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Autore: ChrisAndreini    20/12/2021    0 recensioni
[Howl's moving castle AU-Klapollo]
"Klavier era lo stregone più temuto e allo stesso tempo più ammirato nell'orfanotrofio. Gli ultimi sette anni si erano sentite tantissime storie su di lui, il mago di fuoco, così potente che neanche lo stregone supremo Miles Edgeworth era riuscito a tenerlo a freno, e lo combatteva con forza e senza successo.
Voci giravano per quei corridoi di come rapisse i bambini e ghermisse il cuore di tutte le belle donne che incrociava, facendole innamorare e poi mangiando loro l’anima per essere più forte.
Apollo non aveva nessuna opinione né su quelle storie, né su Klavier in generale.
Dopotutto dubitava fortemente che lui, la persona più ordinaria e meno interessante del regno, potesse mai avere a che fare con maghi, stregoni e incantatori di alcun genere, soprattutto con qualcuno come Klavier."
...oh si sbagliava di grosso.
"-Ah, eccoti qui! Ti ho cercato dappertutto- Apollo si girò verso la persona a cui apparteneva la voce, ritrovandosi faccia a faccia con l’uomo più bello che avesse visto in vita sua"
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Apollo Justice, Klavier Gavin, Phoenix Wright, Trucy Wright
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Il palazzo

 

Quando Apollo aprì gli occhi, ci mise qualche secondo a rendersi conto di dove fosse, e capì di essersi addormentato accanto al letto di Klavier, dove l’aveva portato insieme a Trucy aspettando che si svegliasse dopo il suo tracollo.

Subito alzò la testa per osservare Klavier, che con suo sommo sollievo si era svegliato, e lo stava fissando con sguardo indefinibile.

Rendendosi conto di essere stato beccato, il mago si affrettò a distogliere lo sguardo, arrossendo appena.

-Klavier, stai bene?- chiese Apollo, preoccupato, alzandosi e controllando le sue condizioni.

-Sì, sì, non preoccuparti- Klavier sorrise rassicurante, lanciandogli brevi occhiate che però non si soffermavano su di lui per più di qualche istante -…sei rimasto- osservò poi, piuttosto sorpreso.

Apollo aggrottò le sopracciglia.

-È ovvio che io sia rimasto! Sei crollato davanti a me, che razza di persona sarei stata se ti avessi lasciato lì! Mi hai fatto preoccupare- Apollo si risedette accanto al letto, abbandonandosi contro lo schienale. Era stato veramente brutto vedere Klavier così. La preoccupazione di Trucy e May, appena l’aveva portato dentro, era stata ancora più spaventosa. Se non ci fosse stato Phoenix a rassicurare tutti che Klavier aveva solo bisogno di riposo e che si sarebbe rimesso sicuramente, probabilmente a quest’ora sarebbero stati tutti nell’agitazione più totale.

E Apollo era ancora piuttosto agitato.

-Potevi anche andartene dopo avermi soccorso, non c’era bisogno che restasse qui tutta la notte- osservò Klavier, con una punta di tristezza.

Apollo lo guardò storto.

-Se vuoi me ne vado- fece per alzarsi, intuendo che Klavier lo volesse cacciare, e piuttosto infastidito dalla cosa.

-No! No! …cioè… se vuoi puoi andare, ma non è che io lo voglia, anzi…- Klavier si affrettò a fermarlo, mettendosi più dritto, e poi prendendosi la testa, come se gli girasse. Sospirò.

-Ho poco tempo, Apollo- ammise, in un sussurro.

Il cuore del ragazzo trasformato in vecchio perse un battito.

-Cosa?- chiese, sperando di aver capito male.

Klavier sembrò rendersi conto dello stato di agitazione crescente sul volto del suo interlocutore, perché si affrettò a tornare sui suoi passi.

-Non sto morendo!- ci tenne a sottolineare -…forse- aggiunse poi, un po’ tra sé.

-COSA?!- Apollo scattò in piedi e gli si avvicinò, il cuore che iniziava a battere sempre più forte a causa dell’ansia crescente.

-No, cioè…  calmati, Apollo- Klavier lo incoraggiò a sedersi nuovamente. Apollo non eseguì.

-Che ti è successo lì fuori? Ti prego, dimmelo, magari posso aiutarti. So di non essere buono a nient’altro che a fare le pulizie, e mettermi nei guai, ma tu mi hai salvato la vita, non posso…- Apollo era combattuto, a dire il vero.

Da un lato voleva fidarsi, con tutto il cuore, di quell’uomo che gli aveva salvato la vita, offerto una casa, e trattato con gentilezza e rispetto.

Dall’altro, l’immagine dell’uccello di fuoco continuava a girovagare nella sua mente, insieme a quella di Clay. Non riusciva proprio a togliersi dalla testa l’immagine di Clay ucciso da quella creatura inquietante. Creatura che, d’altra parte, l’aveva salvato.

Era così complicato!

-Apollo…- Klavier gli prese delicatamente le mani tra le sue, distogliendolo dai suoi pensieri.

C’era una differenza abissale tra le delicate mani dello stregone, dalle lunghe dita affusolate, e quelle rugose e rovinate di Apollo. E il ragazzo dubitava fosse solo a causa della maledizione. Erano di due mondi completamente diversi, a prescindere. E Apollo si sentì uno stupido per aver pensato davvero che sarebbe riuscito ad aiutarlo.

-…tu sei molto più incredibile di quanto ti dai credito. Sei un gran lavoratore, sei intelligente, coraggioso e sveglio, ma non potrei mai chiederti di risolvere i miei problemi- continuò lo stregone, con voce triste.

Il cuore di Apollo cominciò a battere con molta più intensità, a sentire quelle parole. Sebbene sapesse fossero immeritate.

Non capiva perché Klavier lo considerasse così importante, non aveva il minimo senso.

Apollo voleva ribattere, mettersi a totale e completa disposizione, ma si trattenne.

Perché sapeva ancora troppe poche cose per farsi una visione del tutto chiara della faccenda.

-Klavier… ti prego, spiegami cosa è successo- Apollo gli strinse le mani, e lo guardò dritto negli occhi.

Klavier distolse lo sguardo.

-È… un mio problema. Non preoccuparti, non ha a che fare con te- provò a tirarsi indietro dal fornirgli spiegazioni.

-In famiglia ci si sostiene a vicenda, e in ogni caso se ti accadesse qualcosa saremmo tutti in pericolo, quindi spiega!- Apollo insistette, avvicinandosi fino ad essere a pochi centimetri di distanza dal suo volto.

Ignorò il rossore che aveva tinto le guance del mago perché c’erano cose più importanti a cui pensare, ma sperò con tutto il cuore di non non essere nelle stesse condizioni.

Alla fine Klavier cedette, e sospirò, stanco.

-Ho un vincolo che limita la mia magia. Grazie a Phoenix sono riuscito ad indebolirlo, ma se uso troppa magia lo stregone supremo ne viene a conoscenza e può fermarmi o limitarmi parecchio- spiegò, senza che Apollo capisse poi molto.

-Miles Edgeworth?- chiese, confuso.

-Sì, lui… è il mio maestro. Io e mio fratello eravamo suoi allievi. E quando vieni ammesso alla scuola di magia di Miles Edgeworth devi fare un giuramento sull’essere sempre fedele a lui e al re, Manfred von Karma. Ed è un contratto vincolante dal quale è veramente difficile scappare. Miles Edgeworth mi ha trovato, e mi ha mandato un messaggio per incoraggiarmi a tenere fede ai miei doveri, e più mi ribello, più la sua presa su di me si fa serrata- Klavier andrò più nel dettaglio, anche se sembrava costargli molto ammettere la cosa. Era chiaro che non volesse che Apollo si preoccupasse.

