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Autore: EcateC    09/12/2021    1 recensioni
Molly/Mycroft
La notte di Natale, dopo quel disastroso nonché imbarazzante episodio avvenuto nel 221B con Sherlock, Molly viene inaspettatamente contattata per un esame tanatologico. Ciò che si preannunciava il peggior Natale della sua vita, inaspettatamente prese una piega diversa...
Questa storia partecipa all'iniziativa "Regali d'inchiostro tra i tavoli del pub" indetta dal gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Mycroft Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alla cara Loki,
buon Natale




 

Molly ci aveva sperato.

Molly ci aveva sperato per davvero, quando la sera prima si era presentata alla cassa del grande magazzino con quell’abito nero e pieno di strass. Abito che, a detta delle sue discutibili amiche, le stava d’incanto e le illuminava l'incarnato. "Ti slancia!", "Ti smagrisce!", "Devi prenderlo, Molly!"
La suddetta Molly si era sentita un po' dubbiosa di fronte allo specchio, ma aveva voluto osare, dopotutto era il giorno di Natale. Si era quindi vestita con più dubbi che certezze, si era truccata, si era messa due grossi orecchini in perfetto (ridicolo?) pendant col vestito ed era uscita. Magari quella era la volta buona, pensava, Sherlock in un modo o nell'altro l’avrebbe notata. 

Giunse quindi nel ben noto 221B di Baker Street con un grande sorriso e una forzata allegria, tutta elegante, piena di pacchetti. Appena si tolse il soprabito, notò con estremo disappunto che nessuno degli ospiti si era vestito in abiti formali. Tutti indossavano i soliti abiti, a cominciare da Sherlock. Lestrade sgranò gli occhi non appena la vide e John le fece i complimenti, ma da Sherlock non ricevette nemmeno uno sguardo. Il detective era pensieroso, disinteressato, la sua mente viaggiava come sempre ad anni luce di distanza.

Alla fine la serata si rivelò una tra le esperienze più orribili della sua vita.

Sherlock non solo non aveva fatto nemmeno il cenno di un complimento, ma l’aveva anche umiliata davanti a tutti. Non lo aveva fatto a posta, ma la stilettata era stata comunque profonda e il disagio fu fortissimo.

Molly dovette scappare, uscire. Il suo vestito improvvisamente le sembrò pacchiano ed eccessivo, ancor più avulso dal contesto. Sherlock dopotutto si era vestito esattamente uguale a tutti altri giorni, con la solita camicia e i soliti di pantaloni, non si era certo messo uno smoking.

Perché lui non è un idiota, pensò Molly tra sé.

Quando fece ritorno nel suo appartamento, si sentì più sola e sconfortata che mai. Saliva le scale del palazzo e da ogni porta poteva udire voci, risate e grida di bambini. La gente era riunita a tavola a festeggiare il Natale e lei era completamente sola, come sempre, come ogni dannato anno. Non appena entrò in casa, si lasciò andare alle lacrime e a tutta la disperazione del momento. Vedeva tutto nero. Amava un uomo che la disprezzava, non aveva altro al mondo se non il lavoro.
Il lavoro... Fu proprio il lavoro che intervenne a salvarla.

Dopo neanche un'ora che era tornata, il suo cellulare iniziò a squillare. Il mittente? Non pervenuto, era un numero privato. Chi poteva mai essere la sera di Natale? Era forse uno scherzo? Qualche parente di cui non aveva memorizzato il numero?

“Pronto?” mormorò Molly, esistante.

“Buonasera, dottoressa Hooper,” le rispose la voce di una donna “La chiamo per conto del governo inglese, la sua presenza è richiesta al San Bart per un urgente esame tanatologico.”

Molly sgranò gli occhi ancora umidi di lacrime. Governo inglese?

“È disponibile?”

Molly si destò dalla sorpresa, era sola, tutti erano impegnati col Natale…

“Sì,” mormorò, asciugandosi le lacrime con la mano “Sì, ci sono.”

“Molto bene,” disse la donna “Una vettura è già sotto casa sua ad attenderla.”

