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Autore: Mari Lace    19/12/2021    1 recensioni
“So che domani è la vigilia e che noi non parliamo da un po’, ma a casa mia i termosifoni non funzionano e vorrei evitare di morire congelata. Tu sei l’unica persona che conosco in questa stupida città. Posso entrare?” snocciola tutto d’un fiato, tornando ad abbassare lo sguardo.
Non ha detto proprio tutta la verità. Luka non è l’unica persona che conosce a Parigi e lui lo sa bene; forse immagina che non sia andata al Grand Paris perché non vuole sorprendere i genitori nell’ennesimo litigio, forse sa anche che Sabrina è fuori città per lavoro. Molti suoi ex-compagni di scuola non ha idea di dove abitino, e quelli che sarebbe in grado di rintracciare difficilmente la accoglierebbero. Ma non è questo il vero motivo per cui si è presentata alle dieci di sera del 23 dicembre a casa di Luka. La verità le brucia sulla punta della lingua, ma non ha nessuna intenzione di rivelarla ad alta voce. Forse lui sarà in grado di leggergliela negli occhi.

[Adult!Chloé; Chloé!centered; Luka/Chloé; per Shireith 💙]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Bourgeois, Luka Couffaine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Fran,

Spartito incompiuto

 

“Ciao.”

Chloé sfugge lo sguardo di Luka. Lo immagina sorpreso, nel vederla lì, o magari persino irritato – non riesce a figurarselo, non ha mai visto Luka arrabbiato. Ricorda a tradimento il suo volto ferito, l’ultima volta che ci ha parlato prima di quel momento, e per un istante crede che le sbatterà in faccia la porta. È percorsa da un brivido, nonostante la giacca pesante.

“Chloé?”

Percepisce l’incertezza nel tono del ragazzo e prende coraggio. Alza lo sguardo e trova lo stupore che aveva immaginato. Avverte un nodo alla gola e ingoia a vuoto; sono passati tre anni ma Luka non è cambiato per nulla. Forse anche lei è rimasta uguale.

“So che domani è la vigilia e che noi non parliamo da un po’, ma a casa mia i termosifoni non funzionano e vorrei evitare di morire congelata. Tu sei l’unica persona che conosco in questa stupida città. Posso entrare?” snocciola tutto d’un fiato, tornando ad abbassare lo sguardo.

Non ha detto proprio tutta la verità. Luka non è l’unica persona che conosce a Parigi e lui lo sa bene; forse immagina che non sia andata al Grand Paris perché non vuole sorprendere i genitori nell’ennesimo litigio, forse sa anche che Sabrina è fuori città per lavoro. Molti suoi ex-compagni di scuola non ha idea di dove abitino, e quelli che sarebbe in grado di rintracciare difficilmente la accoglierebbero. Ma non è questo il vero motivo per cui si è presentata alle dieci di sera del 23 dicembre a casa di Luka. La verità le brucia sulla punta della lingua, ma non ha nessuna intenzione di rivelarla ad alta voce. Forse lui sarà in grado di leggergliela negli occhi.

Mi sei mancato.

Luka si sposta a lato della porta per farla passare, invitandola con un cenno. Non dice una parola, ma Chloé accetta l’invito ed entra. Nelle orecchie lo sente ancora pronunciare incredulo il suo nome.

“Quando sei tornata?” le domanda, spezzando finalmente il silenzio, dopo averle fatto posare la giacca all’ingresso e averla guidata in salotto.

L’appartamento è piacevolmente caldo, ma il freddo dentro Chloé non sembra intenzionato a dissiparsi. “La settimana scorsa.”

Si chiede se Luka le chiederà perché non l’ha cercato prima, e cosa dovrebbe rispondergli. L’ho fatto è una mezza verità che non ha il coraggio di rivelare. Come reagirebbe se sapesse che ogni singolo giorno della sua permanenza a Parigi si è trovata a camminare per la città rivedendo la sua ombra, le loro ombre, in ogni vicolo e vetrina? Troppo spesso l’istinto l’ha portata a imboccare la strada che l’avrebbe portata da lui, qualche volta ha persino ceduto. Non ha mai bussato, ha osservato dall’esterno aspettandosi di scorgere da un momento all’altro qualcun altro nella vita di Luka, qualcuno che lo rendesse felice come lei non ha fatto. Non è mai rimasta abbastanza a lungo da scoprire quell’eventuale presenza.