-Devi partecipare alla guerra? È questo il tuo dovere?- indovinò Apollo, iniziando a collegare i puntini. 

-Devo prendere le parti di von Karma, sì- ammise Klavier, la voce ridotta un sussurro.

-E invece stai aiutando i Fey?- suppose Apollo, indurendo lo sguardo, e a denti stretti.

Klavier sobbalzò, sorpreso e ferito da quell’accusa, e dall’amarezza nella voce di Apollo, che non riusciva a pensare ad altro che all’uccello di fuoco che aveva posto fine alla vita del suo migliore amico e unica persona che aveva considerato una famiglia.

Più otteneva informazioni, più si rendeva conto che l’uccello di fuoco non poteva essere altri che Klavier.

-No…- la risposta di Klavier fu come una scossa nel suo cuore.

-No?- il ragazzo non stava capendo più nulla. 

-No, io… non prendo parte alla guerra, da nessuna parte. Detesto questo conflitto insulso, vorrei solo poter vivere libero con le persone che amo- si spiegò Klavier, deciso.

La sensazione di malessere che Apollo aveva provato per tutta la conversazione iniziò ad acquietarsi. Ma non era ancora del tutto convinto. Quanti uccelli di fuoco ci sono al mondo, dopotutto?

-Quindi non… non sei mai stato su un campo di battaglia?- chiese per stare sicuro.

Klavier era confuso dal tono di Apollo, così preoccupato e sospettoso.

Sospirò.

-Sì, ci sono stato- ammise dopo qualche secondo di esitazione, abbassando lo sguardo -L’ordine era di attaccare le navi dei Fey, che avevano quasi del tutto distrutto una parte della flotta di von Karma, ma… ho preferito recuperare quante più persone possibili dei soldati nelle navi infuocate, e portarli al sicuro- spiegò, come se stesse ammettendo qualcosa di sbagliato -Non volevo interferire, ma non potevo lasciare tutte quelle persone a morire. Probabilmente se non avessi usato tanta magia sarei stati più veloce nell’aiutare te e Trucy- rifletté, con rammarico, ma senza pentirsi, in fondo al cuore, del suo gesto eroico.

-Hai… hai salvato le persone dalle navi infuocate?- ripetè Apollo, in un sussurro.

-Sì, le altre sono state prese come prigioniere. Ho portato i superstiti al porto più vicino nel territorio di von Karma, e spero possano tornare a casa quanto prima…- Klavier si spiegò meglio, sollevando lo sguardo su Apollo per controllare la sua reazione. Sgranò gli occhi nel vedere le sue condizioni -Apollo? Apollo, tutto bene?- chiese, sporgendosi verso di lui, preoccupato.

Apollo non si era accorto di aver iniziato a piangere, ma il suo corpo era stravolto dai singhiozzi. Mai nella sua vita si era sentito così sollevato e grato verso qualcuno. Ogni dubbio nella sua mente, ogni contraddizione nei suoi sentimenti era stato appena sciolto e sentiva un enorme peso essere stato sollevato dal suo petto.

Il senso di colpa di provare affetto verso il possibile assassino di Clay non aveva più senso di esistere. Klavier lo aveva salvato. Klavier, che aveva protetto Apollo, aveva anche salvato la vita di Clay. Era davvero buono come Apollo credeva che fosse.

Prese dei profondi respiri, cercando di calmarsi.

Klavier lo fissava preoccupato, temendo di aver fatto qualcosa di male.

-Il mio migliore amico era su una di quelle navi- spiegò, dopo essersi ricomposto abbastanza da parlare senza che la voce gli si spezzasse.

…la voce gli si spezzò.

Klavier lo fissò ad occhi sgranati, sorpreso dalla rivelazione.

-Grazie… di averlo salvato. Mi dispiace che tu ti sia indebolito per farlo- Apollo provò ad esprimergli tutta la sua gratitudine, abbozzando un sentito sorriso, sebbene ancora circondato di lacrime.

Klavier sollevò una mano per asciugargliele. Il contatto provocò dei brividi lungo tutta la spina dorsale del ragazzo.

Klavier non rispose. Non c’era molto che potesse dire, e non era necessario che parlasse. L’aria tra loro grondava di comprensione reciproca. Si limitò a ricambiare il sorriso, e accarezzargli dolcemente la guancia.

-Dimmi cosa posso fare per aiutarti- Apollo interruppe il momento sentito con determinazione nello sguardo.

Klavier aveva fatto per lui più di quanto potesse ripagare, e aveva intenzione di dare tutto sé stesso per aiutarlo a sciogliere il vincolo.

Klavier ritirò la mano come se si fosse scottato.

-No, Apollo. Non potrei mai chiederti una cosa del genere. Sarebbe troppo pericoloso- scosse la testa, rifiutando l’idea.

-Più pericoloso di fare da esca per una strega?- Apollo gli ricordò quello che era successo poche ore prima, come se niente potesse essere peggio di finire nel mirino della Farfalla Velenosa.

-Enormemente- rispose Klavier senza alcuna esitazione.

…okay, poteva essere pericoloso.

Ma ad Apollo non importava. 

-Ma ci dovrà pur essere un modo per rompere quel giuramento. Ogni contratto ha un cavillo legale- disse come un vero avvocato. Non che fosse un avvocato in questo universo, ma l’essenza resta.

-Il giuramento è conservato nel palazzo reale, e nessun mago può entrare nel castello a meno che non sia invitato all’interno, e in ogni caso la magia non funziona lì, tranne quella autorizzata. È il territorio di Miles Edgeworth, e non è chiamato lo stregone supremo per niente- spiegò Klavier, pessimista, scuotendo la testa.

Apollo iniziò a riflettere sulla cosa.

-In realtà potrei entrare senza farmi notare, grazie all’artefatto dei Gramarye, ma non è così potente, e a meno che non ci sia qualcuno a distrarre Miles Edgeworth, si accorgerebbe in fretta della mia presenza illecita- continuò Klavier, scuotendo la testa con sempre maggiore sicurezza, e cercando di scoraggiare ogni possibile tentativo di Apollo di aiutarlo.

Purtroppo, invece di scoraggiarlo, gli diede un’idea.

-Perfetto, lo distraggo io!- esclamò infatti il ragazzo maledetto.

-…cosa?!- Klavier sobbalzò allertato.

-Hai detto che nessun mago o strega può entrare a meno che non sia invitato. Io non ho alcun tipo di magia. Posso entrare fingendo di voler chiedere aiuto per la mia m…- la bocca di Apollo si chiuse di scatto, impedendogli di rivelare di essere stato maledetto. Dopo qualche secondo di attesa, riuscì a disincastrarla -…insomma, di quella cosa di cui soffro che conosci. Gli chiedo aiuto, lo distraggo, fingo di dargli qualche informazione su di te per tenerlo buono e nel frattempo potremmo… inviare May all’interno per recuperare il contratto- propose Apollo, soddisfatto dalla sua idea, e dal fatto che non mettesse in pericolo Klavier in prima persona.

-May non può entrare a palazzo neanche con la collana dei Gramarye. La sua maledizione le impedisce di mettere piede all’interno. Sono anni che ci prova senza successo- Klavier bocciò il primo piano, in tono triste.

-Beh, allora puoi intrufolarti tu con la collana. Mi offrirei io di rubarlo ma…- Apollo voleva spiegare di come non avesse la più pallida idea di come fosse un contratto del genere, e soprattutto di come orientarsi in quel palazzo gigante, ma Klavier non lo fece neanche finire.

