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Autore: LadyPalma    13/12/2021    4 recensioni
Post settimo libro, what-if.
James Andrews, il nuovo professore di Difesa, ha due missioni per questo Natale: diventare amico di Severus Piton e farlo mettere insieme a Charity Burbage.
Cosa può andare storto?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charity Burbage, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Prompt della challenge «Calendario dell'Avvento» indetta da Coraline sul forum «Ferisce più la penna»: bacio a mezzanotte.
 





– Capitolo 2 –





«Allora, come è andata ieri?»

Severus fulminò con lo sguardo l'uomo comodamente seduto nell'aula di Pozioni, la sua aula, ma quando si accorse che quel deterrente per qualche motivo non funzionava, si limitò a sospirare stancamente e a pensare davvero alla domanda. 

A dire il vero, la giornata con Charity era stata bellissima o un completo disastro – dipendeva dai punti di vista. 

Di certo, avevano avuto l'occasione di passare molte ore insieme e, come sempre accadeva, quelle ore erano trascorse piuttosto velocemente, a dispetto del compito non proprio agevole di decorare tutte le aule di insegnamento della scuola – soprattutto perché Charity aveva insistito per mettere via le bacchette. 

«Non ci provare neanche, Severus» l'aveva apostrofato lei, con il tono riservato agli studenti indisciplinati e un sorriso malcelato. «Non insegno Babbanologia per nulla…» E, in contemporanea a quella dichiarazione, aveva tirato fuori una radiolina Babbana con delle cassette registrate. 

Così, mentre avevano preso a passare di stanza in stanza con ghirlande, rametti di vischio e alberelli da addobbare, avevano avuto la compagnia di una compilation di canzoni natalizie e di un audiolibro del Canto di Natale di Charles Dickens. Il tutto intervallato da commenti, domande, battute, risate, sebbene perlopiù stessero in silenzio, ed era lo stare insieme in silenzio, in fondo, la parte più bella, perché gli faceva proprio capire quanto fossero (e fossero sempre stati) in sintonia. 

Il punto più alto era stato quando era partita una canzone in particolare, e Charity aveva iniziato a cantare a tempo.

«È la prima volta che ti sento cantare. Hai una bella voce». 

Lei arrossì solo leggermente al complimento, con gli occhi puntati sulla ghirlanda che aveva tra le mani. Ma soltanto cinque secondi dopo l'aveva posata all'improvviso sui banchi in prima fila dell'aula di Incantesimi e aveva afferrato l'uomo per un braccio. 

«Balliamo, che dici? In onore dei vecchi tempi» propose, alludendo al Ballo del Ceppo quando avevano deciso di andare insieme, e al Ballo del LumaClub di due anni prima, quando Lumacorno l'aveva obbligato a fare un giro in pista e Charity si era offerta come partner per cavarlo d'impaccio. 

Forse era proprio per via dei precedenti che Severus aveva accettato senza troppe remore. Mano sinistra nella mano sinistra, la destra di lui sul fianco di lei e la destra di lei tesa in alto sulla spalla di lui: stavano già improvvisando i primi passi, mentre la voce di George Michael riempiva l'aula altrimenti vuota.

«L'anno scorso ti ho dato il mio cuore, ma il giorno dopo tu lo hai dato via… Mmm non proprio una canzone allegra». 

Se l'uomo aveva parlato le parole iniziali del ritornello, la donna cantò in un soffio le successive. 

«... Quest'anno per risparmiarmi dalle lacrime, lo darò a qualcuno di speciale».

E nell'espressione dei suoi occhi azzurri c'era una eloquenza che non poteva essere ignorata, non mentre erano così vicini, non dopo i mille incoraggiamenti di Andrews che gli avevano fatto tornare a credere davvero nelle nuove possibilità. Così, Severus inclinò il capo, per fare incontrare i loro occhi. «Tu ci credi davvero? Che si possa regalare un cuore più di una volta nella vita?» 

«Questo dovresti dirmelo tu, Severus». 

La canzone era finita e la musica era scivolata in un ben più allegro Jingle Bells, ma loro due erano completamente immobili, anche se ancora vicini, forse un po' di più. 

L'uomo però non aveva risposto; al contrario l'aveva lasciata andare senza preavviso allontanandosi bruscamente, ed erano dovuti passare diversi minuti prima che lui pronunciasse una nuova parola. 

Ecco, perché, dopotutto la giornata era stata un completo disastro: quello che non era successo continuava a pesare su Severus nella forma di dialoghi da riscrivere nella propria mente. E se avesse osato dire cosa gli si agitava dentro? E se non si fosse allontanato? 

Ad ogni modo, nulla di tutto questo fu raccontato a James, il quale dovette accontentarsi alla fine di un laconico «Tutto bene, grazie per l’interessamento».

«Mmm» fece il professore di Trasfigurazione, chiudendo un libro di filosofia Babbana e alzandosi pigramente in piedi, con espressione delusa. «Niente da segnalare, quindi? Proprio niente?»

«Non che io sia tenuto a segnalarti alunché».

Ma James parve non aver sentito minimamente quella precisazione. Anzi, gli diede una pacca sulla spalla prima di avviarsi verso la porta. 

"Beh, stasera non avete la vostra consueta partita di carte? Prova a parlare in quell’occasione, magari lontani dalla confusione! Mi raccomando, eh, vecchio mio, ci aggiorniamo domattina!" 

Segnalare. Aggiornarsi. Parole che suonavano strane a Severus, ma che, in fondo, doveva ammettere non gli dispiacevano troppo. Si stava decisamente ammorbidendo. 


