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Autore: Lady Franken    14/12/2021    0 recensioni
Una giornata uggiosa come le molte che si susseguono nella cittadina di Forks.
Edward Cullen, uno dei ragazzi su cui le chiacchiere non si risparmiano, è alle prime uscite con la nuova arrivata, Bella Swan.
Ciò che nessuno sa è che la sua famiglia nasconde un segreto, narrato di generazione in generazione dalla tribù dei Quileutes, leggende che anche Jacob Black ritiene "semplici favole".
I freddi sono di nuovo a Forks, ma non si tratterà di questo nella storia.
Sappiate solo che gira più di un pettegolezzo sulla famiglia dei freddi, uno di questi proprio sulla madre dei ragazzi.
C'è chi afferma che il dottor Cullen sia sposato, altri che non abbia interessi femminili, addirittura che sia rimasto vedovo alla sua giovane età.
Nessuno sa dell'esistenza di un'altra -non ancora- signora Cullen ed Eileen non è ancora pronta a rivelarsi.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Nuovo personaggio, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Canticchio sottovoce, le note dolci che si levano dal pianoforte che Edward sta suonando. È rientrato da poco da scuola, lasciando Isabella a casa con suo padre e concedendoci un po' della sua presenza. Quell'umana gli ha davvero rubato il cuore e non potrei essere più felice per lui.
E poi ho imparato a mie spese a non scommettere contro Alice.
La melodia è qualcosa di nuovo, rimane morbida e calma, anche quando si distingue lo sbuffo di Rosalie sopra tutto. Lei è complicata, non accetta il fatto che Bella vuole rinunciare a tutto per mio fratello. A dirla tutta, non ha ancora perdonato me per questo. Noto che va verso il garage, probabilmente a sfogare un po' della sua rabbia tra i motori e spero vivamente che la Volvo non sia coinvolta, mi piace quella macchina. Emmett, Jasper ed Alice sono a caccia, abbastanza distanti perché Edward non possa ascoltare i loro pensieri e credo sia un bene. Jazz è un po' come Rose, non accetta che gli umani siano coinvolti nel nostro mondo, anche se, a differenza della bionda, per me l'eccezione l'ha fatta. 
Chiudo gli occhi, la pioggia è un rumore di sottofondo e il ticchettio costante su foglie e vetri è un vero paradiso alle mie orecchie. Amo Forks principalmente per il meteo instabile, fatto da un giorno di pioggia e l'altro pure. Raramente il sole riesce a penetrare le nubi, rendendo possibile per i miei fratelli e le mie sorelle confondersi con gli studenti della Forks High School. Le mie passeggiate invece si limitano ai territori di caccia e alla proprietà che occupiamo con la casa, non mi spingo mai più in là se non in compagnia di Carlisle, che è ancora impegnato in ospedale. 
Carlisle...
 
-In ogni caso i tuoi pensieri tornano sempre a lui.- sento ridacchiare Edward. -Poi osi dire di me e Bella.-
 
Nascondo il viso tra le mani, imbarazzata e incapace di arrossire come un tempo per fortuna. Lo guardo dalla mia posizione sul divano, un misto tra scoliosi e altri problemi posturali su cui Carlisle mi farebbe ancora la ramanzina se non fossi un vampiro. Perché continuo a pensare a lui!? Per dargli soddisfazione!? La sua risata aumenta, per fortuna continua a suonare.
 
-Leggo la mente ti ricordo.-
 
-E io ti ricordo che posso strozzarti!-
 
Fisicamente sono ancora giovane per quelli della nostra specie, ma non ho più forza di un vampiro fatto e finito, stando a ciò che mi hanno detto sui neonati. È Jasper l'esperto, io so solo che ho provato a battere Emmett.
Non ci proverò mai più.
È successo appena mi sono svegliata nella mia nuova vita, un turbinio di emozioni, colori, sensazioni che mai avevo provato così amplificate. Perfino la mia voce, che sembrava quella di una bambina, appariva più matura. I miei riflessi erano migliorati, scorgevo anche le cose più piccole e i profumi erano un'infinità, ma solo uno mi aveva davvero catturato. Non mi importava della sete in quel momento, non delle voci dei miei fratelli, non del mondo che mi attendeva fuori. 
Solo del vampiro biondo davanti a me, da cui non riuscivo a distogliere lo sguardo, incantata dal miele dei suoi occhi e dal sorriso dolce che da umana mi faceva fare tuffi al cuore. Quella stessa sensazione c'è ancora, ma molto più profonda. Mi manca essere una persona normale? No, non se lui è al mio fianco.
 
