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Autore: Gaia Bessie    24/12/2021    3 recensioni
Rocco prende e dice che andrà via, che ci sono così tante cose da scoprire, nel mondo, che è inutile fossilizzarsi ad Hoenn. Adriano sospira, inudito, quando l’orizzonte s’inghiotte l’ex campione di Hoenn.
Non versa nemmeno una lacrima – ora capisco cosa hai provato, Alice.
[Rocco/Adriano | Partecipa all'iniziativa "Secret Santa Challenge" indetta da Mari Lace e Sia sul forum "Ferisce più la penna"]
Per stagtree.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Adriano, Rocco Petri
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Attenzione: la storia è ambientata dopo la conclusione di Zaffiro Alpha/Rubino Omega, ma contiene una lievissima reference al manga, che non costituisce spoiler su di esso (è semplicemente il fatto che sia esistita una relazione tra Adriano e Alice, ma non viene approfondita con nessuno dei dettagli del manga)
I nomi dei protagonisti sono tutti nella versione italiana.



Quando Rocco perde il proprio titolo, sebbene gli sia stato proposto di continuare a sedere sullo scranno del campione (non siamo nati tutti per fare la muffa lì sopra, ha commentato Vera seraficamente), comincia a raccattare i suoi pochi averi in una sacca e qualche scatolone, diretto solo Arceus sa dove.
Ad Adriano lo dice all’ultimo secondo dell’ultimo minuto, quando è già con la sacca sulle spalle e tutte le sue stupide rocce imballate in scatoloni eccessivamente capienti: non devono mica respirare, commenta il Capopalestra di Ceneride, con aria di disincantata rassegnazione.
Lui non si offre nemmeno di seguirlo – non ne avrebbe la forza, di seguirlo in un pellegrinaggio senza inizio (o fine) e questo, lo sa bene, Rocco probabilmente non glielo saprà perdonare. Ma, nascosto com’è tra i suoi sassi, non s’è nemmeno mai reso conto che il materiale dell’anima di Adriano ha la consistenza di quel che lui stesso dice d’amare: fatto di roccia, il giovane Capopalestra, roccia spaccata dal freddo e limata dalle correnti d’acqua. Rocco non sa rendersene conto.
Che, per quanto inflessibile e atona rimanga l’espressione di Adriano, il giovane dai capelli verde acqua sta collassando dentro di sé, accartocciandosi sugli spigoli della propria anima: Rocco prende e dice che andrà via, che ci sono così tante cose da scoprire, nel mondo, che è inutile fossilizzarsi ad Hoenn. Adriano sospira, inudito, quando l’orizzonte s’inghiotte l’ex campione di Hoenn.
Non versa nemmeno una lacrima – ora capisco cosa hai provato, Alice.
 
