Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: _Lightning_    05/01/2022    2 recensioni
Dopo aver lasciato Nevarro, Din Djarin ha ormai poche certezze: è ancora un Mandaloriano, deve trovare il pianeta natale del Bambino, e i compagni sfuggiti al massacro di Gideon sono vivi, da qualche parte nella Galassia. Quest'ultima è più una speranza, e lui non ha idea di come si viva di speranza. Soprattutto quando tutte le altre certezze, quelle che ha sempre custodito tra cuore e beskar, sembrano sgretolarsi con ogni passo che compie.
Non tutti i suoi fantasmi sono marciati via.
Dall'ultimo capitolo: Il Moff lo conosceva – sapeva il suo nome, da dove veniva, chi fosse la sua famiglia.
Anche Din lo conosceva. Ricordava il suo nome sussurrato di elmo in elmo come quello di un demone durante le serate attorno al fuoco della sala comune, l’unica luce che potessero concedersi in quegli anni di persecuzione. Ricordava il Mandaloriano mutilato e con la corazza deforme che narrava singhiozzando della Notte delle Mille Lacrime, quando interi squadroni d’assalto erano stati vaporizzati a Keldabe dalle truppe imperiali.

[The Mandalorian // Missing Moments // Avventura&Azione // Din&Grogu // Post-S1 alternativo]
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin, Jango e Boba Fett, Yoda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
•••
 

•••
 
 

Episodio 7
LA CACCIA

Parte II

 




 
“Le tribù si sono disperse, distanti l’una dall’altra,
ma sono tutte dei Sabbipodi
e tutte onorano la terra che le accoglie.”

— Frammento di storia Tusken




 

 

 

 

 

Desolazione dello Jundland-Mare delle Dune, Tatooine

Sui Tusken, Cara aveva sentito solo leggende e voci di spazioporto, nessuna di queste positiva. Erano predoni spietati, le cui sanguinose razzie ai danni dei coloni di Tatooine facevano scalpore anche a parsec di distanza – e viceversa, quando i coltivatori di umidità decidevano di vendicarsi dei torti subiti. 

Si diceva anche che nascessero dalla sabbia stessa assieme a un bantha, da cui non si separavano per il resto della vita, che non avessero bisogno d’acqua per sopravvivere e che anche i più grandi guerrieri giravano alla larga da un Tusken armato di un gaderffi – il lungo bastone da combattimento che, anche ora, baluginava al sole sulle loro schiene.

A sentirne parlare, erano un popolo guerriero simile Mandaloriani, ma allo stesso tempo profondamente diverso. Sembravano più schivi e selvatici, estranei alle guerre di proporzione galattica e guidati da codici di comportamento forse ancora più stringenti di chi seguiva la Via e il Credo.

Non se ne stupiva, considerando il pianeta ostico su cui vivevano, che sembrava già volersi scrollare di dosso chiunque cercasse di abitare le sue distese aride e infuocate con ogni tipo di avversità.

Ora che li vedeva di persona, non aveva dubbi sulla veridicità di quelle voci: se Mando non avesse avuto quel debito di sangue con uno di loro, probabilmente li avrebbero attaccati, uccisi e depredati, per poi lanciare i loro corpi in una delle tante fosse sabbiose di Tatooine.

Non sapeva se la totale neutralità con cui il Mandaloriano interagiva con loro fosse dettata dal suo Credo, che accoglieva qualunque popolo e specie senza distinzioni, o da un’ingenuità di fondo – ma Cara fu lieta che avesse salvato quel Tusken, anni prima, e che fosse in grado di comunicare con loro.

Per quanto enigmatica fosse la loro destinazione, adesso stavano attraversando i territori più insidiosi di Tatooine accompagnati dalle migliori guide possibili.

Il susseguirsi aspro di canyon e archi della Desolazione dello Jundland stava pian piano lasciando il posto a un terreno più aperto, man mano che discendevano nuovamente verso le piane sabbiose del Mare delle Dune, seguendo il lento calare dei soli.