Si accorge che Luka lascia la stanza solo perché ne coglie il movimento con la coda dell’occhio. Si morde un labbro, incerta su cosa fare. È venuta lì, ha ceduto, e ora? Tutte le parole che vorrebbe – vorrebbe, davvero? – dire le sente incastrate in gola.

“È difficile cambiare se nessuno crede in te, vero?”

“Tu che cosa vuoi da me?”

“Niente. Volevo solo dirti che io ci credo, in te.”

Luka rientra e poggia qualcosa sul tavolo al centro della stanza, invitandola ad avvicinarsi. Lei l’accontenta.

“Prima parlavi di più” dice Luka, accennando un sorriso. “Bevi questa, ti scalderà.”

Sul tavolo c’è una tazza fumante; a giudicare da colore e odore si tratta di una cioccolata calda. Luka non è uscito dalla stanza perché non vuole vederla, ma per prepararle qualcosa. L’ennesima immeritata gentilezza acuisce i suoi sensi di colpa, ma Chloé non è il tipo che rifiuta qualcosa che vuole. Si siede e soffia sulla tazza prima di iniziare a sorseggiarla.

“Non mi chiedi com’è andata a New York?” domanda, trovando snervante il silenzio denso che è calato tra loro. Ha quasi finito la cioccolata.

“Ne vuoi parlare?” replica Luka, e Chloé si acciglia perché in effetti no, non ne vuole parlare. O forse sì. Non ne è certa; c’è stato un tempo in cui riusciva ad aprirsi, con Luka, come non faceva nemmeno con Adrien. Se c’è qualcuno a cui può raccontare quanto si senta amareggiata per il completo disastro che è stata la sua esperienza a New York, quello è – era? – lui. Con Sabrina si è lamentata criticando registi e stilisti incapaci di vedere il suo valore, fingendo quasi indifferenza di fronte ai loro rifiuti, ma la verità è che dentro si sente vuota. Ha sprecato tre anni – Adrien le ha detto che non è così, che ogni esperienza è in qualche modo utile almeno per crescere, ma lei non è riuscita a credergli – inseguendo sogni che non è nemmeno certa le siano mai appartenuti davvero, ottenendo solo fallimenti da aggiungere alla sua lista. Si è chiesta mille volte che senso avesse avuto lasciare Parigi, lasciare Luka, solo per finire a New York a vedersi bocciare un provino dopo l’altro. Ha provato anche a svolgere lavori part-time nel frattempo, ma non le sono riusciti meglio. Non è in grado di fare la cameriera o la commessa, non ne ha minimamente l’indole. Tre anni sono svaniti in un battito di ciglia, lasciandole solo negatività e un senso d’incompiuto.

“No” risponde a Luka, che non ha insistito nei minuti che ha lasciato passare prima di decidere. Altro silenzio. Anche quello la fa star male: possibile che non abbiano più niente da dirsi?

“Andrò a New York a trovare la mia strada.”

“Pensi che ti aiuterà andare così lontano a cercarla?”

“Mi aiuterà più che perdere tempo qui con te.”

“Perché sei tornata, Chloé?”

Mi mancavi. Mi dispiace. Sono caduta e l’ultima volta sei stato tu a tirarmi su.

“Avevi ragione.”

Chloé si alza e si volta verso di lui. Sa che dovrebbe scusarsi, ma non è per quello che è lì. È lì perché sa ciò che vuole, con più chiarezza di quanto le sia mai capitato a New York.

“Pensavo ci fosse qualcosa, tra noi. O che potesse esserci.”

“Ti sbagliavi. Forse ti sei sempre sbagliato, su di me.”

“Andare a New York non mi ha aiutata. Quello che volevo davvero è rimasto qui.”

Luka l’osserva in silenzio; le sembra che il suo sguardo penetri le sue difese, ma nulla nell’espressione del ragazzo tradisce comprensione ora. Chloé muove un passo in avanti.

“Voglio te, Luka. Anche se è egoista volerlo.” Non mi importa.

Chloé avanza ancora, Luka indietreggia d’un passo. “Ne sei certa?” domanda, continuando a scrutarla. Lei si chiede che cosa veda, che cosa le legga negli occhi. Si sta rendendo ridicola? Forse. Se c’è una persona da cui non si è mai sentita giudicata, tuttavia, è proprio il ragazzo che ha davanti.

