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Autore: Helen_Book    12/12/2021    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Seduta per terra, tra i cuscini, Eileen osservava la pioggia fuori dalla finestra. 

Dopo essersi svegliata, Roman aveva insistito perché si prendesse un giorno di pausa dal lavoro.

Per tutto il tempo, non l’aveva mai lasciata da sola e anche ora che si trovava all’asilo, a pochi metri da lui, sentiva il suo sguardo su di sé.

Eileen sapeva di dovergli delle spiegazioni e durante la colazione aveva cercato di tirare fuori l’argomento, ma lui non aveva voluto sentire ragioni.

“Ne parleremo quando starai meglio” aveva detto, rassicurandola con un sorriso incerto, gli occhi preoccupati.

Di riflesso, aveva alzato l’angolo della bocca, poco convinta.

Alla fine, aveva deciso di non forzare la mano, nonostante fosse cosciente che non avessero molto tempo a disposizione.

A breve sarebbe partita e qualcosa le diceva che sarebbe stato un viaggio parecchio impegnativo.

Di questo, però, Roman non ne era a conoscenza.

Aggiunse questa informazione alla lista infinita di cose che il suo compagno non sapeva.

Spostò lo sguardo su di lui e se lo mangiò con gli occhi.

La sua figura slanciata e ben definita era evidente ad ogni suo movimento.

Se si piegava in avanti per rispondere ad una domanda, o prendeva dalla mensola un oggetto, riusciva ad essere attraente ed affascinante da qualsiasi angolazione.

Non si muoveva mai in maniera casuale. Ogni gesto emanava sicurezza ed eleganza.

Sebbene la coda disordinata gli conferisse un’aria trasandata, comunque era sexy da morire.

Notò piccoli segni scuri sotto gli occhi e di colpo si sentì in colpa di averlo tenuto sveglio.

È rimasto vigile per tutto il tempo che ho dormito?

Come se lo avesse chiamato ad alta voce, gli occhi color miele beccarono i suoi intenti ad osservarlo.

E lui fece altrettanto, indugiando sulla sua figura.

Di riflesso, riportò gli occhi sulla finestra.

Aveva paura che ad un certo punto avrebbe letto sul suo viso la stessa inquietudine che si agitava dentro di sé.

Decise che dopo la lezione gli avrebbe parlato. Punto.

“Ti piace il mio disegno?” chiese una voce infantile dal nulla.

Il bambino paffutello che tempo fa aveva visto addentare una coscia di pollo dopo essersi svegliata, era proprio lì, davanti a lei.

Il foglio spalancato sotto il suo naso e un’espressione piena di aspettative dipinta sul volto.

Eileen abbassò gli occhi sulla figura che aveva disegnato e, subito si riconobbe.

Ebbe un déjà-vu.

Per quell’età, il bambino aveva un enorme talento.

Era riuscito a ritrarla seduta: parte del corpo appoggiato al muro, lo sguardo perso nella pioggia.

“Charlie! Torna qui, non dare fastidio ad Eileen” lo esortò Roman da lontano, cercando di convincerlo a riunirsi al gruppo.

Charlie?

“Mio figlio si chiama Charlie, ha 4 anni, è adorabile. Ha i miei stessi occhi castani e i capelli ricci di suo padre. Non ti puoi sbagliare. È un gran mangione, curioso e fa sempre mille domande…”

La voce di Ella risuonò nelle sue orecchie come se fosse lì, al suo fianco.

Nonostante la descrizione impeccabile, lei non era riuscita a fare due più due.

Alle sue qualità, la madre si era dimenticata di aggiungere che aveva talento per l’arte, proprio come lei.

Sollevò gli occhi dal disegno e vide Charlie in attesa di un suo riscontro, dopo aver ignorato totalmente il richiamo dell’insegnante.

Alla fine, Eileen alzò entrambi i pollici, sorridendo.

Non proprio convinto, Charlie continuò a scrutarla per qualche secondo, poi ritornò a concentrarsi sul disegno, senza abbandonare la sua nuova postazione.

Impegnato a gestire gli altri bambini, Roman cercò lo sguardo della sua compagna, assicurandosi che andasse tutto bene.

Riuscì a rassicurarlo con un lieve sorriso, finché Charlie non richiese di nuovo la sua attenzione.

“È giusto il colore dei capelli?” le mostrò i suoi progressi, indeciso sul colore appropriato per rendere al meglio la sua chioma.