-Ricordi perfettamente tutto.-
 
Scuoto la testa, deve per forza intromettersi in tutto?
 
-Sai che non lo faccio apposta, scusami sorellina.-
 
Soprassiedo, come ogni volta. In fondo è anche colpa mia, non so ben arginare ciò che penso e quando è lui che immagino...
 
-Va bene, non darmi i dettagli.- sorride sedendosi accanto a me in un battito di ciglia. -Ho sentito un po' di rimpianto. Ti va di parlare?-
 
O di pensare? Sorrido della mia stessa battuta, sono proprio caduta in basso. Accetto silenziosamente mentre gli prendo la mano e so che non devo sforzarmi per dire qualcosa, basta solo che la mia mente sfiori quell'idea perché lui possa vederla.
Da dove iniziare però?
Beh, dal principio, no?
Conoscete la teoria del caos? Infinitesime variazioni nelle condizioni iniziali producono variazioni grandi e crescenti nel comportamento di determinati sistemi. Si dice infatti che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo. La farfalla che scatenò l'inizio della mia vita doveva aver parecchio rancore nei miei confronti quando sbatté le ali, tanto da provocare il gelo che accompagnò la mia nascita.
Carlisle mi trovò quasi una trentina di anni fa che ero una neonata, in uno degli ospedali inglesi in cui lavorava in quel periodo. Era inverno, da quel che mi raccontarono, e mia madre non era nemmeno maggiorenne, quindi mi abbandonò. Sono cresciuta con loro come fossero davvero la mia famiglia, festeggiando natali, compleanni e senza mai farmi mancare nulla. Non ho mai sentito diversità, non hanno mai fatta pesare questa cosa nemmeno quando crebbi e cominciai a capire lo sforzo dello starmi vicino nonostante avessi un cuore pulsante, i limiti che si ponevano per non spaventarmi per la loro natura. Rose era il mio punto di riferimento, un po' come se fosse mia madre, ma senza mai divenirla davvero. Emmett mi ricordo che era il mio letto preferito, adoravo quando mi faceva da enorme orsacchiotto la notte. Le volte in cui Carlisle era a casa le passavo con lui, Alice dice che già allora ne ero innamorata. In effetti odiavo le donne che lo fissavano in continuazione, ero gelosa di quanti riguardi gli riservassero e solo perché era bellissimo. Carlisle per me era molto più che un fisico invidiabile. Era un uomo dall'infinita cultura e conoscenza, capace di capire le persone senza il minimo potere e la sua dedizione per la vita era qualcosa di unico.
Avevo ormai diciotto anni, i capelli ramati sciolti in boccoli che sfioravano la schiena e occhi tra il verde e il castano. Una ragazza qualsiasi, un po' anonima e non proprio lo stereotipo di bellezza, non con le curve sui fianchi e le guance paffute che mi sono rimaste da quando ero bambina.
Passeggiavamo tranquilli nel bosco, era una giornata fin troppo assolata per l'Alaska, in particolare la zona del Clan Denali, a cui stavamo facendo visita.
Gli alberi si aprirono in una piccola radura ad un certo punto, lasciando passare il pallido sole estivo tra gli aghi dei pini. Le radici sporgevano dal terreno arido, abbandonato ormai da tempo dall'erba verde, ma era comunque un bellissimo spiazzo. Ero tanto entusiasta di averlo scoperto che quasi mi dimenticai che il vampiro era con me. 
Poi mi voltai.
Era raro vedere Carlisle al sole, non ricordavo l'ultima volta che era successo, ma quel giorno si era esposto ai suoi raggi con un piccolo sorriso. La sua pelle brillava come composta da fini diamanti e quasi sembrò surreale una simile visione, era qualcosa di meraviglioso e, allo stesso tempo, inumano.
Carlisle, la persona più compassionevole e buona che avessi mai incontrato, non era umano.
Quasi si faceva fatica a realizzarlo, colui che salvava le vite in realtà era colui che le toglieva per poter sopravvivere in questo mondo.
 