-Non ci pensare nemmeno! Sarebbe davvero troppo pericoloso!- 

-Appunto, ma come esca posso tirarmi indietro in ogni momento. Mi hai offerto l’opportunità di andare comunque dallo stregone supremo, quindi la mia scusa è fattibile. Fingerò di averti tradito e nel frattempo farò il doppiogiochista- Apollo era sempre più convinto della sua idea. 

Era determinato, e si sentiva meno inutile. Era così convinto della sua idea che, senza che se ne rendesse conto, i segni della sua età iniziavano a svanire dal suo volto, riflettendo la sua sicurezza e giovinezza interiore.

-Apollo, se dovessero scoprire il tuo bluff…- Klavier provò a lamentarsi, ma questa volta fu il ragazzo a non lasciarlo finire.

-Sono un grande nel bluff, e il rischio vale la candela. Mi hai salvato così tante volte, Klavier, e mi hai donato una cosa che non avevo mai avuto prima: una famiglia. Io voglio aiutarti. Anzi, no, non lo voglio e basta, lo farò. Ti aiuterò, ti salverò. Te lo prometto!- Apollo sorrise incoraggiante, i suoi occhi ebbero un guizzo rosso.

Il suo entusiasmo si smorzò appena quando notò la reazione di Klavier alle sue parole.

Lo stregone aveva sgranato gli occhi, si era ritirato, e lo fissava come se avesse appena visto un fantasma.

Sollevò la mano come a toccare nuovamente il volto di Apollo, esitante, come se temesse che toccandolo sarebbe svanito in una nuvola di fumo, ma cambiò idea a metà strada, e ritirò la mano al petto.

-No!- scosse la testa, distogliendo lo sguardo per restare fermo sui suoi ideali, anche se sembrava sul punto di cedere.

-Klavier…!- Apollo provò ad insistere, ma lo stregone serrò gli occhi, deciso a non farsi nuovamente incantare da quella visione angelica.

-È troppo pericoloso. Ho deciso, non te lo permetterò! No! Non c’e assolutamente nulla che potrà convincermi del contrario!- esclamò, categorico.

 

-Allora, ricorda che il potere della collana è imperfetto, quindi devi essere rapido. Entra quando qualcun altro sta entrando così si noterà meno. Io e May resteremo nelle lande tutto il tempo nell’eventualità che accada il peggio e… nonno, se succede qualcosa di strano, corri il più velocemente possibile via, okay? Buttati anche dalla finestra, se necessario. Tanto poi il fratellone ti afferra al volo e andrà tutto bene!- era ormai il giorno successivo, e Trucy controllava i due che sarebbero presto partiti per la missione: Apollo, sempre anziano ma con una luce giovanile e determinata negli occhi; e un imbronciato Klavier a braccia incrociate e mimetizzato con un incantesimo che non era ancora convinto del piano, ma era stato praticamente obbligato a parteciparvi da Apollo, Trucy e dallo stesso Phoenix. Anche May si era messa a svolazzare in giro entusiasta quando il piano era stato proposto, e al momento era appollaiata sul cappello che Apollo non aveva ancora indossato, ed era nei panni di un minuscolo colibrì.

Sembrava molto agitata, ma Apollo non avrebbe saputo dire se fosse per ansia o per eccitazione. Sperò la seconda opzione. Avere almeno una persona ottimista nel gruppo faceva comodo, dato che sebbene Apollo avesse insistito, era molto molto in ansia all’idea di fare nuovamente da esca. Soprattutto perché non stava andando contro una streghetta da quattro soldi in un vicolo nascosto, ma contro lo stregone supremo nel palazzo reale, circondato da centinaia di guardie armate.

E la faccia terrorizzata di Trucy, affatto mascherata dalle sue parole incoraggianti, e il colorito blu del fuoco di Phoenix non facevano ben sperare per la riuscita della missione.

-Preferirei non si arrivasse mai a quel punto, ma okay- Apollo provò a rispondere, con la gola secca.

-Siamo sempre in tempo per non…- provò a suggerire Klavier, con nonchalance.

-NO!- fu la risposta decisa dei tre altri membri della famiglia, insieme ad un cinguettio irritato di May che somigliò molto ad un “NO!” a sua volta.

Klavier borbottò qualche lamentela, ma non obiettò oltre.

I due erano ormai pronti a partire.

-Ti accompagno fino ai confini del palazzo, poi sarai da solo. Io entrerò quando sarò certo che Miles Edgeworth è distratto- Klavier prese delicatamente Apollo per le spalle e lo incoraggiò ad uscire dalla casa.

Apollo annuì, e si infilò distrattamente il cappello sulla testa, dimenticandosi che May fosse appollaiata in cima ad esso fino a pochi secondi prima.

Ma non c’era più, quindi suppose fosse rientrata nel castello errante.

-Mi sembra un buon piano-  Apollo cercò di recuperare la determinazione che aveva assunto il giorno prima quando aveva proposto l’idea, anche se tremava parecchio per la tensione.

-È un piano, questo è certo- borbottò Klavier irritato.

-Hey, andrà tutto bene. Meriti la tua libertà, e la otterremo- Apollo gli sorrise, prendendogli una mano tra le sue e facendolo arrossire appena.

-Sì… sì…- Klavier iniziò a rigirarsi la collanina di Trucy con la mano libera, mentre si dirigevano verso il palazzo del re Manfred von Karma.

-Posso chiedere come funziona quella collana?- chiese ad un certo punto Apollo per fare conversazione.

-È un artefatto. Apparteneva alla madre di Trucy. I Gramarye sono una potente famiglia di stregoni, che eccellono soprattutto nell’inganno, nella difesa, e nell’occultamento della magia. Questa collana è piuttosto debole per gli standard della famiglia, ma fa comunque il suo lavoro. Altri artefatti può potenti potrebbero nascondere la magia più forte dell’universo così bene che neanche lo stesso mago si accorgerebbe di possederla- spiegò Klavier, felice di potersi distrarre.

-Wow… mi sembra difficile da concepire. La magia è così potente, e a volte sembra anche completamente incontrollabile- Apollo pensò a ciò che aveva visto in quei giorni. Tutti i maghi che aveva conosciuto usavano la magia con tale naturalezza che sembrava impossibile immaginare che potessero vivere la loro intera vita senza sapere neanche di possederla.

-Dipende da chi la usa e da che uso ne fa. Ma quegli artefatti sono ugualmente potenti. I Gramarye lavoravano per i Fey, ma il loro compito era praticamente quello di controllare i maghi, a volte arrivando perfino a privarli della loro magia se osavano disobbedire- Klavier continuò la spiegazione.

-Un po’ come Edgeworth sta facendo con te?- chiese Apollo, interessato.

-In modo ancora più efficace. I Gramarye erano potentissimi. Avrebbero potuto probabilmente conquistare il trono con il loro potere, ma per loro sfortuna, i Fey non hanno magia, ma potere spirituale, e contro il potere spirituale la magia non ha lo stesso impatto- Klavier diede i dettagli.

-Erano?- Apollo indagò l’uso del passato.

-Trucy è l’ultima. Ed è viva per miracolo- Klavier pensò di dire di più, ma scosse la testa, e decise di tenere le informazioni per sé.

Apollo non indagò ulteriormente. Sapeva quanto personale fosse quel tipo di argomento.

Sperò che un giorno sarebbe stato così unito a Trucy che la ragazza avrebbe deciso di confidargli la sua triste storia, ma non si sarebbe lamentato se avesse deciso di tenerla per se e pensare solo ad andare avanti.