Il cielo iniziava a tingersi di porpora, quando arrivarono ad avanzare sulle pendici di una mesa. Le pareti verticali s’innalzavano per centinaia di metri accanto a loro e sprofondavano per altrettanti verso gli immensi gorghi di sabbia sottostanti.

I Tusken si muovevano senza timore lungo lo stretto sentiero, con più agilità di quanta ne avrebbe avuta un dewback con quattro zampe. Dove passavano loro, neanche un sassolino precipitava verso l’abisso; lei, Mando e Cal, sebbene fossero combattenti ormai veterani abituati a muoversi sui terreni più impervi, non riuscivano comunque ad avere la medesima agilità nel camminare su una strada che loro battevano forse da millenni.

Infine, quando un unico sole era ancora sopra l’orizzonte, si fermarono su un piccolo pianoro che aggettava sul Mare delle Dune, distaccandosi dalla mesa. Oltre il ciglio dello sperone, la sabbia continuava ad agitarsi in mulinelli costanti, come se fosse viva.

Dei complessi cavernosi sembravano aprirsi in quel punto e alcuni Tusken si addentrarono nelle piccole grotte. Erano dei rifugi stabili, a giudicare dal terreno molto battuto e dalle grezze suppellettili che si intravedevano all’interno.

Cara scambiò un’occhiata con Mando, che già aveva voltato l’elmo nella sua direzione: dopo Awath, nessuno dei due era entusiasta all’idea di infilarsi di nuovo sottoterra.

Cal sembrava dello stesso avviso, considerando la smorfia che fece in risposta al sibilo robotico di BD-1, intento a zompettare nei pressi delle caverne con lo scanner attivato. Cal girò sul posto in modo nervoso, con gli occhi che scattavano qua e là a scandagliare la zona: Cara ormai sapeva che riusciva a percepire molto più di quanto fosse visibile all’occhio, ma non gli sembrò ancora allarmato.

«Sembra abbastanza isolato» commentò quindi a mezza voce mentre Mando si guardava attorno a falcate lente, come faceva spesso quando giungevano in un nuovo posto.

La culla lo seguiva passo passo, col Bambino che, ormai, iniziava a cedere al sonno.

«Qui dovremmo essere quasi invisibili anche da una nave» disse lui, ruotando il capo verso l’alto per verificare l’angolazione delle rocce più sporgenti.

«Bene. Siamo arrivati o è solo una tappa?»

Mando non rispose, perché venne approcciato da un Tusken. Cara non seppe dire se fosse lo stesso di prima o meno, ma presero di nuovo a parlare a gesti, in quel modo a lei incomprensibile.

Cercò comunque di seguire il filo del discorso e intuì, dal modo in cui indicò più volte il terreno coi palmi, che Mando stesse chiedendo dove fossero. Il Tusken rispose in modo già visto: agitò le dita dal basso verso l’alto, come fossero tentacoli, e portò il pugno sulla destra del petto.

«Q’Qahme dice che siamo arrivati nel... 
sul “Cuore del Deserto”» si corresse Mando, quando il Tusken ripeté con più veemenza un gesto verticale.

Cara si guardò attorno: a parte la 
mesa su cui si trovavano, non più alta di quelle che circondavano Mos Eisley e gli altri spazioporti di Tatooine, nulla di quel luogo suggeriva una qualche particolarità evidente.

Q’Qahme parve percepire la sua perplessità, perché le fece improvvisamente cenno di avvicinarsi con entrambe le mani, per poi indicare il ciglio del costone roccioso. Cara allargò un poco gli occhi, sorpresa e ancora non del tutto propensa a fidarsi di un Tusken – non voleva nemmeno offenderlo, col rischio di turbare quella pace precaria.

«Assecondalo» esalò Mando, a malapena udibile e muovendo per primo un passo verso di lui.

Cara lo imitò, portandosi con cautela a un passo dal precipizio, sul bordo del quale QQahme si muoveva con la stessa naturalezza che sulla terra solida. Puntò lindice fasciato da bende verso il basso, dove i flutti sabbiosi ondeggiavano pigri, smossi dai perenni smottamenti sotterranei delle dune.

