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Autore: Elgas    07/01/2022    4 recensioni
[Lettura da PC]
« Andrai a Shurima… », annunciò in un breve spruzzo di coraggio, « … abbiamo preso
accordo coi Khan a nord del Grande Sai. Incontrerai Atem Thoth nella sua città, Kenethet.
Risolvi il loro problema Jhin… in cambio avremo dieci reliquie, reliquie appartenenti all’antico
ordine delle Sentinelle della Luce. »
Genere: Angst, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Jhin
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 3

Il tempio profumava di calore e ricordi. L’aveva percepito dal primo istante, da quando
la massa geometrica si era innalzata nella notte esotica, circondata da rilievi irregolari.
Calore, ricordi. Schegge dal passato… la montagna, il freddo, il sapore del sangue,
la morte… le scacciò, le seppellì nel nulla, ancora, ancora... le dita a premere l’orbita
dell’occhio destro simili a zampe di ragno. Le crepe si richiusero. Irritante.
Seduto accanto a lui, Akshan non si accorse di nulla; calore, ricordi, eppure il tono
era freddo, tremante sotto la superficie ruvida; un sottofondo impastato col fango
contrapposto alla malinconia negli occhi scuri, illuminata, indifferente al resto.
Due giorni erano passati, immersi fra stanze e corridori maestosi, cortili decorati da
giochi di luce, reliquiari a proteggere le armi dell’Ordine, librerie ricche di ogni sapere.
Jhin aveva osservato, posto le giuste domande, ascoltato gustando increspature fatte di
frasi interrotte e sguardi distanti. Così l’uomo continuò il discorso, la mappa distesa
sul pavimento; attorno l’aria fresca giungeva dal cortile esagonale, le arcate risaltate dove
l’ombra delle colonne creava finestre illusorie. Non percepì nulla Akshan, concentrato
nell’illustrare i complessi disegni; una mappa pregna di magia, irradiava una debole luce
ambrata; in essa l’intero continente, dal remoto Freljord alle coste meridionali di Icathia,
segnati le fortezze dell’Ordine e ogni luogo dimora di antiche e pericolose entità.
Nella voce contraddizioni e debolezze ancora indefiniti, gettati come un pugno di sabbia.
« Ci sono molti fattori che, indirettamente, hanno permesso a Shurima di arginare
l’influenza della Mietitura. Il Monte Targon, il risveglio degli Ascesi, fra cui in ultimo
dell’Imperatore Ariz, oltre al numero di tempi delle Sentinelle... »
« Capisco… ecco perché persino qui al confine le terre sono rimaste bene o male intatte »,
rifletté, soppesò i pensieri, così da guidare il discorso, « ma immagino vi siano altri modi
con cui la Nebbia può... penetrare. Anzi… un modo... »
Il silenzio tagliò lo spazio fra loro, teso come la corda di una trappola pronta a scattare.
Dubbi? Era presto per dirlo. Vide l’espressione mutare in un quadro ridicolmente duro e
impassibile… e tanto bastò a stuzzicarlo.
« Sei perspicace Jhin. Cuori... avidi di potere e ricchezza. Nulla incarna meglio questo
concetto dei Signori della Guerra. »
« Per questo li ammazzi? »
Il silenzio incise la prima ferita; lo vide abbassare il capo, la voce contratta.
« La missione… è la mia missione. Proteggere Shurima e… e poi l’hai visto anche tu, no?
I Khan sono uomini della peggior specie, bestie che vivono calpestando i più deboli… è
giusto ucciderli. »
Ferirlo ancora. Jhin rise.
« Un ragionamento infantile. »
Dolci parole a risuonare in lui, a graffiare l’anima di Akshan. Egli non si mosse, né lo
guardò; la sicurezza s’incrinò in un'asimmetria perfetta. Jhin si avvicinò deliziato da un
simile spettacolo. S’avvicinò, le dita a sfiorare la reliquia legata alla cintura, da cui l’altro
non si separava quasi mai; lo sguardo a scrutarne la confusione intensa, gustosa.
« Ti diverti a elargire giustizia… a dividere le persone in bianco e nero... no… maschere…
siamo tutti maschere. Ecco la verità. Ho visto uomini malvagi disposti a tutto pur di salvare
i figli… ho visto uomini benevoli lasciarsi andare a depravazioni e torture. Dimmi… chi
dovrebbe morire secondo la tua giustizia? Hai così fretta di ammazzarli? Rozzamente?
Tremando ogni volta che spari? »
Akshan non lo guardò. Inghiottì il discorso, quasi fosse troppo scomodo per restar
immutato e senza risposta; lo risputò in una vile, fastidiosa continuazione del suo
pensiero. Nient’altro.
« Se… se anche vi fosse un briciolo di bontà in loro… questo non giustificherebbe… »
S’interruppe, la voce increspata dall’odio, da qualcosa che si pentì di aver rivelato.
« Oh… sei più affascinante quando ti arrabbi… »
Così vicino… avrebbe potuto divorargli il collo, immergere le dita nei capelli... toccarlo,
assaporarne il corpo pregno di morte. Uno... Akshan lo guardò, la rabbia a consumarlo,
verso di lui, verso se stesso? Due… eccola dissiparsi, sostituita in fretta dal desiderio.
Tre… la realtà tornò, urgente, razionale, necessaria. Quattro… lo rivide lì, in piedi di spalle,
il respiro a soffocare l’eccitazione.
« Come… come ti ripeto è la missione, la missione che mi è stata affidata. Adesso se non
ti dispiace avrei bisogno di un po’ d’aria. »
Solitudine, assenza, il vuoto lasciato dal tepore. Akshan era fuggito... fuggito da troppe
cose, alcune rimaste indefinite. Jhin osservò la mappa; gioiello nell’oscurità… quanto
sarebbe stato bello sporcarla del loro sudore. Desiderio sottile, sensuale, perfetto. Sì...
capire quale fosse la natura di Akshan; cosa… chi l’aveva costruito; ricordi, calore; odore
di morte, voglia di vivere; contraddizioni a cui mancavano pezzi. Trovarli... gustarlo,
distruggerlo… si prospettava un gioco delizioso, eccitante. Se soltanto…