Era quello che provava a fare Apollo da anni, dopotutto.

Per qualche motivo, gli venne spontaneo girarsi il bracciale sul polso. 

-Ecco, siamo arrivati- in men che non si dica giunsero davanti all’area del palazzo.

Era immenso, elegante, e molto poco amichevole visto da lì.

Apollo tirò un profondo respiro, e cercò di placare il tremore.

-Apollo… andrà tutto bene. Non permetterò che ti accada nulla di male- gli sussurrò Klavier all’orecchio, provocandogli parecchi brividi lungo la spina dorsale.

Fu abbastanza per restituirgli la determinazione.

Fece un passo, ed entrò nel territorio del castello, superando la linea anti-stregoni.

Ovviamente non fu drammatico, dato che Apollo non era uno stregone, ma doveva ammettere che all’inizio si sentì quasi spingere via, come se dovesse attraversare un portale di melassa.

Riuscì comunque a raggiungere l’altra parte senza troppissime difficoltà, e quando si girò per controllare se Klavier era ancora lì, rimase piuttosto deluso nel confermare che non ci fosse più.

La missione cominciò.

E la prima parte andò secondo i piani. Apollo spiegò il motivo per cui era lì, e una guardia impassibile lo portò in una specie di sala d’attesa per aspettare che Edgeworth si liberasse in modo da occuparsi di lui.

Di quei tempi erano tante le persone che chiedevano il suo aiuto per faccende magiche, quindi Apollo era solo uno dei tanti. E per fortuna quel giorno non c’era nessuno prima di lui, quindi sarebbe rimasto in quella stanza il meno possibile.

Mentre aspettava, si tolse il cappello per rispetto, e sentì subito un cinguettio spaventato.

Apollo sobbalzò, e si guardò intorno, sorpreso, agitando la testa velocemente.

Il cinguettio aumentò, e Apollo si tastò la testa e per poco non schiacciò un uccellino conosciuto che aveva avuto l’ardire di nascondersi lì senza farsi notare. 

Ecco perché May sembrava così agitata prima del piano.

-May? Che ci fai qui?- chiese Apollo, sorpreso e preoccupato, prendendola in mano per guardarla negli occhi. Era consapevole che non gli avrebbe risposto, ma i due avevano un buon rapporto, e l’uccello era molto espressivo, non era difficile capire cosa le passasse per la testa.

May si spalmò contro la sua mano, come se stesse soffrendo parecchio a stare lì, ed evitò il suo sguardo.

Non rispose neanche con un cinguettio.

Apollo ricordò le parole di Klavier: May voleva a tutti costi entrare a palazzo ma non ci riusciva mai.

Forse dato che Apollo non era magico, in qualche modo la proteggeva dall’essere notata. Probabilmente era a causa sua se aveva avvertito tutta quella resistenza, entrando nell’area del palazzo.

-May, è rischioso. Potrebbero pensare che sono un mago in incognito- si lamentò lui, guardandola storto.

May si lamentò, irritata.

-Okay, okay… non posso prendermela con te quando sei così dolorante. Se ti fa così male stare attaccata a me puoi sempre volare via dalla finestra- provò a suggerire, provando a posarla sul cornicione della finestra più vicina.

Non riuscì a staccarsi da lei, come se fossero incollati.

-Okay… questo è molto strano- ammise, sorpreso.

May per tutta risposta si infilò nella sua camicia, come se potesse proteggerla, e facendo il solletico al ragazzo, che cercò in tutti i modi di non ridere.

-Ma com’è che siamo così uniti e amici in questo AU? Nel canon non interagiamo neanche un po’, almeno non nei giochi che ha giocato Chris- si lamentò, temendo che la presenza imprevista potesse rovinare il piano.

Per tutta risposta, May gli beccò sotto mio ordine il braccio, facendogli emettere un verso di dolore.

Non siamo su iLove, Apollo! Questa è una storia seria e non puoi rompere la quarta parete come ti pare e piace!

Dopo questo siparietto comico che denota la mia stanchezza interiore, Apollo riuscì a trovare una sistemazione a May di nuovo sotto il suo cappello, e la scena tornò seria e preoccupante quando un nuovo arrivo giunse in sala d’attesa, facendo impallidire Apollo per il terrore.

Tale arrivo si rivelò, infatti, nientepopodimeno che la Farfalla Velenosa in persona, elegante e disinteressata.

Apollo si alzò di scatto e prese la prima cosa che gli capitò sottomano, ovvero una sedia, da usare come eventuale arma.

In quel posto la magia non funzionava, quindi era in vantaggio.

La Farfalla Velenosa lo fissò come se fosse una formica che non sapeva se schiacciare o no.

-Oh… tu sei quel tipo che ho maledetto per arrivare a Phoenix- ricordò poi, sorridendo soddisfatta per esserci arrivata.

-Ci… ci siamo visti ieri. Mi hai quasi ucciso!- le rammentò Apollo, offeso di essere stato dimenticato con tale facilità.

Era stata un’esperienza piuttosto traumatica per lui.

E lo era stato anche per me scrivere quella scena.

-Tendo a dimenticare subito i fallimenti, soprattutto se non sono a causa mia. Quel piano era tutta un’idea di Kristoph- borbottò la Farfalla Velenosa, sedendosi in attesa e non sembrando per niente intenzionata ad attaccare.

Apollo non si fidò, poteva benissimo fingere e poi tendergli un agguato approfittando che avesse abbassato la guardia.

Rimase con la sedia in mano, pronto ad utilizzarla per qualsiasi evenienza.

-Non hai intenzione di uccidermi o prendermi come ostaggio?- chiese, per stare sicuro, anche se comunque dubitava lei gli avrebbe risposto.

-Non oggi, sei fortunato. E di certo non nel palazzo del re, prima del mio colloquio con Miles Edgeworth- la donna agitò i lunghi capelli rossi.

Apollo abbassò la sedia, ma rimase in allerta, e provò ad approfittare dell’occasione per ottenere altre informazioni.

Sembrava in vena di chiacchiere. Si era già lasciata sfuggire un nome, dopotutto: Kristoph.

Poteva condividere l’informazione con Phoenix e Klavier e magari poteva essere loro utile.

-Perché vuoi ottenere Phoenix così tanto?- chiese, con nonchalance, cercando di non risultare sospetto.

-Stai cercando di ottenere informazioni, ragazzino? Guarda che non sono nata ieri, li conosco questi trucchetti psicologici… ho inventato io questi trucchetti psicologici!- la donna capì subito il suo trucco, ma Apollo non demorse.

Alzò le spalle, posò del tutto la sedia, e finse indifferenza a sua volta.

Non aveva mentito, con Klavier. Era un esperto di bluff. Era fondamentale saper mentire quando si cresce in un orfanotrofio tremendo, soli al mondo.

-Nah, non sto più con loro. Sono qui proprio per chiedere aiuto a Edgeworth in cambio di informazioni su Phoenix e Klavier- spiegò il piano fittizio che avevano elaborato per guadagnare la fiducia dello stregone supremo e distrarlo.

Dahlia sembrò interessata.

-E cosa ti ha spinto a tradire la tua nuova famigliola?- chiese, poco convinta ma intrigata.

Apollo la guardò eloquente.

-Il tuo attacco, ovviamente. E il fatto che mi hanno solo usato, mentito e manipolato- spiegò, incrociando le braccia e mentendo molto bene.

Probabilmente perché una parte di lui era ancora infastidita dal vincolo che gli avevano posto senza avvertirlo.

