, ma perché mi sono davvero stancato di un paio di persone, qui dentro, che provano un po’ troppo a trasmettere la mia tanto odiata speranza- Monokuma osservò con odio in direzione di Misaki. La ragazza poteva giurare che la stesse fissando dritta negli occhi.

Non era serena.

E il mal di testa e la nausea non aiutavano a rasserenarla.

-Quindi anche questa volta hai intenzione di accanirti su alcuni bersagli precisi?- indagò Nowell, non perdendo occasione per continuare a lavorare sulle proprie teorie.

Monokuma ridacchiò.

-Perché avrei dovuto prendermela con bersagli precisi? Odio tutti allo stesso modo… beh… almeno all’inizio era così. Ora… beh… per rispondere alla tua domanda: sì, ho intenzione di puntare ad un obiettivo preciso. Per quasi tutti voi sarà molto tranquillo questo movente. Perché nella migliore delle ipotesi, per voi, finirà con una sola vittima. Un piccolo sacrificio da pagare per passare qualche giorno in serenità, e aprire una nuova parte dell’hotel. Che ne dite? Eh?- Monokuma iniziò a sfregarsi le mani.

-In che senso? Vuoi che uno di noi si suicidi?- indagò Naomi, che sembrava essersi calmata appena, e osservava l’orso con estremo sospetto.

-Upupupu, è molto più semplice di così. Dovete solo lasciar morire qualcuno, qualcuno che ha già cominciato a morire- Monokuma tornò in direzione di Misaki, che impallidì, questa volta convinta di essere l’oggetto della sua osservazione.

-Mi spiego meglio. Ieri sera ho iniettato un veleno al mio bersaglio, e se entro tre giorni non ucciderete qualcuno per lui, il veleno lo consumerà fino ad ucciderlo. Solo io ho l’antidoto, e, parola di scout, se spunterà fuori un cadavere entro tre giorni, lo salverò. Quindi, sì, potete restare tranquilli per tre giorni, lasciare che il bersaglio muoia, oppure potete uccidere qualcuno e morire voi stessi per salvarlo, ma… dico io… non conviene sacrificare due persone o più per salvarne una sola, no?- Monokuma era molto soddisfatto da sé e dalla sua trovata. Aveva trovato una scappatoia e voleva usare un movente solo per liberarsi di una persona scomoda, dando nello stesso tempo un profondo dilemma psicologico e morale agli studenti.

-Interessante movente, ma… chi è il bersaglio?- chiese Pierce, guardandosi intorno con un misto di curiosità e preoccupazione.

Perfettamente a tempo, come se Monokuma avesse programmato tutto (cosa che probabilmente aveva fatto), alla nausea di Misaki si sommò un forte fastidio alla gola, e non riuscì a trattenersi dal tossire.

Provò ad essere discreta, ma comunque allertò tutti.

-Misaki…- Leland fu il primo a voltarsi verso di lei, seguito da tutti gli altri.

La tosse si fece più forte. Misaki si coprì la bocca con la mano, ma quando la portò agli occhi, si rese conto che il palmo era coperto di sangue.

Fece appena in tempo a notare solo un paio di reazioni.

Lo shock evidente sul volto di Leland. 

Il ghigno appena accennato su quello di Naomi.

La disperazione negli occhi di Godwin.

Il sospiro rammaricato ma non sorpreso di River.

L’espressione di pura estasi di Monokuma.

-Amicona!- sentì delle forti braccia afferrarla, proprio mentre le ginocchia le cedevano.

E poi tutto si fece completamente nero.

 

 


 

 

(A.A.)

Wo! Questo sì che è un movente cattivo. La soluzione sarebbe semplice, in teoria. Sacrificarne una al posto di minimo due (considerando che morirebbero vittima e assassino). Ma è complicato. Voi che fareste in questa situazione? Soprattutto considerando che a rischiare la vita è la protagonista.

Ma oltre al movente, questo capitolo è pieno di informazioni: ci sono le teorie di Nowell, il sogno strano di Misaki, e due freetime, che, come sempre, non danno informazioni sulla trama, ma sui personaggi. Dato che allo scorso sondaggio sui freetime non ha risposto nessuno sono andata sui personaggi che le poche persone che hanno letto la storia sembrano preferire. Ricordo che la scelta dei personaggi per i freetime non ha niente a che fare con le morti future che sopraggiungeranno.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Dubito di riuscire a pubblicare il prossimo entro la settimana perché ho parecchie cose da fare e lo devo finire, ma sarà l’ultimo Hotel Life del chapter.

E… chissà come sarà, visto che Misaki è svenuta e avvelenata. 

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
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