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Autore: An13Uta    02/01/2022    1 recensioni
Inglese; piangere, essere in lutto.
Credo che Skull Kid, dopo secoli e secoli, si sia reso conto che non potevano essere vivi.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Link, Skull Kid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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To Mourn
{essere in lutto}





Un giorno Skull Kid si sedette senza un pensiero tra il muschio ed i corpi dormienti, e tutto d'un colpo lo accettò.



Che le braccia dei suoi amici non erano più attraversate dal tepore del sangue.

Che le guance su cui imprimeva baci a stampo, da bambino, non avevano la soffice consistenza della carne viva.

Che le mani nelle sue erano evanescenti, soffi d'aria che non avrebbe potuto trattenere quando si sarebbero sfilate dalle sue dita.

Che la pelle era stata persa da tempo, per lasciare libera l'anima.



Si alzò senza il rumore tra gli spiriti raggomitolati su sé stessi e andò via.


Camminò tra le radici, l'erba, i cespugli, i sassi sulle vie mai attraversate dei Lost Woods. Camminò tra quello che era rimasto della sua specie, di quello che gli altri che non erano bruciati erano diventati. Non aveva una meta precisa; voleva riuscire a sentirsi solo.

Camminò senza sentirsi stanco nonostante fossero probabilmente passate ore. Camminò senza percepire nulla attorno a sé, mentre il bosco si spostava di propria volontà per evitare che cadesse in una buca, o inciampasse nel fango.

Camminò finché non si fermò sul ciglio di una piccola rupe, tenuta in piedi dalle filiformi bocche della flora; allora si sedette, le gambe ciondolanti nel vuoto smeraldino della luce filtrata tra le foglie senza alcuna paura, e fissò lo sguardo nell'infinito orizzonte annullato della sua cecità.



Erano morti.

Forse da molto, molto tempo.



Skull Kid li aveva testardamente mossi come bamboline snodabili nella sua memoria sfocata per convincersi che fossero ancora vivi e immutati, sulla via del ritorno – sulla strada per venirlo a trovare.


Ma erano morti.


Li aveva fatti vivere come si fa vivere un burattino, in un piccolo teatro che operava ininterrottamente.



Ma ora erano morti: i fili delle marionette erano afflosciate a terra, e i fantasmi al loro interno uscivano a sgranchire gli arti liberi da ossa e muscoli e nervi, e si divertivano a volare attorno alla bambola posseduta a cui avevano promesso un pomeriggio interminabile di giochi e riposo.



Aguzzò le orecchie attente: non c'era nessuno.

Solo il fiato del vento, i mormorii delle foglie.

Si sdraiò tra le carcasse degli altri bambini perduti. I fili d'erba che erano diventati solleticavano la corteccia che gli faceva da pelle.




Era solo.





Era così orribilmente, terribilmente, inconsolabilmente solo.





Non sentì nulla, per un momento.

Assolutamente nulla.

Niente al suo interno; nessun sentimento o pensiero nel guscio del suo corpo.

Poi gli occhi si inumidirono di resina.


Skull Kid pianse.



Fece rompere la sua ferma testardaggine in pezzi minuti, e si permise di essere in lutto



Lasciò che la terra si allacciasse alle sue falangi, come per assorbirla in una dolce tomba. La sentì cercare di corrodere il suo esoscheletro, di trasformarlo in una nuova parte della foresta (muschio o fiore o erba o albero o frutto o seme o fungo o muffa o cespuglio o felce o bulbo o radice), sussurrandogli nelle voci di altre anime che da tanto, tanto, tanto tempo non volevano nient'altro.

Le ascoltò mentre piangeva.


E la terra si ritirò dalla crisalide che era, incapace di cavarne una farfalla.


Perché era l'ultimo, e sarebbe stato l'ultimo ancora per molto.



Perché c'era ancora qualcosa che voleva.



Skull Kid si rialzò, si voltò, e riprese a camminare. Camminò con la resina che cadeva in goccioloni dagli occhi, lasciando alle sue spalle una traccia di grosse sfere d'ambra. Camminò finché non smise di piangere.

Camminò finché non tornò dove le anime degli eroi di Hyrule dormivano nella forma di bambini stanchi dopo un gioco sfrenato, accatastati l'uno sull'altro come cuccioli di una qualche specie canide.

Si infilò tra di loro; strinse forte nelle braccia di rametti secchi il suo migliore amico (se avesse potuto vedere, avrebbe notato che un occhio era socchiuso, ed era stato socchiuso da quando se n'era andato, e che la mano che si era mossa ad accarezzargli la guancia era stata mossa apposta) e affondò la testa nella sua spalla, dove l'odore di pioggia e luoghi sconosciuti era più forte, dove i capelli una volta biondi scendevano sulla sua fronte grigia come un bacio della buonanotte.



E tornò a dormire.

   
 
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