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Autore: Manto    29/12/2021    0 recensioni
(Sigma x Gogol')
Sigma lo sa da sempre: avere a che fare con Nikolai Gogol' vuol dire vedere qualsiasi piano andare in frantumi e dire addio alla pazienza, guadagnandoci pure un mal di testa clamoroso.
E mettendo in discussione anche il cuore.
Lievi toni di angst, qui è la commedia a regnare.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fyodor Dostoevsky, Nikolai Gogol, Sygma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER

I personaggi qui presenti appartengono alla fantasia di Asagiri-sensei.
La storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.




 

Hey Moon,

Please Forget To Go Down



 

{ Presente La Dama d’Argento }


All tied up, no more love and I’d hate to see you waiting
They say it’s all been done but they haven’t seen the best of me

“High Hopes”, Panic! At The Disco



 

A volte arriva, senza preavviso e senza permesso.
Arriva, violento ed egoista, per portarsi via ogni cosa.
Arriva, e quando se ne va non si può che respirare di sollievo e iniziare a rimettere insieme i pezzi infranti.

Arriva per tutti, non c’è anima che non lo conosca: è il giorno in cui ogni piano concepito mesi, ore o semplici minuti prima cade sotto la falce dell’Imprevisto. Inutile opporsi, tempo perduto reagire con rabbia e insofferenza: ci si può solo adeguare e farsi trascinare nella danza dei problemi, sconvolti e senza parole, in attesa della fine.
E se il puro caos giunge fin dal mattino, si può essere sicuri che l’intera giornata sarà all’insegna della tempesta… 
Di qualunque tipo essa sia.




 