 

 
***

 

Era una sensazione strana, fare una cosa abituale ma con una consapevolezza diversa. Aveva giocato con Charity a carte quasi ogni venerdì da almeno cinque anni, eppure quella serata in particolare sembrava a Severus come un avvenimento unico e speciale. Non aveva potuto fare a meno di indossare per una volta una camicia colorata (se il blu notte si può considerare davvero un'alterazione del nero), di tirare fuori la bottiglia migliore di Whisky Incendiario, e di mettere in ordine il suo ufficio molto più di quanto non lo fosse mai stato: tutti piccoli dettagli che Charity, da brava osservatrice qual era, aveva notato subito ad alta voce, con l'effetto (forse voluto) di imbarazzarlo un po'. Perché era imbarazzato, e pensieroso, e distratto, talmente tanto da perdere più volte il filo del discorso – e soprattutto le partite. 

«Oh, è quasi mezzanotte. Dovrei proprio andare!» esclamò la strega a un certo punto, facendo per recuperare il suo scialle azzurro. E che erano passate due ore lui non se n'era eccezionalmente neanche accorto, troppo preso a considerare se e come riuscire a sbottonarsi anche solo un po' sui suoi sentimenti. Eppure quella parola – mezzanotte – ebbe quasi l'effetto di una rivelazione; del resto era certo che qualche scrittore Babbano (non ricordava proprio chi, men che meno in quel momento) l'avesse definita l'ora della verità, quella in cui gettare la maschera.*

Così, prima che lei potesse voltarsi completamente sulla sedia, lui le afferrò di slancio una mano, trattenendola nella propria, un contatto sospeso sopra il tavolo da gioco e le carte sparpagliate. Assurdo pensare come in tutti quei venerdì le loro mani non si fossero mai sfiorate. 

Lei sollevò lo sguardo con aria interrogativa, ma non fece cenno di voler ritrarre la mano, anzi la sua espressione sembrava una supplica, quasi, di osare di più – per chi fosse stato abbastanza sveglio da coglierla. Ma Severus, che era sveglissimo per tantissime cose, non avrebbe compreso i sentimenti palesi di lei per lui (talmente palesi da essere noti dall'intero corpo insegnanti) neanche se lei glieli avesse sillabati ad alta voce. 

«Io non sono bravo in queste cose» ammise lentamente, iniziando ad accarezzarle l'interno del polso con il pollice. 

Charity comprese l'allusione, ma nel tentativo di alleggerire la tensione che entrambi avvertivano, accennò un sorriso e disse invece: «A giocare a carte? Si vede, a giudicare dalle partite di stasera…»

Anche lui curvò le labbra suo malgrado, ma l’espressione rimase seria, mentre i loro occhi si incontravano nuovamente in poco più di ventiquattro ore, e quegli occhi sembravano solo chiedere: e adesso? Fu un attimo: sullo scoccare di un’altra ventiquattresima ora, si avvicinarono entrambi fino a far sfiorare le loro labbra. All’inizio, fu un bacio leggero e timido, ma non si separarono troppo a lungo prima di tornare a cercarsi di nuovo – in modo passionale, urgente, quasi disperato. Eppure, la parte più difficile di tutte, confessare i propri sentimenti, non era ancora avvenuta e il bussare frenetico alla porta rimandò ancora quel fondamentale momento.

Dall’altra parte, c’era il disturbatore più improbabile dell’universo, con un’aria afflitta che non era forse mai stata su quel volto.

«Scsuate il disturbo, ma sono proprio un uomo finito».



 
***


 

«Ho interrotto qualcosa? Mi dispiace, davvero, ma dovevo parlare con qualcuno… e tu mi sei sembrata la persona migliore».

Severus sbuffò con irritazione: non sopportava quelle scuse, tanto più che erano in realtà doverose. «James, vuoi dirmi cosa diavolo sta succedendo da piombare nelle mie stanze a mezzanotte? Spero tu stia morendo dissanguato, solo questo forse potrebbe valere come scusa».

«A dire il vero sì, se vale la metafora del cuore che sanguina».

Severus arcuò un sopracciglio, considerando il pieno senso di quelle parole. Un problema sentimentale? La realizzazione, anziché infastidirlo come sarebbe successo solo qualche tempo prima, adesso in qualche modo lo rendeva più empatico.

«Fa’ un respiro profondo e bevi un po’ di Whisky, non ci tengo a vederti svenuto sul mio tappeto».

Ma James rifiutò quell’offerta con una mano come fosse una mosca molesta, ed emise un sospiro talmente drammatico da far temere seriamente a Severus che sarebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro.

«È che… non vuole parlarmi più, non so più cosa fare, sono andato al locale per l’ennesima volta, ma…» provò a dire, sventolando una specie di volantino. «Considerata la tua situazione, ho pensato che magari tu potessi aiutare me stavolta, vedere dal di fuori la cosa e darmi un aiuto, un–»

«A meno che tu non voglia dell’Amortentia, non vedo cosa posso fare per te».

James schivò, come sempre, la battuta velenosa e gli piantò i suoi occhi chiari addosso, occhi orrendamente umidi. «Sono serio, amico mio. Lily è la donna della mia vita, io lo sento, io non posso perderla».

Tutti i sensi di lui si misero subito all’erta nell’udire quel nome e nel fare una piccola, semplice, odiosa matematica. James e Lily, ma davvero?

«Mi stai prendendo in giro?»

Ma l’altro si era intanto voltato bruscamente, forse per piangere per davvero, e nell’autentico shock che seguì, gli occhi di Severus erano tutti sul foglietto che era caduto dalle mani del collega e che ora giaceva a terra.

C’era una foto, un nome e un indirizzo.

   
 
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