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Autore: wandering_bard    05/01/2022    0 recensioni
Lei viene sempre come il lento propagarsi della nebbia nello spazio- qualcosa di silente e fisicamente doloroso, nell’orlo lordo e consunto della sua gonna bianca, i tacchetti macchiati da un azzurro impasto di foglie trite e sangue di serpente.
Genere: Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BERNARDETTE



Affiché Bernardette venga- e Bernardette deve venire, perché sa cose che a me e a voi sono sconosciute- devo rimanere in silenzio, nell’ombra fresca e pregna dell’odore femminile delle felci, dove sibilano vipere e acqua sepolta; ma soprattutto devo rimanere sola. Ha infatti una repulsione per l’oro strisciante del sole e la tessitura musicale delle voci umane.

Inoltre, devo sentire. La natura di Bernardette è più simile alle ginestre grigie d’arsura che coronano intonaco rosa intriso di pianti dissolti, o al fondo assetato di fonti spaccate da spini e radiche d’ulivi inselvatichiti, piuttosto che alla nostra; come tutte le cose estranee, va accuratamente ignorata, e sempre sentita; lei deciderà se venire.

Io, ad esempio, so sempre quando arriva- e che arriverà- perché penso a tutto tranne che a lei. Penso all’odore freddo e pruriginoso della terra bagnata, al tenero raschiare della peluria su foglie di fragola contro le mie dita, all’umido della crosta di fango contro le ginocchia. Penso allo zucchero e all’aceto delle more ancora disseminate nel nero di piccoli grani rossi. Penso a tutto, ma non a lei. Soprattutto, non penso a cosa Bernardette è.

È per questo che lei vuole me, e non voi. Per questo lei rivelerà a me, un giorno, e non a voi.

Lei viene sempre come il lento propagarsi della nebbia nello spazio- qualcosa di silente e fisicamente doloroso, nell’orlo lordo e consunto della sua gonna bianca, i tacchetti macchiati da un azzurro impasto di foglie trite e sangue di serpente. Il suo velo  è come un fumo, teso sulle falde di paglia del cappello. Ha un ramo di pruno infilato alla cintura, piccoli fiori bianchi che odorano di cipria: è sempre la prima cosa che si avverte di lei.

Ora, sento il suo odore ma non alzo la testa. Io non le parlo mai guardandola. Non interrompo il mio lavoro e non mi volto mai prima che ne venga il tempo- si accumula freddo fango nello spazio infinitesimale tra l’unghia e la carne, mentre scavo attorno alla radica dura di una quercia bambina- mentre le dico,

“Prendilo, l’ho preparato per te”. Non ho mai visto gli occhi di Bernardette.

Non credo mi sia permesso farlo.

Comunque, i suoi occhi corrono sulla mia spina dorsale; e polmoni e stomaco mi sembrano possedere la qualità rigonfia, zuccherina e verminosa del frutto che imputridisce lentamente a contatto con l'umido. Le sue mani di mughetto grattano l’interno della mia cesta, ed è questo l’istante in cui concedo al occhio di roteare sotto la palpebra socchiusa- ma solo quanto basta per intuire la ripetitività del suo gesto.

Estrarre silenziosa come un soffio la tavola che ho montato per lei, bella carta di cotone la cui ruvidità è piacevole al tatto; sollevarla sopra la testa fino a quando sulle sue mani non si disegni il confine tra l’ombra del fitto della macchia e la luce che la penetra; orientarla di modo che il sole bagni le erbe incolori e friabili, legate da nastri sottili di carta, trasformandole in merletti gialli di cui lei sussurra i nomi con un fruscio di vento nella polvere.

Quando abbassa la tavola, quando la guarda nuovamente per poi portarsela al petto e stringerla incrociandovi sopra le braccia, solo allora ho il permesso di voltarmi.

“Bernardette” dico “Mi dirai mai cosa c’è dall’altra parte?”

Fa un sorriso da falce di luna, un baluginio giallastro attraverso la nube del suo velo. Non risponde: non lo fa mai. Ma i suoi tacchetti scavano nella decomposizione fetida del sottobosco mentre si gira a darmi le spalle; sempre vedo per ultima la frattura scarlatta che le spacca in due il cranio come un urlo; e volendola fermare senza poterlo fare la guardo sparire nell’ombra umida tra le felci, dove mormora acqua sepolta e le vipere fuggono strisciando al suo passaggio.

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Note dell'autrice:

Ho basato questa storia sulle mie esperienze naturalistiche: le quali, tristemente, non includono fantasmi.
   
 
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