-Ti faccio paura.-
 
Un'affermazione, non una domanda. Scossi la testa per negarlo e gli sfiorai la guancia, ancora preda delle emozioni e del battito accelerato del mio cuore. Lo sentiva anche lui e l'aveva scambiato per paura, invece era tutt'altro. Al mio tocco, la sua pelle era calda, morbida, sembrava così diversa...
 
-Non tu.-
 
Sorrise, stavolta confuso dalla risposta o solo deluso. Diceva che non tenevo alla mia vita se ancora non ero scappata lontana da loro. Le sue dita toccarono le mie, un contatto tanto atteso da me.
 
-Cosa allora?-
 
-Il pensiero di perderti.-
 
-Non puoi dire sul serio.-
 
I nostri sguardi si incrociarono e quasi il tempo parve fermarsi. Non c'era niente che desideravo se non lui.
 
-Ogni giorno invecchio.-
 
-E diventi più bella.-
 
Sentii le gambe diventare instabili e l'altro braccio mi strinse la vita, tenendomi contro di sé.
 
-Mi avvicino sempre più alla morte.-
 
-Non ti basta invecchiare con me?-
 
Perché rispondergli? Sarebbe stato l'ennesimo no, un altro rifiuto al continuare la mia mortalità e lui sapeva perfettamente che non volevo più avere discussioni a riguardo.
 
-Errare è umano, ma perseverare...-
 
All'improvviso sentii il suo respiro sulla mia pelle, i nostri nasi così vicini che si sfioravano.
 
-Se mi porterà a te voglio continuare.-
 
-Stai giocando col fuoco.-
 
-Bruciami.-
 
-Sarà doloroso.-
 
-Ne varrà la pena.-
 
-Per un vampiro? Un assassino?-
 
-Per te.-
 
Fu quella la prima volta che vidi il paradiso e non fu mai bello come la sensazione delle nostre labbra unite. Erano morbide, una carezza dolce e delicata, così desiderata che quasi mi dimenticai come si respirava. Quello fu il primo bacio, l'inizio di una relazione complicata.
Lui era un vampiro.
Io ero un'umana.
"Complicata". Fosse stata solo quello...
Fu poco tempo dopo, forse un paio di mesi, che Carlisle ed io discutemmo pesantemente.
 
-Era quasi l'inizio dell'inverno.- è la voce di Edward a riportarmi a casa, a Forks, tra la pioggia e i rumori provenienti dal garage. -Ti aveva quasi morsa.-
 
-Ma non perché voleva bere.-
 
In effetti era stato per tutt'altro motivo e sia Alice che Edward avevano fatto finta di non sapere nulla. Non penso li ringrazierò mai abbastanza, Emmett mi avrebbe preso in giro a vita avesse saputo il motivo.
Ho sempre condiviso la camera con Carlisle da quando ero piccola, cioè le uniche cose che usava erano il bagno e l'armadio, quindi il letto lo occupavo principalmente io. Fu in quella stanza che iniziò a mettere in dubbio il suo autocontrollo. Eravamo in casa da soli e i suoi baci erano diversi, molto più languidi, spensierati e sembrava non essere teso come al solito, ma quasi rilassato. Era strano e piacevole perché credevo si fosse abituato a quelle sensazioni. 
Il mio errore fu di non volermi fermare. 
Il suo quello di voler accontentare la mia silenziosa richiesta. 
Scese con i baci sulla spalla, sul braccio e risalì verso la clavicola, dove sentii un leggero fastidio. Non glielo dissi subito e lui sembrò non accorgersene, poi il dolore crebbe e i miei sospiri cambiarono in una supplica.
 
-Carlisle...fa male...Carlisle!-
 
E tra quel dolore ricordo la sua paura. Poi il buio.
Quando mi svegliai ero nel letto, il mio pigiama indosso e il buio alle finestre. Alzai il braccio per passare la mano tra i capelli, ma una fitta me lo fece abbassare. Mi alzai di scatto diretta verso lo specchio e una garza mi portò a ciò che era successo qualche ora prima: mi aveva morsa. Scesi le scale il più silenziosamente possibile, di sicuro i miei fratelli erano rientrati e Carlisle si stava sentendo in colpa. Speravo non al punto di lasciarmi. Jasper mi si era parato davanti, nascondendomi alla vista e facendo cenno di fare silenzio assoluto mentre in sala si stava discutendo.
La voce di Carlisle era qualcosa che non avevo mai sentito provenire da lui, odio e tristezza insieme.
 