Molly dischiuse le labbra dalla sorpresa e guardò subito fuori dalla finestra: c’era un’elegante macchina nera parcheggiata proprio sotto casa sua. Appena la vide, Molly ebbe come un’illuminazione.

Governo inglese, ovvio!” si disse. Chi mai poteva essere se non Mycroft Holmes?

“L’ho vista,” esclamò al cellulare “Arrivo.”

“A tra poco,” esclamò la donna, riagganciando.

Molly fece un bel respiro e guardò di nuovo fuori dalla finestra la macchina parcheggiata. Era così evidente che non avesse una vita e che fosse sola per Natale? Comunque era un bene andare a lavorare, almeno non sarebbe rimasta a deprimersi tutta la notte dentro casa. Si spostò per andare in bagno quando l’occhio le cadde allo specchio a figura intera. Indossava ancora il tubino nero ma aveva i piedi nudi, privati di quegli scomodissimi tacchi alti. Si osservò per un momento le ginocchia nodose che sbucavano da sotto la gonna, i polpacci pallidissimi, la pancia non del tutto piatta. Si sentì brutta e ridicola come poche volte le era successo in vita sua. Cosa diavolo le era saltato in mente? Immaginò l’occhio scrutatore di Sherlock su di sé e si sentì terribilmente a disagio. Doveva bere qualcosa e lo fece. Si versò un abbondante bicchiere di vino e lo tracannò tutto in un sorso, ne bevve un altro direttamente dalla bottiglia e dopo finalmente andò in bagno.

Non trascorsero nemmeno quindici minuti che qualcuno suonò al campanello. Molly, che si era abbassata la zip, per ovvi motivi la sollevò e andò ad aprire. Sapeva già chi si sarebbe trovata davanti e non sorrise quando aprì la porta.

“Quando la mia segretaria le ha detto urgentemente, dottoressa,” esordì il governo britannico in persona, ma appena la vide si interruppe con una smorfia “Ma come si è vestita?”

Molly sospirò stancamente. Un altro occhio scrutatore.

“Buon Natale anche a lei, signor Holmes. Prego, si accomodi pure,” esclamò stancamente.

A Mycroft bastò un solo sguardo per dedurre cosa fosse accaduto e perché lei avesse appena pianto (e appena bevuto). Era tanto ovvio quanto irrilevante.

“Cielo. Qualunque cosa le abbia detto Sherlock, la ignori per cortesia,” le disse duramente “Non abbiamo altro tempo da perdere.”

Molly non si preoccupò nemmeno negare, tanto era inutile.

“Non è così facile.”

“Lo è eccome. Faccia come me, dottoressa Hooper, si finga sposata e si chiuda in casa senza aprire a nessuno. Le garantisco che la sua vita diventerà immediatamente più sopportabile.”

Lei, malgrado tutto, accennò un sorriso “Ci penserò. Arrivo, vado a cambiarmi.”

“Faccia presto, non  vorrei che il cadavere si putrefacesse prima del nostro arrivo,” esclamò Mycroft, guardandola chiudersi rapidamente in bagno.

Ritornare nei suoi panni fu quasi un sollievo. Molly indossò i soliti pantaloni, un maglione natalizio e poi si legò i capelli in una coda di cavallo. Lo specchio le restituì l’immagine di una donna scialba e noiosa, il suo sguardo spento e velato di lacrime le dava poi quel tocco di rassegnazione che la imbruttiva ulteriormente.

Molly distolse gli occhi dallo specchio e indossò il camice, poi scese in salotto.

Mycroft era ancora lì, con quel suo portamento da duca e le mani appoggiate dietro la schiena. Non sembrava il fratello di Sherlock e allo stesso tempo gli assomigliava moltissimo. Era bizzarro.

Appena la sentì scendere, lui si voltò verso di lei. 

“Ah, è inteso che sono spiacente di averla disturbata nel cuore della notte e per di più durante le feste, ma come le ho detto, è una faccenda piuttosto urgente e serviva una persona di fiducia.”

“Nessun problema,” gli disse Molly “Non avrei dormito in ogni caso.”

“Concordo,” le rispose lui, irridente “Prego, dopo di lei.”

