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Autore: workingclassheroine    17/12/2021    0 recensioni
Quando Paul McCartney arriva all'Università di Cambridge il suo obiettivo è quello di far scorrere tutto liscio fino alla laurea.
Il suo insopportabile compagno di stanza, John "Churchill" Lennon, è ben deciso a rendergli le cose più difficili.
E più divertenti.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti, Ringo Starr
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

THE LORD OF THE RINGS



Il professor Davies sta facendo un veloce ripasso delle declinazioni latine, e la lavagna è piena della sua grafia tremolante.

Il suo soprannome, la Tartaruga, lo descrive bene: ha il viso pieno di rughe, ed è così esile che sembra debba spezzarsi in due al primo movimento brusco.

Eppure i suoi occhi celesti sono vividi, pieni di intelligenza, e la sua voce è ancora alta e cristallina.

Lo ascolto per un po', ma conosco già bene gli argomenti di cui parla, e anche Shiva non sembra particolarmente preso dalla lezione.

Per le successive due ore, quindi, non faccio altro che porgli domande.

Chiunque altro mi avrebbe sbattuto la testa sul banco, ma Shiva è indicibilmente paziente con  me.

Neanche il fatto che una buona percentuale dei miei interrogativi riguardi Churchill, più che i corsi o i professori, lo fa sbottare.

"Lo capisco" mi dice, mentre disegna distrattamente margherite sul proprio quaderno, "Per tutti noi è stato così. Conosci questo ragazzo e per il resto della tua vita sei diviso tra la voglia di diventare il suo migliore amico e quella di piantargli un coltello nella gola"

La descrizione mi sembra più che esatta.

Da Shiva imparo che Churchill odia i supermercati, e questa è la ragione per cui sono sempre lui e Phineas a fare la spesa per tutti.

"Ha qualcosa a che vedere con tutti quegli scaffali, i prodotti in serie e l'aspettare in fila. Ognuno ha le sue stranezze"

Bevo tutte le informazioni che sa darmi, come una spugna.

Churchill ha perso sua madre (come me, penso, ma non ho il coraggio di dirlo a Shiva), e vive con sua zia.

Di suo padre non parla mai.

Ogni volta che gli si chiede di lui, inventa un mestiere diverso per prendere in giro l'interlocutore.

Il signor Lennon è dunque, tra le altre cose: esploratore, spia russa, conduttore del meteo e drag queen.

"La verità è che neanche a Churchill interessa cosa faccia davvero suo padre. Lo ha abbandonato che era molto piccolo. Ogni tanto gli manda una cartolina da qualche posto esotico, ma tant'è"

Quando gli chiedo del loro piccolo gruppo, Shiva si illumina.

Ha conosciuto Churchill per caso, perché lui gli ha chiesto una sigaretta fuori dalla stazione, e una volta scoperto di avere la stessa destinazione hanno deciso di dividere un taxi.

"Poi sono entrato in camera e ho trovato Phineas. Per me era il primo anno. Mi sono aggrappato a loro due come un naufrago"

Riesco a immaginare la sensazione.

Shiva mi sorride divertito, intuendo il filo dei miei pensieri.

"Non preoccuparti. Phineas mi ha detto che persino Churchill sembrava spaesato, quando è arrivato qui"

Non riesco a immaginare Churchill spaesato, ma sono così affascinato che lascio che continui.

Phineas aveva visto questo ragazzo, cupo e a braccia conserte, che sedeva nel bel mezzo della sala comune.

Da solo.

Studiava quello che aveva attorno con uno sguardo talmente penetrante che i suoi coetanei lo evitavano, spaventati.

Così si era seduto di fronte a lui.

"Gli ha chiesto se sapeva giocare a scacchi, e hanno iniziato una partita. Poi Phineas, con aria casuale, gli ha detto che non conosceva il suo nome. Churchill si è presentato, e gli ha detto che presto in quella sala il suo nome lo avrebbero conosciuto tutti".

Mi sembra, a ogni parola di Shiva, di possedere meglio il mistero del mio eccentrico coinquilino.

Il bisogno di riscatto, la sete di attenzione, persino i modi bruschi mi sono ora perfettamente chiari.