« Vivrai qui d’ora in avanti... »
« Voglio tornare a casa. Mia madre »
« Sei speciale, ****. Inquietante... ha ucciso il vecchio gatto annegandolo… quel bambino sente la
morte... così mi ha riferito la servitù. È vero? Lo sto chiedendo a te. »
« Sì… il vecchio Pon mi ha supplicato di farlo, stava soffrendo... voleva morire. »
« Bene. Domani inizieremo l’addestramento. Perfetto… dovrai essere perfetto ****.»
« Sì… padre. »

… se solo il passato non fosse tornato, irritante.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Il resto del giorno fu solitario, non lo cercò, né lui si fece vedere. Sul far della sera lasciò
il tempio abbandonando una voragine di silenzio e ricordi. Ad attenderlo un altro
tramonto, una linea infuocata a bruciar l’orizzonte, stretta fra i mari solidi, neri di cielo e
terra. Akshan somigliava a quel panorama, una tempesta invisibile di caldo e freddo, di
speranze ed errori verso un passato impossibile da cancellare. Stolto. Uccidere uomini?
Una Sentinella non sarebbe dovuta essere imparziale, come il codice imponeva? Perché
l’Assolutore? Aveva visto armi nettamente più efficaci dentro quelle teche di
cristallo. Così riflettendo Jhin cenò, attorno la calma solitudine accanto alla grotta. Fu
allora, mentre ravvivava il fuoco che lo vide; un lume, un piccolo rifugio di luce in cima
al crinale a destra.
Un ragazzino spaventato… fu il pensiero a balenargli appena lo raggiunse, in un misto
d’insolita neutralità. Akshan era lì, seduto sopra una roccia; il bagliore della lampada a
dipingere una sfumatura netta sulla pelle scura; il mantello e l’Assolutore gettati a terra.
Ecco… l’unico momento in cui rilassarsi, senza pensieri, dimenticando ogni silente
affanno. L’osservò, brevi istanti prima che lo sguardo, ogni muscolo fosse catturato
dai movimenti della mano, da un suono fin troppo famigliare…
« Ascolta Jhin…io... comprendo il tuo punto di vista, insomma è normale che ogni uno
abbia il suo punto di vista, specie su questioni così importanti. Però non posso… davvero
non posso… »
Disegnando. Akshan stava disegnando.
Un fiore. Un giglio chiuso. Lo scrutò, curiosità ed eccitazione, il petto premuto contro la
sua schiena; lo scrutò beandosi della tensione, della confusione nel respiro trattenuto. E
ogni cosa apparve improvvisamente perfetta.
« Hai la mano pesante, il tratto è sporco... ma interessante. »
« Ah… grazie… me la cavo… niente d’eccezionale. Avrei dovuto coltivarlo di più,
il disegno… mi piace, però alla fine è rimasto così, a marcire come... accidenti... non farci
caso, ultimamente mi perdo in discorsi »
« Posso? »
Lo interruppe, le dita a intrecciarsi con le sue, a rubare delicate il carboncino. Linee decise,
sottili, e il fiore, il suo fiore, prese vita accanto al giglio su una pergamena un po’ rovinata,
stesa con cura sopra una tavoletta in legno. Akshan l’osservò, l’eco delle ultime parole a
dissiparsi in un miraggio. Infine le sentì...