Molly si trattenne dal rispondergli male. No, si corresse, era proprio identico a Sherlock.

Quando salirono nell’auto, Molly vide che c’era già una donna seduta nei posti frontali ad aspettarli. Era mora e molto affascinante, con le gambe accavallate e il volto illuminato dalla luce del cellulare.

“Anthea, lei è la dottoressa Molly Hooper” le presentò Mycroft, accomodandosi al fianco di lei “Miss Hooper, Anthea è la mia più stretta collaboratrice.”

Molly strinse la mano a quella donna bella e fastidiosamente elegante, cercando di non lasciarsi intimidire.

“Piacere. Quindi anche lei è al lavoro la notte di Natale?” le domandò in modo amichevole.

“Io e il signor Holmes lavoriamo soprattutto di notte” le rispose la donna con un sorriso di circostanza. 

“Preferibilmente durante le feste” aggiunse lui, serafico.

Molly forzò un sorriso e abbassò lo sguardo. Tacere era forse la cosa migliore da fare.


***

 

La faccenda urgente alla fine riguardava il corpo senza vita di una donna. Il volto era così sfigurato da essere irriconoscibile e tutti i tentativi di rintracciarla tramite le impronte digitali furono vani. Costei sembrava a tutti gli effetti un fantasma.

“Chi è questa donna?” chiese Molly a Mycroft, sollevando il lenzuolo per coprirla.

“Questioni riservate,” tagliò corto Mycroft, col cellulare all’orecchio “Sono io. Sono in obitorio, raggiungimi subito.” esclamò poi al telefono “Spiritoso. No. Ti aspetto” e detto questo riagganciò.

“Era Sherlock?” domandò subito Molly, con una stretta al cuore.

Mycroft annuì, infastidito “Chi altri, se no.”

“Mi scusi, ma non voglio vederlo,” sentenziò subito lei, facendo l'atto di togliersi il camice. Dopotutto aveva accettato di venire per non dover pensare a Sherlock, non per incontrarlo.

“Oh, via. Non sia ridicola,” minimizzò Mycroft.

“Me ne vado proprio per questo,” gli rispose Molly, ancora ferita  “Dato che riesco solo a essere ridicola quando sono con lui."

“Le sue qualità sono fuori dalla sua portata,” la sorprese Mycroft con tono paziente “Si fidi, Sherlock è troppo stupido per notarle.”

“Stupido?” ripetè Molly, incredula “Sherlock è la persona più intelligente che io abbia mai conosciuto.”

“Mi ha appena offeso mortalmente, lo sa?” le fece notare Mycroft, accennandole però un sorriso.

Molly lì per lì non capì, ma poi non potè fare altro che arrossire leggermente. Un sorrisetto le punse le guance, che cosa strana stava succedendo. 

“Vado a prendere un caffè,” disse, per togliersi dall’imbarazzo di restare sola con lui.

“Bene. Io intanto vado incontro a Sherlock,” le rispose tranquillo. Lui, a differenza sua, sembrava perfettamente a suo agio e disinvolto. Ma d’altronde un uomo che si trova perfettamente a suo agio dentro un obitorio, la notte di Natale, non poteva certo lasciarsi scalfire da un sorriso.

Molly prese il caffè dalla macchinetta dell’ospedale, continuando ad avere la stessa espressione stupita. Non aveva mai pensato a Mycroft in quel senso, non l’aveva proprio mai pensato in generale. Per qualche strana ragione, lo vedeva ancor più irraggiungibile e disinteressato di Sherlock. Un iceberg piantato in mezzo al mare le pareva più accogliente e disponibile. 

Quando tornò da lui, vide che non era da solo. Al suo fianco c’era l’alto e slanciato Sherlock, proprio di fronte al letto in cui giaceva la misteriosa vittima. Di nuovo sentì la stessa stretta al cuore, la sensazione di bruciante umiliazione di quando lui aveva indovinato il suo regalo e l’amore che questo celava con sé.

“Sarà un po' difficile riconoscerla,” esclamò rapidamente Molly ai due Holmes, scoprendo la testa della morta “Il suo volto è completamente deturpato.”