Vetro di mare
 
Per stagtree,
spero che ti piaccia.
Passa delle buone feste
 
S’impone una routine rigida, fatta di tante minuscole certezze: la sveglia alle sei del mattino, una doccia gelida (e, d’altronde, è la stessa temperatura dei suoi pensieri), colazione, i pensieri che gli si attorcigliano ai capelli mentre attende qualche nuovo sfidante nella Palestra. Adriano non sgarra mai.
Mai una volta si scopre colpevole d’aver pensato a Rocco, colpevole d’averne desiderato il ritorno – e, quella volta in cui Vera torna a trovarlo e gli comunica che dovrebbe per davvero imparare a perdere, Adriano ride senza mostrare i denti.
Imparare a perdere – sì, le dice, certo che sì: se solamente fosse in grado di comprendere l’entità del vuoto che l’assenza di Rocco gli sta scavando dentro, boccone dopo boccone. Ma Vera, che ciondola per Hoenn alla ricerca di uno scopo, sembra comprendere e allora tace.
Adriano non le dice mai che, al pari di lei, uno scopo lo cerca anche lui nei momenti della giornata in cui permette alla mente di vagare (e mai si permette di lasciarsi andare completamente): non le dice che sogna la fuga, andare in un posto dove i sentimenti non possano ferirlo, o alla ricerca di Rocco Petri che, in due mesi che se n’è andato, non ha mandato nemmeno uno straccio di lettera. Vera però capisce.
Capisce e gli dice che potrà continuare a ingabbiarsi in una rete di azioni meccaniche, certo che potrà – ma ci sarà sempre quel pensiero che sfuggirà al suo controllo, azzannandogli il cuore nel momento meno opportuno.
«Sei sempre in tempo» commenta Vera, atona, quando vede che ancora una volta Adriano ha perso le redini dei propri pensieri. «Pensaci».
Lui, però, non ci pensa proprio mai – perché anche nelle fantasie, che sono tutte colorate e scintillanti, Adriano non riesce a trovare una parvenza di serenità: inquieto s’aggira tra le immagini che la sua mente gli propina e, quando inciampa sul sorriso di Rocco, ogni volta gli viene da piangere (ma non lo fa mai). E non è che semplicemente Adriano si consumi sulle vestigia di un amore impossibile, no, ma quel che lo logora è l’impossibilità di venirci a patti – perché, sopra d’ogni cosa, conosce Rocco Petri.
Ne percepisce l’insoddisfazione come se gli appartenesse, i piedi che lo portano a correre come se avesse ancora Groudon o Kyogre alle calcagna, e i capelli che scolorano nell’aria nebbiosa di chissà che posto dimenticato da Arceus. E lo sa, certo che deve saperlo: che Rocco non sarà mai pronto, per l’amore, non avrà mai posto in sé per qualcosa che non sia l’eterna insoddisfazione che lo muove.
«E pensi d’essere diverso?» gli domanda Vera, un giorno che s’arrampica sul balcone di casa sua, dopo una scorrazzata a Forestopoli. «Voi due siete uguali e nemmeno sapete rendervene conto».
Non uguali, risponde Adriano con un velo di nostalgia a macchiargli la voce, ma simili – e ce ne rendiamo conto.
Alice gli manda una volta a settimana un pacchetto imballato con cura e un biglietto con poche parole, generalmente solo la sua firma, e nessuna traccia di rancore: la Capopalestra di Forestopoli percepisce le  angosce di Adriano come se le appartenessero, e forse è così per davvero, il giorno in cui la scatolina della settimana contiene un vetro di mare. Poche parole (un colpo al cuore).
Tutto può esser pietra, Adriano.
Lui finge di comprendere – ma, quando alla sera è il momento di mettersi a letto, quel vetro smussato taglia come lama d’acciaio: nei suoi sogni, è semplice essere pugnalato da un pensiero o un ricordo sfuggente. È il motivo per cui Adriano smette di dormire da solo – e il suo materasso ospita Milotic, prima, ma anche gli oggetti più disparati: libri, coperte, una maglietta sformata. Tutte le chincaglierie che la sua esistenza gli ha vomitato sopra, improrogabilmente chiamate a testimoniare la genesi della sua disperazione.
E, in giro, iniziano a dire che abbia perso smalto: che si distrugga silenziosamente nell’ombra di un’assenza e, adesso, a Ceneride si regalano medaglie al primo ragazzino in grado di eseguire una combinazione di attacchi.
Adriano non molla, continua a recarsi in Palestra ogni giorno – ma, per quanto provi a perdere, le sconfitte non le sa ancora accettare: perché, ogni Medaglia che consegna, è un pezzo di speranza che scivola e cola via come acqua nello scarico.
Perché passano i mesi, si susseguono inutilmente smangiucchiandosi a vicenda e, quando cola su Ceneride la prima neve natalizia, Adriano ormai non crede più: non crede più che Rocco potrà tornare indietro e non lo fa nemmeno il giorno in cui, inaspettatamente, accade.
Rocco Petri viene a bussare alla porta di casa sua – Adriano non ha abbastanza parole per rispondergli.
 