L’alba è appena sorta, eppure è già tardi: è una sensazione che si ancora alla pelle con uncini invisibili e priva del sonno più profondo, così che il risveglio sia agitato e confuso e l’incoscienza duri ancora un attimo, un istante lungo come una vita intera.
Così, sugli occhi di Sigma il sogno continua a restare anche quando il manager balza a sedere nel letto e tende una mano verso la parete a lui opposta, quasi stia cercando di fermare un’ombra in fuga.
Quella riesce a scappare, abbandonando del tutto i reami onirici per saltare nella realtà e lontano da lui, e al giovane non resta altro che rimanere fermo al suo posto, nella pigra luce rosa che inizia a riempire la stanza e gli sfiora il capo come un’onda, immobile e infinitamente più stanco di quando si è addormentato. Non ama affatto la nebbia che segue i sogni, la mente ovattata dalle immagini che ha visto e le domande che inevitabilmente sorgono insieme al nuovo giorno; ma non può scappare da loro, quindi si accontenta di scrollarsi di dosso l’intontimento così come si libera delle coperte, di respirare e massaggiarsi le tempie che già dolgono.
Tardi, è tardi, non si stanca di ripetere una voce dentro di lui, e questa risuona e ritorna in qualunque rumore che il giovane provochi o venga creato da altri, ma che rispondono tutti a Sigma: lo Sky Casino è una creatura gigantesca e libera, ma lui ne è la testa e il cuore, e ogni altra componente non può che cercarlo e chiamarlo.
Apparentemente, però, non c’è nulla di diverso nella stanza o nello studio personale, né negli ambienti che visiona appena ha ultimato di prepararsi e può attendere alle sue mansioni: le sale da gioco sono già sveglie, il loro ventre pronto ad accogliere gli ospiti e chiunque giunga con il mattino, così come rombano e si scaldano le camere dove ci si riposa, le cucine e ogni altro luogo che appartenga a quell’immenso corpo. I dipendenti, già indaffarati a correre, preparare, rispondere, guidare, spiegare e rassicurare, non mancano di salutarlo con cortesia e di rivolgergli gentili parole, immediatamente ricambiate; qualcuno nota la sua lieve agitazione e prova a risolverla come può, e a questi Sigma rivolge un sorriso più profondo ― è decisamente fortunato, ora… almeno sotto questo aspetto.
È tardi? Non sa rispondere, ma la sensazione svanisce un poco mentre viene avvicinato da alcuni dei suoi ospiti e si ritrova immediatamente ingaggiato in un piacevole discorso che si porta via interi minuti… almeno fino a quando l’ombra di uno dei dipendenti non lo raggiunge, bloccandogli le parole in gola. C’è tensione nei suoi occhi, come ogniqualvolta avvenga qualcosa d’imprevisto; e Sigma corruga la fronte, in attesa del disastro. Se c’è qualcosa che odia, è proprio la mancanza di controllo; la sensazione, tuttavia, esita a ritornare.
«Signore, perdoni il disturbo, ma qualcuno è giunto a incontrarla. Chiede di poterle parlare in privato.»
Ancora prima che l’uomo finisca il suo discorso, il giovane si volta e s’irrigidisce appena nel notare la magra figura a poca distanza da loro, in quieta attesa e con i grandi occhi viola che osservano tutto e tutti con distacco non umano; quindi distende il volto e si calma, rassicurato. «Nessun disturbo, me ne occupo immediatamente. Gentili signori, godetevi la vostra permanenza allo Sky Casino, ogni cosa è a vostra disposizione», risponde Sigma, congedando dipendente e giocatori con un gesto elegante e avvicinandosi al nuovo arrivato, il quale si anima non appena il manager gli si pone innanzi.