« È… è bellissimo! Aspetta… ricordo di averlo visto su un libro. Come si chiama? »
… leggerezza, meraviglia, sincere, genuine.
« Loto. È un fiore di loto. »
« Il tuo preferito? Scusa… di solito si disegna sempre quello per »
« Sì, lo è … qui al contrario non ho visto gigli. »
« Ecco… », una lieve incertezza, dispersa fra ricordi e calore, « prima di… unirmi alle
Sentinelle, vivevo a Marwi. Una città come tante nel Grande Sai, governata da un Signore
della Guerra. La mia era un umile dimora, il massimo a cui poteva aspirare un orfano
cresciuto fra strade sporche e fangose. Poco distante sorgeva un pozzo e lì, ogni anno,
nascevano gigli bianchi. Erano meravigliosi. Ogni giorno me ne prendevo cura… solo
io… li difendevo da chi si divertiva a calpestarli… uhm... quando la vita si riduce alla
sopravvivenza, molti non riescono più a vederla... la bellezza. »
E Jhin lo sentì, un frammento… leggero, spontaneo.
« Bellezza… ricordo un giardino, ogni stagione un tripudio di colori diversi. Ad attirarmi
più di ogni altro era il fiore di loto. Unico, solitario, svettare sopra l’acqua. Un giorno ne
volli fare un mazzo… uhm… piccolo com’ero mi bagnai tutto, ma ci tenevo a… farle un
bel regalo. Ricevetti una dolce sgridata, un abbraccio e… alla sera, davanti al laghetto, a
quei fiori chiusi, le dissi… se non posso portarteli, li disegnerò … lì disegnerò… »
Una crepa, fastidiosa, necessaria…
« E il laghetto? È ancora lì? »
Una domanda rivolta a entrambi. Chiudere tutto…

« Ecco… ora sei perfetto, ****. »

« No… è marcito. Tanto tempo fa. »
… nell’unica verità, dissipata nel silenzio, divorata dal buio; il seme a sprofondare in loro,
come gocce d’inchiostro in un mare oscuro. Dimenticare. Tornare alla realtà, al presente.
Non esisteva altro, non poteva esistere altro. Akshan ruppe il silenzio consapevole di tali
sottili verità, di quanto ora potesse, dovesse farsi avanti.
« Insegnami a sparare, Jhin. Ti chiedo solo questo. Non voglio tremare. Non più. »
Una richiesta, una supplica impossibile da trattenere; nella voce, nella schiena inarcata, nel
collo ora così vicino. Jhin sorrise. Avrebbe potuto assaggiarlo, divorarlo, farlo suo lì, ora…
lasciarsi andare…
« Come desideri. Domani… inizieremo domani. »
No, non era il momento… non ancora...
Fece scivolare il respiro su di lui, il calore della pelle, il profumo della morte, le dita a
risalire i fianchi nudi… mentre un brivido scuoteva quel corpo sensuale.
Bastò. Bastò a entrambi.



Angolo Autrice:

Piccola nota presa dalla Storia di Akshan sul sito ufficiale; all’inizio il nostro campione stringe un disegno, un ritratto per la precisione, quindi ho pensato… se fosse stato lui a farlo? Se anche lui avesse la passione per il disegno?
Visto che i punti in comune volendo li trovo? Anche se soprattutto con personaggi così apparentemente distanti? Quando spingerò l'acceleratore? Nel prossimo capitolo tranquilli. <3

Un saluto e alla prossima

Elgas
   
 
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