Confuso dal rosso così inusuale, continuò a fissarle i capelli, arricciando di tanto in tanto il naso.

Sembrava nel mezzo di una vera e propria crisi esistenziale.

Intenerita da quella cura per i particolari, lo invitò ad avvicinarsi e ad osservare più da vicino le onde dei suoi capelli.

Riguardo il suo modo ‘atipico’ di comunicare, Charlie non fece una piega, e senza farselo ripetere due volte, afferrò delicatamente una ciocca.

La timidezza venne subito accantonata, lasciando posto alla curiosità.

Con calma e circospezione, la rigirò tra le dita, godendosi la loro morbidezza.  

Dopo qualche minuto, si ricordò della sua missione.

Raccolse diversi colori e, alla fine, scelse quello che più si avvicinava alla sfumatura dei capelli.

Eileen lo osservava in silenzio, stupita della sua maturità e dell’impegno che ci metteva.

Con un’espressione seria e concentrata, iniziò a colorarle la parte superiore della testa.  

Senza esprimere alcuna valutazione ad alta voce, si dedicò al completamento della sua opera.

Di tanto in tanto, alzava gli occhi per catturare un nuovo dettaglio su di lei.

A sua volta, osservarlo le trasmise pace e tranquillità: le piccole rughe sulla fronte, il modo in cui afferrava i pastelli, le gambine incrociate.

Senza un briciolo di imbarazzo, Charlie la scrutava, come se fosse una questione di vita o di morte.

Per un’ora, entrambi rimasero uno a fianco all’altro, godendo della reciproca compagnia.

Come un’ombra, il bambino la seguiva in ogni suo movimento: nel momento in cui lei decideva di spostarsi più a destra, lui la imitava, fino a ritrovarsi appiccicati l’uno all’altro.

Commossa dalla sua ricerca di contatto e calore, Eileen lo assecondò e finì per tenerlo in braccio durante gli ultimi ritocchi del disegno.

Si accorse di come, in poco tempo, il senso di protezione nei confronti del bambino fosse aumentato a dismisura.

È vero provava compassione per lui: aveva perso il padre e molto presto sarebbe diventato orfano a tutti gli effetti.

Però non era solo quello. Sentiva che c’era qualcosa di speciale in lui.

“Arthur, posso parlarti?” una voce femminile interruppe quel momento idilliaco.

Ancora prima di alzare il viso, riconobbe da chi proveniva quella richiesta.

Con le mani poggiate sui fianchi, Tara la stava fulminando con lo sguardo.

Per niente contenta di vederla con un bambino del branco tra le braccia, stava valutando l’idea di sbranarla.

Eileen decise di non calcolarla, ritornando alla sua attività.

“Tara, cosa ci fai qui?” intervenne Roman, mantenendo un tono calmo “la lezione di oggi non si è ancora conclusa.”

Si interpose tra lei ed Eileen, coprendole la visuale con il corpo.

“Cosa ci fa lei qui?” chiese stizzita, ignorando totalmente la domanda che le era stata posta.

“Tara…” provò a farla ragionare, invano.

“No, Arthur sei tu che stai perdendo il lume della ragione. Lasci che stia insieme ai nostri cuccioli, loro sono il cuore e il futuro del branco e metti a rischio la loro vita in questo modo…” la foga e la rabbia con cui parlava stavano attirando l’attenzione dei bambini.

Eileen guardò i loro visi, alcuni confusi e altri allarmati.

Non era un caso che stesse alzando la voce: voleva che tutti la sentissero.

Soprattutto lei.

Ripose delicatamente Charlie sui cuscini e si alzò, raggiungendo i due.

Vado a fare due passi.

Segnò una volta raggiunto Roman.

Mantenendosi a distanza, guardò prima lui e poi si sforzò di incontrare gli occhi infuocati della donna.

Brava, non abbassare lo sguardo. Dimostrale che non hai paura di lei.

Quando vide un’espressione addolorata sul viso del suo compagno, non invidiò per niente la posizione scomoda in cui si trovava.

In qualche modo, riuscì a comprenderlo.

Ciò non significava che facesse meno male.

Aveva una voglia matta di marcare il territorio e vivere finalmente la loro relazione alla luce del sole.

Non è questo il giorno.

La stanchezza mentale e fisica le permisero di mettere a tacere il suo istinto che le suggeriva di staccare la testa della donna a morsi.