E, lungi dal diminuirla, ogni elemento che aggiungo a quel mosaico chiamato John Lennon accresce la mia attenzione nei suoi confronti.

Ho il tempo di ragionarci durante la lezione di Letteratura Greca, dove non conosco nessuno che possa chiacchierare con me.

La ragazza che mi è seduta accanto, dal viso dolce e timido, mi ha sorriso appena nel lasciar cadere lo zaino accanto al mio.

Ha mormorato il suo nome, Cynthia, quasi nascondendosi tra i lunghi capelli biondi.

Le ho detto il mio, le ho sorriso a mia volta.

E questa è stata finora la nostra interazione.

La professoressa Cohen, mezz'età, l'aria di una donna che potrebbe farti sospirare così come tremare di terrore, sta spiegando la poesia di Archiloco e tracciando alla lavagna lo schema del giambo.

Ricopio tutto sul mio quaderno, diligentemente.

"Archiloco è il primo poeta umano" dice la Cohen, "Abbandona del tutto la sacralità del suo ruolo, l'idea che essere poeta significhi essere vate. Leggendo i frammenti che ho scelto per voi vedrete un uomo profondamente ironico, cinico, anticonformista. E certamente fu anche questo. Tuttavia vi invito ad andare più a fondo: dietro la giocosità di Archiloco ci sono valori, responsabilità, denunce sociali"

Devo stare diventando pazzo, perché non riesco a togliere Churchill dalla mia mente.

Mi chiedo se sia il mio cervello a voler creare una sovrapposizione tra lui e quella descrizione, solo per il piacere di illudersi d'averlo capito.

In fondo, non conosco Churchill più di quanto la Cohen conosca Archiloco.

Eppure qualcosa in me è spinto alla ricerca, all'analisi.

Voglio capirlo.

È sempre stato un mio difetto, questo.

Adoro i personaggi letterari, quelli eccessivi, esuberanti e complicati, e Churchill sembra uscito dalla penna dei migliori tra gli autori che ho letto.

Mi sento ridicolo al solo pensiero, ma io voglio diventare amico di quel ragazzo.

E voglio che non abbia più segreti per me.

Il mio telefono vibra nella tasca, interrompendomi, e lo sblocco distrattamente.

Il numero è sconosciuto.

Tra mezz'ora alla fermata
del bus, Monica.
Non tardare.
- C

Sospiro, ma non riesco a trattenere un sorriso.

Parli del diavolo.

Cura la tua ossessione
nei miei confronti, amico.
Dove hai preso il mio numero?

La risposta è quasi istantanea.

Sempre dal tuo fascicolo.
Ti facevo più sveglia, Ines.

Lo rileggi a ore alterne?

Sì, lo ho lasciato accanto
al cesso proprio per questo.

Divertente.
Cosa vuoi, comunque?

Per essere uno che ha scelto
filologia come materia opzionale
non sei molto ferrato nell'analisi del
testo. Devi accompagnarmi.

Lo farò, naturalmente.

Ma ciò non toglie che debba darmi un contegno e dare almeno l'impressione di avere di meglio da fare.

Ho promesso a Shiva di
aiutarlo con il latino, dopo
le lezioni. Non puoi rimandare?

Posso, Delilah.
Ma lo farai tu.

Non puoi chiedere a
qualcun altro?

Non sfidarmi.

Non rispondo al suo ultimo messaggio.

In parte perché ho paura che chieda davvero a qualcun altro di andare con lui, se continuo a provocarlo, in parte perché l'idea di lui che controlla ogni tanto il telefono aspettando una risposta mi rende stranamente allegro.

Immaginarlo bestemmiare è quello che mi consente di affrontare i successivi venti minuti di lezione con il sorriso stampato sulle labbra.

*

Trovo Churchill che mi aspetta con le braccia incrociate, e la ragazza davanti a lui che ride di quella che deve essere stata una battuta.

Per un attimo temo di essere stato sostituito, eppure ho corso per mantenermi nella mezz'ora concordata, ed ero quasi certo il mio silenzio sarebbe stato interpretato come assenso.

Poi Churchill posa gli occhi su di me.