“Non era necessario che tu venissi,” mormorò Sherlock. Aveva un’aria colpevole, Molly lo amava e lo odiava allo stesso tempo. Ma soprattutto lo amava.

“Erano tutti impegnati col... Col Natale. Riesci a riconoscerla?”

“Scoprila ancora di più” le ordinò Sherlock, attento. Molly aggrottò le sopracciglia ma abbassò il lenzuolo bianco fin sotto la zona pubica del cadavere. Sherlock diede una rapida occhiata, le sue labbra si strinsero l’una sull’altra.

“È lei” sentenziò senza esitazioni, allontanandosi di scatto. 

“Chi è lei?” domandò Molly a Mycroft, incredula “ Come ha fatto Sherlock a riconoscerla non… Non dal suo viso?” 

Mycroft si limitò a rivolgerle un sorriso tirato “Grazie, Miss Hooper.”

E detto questo, anche lui uscì, i suoi passi seguirono quelli nervosi del fratello.

Quello per la patologa fu troppo.

Molly ringraziò dentro di sé che i due Holmes se ne fossero andati e ringraziò di essere sola, perché le venne da piangere.

Era notte inoltrata e lei era sola, per Natale, con il camice addosso e circondata da dei cadaveri. Si sentì improvvisamente la persona più sola e sfortunata del mondo. 

Una parte di lei, la più ottimista, aveva creduto che Sherlock fosse solo timido o qualcosa del genere. Che enorme sciocchezza, chissà quante donne si era e si stava portando a letto. Certo non lei, lei era troppo brutta, troppo goffa e troppo insignificante per piacere a uno come lui.

Scivolò a sedere per terra, la sua schiena ricurva dal dispiacere si appoggiò alle gambe del lettino. Faceva male e il suo cuore soffriva, ma forse era un bene, il dolore è un ponte da attraversare per dimenticare e poi stare meglio. Doveva dimenticare Sherlock e rassegnarsi e questo sarebbe stato dolorosissimo.


***

 

Mycroft buttò il mozzicone di sigaretta nel cestino e poi vide che dalla porta d’acciaio filtrava una luce pallida, segno che nell’obitorio c’era ancora qualcuno. Guardò l’uscita e poi sospirò.

“Se vuole un passaggio,” esclamò sull’uscio, vedendo Molly seduta per terra “Saremo lieti di accompagnarla a casa.”

Molly alzò le spalle “Non importa, grazie. Penso che resterò qui con la morta che è andata a letto con Sherlock.”

Mycroft non potè fare a meno di sogghignare “Non sono andati a letto, ma si figuri.”

Molly alzò lo sguardo su di lui “Ma l’ha vista nuda.”

“E quindi? Anche io l’ho vista nuda dieci minuti fa, ma non ci sono certo andato a letto,” le disse con quella solita sentenziosità che gli era propria. Molly avrebbe voluto contraddirlo ma alla fine decise di tacere. Non aveva voglia di polemica.

“È sicura che non vuole un passaggio?”

Molly annuì “Sono sicura.”

“Buone feste allora, Miss Hooper” terminò Mycroft, voltandosi e incamminandosi verso l’uscita dell’ospedale.

Molly lo guardò allontanarsi e poi cedette alla curiosità. Tanto non aveva più niente da perdere.

“Posso solo sapere cosa c’è che non va in me?” gli chiese a bruciapelo, col cuore pesante. Mycroft si voltò verso di lei. “A parte l’ovvio, naturalmente.” 

“Questo, il fatto che lei se lo chieda” le rispose lui con semplicità “Se continua a reputarsi brutta o mediocre, dopo le persone inizieranno a trattarla come tale e alla fine lo diventerà sul serio. Quindi la smetta di piangersi addosso e sii sicura di lei stessa, il segreto sta tutto qui.”

“Facile per lei parlare” replicò Molly, infastidita “Ha mai amato qualcuno in vita sua?”

Mycroft la guardò dritto negli occhi, la sua espressione era indecifrabile.

“Sì” le rispose, criptico. Molly si sentì colpita.

“Ed era ricambiato?” gli chiese sulle difensive, senza alcun tatto.