Vattene, prima di mettere entrambi nei pasticci. Pensa ai bambini.

I suoi piedi si mossero da soli verso l’uscita posteriore.

Una sottile pioggerellina iniziò a bagnarle i capelli e il viso.

In automatico, si diresse verso l’unico posto in cui si sentiva utile.

Sfinita, non aveva neanche la forza di piangere per la frustrazione.

Poco prima di mettere piede in ospedale, una voce alle sue spalle, la pietrificò.

“Ho finito il disegno” disse Charlie, seguito da uno starnuto.

Bagnato come un pulcino, l’aveva seguita fin lì, e parte dei suoi riccioli erano attaccati alle guance.

Con sguardo innocente, aspettava una sua risposta, mentre tra le mani conservava i resti della sua opera d’arte, ormai rovinata dall’acqua.

Quella visione le strinse il cuore.

Sorpresa e allarmata di vederlo lì, fuori dalle quattro mura della scuola, completamente zuppo, furono il motivo per cui corse all’interno dell’ospedale e furtivamente catturò una delle coperte.

Si precipitò all’esterno, contenta che Charlie fosse rimasto proprio dove lo aveva lasciato.

Bravo bambino.

Lo avvolse in un bozzolo e lo sollevò da terra, stringendolo a sé, cercando di infondergli un po’ di calore.

Pensa, Eileen, pensa.

Non poteva portarlo all’interno di una struttura piena di malati.

L’unica alternativa che aveva era tornare indietro.

Sebbene fosse l’ultima cosa che desiderava.

Ad un tratto, un pensiero le attraversò la mente.

O meglio, una promessa.

Con passo svelto, percorse il perimetro dell’ospedale in cerca della finestra giusta.

Sperò che Ella non avesse cambiato postazione.

E se fosse morta?

Il solo pensiero le fece gelare il sangue.

No, non può essere.

Strinse di più il bambino a sé.

Stranamente, Charlie se ne stava in silenzio: le braccine le circondavano il collo, mentre le mani le accarezzavano i capelli ad un ritmo cadenzato.

Sarà l’ultima cosa che faccio, ma devo trovare sua madre.

Una volta individuata, si affacciò lentamente alla finestra, in cerca della donna.

Con gli occhi chiusi, le mani in grembo, scorse il corpo deperito di Ella.

Sembrava invecchiata di almeno dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista.

Eileen inghiottì più volte la saliva e pregò che aprisse gli occhi.

Svegliati, svegliati, c’è tuo figlio qui.

Attraverso il vetro della finestra, stava cercando un modo per comunicare con lei senza attirare l’attenzione del personale.

Pensa, Eileen, pensa.

Charlie starnutì per la seconda volta, ricordandole che doveva riportarlo indietro.

Roman starà impazzendo nel cercarlo.

Assalita dal senso di colpa, stava per fare marcia indietro, quando vide gli occhi di Ella spalancati verso la sua direzione.

Possibile che avesse percepito lo starnuto del bambino?

Sorpresa, Eileen si spostò in modo che potesse osservare Charlie tra le sue braccia.

Negli occhi vitrei della donna comparve una scintilla, uno sprazzo di vita.

L’angolo della bocca si curvò verso l’alto.

Non le mancava molto da vivere, poteva vederlo.

Non bisognava essere un medico per capirlo.

Quelli sarebbero gli ultimi momenti tra madre e figlio.

Cercò di ignorare il magone.

Spostò la coperta e provò a comunicare con Charlie, in modo che potesse riconoscere e guardare sua madre per l’ultima volta.

Mossa sbagliata.

Vide il terrore comparire negli occhi di Ella.

Nonostante la sua debolezza, la donna riuscì a girarsi sul fianco opposto alla finestra, interrompendo quel dialogo silenzioso.

Non vuole che suo figlio la veda in quelle condizioni.

La scena le spezzò il cuore.

“Eileen, ho freddo” sussurrò il bambino, dopo essere rimasto in silenzio per un bel po’ di tempo.

Aggiustò la coperta e lo strinse forte, petto contro petto, cuore contro cuore.

Rispettò la decisione di Ella e si allontanò dalla finestra, rimettendosi sulla via del ritorno.
 
“Cosa hai intenzione di fare, sporca ladra di una Mei?”

Sobbalzò, fermandosi di colpo.

Una Tara incazzata le sbarrava la strada, attirando l’attenzione di tutti.

Ma questa donna ha il dono dell’ubiquità?