"Dio, Gwyneth, finalmente. Dobbiamo andare"

Anche la sconosciuta si volta, in un adorabile turbinio di capelli rossi.

Mi sorride, e mi ci vuole tutto il mio impegno per non crollarle ai piedi e baciarle le scarpe.

"Allora ciao, Churchill. Spero potrai occuparti della questione" dice poi, baciando sulla guancia quello che ora mi sembra l'essere più fortunato della Terra.

"Contaci, Cherry"

Aspetta che l'incantevole angelo sparisca, prima di rivolgersi nuovamente a me.

"Te lo giuro, Courtney, non potresti avere un'espressione più stupida neanche se ci provassi".

Mi riscuoto.

"Di cos'è che devi occuparti?"

Churchill scrolla le spalle, disinteressato.

"Piccole liti. Jane e la sua coinquilina non vanno d'accordo. Vogliono un mediatore"

"Le puoi dire che è libera di trasferirsi in camera nostra. Se serve, anche cacciando te a calci" commento, accendendo una sigaretta.

Ne porgo una anche a lui, che sorride.

"Per il tuo bene, Sarah, fingerò di non aver sentito"

Attendiamo l'autobus, che ci raccoglie dalla strada qualche minuto dopo.

Il tratto è breve, e Churchill si infila tra i vicoli e le auto come se la città gli appartenesse.

Lo seguo a fatica, senza avere la possibilità di godermi il primo vero sguardo a Cambridge.

Arriviamo di fronte alla Chiesa di St. Mary the Great, che mi sembra di riconoscere dalla bella facciata chiara e dalla alta torre campanaria, e mi chiedo se Churchill sarebbe disposto a farmici entrare solo per qualche secondo.

Non ho il tempo di aprire bocca che mi ha afferrato per il braccio, costringendomi a camminare più velocemente.

Lo prendo per un no.

"Esther, amore, ti porterò a fare la turista quando avremo tempo da perdere"

Per l'appunto.

Ci fermiamo solo una volta arrivati a Market Square.

Lo spiazzo è invaso di bancarelle colorate, e la gente avanza pigramente dall'una all'altra come api sui fiori.

Non provo neanche a chiedere perché siamo qui, e mi limito a seguire docilmente la schiena di Churchill di fronte a me.

Si ferma di fronte a quello che sembra essere il negozio di un gioielliere.

"Buongiorno, Tom" dice, e la nostra entrata è accompagnata da un profondo scampanio.

L'uomo sorride, alzandosi in piedi per stringergli la mano.

Porta ancora sull'occhio la piccola lente tipica del mestiere, ma si affretta a rimuoverla.

"Bentornato, Churchill. Ti serve qualcosa?"

Lascio che discutano, dato che nessuno dei due fa caso a me, e mi perdo a osservare le creazioni di Tom.

Mio padre comprava sempre dei gioielli alla mamma, ed erano sempre costosi e incredibilmente freddi.

Credo lo facesse per compensare il fatto di essere così poco presente in famiglia, ma in ogni caso lei aveva sempre la stessa reazione.

Mormorava che era bellissimo e che era così felice da non saperlo esprimere a parole.

Non la ho mai vista indossare quei gioielli.

"Lexie" mi richiama Churchill, facendomi sussultare.

Mi volto verso di lui.

Ha in mano un anello, semplice, una fascia di lucido argento.

"Provalo" mi dice.

Inarco le sopracciglia.

"Potresti almeno metterti in ginocchio" gli suggerisco.

Sbuffa, ma si sta sforzando per non sorridere.

"Meno dramma, Loretta. Voglio vedere come sta su una mano che non sia la mia"

Lo accontento, infilandolo sul medio.

Churchill studia attentamente le mie dita, poi mi fa cenno di restituirglielo.

"D'accordo. Mi ci vorrà un po', Kathleen. Se preferisci puoi dare un'occhiata fuori, nel frattempo"

Non me lo faccio ripetere due volte.

Mentre aspetto Churchill, ho il tempo di curiosare tra le creazioni degli artigiani e i prodotti biologici che affollano le bancarelle, e di bere un caffè terribilmente amaro.

Fa meno freddo, rispetto a stamattina, e il sole illumina la mia pelle bianca e il rosso dei mattoni in un bagno di splendore.