“Mi hai dimenticata?”

“No.”

Il cuore prende a batterle più forte. Forse quella risposta non vuol dire niente, forse è solo un’altra gentilezza. Forse vuol dire tutto, forse qualcun altro non c’è ancora nella sua vita.

“È difficile dimenticare chi ti ferisce.”

Pensa che una pugnalata avrebbe fatto meno male. Di che si stupisce? Sapeva di averlo ferito, oh se lo sapeva.

“Sei sparita per tre anni.”

Non avverte un rimprovero nel suo tono, ma a questo punto non è più certa di saperlo dire. Magari sente quel che vuole sentire. Inizia a tremare. “Sei andato avanti?”

Luka esibisce un sorriso stanco. “Se vuoi sapere se mi vedo con qualcuno, no, Chloé. Negli ultimi anni mi sono dedicato alla band. Abbiamo fatto dei piccoli concerti, sai? Stiamo andando bene.”

Chloé lo sa, questo, e decide di essere sincera – parzialmente, almeno. “Lo so. Seguivo la band anche da New York.” Non dice che era per seguire lui, che i social li usa poco e nulla se non per la sua musica. Non dice nemmeno che un po’ l’ha invidiato, per ogni piccolo successo spiato dopo aver ricevuto un rifiuto.

“Sei stato il primo a credere in me, Luka.”

La fissa in silenzio, ma lei non ha intenzione di fermarsi. Si avvicina ancora e stavolta Luka la lascia fare, non mantiene la distanza. “Ti chiedo di crederci ancora.” Non fugge più il suo sguardo. Gli ha rivolto parole terribili, in passato, definendo perdere tempo i momenti passati insieme; non crede di meritarsi un’altra chance, non da lui. La vuole ugualmente.

“Va bene.”

Sulle prime crede di averlo immaginato. Il sorriso – non luminoso come quelli che ricorda, ma nemmeno forzato – sul volto di Luka le suggerisce che l’ha detto davvero.

Luka colma l’ultimo passo tra loro e la stringe in un abbraccio che sa di rimpianto. “Mi sei mancata anche tu, Chlo.”

Chlo. È un banale soprannome, ma non le è sfuggito che prima di quel momento aveva sempre usato il nome intero. Le ultime remore svaniscono e Chloé ricambia l’abbraccio, ritrovandosi a piangere sulla spalla di Luka.

Aveva dimenticato quanto potesse essere confortante.

Luka è seduto a gambe incrociate sul pouf, pizzica le corde della chitarra. In lontananza risuonano i rintocchi della chiesa più vicina.

“Buon Natale, Chlo” mormora. “Sono contento che tu sia tornata.” Sembra pensare a qualcosa e piega le labbra in un sorriso divertito. “Non c’era davvero bisogno di inventare una scusa tanto fantasiosa, però.”

Chloé, sul divano, si avvolge meglio nella coperta. “Non era una scusa.” È vero che i termosifoni da lei si sono rotti… con un piccolo aiutino. Sorride. “A proposito, ti dispiace se rimango qualche giorno in più?”

Non è davvero una domanda.

 

 

 

 

 

NdA

Ho scritto questa storia come regalo per Shireith; spero davvero che ti sia piaciuta, Fran!

La Luka/Chloé (con Chloé redenta, ovviamente) mi intriga ormai da un bel po’, ma ancora non ero mai riuscita a scriverne. Spero che il risultato non sia stato un disastro.

Ho preso ispirazione dal prompt: “Ciao, so che domani è la vigilia e che noi non parliamo da un po’, ma a casa mia si sono rotti i termosifoni e vorrei evitare di morire congelata. Tu sei l'unica persona che conosco in questa stupida città, posso entrare?” del Calendario dell’avvento indetto da Coraline sul forum Ferisce più la penna (passate a dare un’occhiata!).

Spero che il senso del titolo (odio dare titoli, quanto ho sbattuto la testa su questo…) sia chiaro: lo spartito incompiuto è quello di Luka e Chloé, rimasto incompleto quando lei se n’è andata. Ora potranno riprenderlo insieme, anche se non sono riuscita a inserire questo punto nel titolo [ma sarebbe stato spoiler, giusto? Mi consolo così XD].

Grazie per aver letto!

Mari

  
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