«Dostoevskij-san», esordisce quest’ultimo mentre s’inchina leggermente e sposta la mano di lato, per invitarlo a precederlo, «benvenuto nel mio umile regno.»
Sul viso di Fyodor scivola una smorfia simile a un sorriso, quindi il giovane annuisce e si avvia verso lo studio di Sigma, che immediatamente lo segue. Pur senza conoscerlo, a volte senza nemmeno guardarlo, coloro che incontrano Dostoevskij gli fanno istintivamente spazio nei corridoi e rivolgono la propria attenzione al padrone di casa, il quale fa del suo meglio per mostrarsi rassicurante e, una volta giunto al suo studio, si chiude la porta alle spalle senza far rumore. Una lieve ombra è calata sull’ambiente e pulsa sulle pareti come una fiera dormiente, ma lui non si scompone né si preoccupa: è ciò che accade quando un’anima come quella di Fyodor detta la sua legge sullo spazio e questi non può che adattarsi.
Non che la sua sia molto diversa, forse.
«Rimango sempre piacevolmente colpito di come tu ti sia ambientato alla perfezione», esordisce il giovane dalla chioma notturna mentre s’appresta a sedersi su una delle morbide poltrone dello studio, per poi osservare Sigma fare la medesima cosa con il trono dietro alla scrivania e rivelare uno dei suoi sorrisi più ombrosi, «e questo è un fondamentale punto a tuo favore, per quello che tra poco dirò.»
L’altro spalanca gli occhi, sorpreso, e istintivamente si allunga verso Fyodor per sapere di più; questi reclina leggermente il capo all’indietro, quindi volge gli occhi alla porta e la osserva con espressione neutra. «Ti prego di avere pazienza ancora un poco: lui dovrebbe arrivare a momenti.»
Per la seconda volta Sigma atteggia il viso in un quesito silenzioso, e tale assenza di parole permane per ancora qualche attimo; poi, preceduto da una piccola smorfia di Dostoevskij, si ode bussare con quella che entrambi comprendono essere esitazione.
Alla voce imperiosa del manager il legno si spalanca e ricompare il dipendente che l’ha chiamato non tanto tempo prima, questa volta pallido come la divisa immacolata che indossa. Il povero uomo, tuttavia, non fa in tempo a parlare che una nuova figura si sporge sulla soglia e guarda dentro la stanza, per poi sorridere a pieno volto quando posa l’occhio dorato su chi la occupa. 
Oh no… tra tutti, proprio lui, pensa Sigma appena si rende conto di chi sia il nuovo arrivato, rabbuiando il volto in risposta.
«Signore, sono mortificato… è sfuggito ai controlli, non c’è stato modo di fermarlo… è un mistero…»
«Maaaa non c’era bisogno di arrivare a tanto, posso presentarmi da solo!  E loro mi conoscono già!»
«Non temere, va tutto bene», replica Sigma mentre si alza in piedi, rivolgendo un’occhiata di profonda comprensione all’uomo e una meno benevola al suo secondo ospite, «lascialo pure entrare e rassicura gli altri. Spero che per oggi le sorprese siano finite.»
Ha appena il tempo di passare una mano sul volto e concedersi un secondo di puro fastidio, quindi nota che sull’uscio è rimasto il nuovo arrivato e con un cenno meccanico gli fa segno di entrare.
Quello non se lo fa ripetere e si abbandona alle ombre della stanza, gettando la sua luce folle intorno: nessuno meglio di Nikolai Gogol’ lo sa fare, è un maestro in questo.