Cara strizzò gli occhi, senza vedere niente di insolito nella luce morente del crepuscolo.

Il Tusken indicò gli occhialoni che sporgevano dalle sue bende e articolò qualcosa di inintelligibile nella sua lingua raschiante e gutturale, a cui Mando reagì inclinando il capo in un moto incuriosito.

«Dice di guardare bene» scrollò le spalle, tornando a puntare il visore verso il basso.

«Io non vedo niente di...»

Cara si interruppe, battendo le palpebre. Pensò che fosse stata unombra insolita, data dallinclinazione dellultimo sole che stava scomparendo allorizzonte. Poi lo vide di nuovo: un guizzo appena sotto la superficie della sabbia, troppo rapido per essere semplicemente il moto ondoso naturale del Mare delle Dune. Ne vide altri, anche molto distanziati e scorse per un istante quello che le sembrò una liana rosea e carnosa.

Da quel dettaglio, Cara allargò lo sguardo a tutta la piana desertica, cogliendo solo ora ciò che stava vedendo: non erano le dune a muoversi assecondando i venti e la gravità, ma qualcosa di vivo e colossale celato appena al di sotto.

«Un sarlacc» disse Cara, a bassa voce.

«Un sarlacc dormiente» aggiunse Cal, ora dietro di loro.

BD-1, appollaiato sulla spalla, proiettò degli ologrammi con dei dati zoologici che mostravano la gigantesca mole sotterranea dellanimale.

«La sabbia si è accumulata nel corso dei millenni e ha ostruito il pozzo in cui si è annidato, ma è ancora vivo. Lo avverto nella Forza.»

«Ora è chiaro perché nessuno si avvicina qui» osservò Cara, ancora ipnotizzata dalle spirali di sabbia smosse dal lento contorcersi della creatura.

«I Tusken li difendono. È un luogo sacro.» replicò Mando.

Cara volse lo sguardo ai loro accompagnatori. Anche QQahme fissava la distesa sottostante, in un modo che sembrava contenere anche un tacito rispetto: aveva le mani giunte in grembo, in una posa insolita per un Tusken sempre in assetto di guerra. Anche i suoi compagni si erano fermati vicino al ciglio del burrone e fissavano la dimora celata del sarlacc, chi in piedi, chi seduto, chi in ginocchio. Gli ultimi raggi di luce si tuffavano oltre le alture in lontananza, stagliando lunghe ombre che ben presto scomparvero.

Il vento calmo del deserto portava con sé la calura delle rocce, mentre laria già iniziava a rinfrescare portando con sé le gelide notti di Tatooine.

Cara provò, per un momento, la stessa pace che aveva provato su Sorgan, quando riposava accanto alle vasche del krill dopo una giornata di incontri sul ring e i crostacei emanavano una luce bluastra illuminando la notte. La stessa pace che in unaltra vita aveva cercato su Alderaan, nel silenzio terso dei boschi montani e nel fragore cristallino delle cascate che esplorava con suo fratello da bambina.

Non avrebbe mai creduto di poter trovare una scaglia di quei ricordi e di quella pace lì, nel deserto remoto di Tatooine. Anche Mando e Cal fissavano il deserto, ognuno perso nei suoi pensieri, per un momento lontani dalla fuga e dalle loro missioni. Persino il Bambino si era assopito, con una piccola mano stretta a pugno attorno al mantello di Mando, in quello che forse era un piccolo perdono.

QQahme ruppe il raccoglimento con un verso breve e insolitamente pacato; fece un gesto a Mando spingendo entrambi i palmi verso lalto e lui annuì, seguendolo verso il resto del gruppo.

Pochi minuti dopo, un fuoco schermato scoppiettava in una delle caverne. Il fumo veniva aspirato dalle correnti interne e rigettato fuori chissà dove attraverso i cunicoli sotterranei, rendendolo di fatto invisibile se non guardando dallangolazione e altezza giusta.

Seduti attorno al fuoco, Cara e gli altri stettero ad ascoltare il deserto e i Tusken che, secondo il poco che riusciva a capire Mando, raccontavano leggende sui sarlacc. Di come il “Cuore del Deserto
” fosse il primo sarlacc di Tatooine e che sarebbe stato l’ultimo a morire – e allora sarebbero morti anche i Tusken e il pianeta stesso. 