Anche se capiva bene le loro ragioni, ormai, e soprattutto incolpava maggiormente la Farfalla Velenosa per la minaccia che rappresentava per la famiglia.

-Ma su cosa devi chiedere aiuto a Edgeworth?- chiese Dahlia, interessandosi maggiormente ma proprio confusa su cosa Apollo, il ragazzo che aveva maledetto, potesse volere da uno stregone famoso per sciogliere le maledizioni delle persone.

Apollo la guardò storto.

-La tua…- cominciò, indicandosi, ma la bocca gli si incollò nuovamente, impedendogli di parlare.

-Ohhhh, giusto! La mia maledizione. Sì, suppongo che Edgeworth possa aiutarti. Che informazioni pensavi di dargli su Phoenix e Klavier? Se le condividi con lui potresti farlo anche con me- Dahlia lo guardò ammiccante. Apollo si allontanò, ma poi ci ripensò.

Erano informazioni che poteva dare. Certo, non voleva offrire a quella donna orribile neanche una briciola di pane, ma magari se in cambio otteneva qualcosa di importante…

-Sei capace di sciogliere la mia…- la bocca gli si incollò nuovamente e fu una buona cosa perché altrimenti gli sarebbe uscita fuori una brutta parolaccia subito dopo.

Dahlia si morse il labbro inferiore.

-Nah… adoro scagliare maledizioni, ma non ho mai imparato come si sciolgono, ops. C’è altro che potrei offrirti?- la strega si rivelò più inutile del previsto.

Ma Apollo non si lasciò abbattere, anche se… beh… ci aveva sperato, doveva ammetterlo.

-Perché vuoi ottenere Phoenix così tanto?- ripetè la domanda di prima.

-Se non sai questo, le tue informazioni non valgono nulla. Phoenix è un vero, potentissimo demone. Uno dei più forti in circolazione, almeno tra quelli che interagiscono con gli umani. Assorbire il suo potere mi renderebbe l’essere più potente dell’universo. E grazie allo stregone supremo, che lo conosce meglio di chiunque altro… annienterò completamente lui e Klavier e otterrò entrambi i loro poteri. Anche se quello di Klavier è un granello di polvere rispetto a quello di Phoenix- la Farfalla Velenosa si leccò le labbra pregustando il potere che avrebbe potuto ricevere.

Apollo si trovò con più dubbi che risposte ottenute. Era piuttosto inquietato da quell’obiettivo.

Assorbire il potere di un demone così potente non sembrava faccenda da poco. 

E in che senso Edgeworth conosceva Phoenix più di chiunque altro?

Che passato ci poteva essere tra i due?

Prima che potesse indagare, o che Dahlia potesse insistere sulle informazioni di Apollo, la Farfalla Velenosa venne chiamata in udienza da Edgeworth da una guardia di sicurezza molto massiccia con una benda sulla guancia e l’aria stranamente amichevole nonostante la sua stazza.

-Un momento, io ero prima di lei- provò a lamentarsi il ragazzo maledetto, temendo i due potessero fare un accordo che rendesse vani gli sforzi di Apollo, e mettesse maggiormente in pericolo Klavier e Phoenix.

-Io però sono stata invitata- obiettò la Farfalla Velenosa, con un occhiolino sicuro di sé, prima di seguire la guardia all’interno.

Apollo non dovette aspettare poi molto, perché circa dieci minuti dopo, la guardia massiccia ritornò, e con un sorriso incoraggiò Apollo a seguirlo.

Apollo sentiva May tremare sotto il suo cappello, ma lui cercò di farsi forza, e seguì la guardia nei corridoi del castello, fino ad arrivare in una sala dalle grandi finestre e centinaia di libri e pozioni magiche.

Era esattamente una stanza da stregone, come ti vengono in mente appena immagini il mestiere.

Ma Edgeworth, beh, non aveva l’aspetto da stregone supremo che Apollo si era immaginato.

Sì, aveva i capelli grigi, ma Apollo se l’era sempre visto come un tipo dai capelli lunghi, la barba bianca che gli arrivava ai piedi, il cappello a punta e delle vesti con delle stelle.

Miles Edgeworth… sembrava un normalissimo uomo sulla trentina con corti capelli, viso pulito, e vestito con uno smoking color borgogna e degli occhiali da lettura squadrati.

Era seduto su una poltrona di velluto rossa, davanti ad una scacchiera, e ne muoveva i pezzi concentrato, con la sola imposizione del pensiero. Non sembrava necessitare di un bastone o di un ombrello per utilizzare i propri poteri, come al contrario faceva la Farfalla Velenosa.

Era chiaramente molto più potente di lei.

Apollo iniziò a temere di essere entrato volontariamente nella tana del lupo. Adocchiò la grande finestra. Erano molto in alto nel palazzo, ma forse se si gettava abbastanza lontano sarebbe finito oltre il campo di forza magico e Klavier sarebbe stato in grado di trasformarsi in uccello di fuoco e portarlo via da lì.

-Forza, siediti- senza distogliere lo sguardo dalla sua scacchiera, Miles Edgeworth incoraggiò Apollo ad avvicinarsi, e il ragazzo eseguì, stringendo il cappello sulla testa e mettendosi seduto su un divanetto di velluto uguale a quello di Edgeworth, ma blu e posizionato davanti a lui.

-Ehm… salve, grande stregone supremo. Il mio nome è…- Apollo provò a presentarsi. Lo stregone supremo sollevò un attimo lo sguardo verso di lui, e sgranò gli occhi.

-Jove?- chiese, sorpreso, ritirandosi appena.

Apollo rimase interdetto.

Aveva già sentito quel nome.

Un momento… anche Phoenix l’aveva chiamato così la prima volta che si erano visti.

Prima che potesse chiedere chiarimenti, o negare di essere quel fantomatico Jove, Miles Edgeworth recuperò la compostezza, e scosse la testa.

-No, non è possibile. Chiedo scusa, stavi dicendo?- chiese, formale, incoraggiandolo a presentarsi.

-Mi chiamo Apollo- il ragazzo finì di presentarsi, decidendo con parecchia difficoltà di non indagare ulteriormente sul nome che aveva udito già due volte riferito a lui.

Inconsciamente portò una mano al bracciale che aveva al polso, e lo nascose meglio sotto la manica della camicia. Fu completamente automatico, come se il suo corpo stesse agendo al posto suo.

-E perché sei qui, Apollo?- indagò lo stregone supremo, lasciando perdere la scacchiera per concentrarsi su di lui.

Incuteva un certo timore avere la sua totale attenzione, ma Apollo cercò di mantenere il sangue freddo.

Aveva un demone come genero, uno stregone supremo non doveva fargli paura.

-Volevo chiederle aiuto per spezzare la mia…- la bocca gli si incollò prima che potesse pronunciare la parola magica, e ci mancò poco che non tirasse un pugno contro qualcosa.

-…maledizione- Miles finì per lui -E sei venuto da me nonostante tu abbia un contratto ancora vincolante con Phoenix, come mai?- chiese poi, fissandolo con sguardo penetrante come se riuscisse a leggere all’interno della sua anima.

-Non volevo stringere un accordo con lui! E non voglio più avere a che fare con Phoenix, e Klavier e tutto il resto. Ho rischiato la vita perché sono stato usato come pedina contro di loro, e voglio soltanto tornare alla mia vita di prima. Sono una persona normale, priva di qualsivoglia potere o abilità. Se mi aiuta con la… con il mio problema…- questa volta Apollo si fermò in tempo prima di farsi incollare la bocca -…posso fare quello che vuole. Posso fornirle informazioni su Phoenix, o su Klavier, o portarlo da lei, in qualche modo- Apollo cercò di vendersi al meglio che poté, anche se era molto incerto al riguardo.