Benissimo: Dostoevskij e Gogol’, più lui, riuniti in un’unica camera può voler dire solamente piani all’orizzonte; enormi, terribili eventi che non attenderanno molto prima di mettersi in moto, e che lo Sky Casino cullerà dentro di sé come una sua creatura.
Se il suo mondo d’azzardo ha un corpo, è quello di un essere delle tenebre, la Fine stessa: tale è l’essenza del Decadimento degli Angeli.
«Qualcun altro da attendere?», domanda il manager, lo sguardo che non perde di vista Gogol’ mentre questi si aggira per l’ambiente, stranamente, inquietantemente calmo e silenzioso rispetto al solito, e alla fine sceglie di sprofondare nella poltrona più vicina a quella di Dostoevskij. Ha un piano nel piano, pensa volgendo il viso proprio verso Fyodor, e forse è troppo tardi per fermarlo?
«Quelli che si occuperanno della missione sono tutti qui», replica quest’ultimo, «possiamo cominciare. Sigma», e qui il tono si fa più grave e profondo, «non sono l’unico a credere che tu stia facendo un lavoro eccellente: gli ospiti sono entusiasti, la gente lavora volentieri sotto di te, sul tuo conto si odono solamente lodi e splendide parole.
La fama è veloce: vola insieme alla luce e trascina nel mondo tutte le voci che trova, arrivando più lontano di quanto si possa immaginare.
E quel lontano ha deciso di giungere fino a qui.»
Fyodor fa una breve pausa, il tempo che Gogol’ estragga un fascio di documenti da sotto il manto e glieli porga. 
Ancora una volta, l’attenzione di Sigma viene sviata dallo strano comportamento di Nikolai, troppo pacato per non essere sospetto; e una parte di essa non segue più le parole di Dostoevskij, ma si fissa sulle prossime mosse di quel clown.
«Questo», riprende Fyodor, facendo scivolare alcuni fogli sulla scrivania e indicando la foto che campeggia sopra l’intero plico, «dev’essere il nostro unico interesse per qualche giorno, almeno fino al grande evento che si terrà qui.»
Sigma prende in mano la foto e fissa l’elegante uomo dall’aria fiera che guarda in camera con invidiabile sicurezza: l’incarnazione della politica stessa e del suo trionfo. «Un ministro allo Sky Casino?», chiede il manager mentre posa l’immagine per recuperare il resto dei documenti.
«Perspicace», commenta Gogol’ con un piccolo ghigno, a cui risponde quello di Fyodor. «Un ambasciatore, per la precisione.»
Sigma appoggia la schiena contro la poltrona e guarda attentamente i suoi interlocutori. «Che presto avremo ospite in queste sale.»
«Una pedina che ama muovere gli altri a proprio piacimento», commenta Fyodor, «e che per quanto sia intelligente e potente, non ha idea di come sia importante per noi.
L’ambasciatore in questione, ultimamente, ha fatto parecchie telefonate interessanti agli organi fondamentali di questo paese: sembra che sia in possesso d’informazioni che potrebbero tornare utili alla nostra causa… ma un telefono è un’arma benevola quanto infida e lui non è uno sprovveduto, quindi ciò che è stato detto è solamente una piccola parte di quello che sa; e noi dobbiamo conoscere ogni cosa.»
A questo punto, Gogol’ si sporge verso la scrivania e rovista tra i fogli fino a estrarre un documento costellato di segni rossi: parole, orari, frecce e nomi, che poi passa a Fyodor. «Gogol’-san è riuscito a recuperare tutto ciò che devi sapere sul nostro amico: informazioni sensibili, abitudini, gesti ricorrenti e punti deboli, e anche la decisione di scegliere lo Sky Casino come sede di uno dei suoi incontri con i diplomatici giapponesi. Giungerà qui con la scusa di giocare alla roulette, domandando una sala dove poter restare da solo insieme ai ministri; e qualche giorno prima, arriveranno persone della sua cerchia, chiedendo un lavoro.