***
 
Rocco torna a casa per Natale: non avrebbe voluto, d’altronde è sicuro che suo padre festeggerà la vigilia in ufficio, prendendo un sorso di prosecco e mangiando un simbolico cucchiaio di purè di patate per festeggiare, ma c’è qualcosa che alla sera gli ha sussurrato che forse era ora di fare marcia indietro e tornare a Hoenn.
Qualcosa, si ripete mentre varca al porta di casa sua, non qualcuno – eppure, il giorno in cui Alice di Forestopoli decide di scrivergli che sarebbe bello, rivederlo a Hoenn per Natale, qualcosa in Rocco si crepa.
(Ora capisco cosa hai provato, Alice).
Ed è sempre tutto crepato, tutto spezzato, nel momento esatto in cui raccoglie il coraggio a piene mani (e, ovviamente, la metà e più gli scivola via nello spazio tra le dita) e decide di fare una capatina a Ceneride: ha sentito le voci, mentre ritornava a Hoenn, ha sentito cosa dicono di lui. Che la stella di Adriano s’è eclissata e, adesso che sembra fare tutto con poca voglia e scarsa attitudine, cosa è rimasto?
Quando lo vede, però, Adriano sembra sempre identico a sé stesso – seduto tra le pareti di ghiaccio, gli occhi persi nel proprio riflesso e nessuna espressione a rischiararne il bel volto: un sorriso finto, falsissimo, quando lo vede. Nessun saluto.
Rocco deve domandarselo – se rimarranno per sempre a guardarsi così, a tre passi e mezzo di distanza, senza trovare mai il coraggio di sfiorarsi o semplicemente di dire una manciata di parole: perché Adriano continua a giocherellare nervosamente con le proprie stesse dita, senza emetter fiato.
«Ciao».
«Ciao».
Nuvolette di parole – nessuna parvenza di sentimento, Adriano, una matassa di sensazioni confuse, Rocco.
«Non pensavo saresti tornato» commenta Adriano, con tono casuale. «Insomma… a te non è nemmeno mai piaciuto, il Natale».
Rocco fa per dire qualcosa ma, alla fine, non sa fare altro che scrollare le spalle con aria perplessa: non lo sa dire nemmeno lui, perché abbia scelto di tornare, non lo sa dire nemmeno lui perché si sia diretto da Adriano e non da suo padre.
«Pensavo…».
Che avessi bisogno di me – ma, quando scorge il lampo d’avvertimento nello sguardo di Adriano, Rocco deve inghiottire quel brandello di discorso: non ama perdere, lui, nonostante tutto l’impegno che ha impiegato per dimostrare il contrario.
E finisce così – con Rocco che lo guarda e non sa cosa dirgli, con Adriano congelato sui muri della propria Palestra, con il rancore che ormai gli si è annidato tra le vene e il sangue.
Ora capisce cos’ha provato Alice – Rocco che, per la prima volta in vita sua, conosce cosa significa rifiuto.
Ora capisce cos’ha provato Alice – Adriano che, per quanto cerchi di convincersi del contrario, ormai si rende conto che la Capopalestra di Forestopoli aveva detto il vero: lui e Rocco sono dolorosamente simili.
«Cosa pensavi?» domanda Adriano, affilato come un vetro infranto. «Te ne sei andato e non mi hai nemmeno domandato se…».
Mi andasse bene – ma, quando Rocco si gratta la nuca con aria imbarazzata, Adriano si convince a deglutire quel frammento di conversazione: nemmeno Rocco è uno cui si confà perdere, nonostante tutto.
«Certo che no» sussurra Rocco, a capo chino (cosparso di cenere). «Non pensavo che… che avresti sentito la mia mancanza, ecco».
Vorrebbe aggiungere qualcosa – qualsiasi cosa, pur di cancellare l’espressione piena di delusione dal viso di Adriano. Ma è lui a cingerlo tra le propria braccia, cercando le sue labbra.
Rocco borbotta qualcosa, sulla sua bocca, infilandogli le mani tra quei capelli verde mare, facendolo sorridere (e, di rimando, viene un po’ anche lui di sorridere).
Quella sera, Adriano gli mostra il proprio vetro di mare, nascosto sotto il cuscino per tutte quelle notti in cui non ha saputo dormire da solo, strappandogli un bacio dalle labbra e un pensiero dalla testa.
Tutto può esser pietra, Adriano. Il cuore no.


 
Chi non muore si rivede?
Sono anni che non frequento questo fandom e non so nemmeno cosa sto facendo, ma è da mesi che pianificavo un ritorno alle origini: per cui, grazie anche all'iniziativa del Secret Santa, ho deciso di provare.
Spero che sia stata una bella sorpresa e, come sempre, grazie a chi mi ha letta.
Buone feste,
Gaia
   
 
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