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Autore: LadyPalma    14/12/2021    5 recensioni
«Sai che quando mi sorridi a volte devo ricordarmi di respirare?»
Il sorriso di Severus – ché di un sorriso si tratta – gli si congela sul viso e la maschera si fa più guardinga. »Cos’è, una dichiarazione d’amore?»
Sirius sfodera un sorriso a sua volta, mentre scuote la testa. «Di odio, e forse di paura. Sei così inquietante quando sorridi, con quei denti storti e gialli, che ci resto di sasso. Sul serio, se sorridessi un po’ più spesso vinceresti ogni duello senza neanche tirare fuori la bacchetta».

Sirius & Severus, come ship if you squint.
Sulle note di "Niente" di Ultimo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Severus Piton, Sirius Black | Coppie: Severus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Prompt della challenge «Calendario dell’Avvento» indetto da Coraline sul forum «Ferisce più la penna»: 14 dicembre – "Vuoi latte e biscotti?" "Ti ringrazio, ma metti il rum al posto del latte".
Prompt della challenge «Tre tiri di dado» indetta da Sia_ sul forum «Ferisce più la penna»: 
Personaggio: Sirius Black
Dialogue: "Quando mi sorridi, a volte devo ricordarmi di respirare"
Avvertimento: Enemies to lovers



 
A Kodama_ e Kamy,
ché se qualcuno osa chiedere questi due insieme per Natale
io non so proprio resistere.






 
Niente
 
 
 
 
 
Quando mi siedo sopra il tetto del mondo,
mi accorgo di essere il solito che si rifugia nel fondo
di questo mio stupido e disonesto bicchiere
che bevo per mandar giù la parte mia che non si vede.

 
Cos’era stato prima, Sirius non lo ricorda. È qualcuno che non gli appartiene più, ché si era sempre sentito niente, però almeno prima era arrabbiato, speranzoso, pieno di passione nelle vene.
 
Ora, Sirius è solo il riflesso sul fondo di un bicchiere sempre troppo vuoto, un corpo scheletrico che a ogni abbraccio non prova niente. Assenza di conforto quando a farlo è Remus, vuota cortesia quando ci hanno provato gli altri, nostalgia illusoria quelle volte in cui a stringerlo è stato Harry – e tra le braccia gli resta sempre questo, niente.

C’è un pensiero, però, che lo scuote abbastanza da tirarsi su dal letto una giornata in più. Arriva Mocciosus, non deve vedermi in questo stato. Arriva Piton, con quale battuta brillante posso zittirlo oggi? Arriva Severus, no, Severus mai.
Arriva lui, e magari resta un po’ più della volta scorsa.
 



 
Certo che cosa ti pensi? Che adesso io sia felice,
non vedi che uso il sorriso per mascherar le ferite?
Io sono il solito stronzo che parla sempre di sé,
ma lo faccio perché tu non veda la parte vera di me.


 
Cos’era stato prima, Severus lo ricorda fin troppo bene. Non è cambiato di una virgola, ché si era sempre sentito niente, ogni volta che ha subito in silenzio le offese degli altri, ogni volta che un sogno gli s’è infranto tra le mani insanguinandogli i palmi, ogni volta che ha compiuto mille scelte sbagliate, e niente ci si sente pure adesso che di sogni non ne ha più, che di scelte sbagliate cerca di non farle.
 
Ora, Severus è più che mai una maschera attaccata al viso, una maschera che è anche un viso, e qual è il viso e quale la maschera non se lo ricorda più neanche lui. Non Silente che in lui ci vede troppo di buono, non il Signore Oscuro che non ha mai compreso che lui un ribelle vendicativo forse non lo è mai stato, non Minerva o Charity o Lucius ché l’amicizia, lui lo sa, è un’altra cosa – e allo specchio non vede quindi altro che questo, niente.

C’è un pensiero, però, che lo scuote abbastanza da procurargli un ghigno divertito almeno una volta al giorno. Vado dal cane randagio, non deve credere di me che sono un inetto. Vado da Black, lui è niente un po’ più di me. Vado da Sirius, no, Sirius mai.
Vado da lui, e magari ci resto un po’ più della scorsa volta.




 
Per questo guardami bene che adesso cala il sipario,
sai se la gente s’aprisse non esisterebbe il teatro.
 
 

«Ah, quanto disordine, Black. Rimangio ogni complimento sull’essere una brava donnina delle pulizie».
«Lo faccio per te, Mocciosus. La tua patologia clinica di controllare e organizzare tutto andrebbe curata con una esposizione diretta».
«E l’esposizione diretta a un cane con le pulci e la rabbia è inclusa nel pacchetto?»
Sirius scuote la testa, non sa cos’altro dire e si chiede se è, in fondo, rilevante. La risposta la trova sul fondo dell’ennesimo bicchiere.
«Sai che quando mi sorridi a volte devo ricordarmi di respirare?»
Il sorriso di Severus – ché di un sorriso si tratta – gli si congela sul viso e la maschera si fa più guardinga. »Cos’è, una dichiarazione d’amore?»
Sirius sfodera un sorriso a sua volta, mentre scuote la testa. «Di odio, e forse di paura. Sei così inquietante quando sorridi, con quei denti storti e gialli, che ci resto di sasso. Sul serio, se sorridessi un po’ più spesso vinceresti ogni duello senza neanche tirare fuori la bacchetta».
Ha tenuto lo sguardo fisso sul tavolo e qualcosa nel suo tono è diverso, l’ironia è più amara del solito e le pause tra le parole più spezzate.
«Ora mi spaventi tu. Non– non dirmi che ti stai per mettere a piangere, te ne prego».
Sirius alza gli occhi di scatto per mostrare gli occhi perfettamente asciutti, eppure finalmente nudi, perché per la prima volta del tutto vuoti. E in quello sguardo c’è qualcosa che è peggio delle lacrime: c’è l’emozione che manca in ogni abbraccio, c’è una maschera scorticata che lascia intravedere un viso.
«Ti va di restare un altro po’?»
«Perché dovrei? Sei un pessimo padrone di casa, l’ho detto, non mi offri niente».
«D’accordo. Mocciosus, cosa vuoi, latte e biscotti?»
«Ti ringrazio, Black, ma metti il Whisky Incendiario al posto del latte».

 

Vado da Sirius Black.
Ché uno specchio, seppur infranto, è pur sempre un modo per guardarsi dentro.
 
Viene Severus Piton.
Ché l’odio e il rancore, così potenti e così disperati, sono pur sempre meglio di niente.
 



 
È triste ma…
Quando mi abbracci non sento più niente.
   
 
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