“Hai intenzione di ucciderlo?” tuonò, pretendendo delle risposte a domande assurde.

Il sangue nelle vene le si ghiacciò, lasciandola di sasso.

Per quanto quella situazione fosse assurda, diversi indizi lasciavano presagire che Tara diceva la verità: lei sola con un cucciolo, avvolto nelle coperte, mentre si muoveva furtivamente nei boschi.

Eileen non sapeva cosa fare: mai come in quel momento, voleva riuscire a parlare, a spiegarsi, a chiarire il fraintendimento.

Tara non vuole capire, è inutile. 

Le ricordò la coscienza, riportandola con i piedi per terra.

Non sapeva se ridere o piangere.

Indecisa sul da farsi, scosse più volte la testa.

“Ah no? Allora volevi portartelo via?” la voce della donna si inasprì ulteriormente e come un animale a caccia, iniziò ad avvicinarsi a lei.

“Cosa succede?” sussurrò Charlie preoccupato, sollevando il volto dalla sua spalla.

Eileen lo strinse a sé, per niente intenzionata a lasciarlo andare.

“Ti do tre secondi per posarlo a terra” Tara si muoveva come una cacciatrice che ha puntato la sua preda.

“Uno…” gli occhi luminosi mostravano che aveva già iniziato a trasformarsi.

“Due…”

Pietrificata, Eileen si guardò intorno per capire quante chance avesse per scappare e uscirne incolume.

Meno di zero.

“Tre!” ringhiò, saltandole addosso.

D’istinto, si buttò a terra di lato, proteggendo con il corpo il bambino che aveva tra le braccia.

Con un po’ di fortuna, era riuscita a scansare il primo attacco.

Ma la buona sorte non era tutta dalla sua parte.

Ormai totalmente lupa, Tara le azzannò la gamba, trascinandola verso di sé.

Un urlo di dolore le rimase strozzato in gola.

Provò a calciarle la zampa, per liberarsi, ma l’animale aveva già preso il sopravvento.

Raccogliendo tutta la forza nelle braccia, Eileen fece rotolare il bambino il più lontano possibile dallo scontro.

Si ritrovò la lupa sopra di sé, i denti a pochi centimetri dal viso.

Il peso dell’animale le toglieva il respiro, e il dolore lancinante delle ferite non le permetteva di pensare lucidamente.

È questa la mia fine?

D’un tratto, la lupa guaì, spostandosi verso destra, permettendole di prendere fiato.

E di trovare una via d’uscita.

Boccheggiando, iniziò a trascinarsi via.

Velocemente volse lo sguardo dietro di sé e ciò che vide la sconvolse.

Un lupo nero di piccole dimensioni aveva catturato tra le fauci l’orecchio di Tara ed era deciso a non lasciarlo andare.

Eileen non credeva ai suoi occhi.

A qualche metro di distanza, la coperta dell’ospedale giaceva vuota per terra.

Charlie si è trasformato? Ma non ha l’età…?

L’ululato della lupa catturò la sua attenzione.

Con una mossa precisa, scaraventò il cucciolo lontano da lei, perdendo però una parte dell’orecchio, ancora incastrata tra i denti del bambino.

Ululò di dolore, rivoli di sangue fuoriuscirono dalla ferita.

Dov’è finito Charlie?

Si trascinò con i gomiti in cerca del bambino.

Voleva chiamarlo a gran voce, alzarsi in piedi, ma la gamba non glielo permetteva.

“Eileen!” la voce di Roman giunse alle sue orecchie, ma non provò alcun sollievo.

Continuò le ricerche, ignorando totalmente le sue condizioni e la possibilità che Tara potesse riattaccarla da un momento all’altro.  

“Eileen! Mio Dio, fermati!” il suo compagno la afferrò per il braccio, costringendola sedersi.

Fuori di sé, cercò di divincolarsi, senza troppi risultati.

E poi lo vide.

Tra le braccia di Roman, il piccolo lupo giaceva con gli occhi socchiusi e il respiro tremante.

Sporco di terra, se ne stava rannicchiato, così piccolo e indifeso.

Ignorando il dolore alla gamba, si sporse in avanti per controllare le funzioni vitali del cucciolo.

Portalo al sicuro, in un posto caldo.

“Mio Dio, Eileen stai sanguinando, non posso lasciarti qui da sola” il panico misto a rabbia negli occhi dell’uomo la convinse a non contraddirlo.  