Si era preparato il discorso con sicurezza, ma al momento non ricordava una parola, quindi andò a braccio, con panico crescente.

Edgeworth lo fissò impassibile.

-Non ho bisogno di informazioni lacunose di un uomo delle pulizie. E so con assoluta certezza che quel demone avrebbe spezzato l’accordo con te se avessi davvero deciso di non collaborare più con loro. Tsk, Phoenix, dopo tanti anni continua ancora a sottovalutarmi- Miles scosse la testa, ma un sorrisino gli arricciò le labbra, come se fosse intrigato da una sfida imminente.

Il cuore di Apollo perse un battito.

-Io voglio spezzare l’accordo! Se Phoenix non l’ha spezzato probabilmente è per cercare di tenermi al guinzaglio!- provò a fare la parte della vittima di un demone crudele.

Il sorrisino dello stregone si incrinò, e guardò Apollo offeso.

-Da che parte credi che stia?- chiese, inarcando un sopracciglio.

-Huh… contro… Phoenix?- Apollo era convinto, anche se nessuno l’aveva esplicitato, che Miles Edgeworth volesse il potere di Phoenix e di Klavier per sé, per usarlo per la guerra, per offrirlo a von Karma, e che non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di ottenerlo.

Forse per via di ciò che gli aveva detto Dahlia poco prima, ma era anche piuttosto certo che Miles e Phoenix non fossero in buoni rapporti, ma quell’espressione e quella domanda suggerivano il contrario.

-Per essere un ragazzino mandato ad offrirmi informazioni fallimentari, sai veramente poco di quello che sta succedendo. Forse dovresti davvero abbandonare il lato di Phoenix e Klavier e unirti a me. Posso spezzare la tua maledizione, scogliere il tuo accordo con il demone, e insieme potremmo salvare Phoenix e Klavier- propose Edgeworth, cercando di trovare un punto di incontro.

Apollo fu preso completamente in contropiede dalla proposta.

Sì, era lì per fingere di voler fare proprio quello, ma Edgeworth sembrava aver capito tutto il piano, ma cercare comunque di portare Apollo dalla sua parte.

E poi… “salvare” Phoenix e Klavier?

Non li voleva controllare e schiavizzare?

-In che senso?- provò ad indagare, cercando di non tradire la sua pagliacciata.

Edgeworth sorrise, soddisfatto dall’aver ottenuto la sua attenzione.

-Io non ho alcuna intenzione di sconfiggere o assorbire il potere di Phoenix, al contrario. Il mio intento è quello di liberarlo- spiegò, e sembrò sincero nella sua esposizione.

Apollo non era convinto, ma continuò ad ascoltarlo.

Forse… forse Miles Edgeworth era davvero dalla loro parte, dopotutto. Avere un alleato così potente poteva fare loro comodo.

-Dopo anni di studio e ricerca ho trovato un modo di spezzare legami che uniscono demoni e stregoni in maniera artificiale. Può essere un po’ rischioso per lo stregone a seconda del tipo di contratto, ma è certo che Klavier ne uscirebbe esattamente com’è ora, esclusa la magia di Phoenix che usa al momento- spiegò, convincendo Apollo sempre di più.

Anche se… poteva sempre bluffare. Forse era abile quanto Apollo a fingere.

Il ragazzo si irrigidì.

-Perché dovrei fidarmi della sua parola?- chiese, scuotendo la testa poco convinto.

-Perché poco fa ho fatto entrare una strega il cui unico intento era quello di assimilare i poteri di Phoenix per diventare più potente, uccidendolo nel mentre, e… beh… vedi tu stesso- Miles schioccò le dita, e le porta di una stanza alle spalle dello stregone si aprirono, facendo entrare, trascinata da una forza invisibile, la Farfalla Velenosa, o meglio, una copia terrorizzata, confusa e dai capelli neri della Farfalla Velenosa, che venne trascinata ai piedi di Apollo, che la fissò interdetto.

-Cosa… cosa le ha fatto?- chiese, ritirandosi spaventato.

La donna si ritirò a sua volta, stringendosi su sé stessa.

-L’ho esorcizzata, ho spezzato il suo legame con il demone che la teneva in vita intrappolata nel corpo di sua sorella gemella, e ho liberato Phoenix, Klavier e il resto della famiglia che si sono creati, da una nemica che poteva essere piuttosto fastidiosa- spiegò Miles, brevemente.

-C_cosa?!- Apollo era molto confuso -Lei chi è quindi?- chiese poi rivolto alla donna che evidentemente non era la Farfalla Velenosa, anche se era identica a lei di aspetto, e appariva anche parecchio invecchiata.

-Il mio nome è Iris- si presentò lei, molto incerta.

-Il punto è che ho neutralizzato un nemico, e la scissione che ha funzionato per Iris, funzionerà anche per Klavier, e Phoenix sarà libero. Ho solo bisogno del tuo aiuto per portarli qui e convincerli a sottoporsi all’incantesimo- Miles tornò al dunque, in tono pratico.

Sembrava… un buon piano.

Migliore di qualsiasi cosa avrebbe mai potuto escogitare Apollo.

Dopotutto Apollo non aveva magia, non aveva conoscenze di maledizioni, ed era completamente inerme in quel corpo anziano. Miles Edgeworth aveva più esperienza, più potere, e un’idea ben precisa di cosa bisognava essere fatto.

Ma c’era un dubbio che tormentava la mente di Apollo come un tarlo velenoso.

-E quando Klavier sarà separato da Phoenix… cosa ne sarà di lui?- chiese, ricordando il contratto stipulato con von Karma che erano lì per rubare.

Miles aveva specificato che sarebbe stato Phoenix ad essere libero. Sembrava che il suo maggiore interesse forse verso il demone, più che verso il mago al quale era legato. E poi Iris non sembrava tanto in forma, dopo essere stata sottoposta a quell’incantesimo. Continuava a guardarsi intorno come se non avesse alcuna idea di dove fosse.

-Il motivo per il quale è disorientata è che non era cosciente mentre la sorella abitava il suo corpo. Klavier è perfettamente consapevole di cosa sta facendo, ed è vivo, a differenza di Dahlia. E dopo averlo scisso da Phoenix, lo riprenderò come mio allievo alla scuola di magia. Non posso esimermi dal mandarlo in guerra, ovviamente, dato che ha firmato un contratto vincolante con von Karma, ma almeno tornerà ad avere una vita pressappoco normale, e con la magia che continuerà ad avere faremo enormi progressi in poco tempo- rispose lo stregone, come se le sue parole fossero incoraggianti.

-Lo costringerete a partecipare alla guerra?- Apollo si infiammò, per niente contento della risposta.

-Ha firmato un contratto!- insistette Edgeworth, con ovvietà, e come se avesse le mani legate sulla faccenda.

-Anche con Phoenix, ma quello non esita a spezzarlo. Non è giusto che Klavier partecipi ad una guerra nella quale non crede solo per le ambizioni di un re che non esce neanche da palazzo. Vuole che Phoenix sia libero, ma non ha pensato neanche per un secondo a quello che vuole Klavier, vero?- Apollo finalmente capì perché la proposta di Miles era troppo bella per essere vera, e cosa non lo convincesse dall’inizio di quella assurda conversazione.