Ovviamente, quando la riunione avrà luogo, farà espressamente richiesta di avere uno o più di loro come croupier, così da poter giocare la sua reale partita con la protezione di gente a lui fidata. 
Tu non dovrai fare altro che accordargli tutto ciò che domanderà e assumere coloro che lo desidereranno: mostrarti accondiscendente e disponibile a tutto, e completamente ignaro di quello che accadrà.
Al resto, poi, ci penserà Gogol’-san.»
Sigma spalanca gli occhi e fa per rispondere, ma Nikolai lo precede ed esclama con tono colmo d’entusiasmo, un parziale ritorno alla sua particolare normalità: «Esatto, Sigma-kuuun! Sono sicuro che io e te saremo una splendida squadra e faremo un meraviglioso lavoro!»
Con le ginocchia raccolte al petto e le braccia a stringerle, il mento appoggiato su di quelle e gli occhi tanto stretti da risultare due fessure, Gogol’ sembra un gatto pronto a scattare al minimo movimento ― non vi inganni l’aria sorniona, nulla gli sfugge; e il suo sguardo è tutto rivolto a Sigma, così come il sorriso appena accennato sulle labbra, chi lo sa se per spregio o per altro motivo.
Davanti a quel ghigno e alla proposta, il manager volge lo sguardo a Fyodor con la luce della disperazione a invadergli il volto: no, assolutamente no, non con Gogol’, sarebbe decisamente troppo…
Dal canto suo, Dostoevskij lancia a Nikolai una lunga occhiata, quasi lo vedesse per la prima volta, quindi si appoggia alla scrivania con i gomiti e unisce le mani, il volto assorto. «Gogol’-san, ricorda che non dovrai avere, in apparenza, nessun tipo di relazione con chi dirige questo ambiente: la tua missione è ricavarti un posto nella cerchia dell’ambasciatore e agire in quell’ambito.
Il resto è un compito che Sigma può svolgere da solo: conosce il luogo come la sua mano, e anche se dovessero sorgere problemi, riuscirebbe a gestirli meravigliosamente. L’ambiente dispone di gente competente nelle proprie mansioni, non è necessaria la nostra presenza fisica», sentenzia infine Dostoevskij con tono neutro, e Sigma sente qualcosa sciogliersi nel petto: dopo aver smesso di respirare per due minuti buoni, ora il sollievo è grande, specie pensando al pericolo appena corso. Essere a stretto contatto con Gogol’, o semplicemente averci a che fare per più di qualche attimo e da solo… no, non può nemmeno immaginare simili scenari senza sentirsi percorrere da un brivido.
Forse, quella paura Nikolai la sente, perché i suoi occhi s’illuminano e il sorriso si allarga, poi il giovane scioglie la posizione e si stiracchia. «Così è già tutto deciso! Mi sta bene!»
Per un istante, un solo secondo, il manager ha la sensazione che qualcosa stia stonando tremendamente, che la situazione sia fin troppo liscia per essere reale; e vorrebbe riprendere Nikolai, chiedergli che cosa gli sia appena passato per la mente instabile e a cosa si deva quella stranissima assenza di eccentricità, una simile mansuetudine… ma tace, non osa chiedere.
Fyodor batte le mani in approvazione, quindi passa a esporre la seconda parte del piano; ma c’è un pungolo che impedisce a Sigma di ascoltare fino in fondo, un battito che lo assorda e forma un nodo al centro del petto. E qualunque realtà si sia messa in moto nell’attimo esatto in cui l’ha pensata, percepita, ormai è troppo tardi per fermarla.