-Le ho fatto del male...-
 
-Non l'hai fatto intenzionalmente Carlisle.- questa era Alice, la voce simile a campanelli squillanti.
 
-Anzi, sei riuscito a fermarti.- disse Emmett, in piedi di fianco a Rose e al folletto di casa. -Non è cosa da tutti, lo sai.-
 
Edward era seduto accanto al vampiro biondo e lo guardava come un padre amorevole col figlio, i loro ruolo scambiati per una volta.
 
-Non mi sono nemmeno accorto di averla ferita!- si alzò di scatto, in un battito di ciglia. -Ho solo sentito il suo sangue...e poi si è come annebbiato, non può, non deve succedere!-
 
Era tanto inebriato dal sapore del sangue da aver cancellato dalla mente che mi aveva ferita. 
Ora capisco cosa intendeva allora: ero fragile, una sua disattenzione e avrei potuto rompermi tra le sue mani. Sfioro la cicatrice che mi è rimasta, sono solo due piccole e pallide incisioni, nulla rispetto a quel che aveva fatto dopo.
 
-Ti ha ignorata per un bel po', ce lo ricordiamo.-
 
Annuisco e basta alla voce di Rose, da quanto è qui? Abbastanza per aver capito di cosa stiamo parlando io e nostro fratello. E perché ora si è unita a noi, lei che ci odia?
 
-Non è che odia noi. Cioè, anche.-
 
-Odio il fatto che tu abbia rinunciato a tutto. Avevi una vita normale, potevi avere dei figli, invecchiare. E Bella sta facendo la stessa stupida scelta.-
 
-Tu sei umana ed Emmett no.- dissi senza guardarla. -Puoi fare la tua vita, sposarti, invecchiare al suo fianco. Ma non avere figli. Morire e lasciarlo con un vuoto nel petto che non colmerà mai.-
 
-E a che prezzo per voi?-
 
Già, a che prezzo? Ho venduto la mia anima a...beh, non morirò mai, faccio prima a dire così. Avrò per sempre diciotto anni, non andrò mai avanti con il tempo, che ora passa davanti a me come fosse solo un numero.
 
-Almeno non si farà più male come quella volta!- questo è Emmett, sono già tornati dalla caccia?
 
Non faccio in tempo ad alzarmi che le sue braccia mi stringono in un abbraccio e, quasi in automatico, un sorriso anima le mie labbra.
 
-Orso di casa!-
 
-Sorpresa!- Alice entra come un tornado, i capelli neri scompigliati. -Abbiamo saputo che stavate scavando nel passato.-
 
Si, mai farsi gli affari propri. Però è anche il bello della nostra famiglia, no? L'atmosfera si è fatta meno tesa e so che c'è il tocco di Jasper. In casi come questi possiamo solo ringraziarlo, anche Rose ha i tratti del viso distesi, quasi sembra felice di stare in compagnia. Emmett mi tiene ancora stretta mentre si siede sul divano, che fa un brutto cigolio in segno di protesta, gli altri si uniscono in un battito di ciglia.
 
-Tipo quando ti hanno scambiata per un autoscontro?- Jasper fa un sorriso e io rabbrividisco.
 
Si, quel concatenarsi di eventi ci aveva preso davvero gusto quella settimana, il mio destino si poteva definire come un'oscura e complicata versione del poker, giocata in una stanza totalmente buia, con carte bianche, posta infinita, un mazziere che non spiega le regole e non smette mai di sorridere. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
🦋Nota dell'autrice:🦋
 
Buongiorno miei cari!
 
Dopo tanta inattività ho deciso di pubblicare questa longfic (che si dividerà in due capitoli) ~forse.
Questo perché non so se la continuerò.
Non saprei.
Vedremo!
 
Come mai l'effetto farfalla?
Avete presente Jurassic Park? Di sicuro! Uno degli ospiti del parco è Ian Malcom, un caosologo e spiega questa teoria che si troverà anche negli altri film. Avevo la necessità di inserire questa teoria in qualche modo.
 
Esattamente come il destino impersonificato da una giocata a poker e ci tengo a sottolineare che proprio questa ultima frase è una Good Omens cit.  perché ormai mi sono affezionata ad Aziraphael e Crowley❤️
 
Al prossimo capitolo❤️🦋
 
 
   
 
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