“Certo che lo ero” le rispose con placida ovvietà “Le ragazze sono sempre innamorate di mio fratello all’inizio, ma mi vede forse steso per terra a piangere per questo?” l’ammonì con lo sguardo “Abbia un briciolo di dignità e la smetta di rincorrere Sherlock, non esiste solo lui.”

Molly si irrigidì e dischiuse le labbra dalla sorpresa, anzi dalla rabbia. Si alzò in piedi di scatto, con le mani che bruciavano dalla voglia di dargli uno schiaffo. 

“Ora basta!” ringhiò infatti, facendo un passo verso di lui “Basta trattarmi così! Io ho una dignità, se io lo amo e lui è uno stronzo, non è colpa mia! Okay?” lo fulminò con lo sguardo, spingendolo leggermente “Okay?!” lo incalzò di nuovo.

“Certo,” le rispose calmo, sistemandosi la giacca con un cenno nervoso. Molly lo guardò con rabbia e in quel momento realizzò di avere esagerato.

“Mi scusi, è stata una serata molto impegnativa,” esclamò, con le lacrime che minacciavano di scendere.

“Prego,” replicò freddo e compassato.

Molly non smise di guardarlo, Mycroft aveva gli occhi azzurri come quelli di Sherlock, non era bello quanto lui ma, a quanto pareva, era addirittura più intelligente. Senza rendersene conto, la donna aveva iniziato a tormentarsi le mani con le unghie smangiucchiate. Lo guardò intensamente, lui appoggiò la sua mano calda e ben curata sulle sue.

“La smetta, per cortesia,” le disse piano, interrompendo quel moto nervoso.

Molly deglutì, la fragilità acuta, le emozioni forti, represse e contrastanti la portarono ad avvicinarsi a quell’uomo apparentemente statuario e imperturbabile. Mycroft la osservò col suo occhio scrutatore e lei istintivamente gli mise le mani sopra le spalle, sulla costosa giacca di velluto.

“Non sono Sherlock, signorina Hooper,” le ricordò, senza però ritrarsi.

“Lo so” sussurrò lei, e senza più pensarci, chiuse gli occhi e lo baciò in bocca. Le mani di lui le cinsero i fianchi al di sopra del camice e le sue labbra si dischiusero. Molly si aggrappò a lui e si lasciò andare, la tensione che aveva accumulato si sciolse dolcemente e le ginocchia le cedettero.

Una parte di lei non poteva credere a quello che stava succedendo, un’altra si rifiutava di pensare. Il governo britannico era proprio un gran baciatore. Ma prima che la situazione degenerasse, una voce femminile li fermò.

“Signor Holmes? La desiderano al telefono.”

Mycroft si staccò subito da Molly e si voltò verso la porta come se niente fosse. Anthea, o come si chiamava costei, li stava guardando con le braccia conserte. 

“Se è il Primo Ministro, digli che sono impegnato” le rispose secco.

“È una chiamata dal Canada,” replicò la collaboratrice, lanciando uno sguardo indecifrabile a Molly.

“Bene” mormorò lui, voltandosi poi verso quest’ultima. Molly, che aveva l’aria spaesata, si irrigidì ma lui le prese la mano e le baciò delicatamente il dorso.

“Buon Natale, Molly Hooper,” le augurò con un mezzo sorriso.

“Grazie,” rispose lei con voce flebile, guardandoli uscire a passo svelto.

Li guardò e poi sorrise. 

 

 

 


 

Note

Come prima cosa auguro con tutto il cuore buon Natale alla cara Loki, che tra le varie cose ha chiesto a Babbo una Molly/Mycroft. 
E la ringrazio, perché io ho adorato scrivere questa storia a dire poco inaspettata. Il mio caro Mycroft è un personaggio molto misterioso da questo punto di vista e non saprei davvero dire come gestiva la sua sessualità, e se la gestiva. Ma credo davvero che fosse un gentiluomo, non lo immagino diversamente 😌
A parte gli scherzi, spero che questa storia vi sia piaciuta e che i personaggi vi siano sembrati IC. 
Un abbraccio e buon Natale,
Ecate
   
 
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