❀❀


Nei giorni successivi, tutto si svolge come Fyodor ha detto: il mattino seguente giunge l’annuncio della visita dell’ambasciatore, e non molto tempo dopo l’ambiente si anima di voci e volti nuovi.
Sigma svolge il filo della finzione con abilità, mostrandosi tanto disponibile quanto lontano da ogni ombra di dubbio, il perfetto manager che tutti osannano; al medesimo tempo, l’uomo che appartiene agli Angeli e alla loro decadenza studia il piano minuziosamente, passando in rassegna il materiale che possiede: a cominciare dal fatto che l’ambasciatore tenda a evitare il contatto fisico e fino ad arrivare al chip che il diplomatico tiene sempre addosso, nascosto nei suoi vestiti ma in un punto ogni volta diverso, contenente segreti capaci di mettere in scacco intere nazioni.
Per ore, il manager ragiona e pensa a come potersi avvicinare a quello senza destare allarme, ma la sua mente continua a realizzare che non è un compito che spetta a lui: deve lasciare tutto ciò che non riguardi l’ospitalità a Gogol’, lo stesso che ha recuperato l’immensa mole d’informazioni nascoste nei cassetti della sua scrivania e colui che sarà accanto alla preda per tutta la permanenza nel casinò.
Si deve fidare e far sì che ciò che non può affrontare venga gestito da altri, anche se questo vuol dire cederlo alle mani di un completo folle; è necessario, si ripete, cercando di mettere a tacere l’inquietudine che sale a mano a mano che le ore passano e il momento si avvicina…
… E nonostante il fatto che improvvisamente Nikolai scompaia, interrompendo ogni contatto con il resto del Decadimento.
«Il piano procederà comunque alla perfezione», commenta Fyodor una volta avvertito di quanto accaduto, nessuna preoccupazione nella voce, «dobbiamo lasciarlo agire.»
Sono queste le prime parole che accolgono Sigma il mattino del grande giorno e che lo accompagnano fino al pomeriggio, quando alle porte del casinò giungono nuovi ospiti e ben presto bisbigli e stupore iniziano a percorrere le sale da gioco.
Sigma intrattiene e calma, la sua presenza si erge sui pavimenti come un faro e rassicura gli animi, per poi dirigersi verso l’ingresso e caricarsi della forza che andrà a mostrare al Potere stesso; è l’energia che proviene dal controllo, la sensazione di veder tutto svolgersi sotto una direzione ben definita, e…
«Da questa parte, gentiluomini. No, ambasciatore, non di là! Vuole forse perdersi? Non si preoccupi, le starò accanto tuuuutto il giorno, sa che con me è in buone mani!»
La voce acuta e squillante, per qualche verso stranamente familiare, di una giovane donna riempie la hall dove gli ospiti vanno riunendosi dopo aver superato tutti i necessari controlli, e Sigma si ferma un istante, colpito e accigliato insieme: non apprezza la confusione che inizia a crearsi, così riprende a camminare con maggiore velocità e va incontro al gruppo per fare gli onori di casa e riportare l’ordine.
Alla sua comparsa, i diplomatici interrompono qualsiasi discorso in atto e quasi sono loro stessi ad accoglierlo, permettendogli di presentare le proprie squisite maniere e creare un ambiente di completa distensione. Senza darlo a vedere, il manager nota immediatamente come l’obiettivo del Decadimento rimanga leggermente scostato dagli altri politici ma non perda di vista un solo movimento dell’anfitrione, quindi lo lascia nel suo spazio e finge di concentrarsi sul resto dei presenti, iniziando il raffinato gioco che porterà l’ambasciatore nella rete.
Accanto a questi, un’alta fanciulla dalle forme slanciate ― probabilmente, la proprietaria della voce di usignolo prima udita ― tiene il viso parzialmente nascosto dietro le lunghe onde dei capelli d’argento e sporge labbra rosso carminio verso l’orecchio del diplomatico, sussurrandogli qualcosa che fa sorridere entrambi; quindi getta un’occhiata veloce a Sigma, che si trova folgorato da due gemme dorate e da una leggera, inquieta confusione quando la ragazza si stacca dall’uomo e inizia ad avvicinarsi a lui.
«Prego», esordisce il manager, girandosi appena e invitando i politici a seguirlo, «non vi faccio perdere altro tempo: la sala è già pronta per voi, come…» Un istante: tanto basta per spezzargli il respiro e fargli spalancare gli occhi nell’incredulità; il tempo si ferma, e molte delle sue convinzioni, già esigue, cadono. «… Come avete richiesto.»
La giovane che gli si è fermata al fianco, tutta un sorriso e sfarfallio di ciglia, si aggiusta appena una ciocca sfuggita davanti al volto e attende con pazienza; e lì sono solamente in due, loro due… Sigma lo sente, gli altri sono distanti chilometri.
«Va tutto bene?»
La voce gli è morta in gola e diversamente non potrebbe essere: per questo non risponde, anche se dentro di sé ribolle e ogni dettaglio dell’altra non fa che peggiorare la situazione.
I capelli sciolti, acconciati in pigri boccoli…
Gli occhi dorati, ripassati con un trucco leggero ma capace di renderli ancora più affilati e felini…
La veste lunga, di un bianco splendente, che copre ciò che darebbe adito a scomode domande… i guanti che ingentiliscono le mani, spesso alzate verso il viso per aggiustare un fermaglio o un orecchino.
Nessuna traccia di cicatrici.
«Alla perfezione», mormora infine Sigma, staccando lo sguardo livido dall’altra persona e volgendolo innanzi a sé, iniziando a guidare l’allegra e ignara brigata verso la sala designata.
Alle sue spalle, Gogol’ distende le labbra ricolme di rossetto e ride discretamente, facendo risuonare alti tacchi sui pavimenti lucenti: ancora una volta, è lui a dirigere lo spettacolo.