Impiegò diversi minuti ad alzarsi, nonostante l’aiuto del suo compagno.

Si morse il labbro inferiore, soffocando il dolore.

Solo una volta in piedi si accorse della gente che si era radunata intorno a loro.

Molti avevano assistito alla scena, mentre altri erano già all’opera per soccorrere Tara.

La donna, in forma umana, era bianca come un lenzuolo.

Mentre alcuni si affannavano a coprire la sua nudità, lei a malapena riusciva a comunicare con i medici.

Il sangue le ricopriva parte del viso.

Eileen si rese conto dei danni provocati dal bambino, preoccupata per le future ripercussioni.

Sporca, dolorante e affannata, fece leva sulla gamba sana e si appoggiò totalmente al suo compagno.

Per fortuna, c’era il suo corpo solido e forte a sorreggerla.

Una volta a contatto col suo fianco, si accorse che Roman stava tremando.

Lo guardò confusa.

Gli occhi color miele erano diventati più scuri, il mento sollevato, fiero e minaccioso.

“Se non è chiaro a tutti, lei è la mia compagna, chi ha intenzione di farle del male, dovrà vedersela con me!” ringhiò l’uomo con le braccia entrambe occupate, ma pronto ad attaccare da un momento all’altro.

Il tono basso e gutturale e il fiato che fuoriusciva dalle narici erano un chiaro avvertimento.

Nessuno osava fiatare, gli unici rumori percepibili provenivano dal bosco.

Eileen rimase senza parole e per un momento, dimenticò totalmente il dolore alla gamba, ciò che era successo, tutti i suoi problemi.

Esistevano solo lei e Roman.

Un brivido di adrenalina le attraversò la colonna vertebrale.

Nonostante il tremolio incontrollabile, la forza e la potenza del suo braccio intorno la sua vita le trasmettevano sicurezza e protezione.

Le sue parole le sciolsero il cuore.

Facendola innamorare ancora di più di lui.

Come se fosse possibile.

Non ebbe il tempo di osservare la reazione delle persone intorno a loro, perché Roman si era già incamminato verso l’asilo.

Con enormi difficoltà, ci arrivarono.

Lo stordimento e la confusione causati dagli ultimi eventi svanirono rimpiazzati dal dolore.

Eileen era sul punto di svenire, ma strinse i denti e cercò di eseguire dei respiri profondi.

Inspira, espira, inspira, espira.

Roman spalancò la porta con un calcio, spaventando tutti i bambini, compresa Genny che lo stava sostituendo.

“Genny, dammi una mano! Aiutala a stendersi” subito due braccia le circondarono la vita, spingendola verso uno dei letti.

Per quanto stesse soffrendo, Eileen doveva assicurarsi che Charlie ricevesse le migliori cure possibili.

Di’ a Roman che deve lasciare che si ritrasformi prima di mettere mano alle sue ferite…Il caldo è l’unica soluzione per invogliarlo a tornare bambino.

Segnò a Genny in maniera disconnessa.

Capito?

Le chiese, prima di stendersi.

Non ce la faceva più.

Per la prima volta, la ragazza annuì senza fare troppe storie e si catapultò dal fratello.

Passarono alcuni minuti, forse ore, Eileen non riuscì a capirlo.

Si svegliò e si riaddormentò, perdendo completamente la cognizione del tempo.

Nel mentre, realizzò ciò che era successo. Ciò che Roman aveva detto davanti a tutti.

Siamo ufficialmente una coppia ora.

Ancora non ci credeva.

Aveva mandato al diavolo tutte le regole e si era esposto per lei.

Le veniva da piangere.

Per la prima volta, lacrime di commozione, di sollievo.

Eppure, i suoi problemi non erano finiti.

Parte del branco aveva ascoltato le parole di Tara e probabilmente ci aveva creduto.

Credevano fosse una “sporca ladra”.

Eileen si coprì gli occhi con il braccio.

Una volta che qualcosa andava per il verso giusto, ce n’erano altre dieci che giravano per il verso sbagliato.

Maledizione.

Doveva spiegarsi, provare a chiarire il fraintendimento.

E Charlie?

Ancora non riusciva a capire come fosse possibile che si fosse trasformato.

Non solo, l’aveva salvata.

Senza di lui, sarebbe morta.

Provò a muoversi, ma un dolore lancinante la scoraggiò.

Alzò lo sguardo sulla gamba ferita e vide che era stata medicata.