Del Tusken che aveva esplorato un sarlacc morto, scoprendone per primo la vastità sotterranea. Dei mille e più “cacciatori eretici
” che avevano tentato di abbatterli, fallendo. Dei sacrifici che il loro popolo aveva compiuto per placarne l’ira; di chi era caduto nelle loro fauci ed era perito e dei pochissimi che, invece, erano sopravvissuti e ne portavano le cicatrici indelebili.

Cara ascoltava a tratti i borbottii gutturali dei Tusken, a tratti Mando che traduceva qua e là ciò che riusciva a cogliere. Dopo svariate storie, fu invitato lui stesso a raccontare qualcosa dei suoi viaggi. Cara e Cal si scambiarono un sorriso divertito, nel vederlo al centro di quel palcoscenico improvvisato mentre cercava di narrare – un po in Basico, un po a gesti, un po in Tusken – lepisodio della caccia al mudhorn.

Alla fine, quando rivelò che i Jawa avevano mangiato luovo di mudhorn che aveva così faticosamente recuperato per loro, Cara si poté annoverare tra i pochissimi individui nella Galassia ad aver sentito la risata di un Tusken, sorprendentemente acuta e singhiozzante.

Rise anche lei, assieme a Cal e forse Mando, e non notò subito che qualcosa non andava: una delle ombre attorno al fuoco, quella del Tusken di guardia allingresso, era sparita. 

Se ne accorse solo quando Cal balzò in piedi e uno schiocco le ferì lorecchio, seguito da un clangore metallico. Subito dopo, il ronzio di una spada laser sovrastò le grida dei Tusken, mentre una vampata di gas lacrimogeno fuoriusciva da una granata ai loro piedi, tra il caos di Tusken che imbracciavano le armi – anche lei scattò col blaster spianato, tentando di coprirsi gli occhi lacrimanti.

Il rampino che aveva arpionato la culla, trascinandola verso luscita, cadde reciso a terra dalla spada di Cal. La culla roteò a mezzaria, chiudendosi subito, e Mando scattò in avanti per recuperarla.

Una mano più rapida la afferrò, tirandola a sé fuori portata.

Mando si immobilizzò, il blaster puntato verso la sagoma che iniziava a distinguersi nel cono di luce: un Mandaloriano in armatura rossa e verde si stagliava nellingresso, col visore a T puntato in quello dellavversario. Sembrò fare un cenno col capo, quasi un saluto.

Din fece appena in tempo ad avanzare di un passo verso di lui, che quello decollò con un ruggito di fiamme, portando con sé la culla.



 

Din fece appena in tempo ad avanzare di un passo verso di lui, che quello decollò con un ruggito di fiamme, portando con sé la culla


 


Note dell’Autrice:

Cari Lettori!

Mi ero ripromessa di non fare digressioni sui Tusken and yet here we are. Nell’universo espanso hanno approfondito moltissimo i loro usi e i loro costumi – io, come mio solito, ho preso un po’ di tutto e ho aggiunto del mio. Spero apprezziate – ma so benissimo che avete occhi solo per il finale del capitolo, come è giusto che sia!
Come vi avevo accennato, qui si entra nella fase finale e non potevo non buttarci in mezzo Boba e un bel sarlacc per fare un po’ d’atmosfera (certo, ma ricordate il principio della pistola di Čechov :D). Insomma, ne vedremo delle belle.

Ho anche deciso di dedicare un (ultimo) capitolo al PoV Cara. Ho sbollito lo sdegno per lo scandalo (pur non giustificando nulla e rimanendo delle mie idee) e sono riuscita a separare attrice e personaggio. Spero che vi abbia fatto piacere ritrovarla ♥
Alla prossima,

-Light-

P.S. Quando ho scritto il capitolo NON avevo ancora visto il primo episodio di The Book of Boba... diciamo che ora i Tusken mi fanno molto comodo ahahah
 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: _Lightning_