Sigma si sente come parte di un incubo, ma non riesce a svegliarsi.
Seduto nel suo studio, gli occhi fissi sulla parete a lui opposta, si ritrova la gola secca e assetata per avere la bocca aperta da lunghi istanti; eppure non fa nulla per ovviare al problema, quasi non se ne renda davvero conto. Come ha potuto… come ha potuto pensare che tutto andasse secondo un filo logico, con un senso e uno svolgimento privo di sorprese, e associare a questo il nome di Gogol’?
Non ha imparato proprio nulla da quei momenti passati a contatto con il giullare? Eppure, c’è più di un motivo se prova perenne sconcerto in sua presenza… e ora questa trovata.
Il piano viaggia su un filo di ragnatela per colpa della follia di Nikolai e della sua perenne voglia di divertirsi a spese degli altri ― perché figurarsi se quello non se lo sta spassando e ridendo di tutti loro, al diavolo la discrezione e la prudenza ―, rischia il collasso e una fine tremenda, e non c’è nulla che si possa fare per sistemare la faccenda senza rischiare di comprometterla maggiormente.
Sarebbe infatti sospetto, ragiona Sigma, interrompere l’incontro e, con la scusa di un pericolo o per qualche altra motivazione, tenere d’occhio la “dama” perché non metta a repentaglio la missione; e…
E se proprio ciò che chiama follia portasse al suo buon esito?
Tutto quello che può fare è semplicemente fidarsi, perché ormai è troppo tardi? Maledizione, lui e Fyodor non avrebbero dovuto sottovalutare le capacità caotiche di Gogol’ a tal punto… o forse Dostoevskij sapeva già tutto in merito?
Il secco bussare alla porta fa sobbalzare Sigma sulla sedia, quindi la sua voce non fa in tempo a dire “avanti” che Gogol’ compare nella stanza, a poca distanza dalla scrivania e dagli occhi foschi del manager, i quali diventano ancora più bui appena si trovano innanzi la causa delle sue preoccupazioni.
«Rilassati, Sigma-kun, sta andando tutto come Dos-kun ha decretato», esordisce Nikolai con voce cinguettante, esibendo un timbro femminile da far invidia e facendo una rapida giravolta su sé stesso mentre avanza verso il centro della stanza. La gonna della veste si gonfia in una ruota, mentre i capelli sprigionano un aroma stuzzicante, «Tu, invece, fai seriamente paura con quell’espressione. Non farti vedere in giro in questo stato.»
«Hai interrotto ogni contatto per giorni», replica Sigma, le mani serrate a pugno e i muscoli contratti, «e dal nulla ti presenti qui così. Spero che il teatrino stia valendo i tuoi sforzi e la nostra pazienza.»
«Non ti ricordi la mia missione? Dovevo ricavarmi un posto in quella simpatica combriccola e stare al fianco dell’ambasciatore per tutto il tempo, e non mostrare alcun legame con il manager dello Sky Casino. E sta andando alla grande! Tra le sue debolezze ci sono anche le donne, quindi ho preso il posto di una delle sue fidanzatine ― non temere per lei, sta bene! Dovrebbe svegliarsi a… giorni? ― e lui non si è accorto di nulla… anche se agire come quella poverina non è stato così facile, ma quand’è che le cose belle sono semplici?»
Sigma sorride appena all’espressione di Gogol’, per poi scuotere la testa. Quindi ha preso il posto di una ragazza… beh, meglio non scendere troppo nei dettagli. «Eppure ora sei qui, e non con il tuo ambasciatore. Se lui venisse a scoprire che sei in mia compagnia, potrebbe farsi un’idea sbagliata sulla sua bella.»
Gogol’ fa un ghigno divertito, quindi esplode in una risata che lo fa vacillare sui tacchi vertiginosi. «Sei sempre così convinto di ciò che dici, Sigma-kun! Ed è una cosa meravigliosa!», esclama poi, sedendosi sulla poltrona opposta a quella dove troneggia il manager, «ma non devi temere neanche su questo: è stato lui a mandarmi da te. La riunione è finita, ora richiedono la tua compagnia. Andiamo?»
Sigma si alza, la fronte aggrottata. «Hanno parlato davanti a te?»
«Hanno il loro codice: non ho udito nulla di ché, ma io e te sappiamo che c’è qualcuno che ha capacità pari a un dio e può giungere ovunque. Anche gli oggetti si piegano al suo volere.» Nikolai strizza l’occhio al compagno, quindi si massaggia un orecchio. Sigma nota che i lobi sono vuoti, privi degli orecchini che prima ha notato, e intuisce il perché. «Immagino che nella tasca dell’ambasciatore ci siano i tuoi splendidi brillanti. Oramai avranno registrato ogni singolo dettaglio di quelle persone», mormora, e Gogol’ annuisce. «Lui è stato così caaaarino quando gli ho chiesto di tenermeli perché mi stavano facendo male», risponde con tono sognante, «e ora saranno sicuramente tornati a essere normali gioielli; non mi preoccuperei di loro, a dire il vero. Ma ora la seconda parte dello spettacolo deve iniziare, e sarà uno show con i fiocchi! Anche perché c’è ancora qualcosa da ottenere prima di considerare compiuta la missione… ma non ti preoccupare, a questo ci penso io!»
Il giullare balza in piedi e fa cenno a Sigma di seguirlo, cosa che il giovane fa senza mutare espressione; questi sobbalza un attimo, invece, quando istintivamente ripiega il braccio perché Gogol’ lo prenda a braccetto e sente la mano del clown scottare sotto il tessuto del guanto. 
La porta dello studio si chiude alle spalle di entrambi, ma il manager esita ancora un attimo ad andare; sosta un secondo nella luce che riempie il corridoio come una marea rossa e arancio, respira forte.
«Sei impallidito, Sigma-kun. Sicuro di stare bene?», domanda Gogol’ con una punta di curiosità nella voce, gli occhi ingigantiti dalla vicinanza; e Sigma risponde solo con un cenno del capo, per poi serrare lo sguardo lontano dal mondo.
Improvvisamente, ardentemente, desidererebbe essere da solo.

 
   
 
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