Tutto sembra bello e sereno, e mi rendo conto di non essermi mai sentito così ad Oxford.

"Ti senti a tuo agio con il creato, Samantha?"

"Qualcosa del genere" ammetto, "Potrei mettermi ad abbracciare gli alberi"

"Finché non abbracci me, va bene" mi concede Churchill, magnanimo.

I suoi capelli risplendono di riflessi ramati che non ho mai notato, e neanche i suoi modi mi impediscono di stringergli un braccio intorno alle spalle.

Gli scompiglio i capelli con le nocche, per il solo gusto di dargli fastidio.

E Churchill ride.

Non mi minaccia di morte neanche una volta, e io mi sento autorizzato a lasciare il braccio attorno a lui ancora un po'.

"Perché ti conoscono tutti? Voglio dire, capisco gli studenti. Ma quell'uomo?"

Sento le spalle di Churchill alzarsi appena sotto il mio tocco, come in un moto di orgoglio.

"Niente di che. Lo ho aiutato con una rapina"

È volutamente vago, vuole che gli ponga più domande ma non vuole sembrare troppo pieno di sé.

"Non farti pregare" lo prendo in giro.

Stiamo camminando lentamente, e alla nostra destra c'è di nuovo la bella Chiesa che mi aveva incuriosito.

Non la degno neanche di un'occhiata.

"D'accordo, Mildred. Dei ragazzi hanno rubato alcuni dei suoi gioielli, rompendogli la vetrina. Se ne è parlato anche da noi, perché si sospettava fosse uno studente. Ci ho messo tre giorni a scoprire chi fossero i responsabili, e li ho costretti a restituire tutto e pagare per quello che avevano danneggiato. In cambio, Tom ha deciso di non denunciarli e ha con me un debito di gratitudine"

Sta aspettando le mie lodi, lo sento, e proprio per questo rimango in silenzio.

Churchill, ovviamente, lo capisce al volo.

Sorride, divertito, e si spinge contro di me per farmi perdere l'equilibrio.

"Stiamo tornando a casa?" chiedo, lasciandolo andare.

Non ho mai chiamato Oxford casa.

"No, Faith. Stiamo andando a studiare con gli altri" spiega, riavviandosi i ricci con le dita, "Sono nel parco"

Arriviamo nell'erba che fronteggia il New Court, il nostro dormitorio, che Phineas e Shiva sono già immersi nei libri

Arriviamo nell'erba che fronteggia il New Court, il nostro dormitorio, che Phineas e Shiva sono già immersi nei libri.

Shiva, in particolare, accoglie il mio arrivo con un sospiro di sollievo.

"Per fortuna, Cassius. Ho preso un dizionario anche per te, in biblioteca. Aiutami"

Lo ringrazio, sedendomi accanto a lui.

La Tartaruga ci ha imposto di tradurre venti righe da Cesare, per domani, e Shiva ha già talmente tante cancellature sul suo quaderno che il foglio sta cadendo a pezzi.

Sfoglio il dizionario, spiegandogli come costruire le frasi.

Mi è sempre piaciuto tradurre.

Mi piace la sensazione tattile delle pagine che mi scorrono tra le dita, il movimento rapido degli occhi quando devono scorrere la pagina alla ricerca del senso concreto della frase, la selezione del significato più adatto, il sottile lavoro di ricostruzione di ciò che qualcuno, migliaia di anni fa, aveva voluto dire.

"Ho iniziato bene, credo" si difende Shiva, "C'era tutta una bella storia di combattimenti e onori. Poi qualcosa è andato storto"

Controllo velocemente il suo lavoro.

"Sì, non credo che Cesare onorasse la dea Giunone presso un porcile" gli faccio notare, sorridendo.

Sento Phineas e Churchill ridacchiare.

"D'accordo, molto divertente" riconosce Shiva, "Sono un idiota. Proseguiamo"

Apro il dizionario, puntando il dito su un lemma.

"Ara, altare. La frase è 'Onoravo la dea Giunione presso un altare'" lo correggo, dolcemente, "Ti sei confuso con hara. Non sei un idiota, ma devi fare attenzione"

Shiva mi sorride, e torniamo a tradurre insieme.