Il vociare dei bambini era scomparso, la scuola era completamente vuota, tranne che per il suo letto e quello accanto al suo.

Quanto tempo era passato?

Sotto le coperte, a pochi passi da lei, Charlie riposava con un’espressione beata.

Il suo petto si alzava e si abbassava ad un ritmo regolare.

Tirò un sospiro di sollievo.

Anche se grande e grosso, Eileen lo notò solo in quel momento: Roman sedeva tra i due letti con un’espressione persa nel vuoto, i gomiti puntati sulle ginocchia e le mani tra i capelli arruffati.

Definirlo sconvolto era un eufemismo.

Allungò il braccio e gli toccò la gamba, facendolo sobbalzare.

“Ehi…” le coprì la mano piccola con la sua calda e callosa.

“Come sta la gamba?” le chiese a bassa voce, spostando continuamente lo sguardo tra il suo viso e la ferita.

Eileen annuì più volte e poi segnò lentamente.

La gamba è okay. Charlie?

Subito l’uomo spostò gli occhi sul corpicino steso supino nel letto.

“Credo bene…io sono sconvolto, non capisco…come sia possibile che si sia trasformato…” si aggiustò i capelli, spostandoli da una parte, nervoso e confuso.

“Non ha l’età giusta, nessuno dei bambini si è ancora trasformato…Non era mai successo…” le parole gli morirono in gola.

Ho visto un bambino trasformarsi a sei anni, può succedere, non è colpa tua.

Roman osservò le sue mani, ma non commentò.

Non parlò neanche per correggerla e dirle che Charlie aveva quattro anni e non sei.

Era scosso, era evidente quanto si sentisse responsabile per i suoi cuccioli.

Ci teneva veramente a loro e questo era uno dei motivi per cui era innamorata di lui.

Uno dei tanti.

“Mi dispiace per Tara…avrei dovuto mettere le cose in chiaro prima…” cambiò argomento, mantenendo un tono di voce basso.

Gli occhi color miele la guardavano dispiaciuti, sinceri.

Erano tornati al loro colore naturale.

Per un attimo, ricordò la sua dichiarazione nel bosco e arrossì.

Poi però si rese conto di essere in difetto.

Roman le stava dimostrando più e più volte il suo amore e lei non era stata per niente onesta con lui.

Doveva dimostrargli che non aveva riposto il suo cuore nelle mani sbagliate.

Doveva essere degna dei suoi sentimenti.

La verità è un atto d’amore. E di coraggio.

Era stanca di scappare.

Mi dispiace di non averti detto delle guardie, di ciò che è successo a me e a Mala.

Non provò neanche a giustificarsi dicendo che lo aveva fatto perché faceva parte di una promessa fatta all’amica.

Era inutile e senza senso.

In più, il tempo era contro di loro, doveva spiegarsi prima che fosse troppo tardi.

Mi dispiace di non averti parlato della mia famiglia, di quell’episodio in particolare…

Sorpreso della piega che stava prendendo quella conversazione, Roman si raddrizzò sulla sedia, tutta l’attenzione concentrata su di lei.

I suoi occhi la guardavano con circospezione.

Il silenzio la incoraggiò a continuare.

Una volta iniziata la confessione era difficile fermarsi.  

Liberarsi era così catartico.

Provò una forte vertigine che non seppe catalogare come positiva o negativa.

Mi dispiace di non averti detto la verità sin dall’inizio, della mia condizione, del fatto che sono uno scherzo della natura…

Alzò lo sguardo e incontrò il suo, disorientato e guardingo.

Sembrava sul punto di interromperla per contraddirla, ma alla fine, decise di rimanere in silenzio.

Una strana calma si impossessò del suo corpo: si era immaginata così tante volte quel momento che non si era assolutamente resa conto che fosse arrivato.   

Ho smesso di trasformarmi, non sono più un lupo da 12 anni.  




Buon Voice Day a tutti/e!

Come promesso, sono tornata il prima possibile. 

Questo capitolo si è quasi scritto da solo, per così dire. Non avevo pensato di includere la confessione di Eileen a breve: nella mia mente, i tempi non erano ancora maturi. Però nella stesura di questo capitolo, la storia ha preso una piega diversa ed eccoci qua. 

Mi dispiace di avervi lasciati sul più bello, avete tutto il diritto di lamentarvi!

Al prossimo aggiornamento <3

Helen
  
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