L’unica cosa che Miles voleva era aiutare Phoenix, ma non aveva alcun interesse nei confronti di Klavier. L’incantesimo di scissione avrebbe potuto avere effetti collaterali su Klavier, lo avrebbe privato della libertà, di buona parte della sua magia, e non batteva ciglio nel farlo.

Era esattamente come la Farfalla Velenosa, in fin dei conti: avrebbe fatto di tutto per arrivare a Phoenix!

E sebbene gli intenti fossero diversi, non cambiavano i modi, e i modi rendevano Klavier una pedina sacrificabile.

-Bada alle tue accuse, giovanotto. Sto offrendo un salvagente ad entrambi, e se non limitassi la magia di quel giovane a quest’ora potrebbe non esserci più niente da salvare- spiegò lo stregone, deciso a difendersi.

-Limiti, sempre limiti, vincoli, contratti. Non è giusto che Klavier viva la sua vita in questo modo. Io non l’aiuterò con il suo giochetto mentale. Non permetterò che Klavier diventi uno schiavo del sistema come lei, costretto a servire un re folle- Apollo era così arrabbiato che non badò minimamente alle sue parole.

-Ricorda che sei all’interno del palazzo di tale re- gli fece presente Edgeworth, indurendo lo sguardo.

-Un dittatore, non un re. Se pensa che i suoi sudditi sono solo stupide pedine del suo stupido gioco di scacchi!- Apollo si alzò in piedi, e con una manata ribaltò la scacchiera davanti a Edgeworth, che non si scompose di una virgola.

-Klavier non è un altro pezzo del tuo gioco, o del gioco del re, o del gioco della Farfalla Velenosa. Non è una pedina per arrivare a Phoenix. È un ragazzo buono, e pieno di sogni, e desiderio di libertà, e non ti aiuterò mai a provare a limitarlo, anche se dovrò restare un vecchio per tutta la vita, o se lui dovrà restare attaccato a Phoenix. Perché almeno sarà libero, e in pace!- continuò Apollo, infervorandosi parecchio, senza rendersi conto che con la forza della sua determinazione la sua età era nuovamente diminuita, facendolo tornare il ragazzo di ventun anni che era in realtà.

Iris sobbalzò, sorpresa.

Edgeworth non si scompose di una virgola.

-Scelta pericolosa e insensata proveniente da un ragazzo che ama Klavier così tanto- commentò solo, in tono freddo.

Apollo si sentì come se gli avessero appena sparato un colpo al cuore, perché perse un battito, sgranò gli occhi impallidendo, e fece un passo indietro come se si fosse appena scottato, tornando dell’età che aveva mostrato fino a pochi secondi prima.

-Cosa?!- chiese, in tono acuto.

Lui non era innamorato di Klavier. Non poteva esserlo! Era solo… grato, tutto qui. E Klavier meritava la felicità, e la libertà. Ma non era amore… giusto?

-Speravo davvero che sarei riuscito a giungere ad un accordo, e che avresti fatto venire Klavier davanti a me di sua spontanea volontà, ma non posso rischiare che tu non lo faccia. Direi che sono stato distratto abbastanza- senza perdere la compostezza, Miles Edgeworth sospirò, schioccò le dita, e dal nulla Klavier venne teletrasportato direttamente nella stanza, apparendo a mezz’aria, e cadendo ai piedi di Apollo, che sobbalzò vistosamente, mentre un fastidioso nodo allo stomaco gli faceva presente che erano stati beccati.

Il piano non aveva funzionato. E a giudicare dalle parole di Edgeworth, sapeva di tale piano fin dall’inizio.

Klavier era vestito da guardia reale, ma il travestimento magico era sparito, mostrando il suo vero e bellissimo aspetto.

No, Apollo! Non è il momento dei pensieri poco etero!

Siete stati beccati, è finita!

-Maestro- Klavier si rimise in piedi, posizionandosi davanti ad Apollo come a proteggerlo, e accennando un sorrisino nervoso -Come sta? Sono venuto per una visita di cortesia- provò a non mostrare i suoi intenti criminali.

-Cercavi questo?- chiese Edgeworth, andando dritto al sodo, e tirando fuori un foglio di carta dall’interno della giacca.

Dall’espressione preoccupata di Klavier, Apollo intuì fosse il fantomatico contratto magico.

-Non è distruggendo questo contratto che risolverai i tuoi problemi. Anzi, sappiamo entrambi che se non fosse per questo foglietto e per me, la magia di Phoenix ti avrebbe già soffocato- continuò Edgeworth, intascando nuovamente il foglio, che però spuntava appena fuori.

Con una mano lesta, Apollo avrebbe potuto rubarlo.

Ma voleva davvero farlo?

-Klavier…- si rivolse al mago, preoccupato che Edgeworth non avesse poi tutti i torti sulla potenza del potere di Phoenix.

Il tremore del ragazzo non faceva ben sperare.

-Apollo…- la voce di Klavier era un sussurro, sembrava in una profonda crisi interiore.

-Vuoi fare la fine di tuo fratello, Klavier? Accetta l’aiuto che ti sto offrendo. Sia tu che Phoenix sapete di non avere poi molto tempo- Edgeworth provò ancora a portarli dalla loro parte.

Klavier esitò, era chiaramente spaventato.

Faceva saettare lo sguardo da una parte all’altra della stanza, cercando una via di fuga.

Sembrava in procinto di cedere alla pressione, ma era chiaro l’avrebbe fatto solo per la forza della disperazione.

-Ti prometto che al tuo ragazzo non verrà fatto alcun male, e sarà libero di andare una volta finito qui. Anche le persone nel tuo castello saranno al sicuro- Edgeworth continuò l’opera di manipolazione.

Ma non ottenne l’effetto sperato, perché Klavier scosse la testa.

-No! Non posso. Non voglio- provò ad allontanarsi, stringendosi forte ad Apollo, e portando una mano alla collana, come se avesse un piano.

Lo stregone supremo sembrò accorgersene. 

-Ho provato ad ottenere collaborazione, ma non significa che tu abbia scelta al riguardo- sollevò la mano verso di loro, e Klavier lasciò andare la collana, come scottato.

Lo stregone non diede ulteriori informazioni, non diede loro tempo di pensare, di parlare, o di elaborare una strategia di fuga. Si limitò a focalizzarsi al massimo con le mani verso Klavier, che un secondo dopo era in ginocchio sul pavimento, tenendosi la testa.

-Klavier!- Apollo si affrettò ad inginocchiarsi verso di lui per aiutarlo, ma era bollente, e fu costretto ad allontanarsi per evitare di essere bruciato. Non aveva alcun potere contro quella situazione.

-Miles, smettila!- gridò Klavier… solo che non aveva la voce di Klavier.

Ma quella di Phoenix.

Edgeworth ebbe una leggera esitazione.

-Lo sto facendo per il tuo bene, Phoenix!- provò a convincerlo. Il suo tono era infinitamente più gentile, improvvisamente.

-Non voglio! Non così!- la voce che uscì da Klavier, terrorizzata e nel panico, era di nuovo quella di Klavier.

-Miles, non hai idea di quello che stai facendo! Di quello che gli stai togliendo!- anche la voce di Phoenix era estremamente agitata. 

-Continui a sottovalutarmi, nonostante tutti gli anni passati- provò a difendersi lo stregone supremo, continuando quello che stava facendo.

La stanza intorno a loro era mutata, diventando un concentrato di colori intensi, piccoli fuochi, una casa in fiamme… Apollo era congelato sul posto, incapace di farsi venire una qualsiasi idea su come risolvere la situazione. Iris, accanto a lui, tremava come una foglia, e gli si era aggrappata come se temesse che altrimenti sarebbe stata sbalzata via dalla potente forza magica che stava inghiottendo tutto quanto.