Come credevo, non è che sia incapace, è che perde facilmente la pazienza e tende a dimenticare e confondere i significati che ha cercato un attimo prima.

Finisco qualche minuto prima di lui, e lascio che si prenda il suo tempo per terminare le ultime righe che gli mancano.

Lancio uno sguardo distratto a John, che è sdraiato di fronte a me, con la gamba sinistra ritratta e l'altra sollevata, la caviglia destra posata sul ginocchio.

Legge un libro di storia moderna, come mi pare di capire dal titolo, tenendolo sollevato come la prima volta che lo ho visto.

È troppo concentrato per far caso a me, quindi torno a Shiva, che mi porge diligentemente la sua traduzione.

Faccio qualche correzione, ma sono poche e lui ne sembra estremamente fiero.

"Come è andata la tua giornata da macellaio, Phineas?" chiedo poi, abbandonandomi finalmente sull'erba, a pancia in su.

Lo sento ridere, "Bene. Ho tenuto in mano un cuore umano ed è stato fottutamente schifoso ed emozionante"

La voce di Churchill è calma e priva di malizia quando interviene:

"Potresti portarmelo. Lo metterò in un barattolo accanto a quello di Rachel"

Non devo guardarlo per capire che sta accennando a me.

"Glielo ho rubato ieri sera, un complemento d'arredo adorabile"

Se lo dicesse qualcun altro, probabilmente mi arrabbierei e difenderei la mia salda eterosessualità.

Ma Churchill lo dice con leggerezza, senza cattiveria, e non riesco a offendermi.

"È un bugiardo" mi limito a commentare, "Oggi mi ha chiesto di sposarmi"

Shiva ride, "È stato romantico?"

"Certo. Ha tirato fuori l'anello e tutto il resto, poi si è inginocchiato e ha detto che è un vero stronzo, che si rende conto di esserlo e lo fa solo per compensare le sue ridicole dimensioni. Si è anche dovuto asciugare qualche lacrima, mentre singhiozzava e giurava che per me sarebbe stato migliore di così" invento, sbattendo le ciglia con aria sognante.

Gli altri ridono, Churchill ha una smorfia disgustata sul viso.

"Molto carino, Odette" mi interrompe, "Se non altro, dato che si parla di anelli, ho l'occasione di darvi il mio regalo"

Fruga nella tasca del cappotto, estraendone una bella scatola rossa.

"Volevo darveli stasera, ma immagino che Janice abbia rovinato la mia sorpresa"

Gli anelli, della stessa fattura di quello che ho provato oggi, sono quattro, lucenti e bellissimi.

E tutti presentano la stessa iscrizione: Audentes fortuna iuvant.

L'idea che Churchill sia capace di un pensiero così dolce mi fa mancare il respiro per un istante, e vedo che anche Phineas e Shiva sono sconvolti.

L'interessato se ne accorge, naturalmente, e inarca appena un sopracciglio.

"Vanno sulle dita, signorine" ci prende in giro, seccato, e indossa il suo, infilandolo sul medio.

Ci affrettiamo a fare la stessa cosa, rimirandoci le dita.

Phineas abbraccia brevemente Churchill, e anche se il secondo lo nasconde bene, noto che entrambi hanno gli occhi un po' lucidi.

"Lo fate sembrare un funerale" borbotta infatti, scostandosi.

Shiva ride, tirandogli un colpetto gentile.

Torniamo a studiare, scambiandoci qualche parola nelle pause e consumando decine di sigarette.

Per tutto il tempo il mio pollice continua a carezzare la ruvida incisione, come a volerla imprimere sul polpastrello.

Churchill mi sorride attraverso il fumo della sua sigaretta.

Ricambio, e il mio sguardo si sposta sui lunghi capelli di Shiva, ora legati in un'improbabile crocchia, e poi sugli occhi chiari e trasparenti di Phineas, pieni di gentilezza.

Il mio pollice preme con più forza sulla superficie fredda dell'anello.

Qualsiasi cosa decida la fortuna, qualsiasi sarà il nostro destino.

Noi, adesso, ci apparteniamo.
 

Note

Ma quanto è lungo questo capitolo? Vi sto viziando.

  
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