-Non è questione di sottovalutarti, Miles. Ma non sai tutta la storia. Ho un motivo per non volermi separare da lui così. Ti prego- Phoenix continuò a supplicare l’amico, circa, che però era deciso.

-Se continui così morirete entrambi. È questo che vuoi?!- la voce dello stregone era agitata a sua volta, ma determinata.

-Phoenix, non resisto!- continuava a lamentarsi Klavier, la voce molto più sottile di quella del demone, e che trasmetteva immenso dolore.

-Se è quello che vuole Klavier…- anche la voce di Phoenix era un sussurro, amaro, ma rassegnato -…io ho vissuto abbastanza, dopotutto- 

-Ho paura- disse pochi istanti dopo la voce di Klavier, disperato, quasi in contemporanea con quella del demone con il quale aveva stretto un accordo.

Sia Edgeworth che Apollo, all’unisono, sobbalzarono come colpiti da una freccia al cuore.

Miles scosse la testa, Apollo si alzò in piedi.

-Basta adesso!- urlò lo stregone, lanciando l’ultima magia divisoria, nel momento stesso in cui Apollo si frapponeva tra lui e Klavier, deciso a proteggerlo, anche se sapeva di non avere il potere di farlo. 

Probabilmente quell’incantesimo avrebbe dovuto dividerlo in due, o spezzare la sua maledizione, o semplicemente ucciderlo, ma non fece nulla di tutto questo, perché sembrò rimbalzare su Apollo, e per poco non venne rispedito al mittente.

-C_cosa?!- Miles Edgeworth lo guardò sorpreso. La stanza tornò come prima, e Klavier ricominciò a respirare, ormai non più dolorante come prima, ma sentendo ancora i fantasmi della scissione quasi del tutto effettuata su di lui.

-Spostati!- ordinò lo stregone supremo, rivolto ad Apollo, che però scosse la testa.

-Non è questo il modo giusto!- esclamò con enfasi e voce tremante. Le mani sollevate in un goffo tentativo di proteggere lui e Klavier.

Non sapeva come fosse stato possibile quello che era appena successo, ma il polso gli faceva male, e si sentiva improvvisamente debole, proprio come quando aveva affrontato la Farfalla Velenosa, quando lei aveva provato ad ucciderlo con un incantesimo.

-Levati di mezzo!- Miles provò a scansarlo con una magia, ma Apollo rimase fermo sul posto.

Edgeworth provò ancora, provò a spostare Klavier, a prendere Iris, ma la sua magia sembrava non funzionare più su di loro.

Allora prese i pezzi degli scacchi dal terreno, che si sollevarono senza alcun problema, e provò a scaraventarli contro di loro, ma rimbalzarono contro un muro invisibile.

Apollo rimase completamente immobile. Era convinto che se si fosse mosso, la magia sarebbe finita, perché non aveva la più pallida idea di cosa e chi stesse reggendo in piedi quel muro.

Iris sicuramente no, Klavier si stava riprendendo per un pelo, anche se stava un tantino meglio, e si era messo seduto più composto, tenendosi ancora la testa ma respirando regolarmente.

Che fosse May, ancora sotto il suo cappello.

Per qualche motivo, Apollo dubitava fosse il caso.

Ma non poteva essere lui, vero?

Il suo polso scottava sempre di più. Faceva un male incredibile, e più Edgeworth continuava ad attaccarli, più doleva e si stringeva, incandescente, sul suo polso. Fino a sciogliere la camicia che lo stava nascondendo.

E quando Miles Edgeworth lo vide, smise di attaccare, e lo fissò incredulo.

-Gramarye… Jove… Justice…- sussurrò, a voce troppo bassa perché Apollo riuscisse a capirlo -No!- esclamò poi, facendo due più due nella sua testa, e guardando Apollo con altri occhi.

Prima che Apollo potesse cercare di capire cosa stesse succedendo, di nuovo lo stregone supremo si ricompose, e si rivolse verso la porta.

-Guardie! Venite immediatamente!- avvertì la cavalleria, optando per la forza bruta che molto probabilmente sarebbe riuscita più della magia a scalfire quella corazza traballante.

Ad entrare nella stanza, però non furono delle guardie, ma una giovane donna dai capelli azzurri e l’aria combattiva, con una frusta in mano.

-Fratellino, che succede?- chiese, osservando il trio confuso e dolorante.

-Ho chiamato le guardie, non te!- si lamentò Edgeworth, alzando gli occhi al cielo.

-Ero nei paraggi e ho deciso di intervenire. Chi è il tuo obiettivo?- chiese la donna, stringendo la frusta tra le mani.

-Non ti riguarda, Franziska, è fuori dalla tua area di competenza- insistette lo stregone supremo.

-Sarò anche una principessa, ma sono molto più competente di quei fannulloni!- si lamentò la ragazza.

-Apollo, dobbiamo andare- la mano di Klavier sulla spalla di Apollo, e la sua voce gentile e provata all’orecchio, per poco non spezzarono la protezione magica, ma in qualche modo Apollo riuscì a mantenerla, e ad annuire, facendosi trascinare verso la finestra, approfittando della distrazione dei due.

-Il mio obiettivo è Klavier! Non farlo scappare!- Miles sembrò rendersi conto del piano di fuga, perché mise da parte le dispute fraterne per indicare il suo obiettivo.

Ma era ormai troppo tardi, perché erano alla finestra, e Klavier aveva portato nuovamente la mano all’artefatto che ancora aveva intorno al collo.

Praticamente erano salvi.

…se non fosse che proprio in quel momento il cappello di Apollo si tolse, mostrando May al mondo. E mostrando il mondo a May.

L’uccellino si guardò intorno spaesata, ancora appiccicata addosso ad Apollo come se non ne potesse fare a meno.

-Lo prendo subito!- Franziska nel frattempo aveva fatto volare la frusta, diretta verso Klavier, che si scansò per un pelo.

E a quel punto May notò la ragazza.

E si trasformò improvvisamente in un enorme airone che per poco non schiacciò Apollo, e lo fece completamente deconcentrare.

Iniziò a gracchiare in direzione della donna, cercando di volare nella sua direzione, e trascinando Apollo con sé.

-Apollo!- gridò Klavier.

-May!- Apollo rimproverò l’uccello.

-May?- chiese Franziska, osservando l’uccello ad occhi sgranati.

-Franziska!- Edgeworth si mise tra l’uccello e la sorella, e Apollo gli finì addosso.

Ci fu un singolo secondo di ghiaccio.

Poi fu il caos più totale.

-Dammi immediatamente quell’uccello!- il focus di Franziska cambiò completamente, e la sua determinazione triplicò.

-Apollo dobbiamo andare!- Klavier afferrò con fermezza Apollo, e si mise una mano alla collana.

-Non osare!- Miles provò a fermarlo, ma venne scansato via da Apollo, che usò tutte le proprie forze per avvinghiarsi il più possibile a Klavier, nonostante May fosse poco collaborativa, e cercasse di raggiungere la donna con la frusta.

Poi Klavier si tolse la collana, e venne praticamente sbalzato via dal palazzo, gettato fuori come una palla di cannone, alla massima velocità e portando Apollo, May, e una Iris che si era aggrappata all’ultimo, con sé.

Probabilmente si trasformò a mezz’aria in un uccello di fuoco, pronto a portarli al sicuro, ma Apollo non lo avrebbe mai saputo con certezza.

Perché era troppo occupato a svenire per la stanchezza e per l’insopportabile dolore al polso.

   
 
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