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Autore: Rosmary    10/01/2022    4 recensioni
{La storia partecipa alla challenge Downton Abbey in cerca d’autori}
C’erano rumori ovunque, e parole e pianti e risate forzate, eppure per te non erano che formicolii indistinti, capaci di grattare in superficie e niente più.
Devi reagire.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mary Crawley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I personaggi presenti in questo racconto non mi appartengono; la flashfic è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Sono presenti spoiler per chi non ha visto la serie TV sino alla sesta stagione.



Stretta ai vuoti

 

«Cosa senti?»
«Niente.»
 
~
 
C’erano rumori ovunque, e parole e pianti e risate forzate, eppure per te non erano che formicolii indistinti, capaci di grattare in superficie e niente più.
Devi reagire.
L’imperativo arrivava da fuori e aveva il sapore delle cose necessarie, dovute, imprescindibili, eppure per te non era che retorica mal infiocchettata, capace di farti sentire in colpa per il tempo di un battito di ciglia.
Devi aspettare.
La sentenza arrivava quando le sillabe s’erano esaurite tutte e d’improvviso il tempo assumeva la sembianze dell’unico rimedio possibile al tuo dolore macchiato di apatia, eppure per te non era che l’ennesima burla, capace solo di farti chiudere una volta ancora in te stessa.
 
Niente.
 
Quando pronunciavi quella parola vedevi sguardi allucinati o impietositi, capi scossi, mani scacciare la tua emozione – forse trovavano esasperante te, forse esasperata la tua realtà, non capivi e non t’importava, nulla aveva valore al di fuori del tuo prezioso niente.
Un buio scavato dentro, sin nelle ossa, radicato in ogni singolo pensiero, tanto espanso da fagocitarti tutta e renderti impermeabile alla vita stessa – non esistevano più albe e tramonti, nessuna lancetta a trainare avanti la vita, solo un deserto piano in cui affondare i piedi per lasciare orme tutte uguali.
Matthew aveva corso così tanto da tagliare il traguardo troppo in fretta, incurante di lasciarti indietro, sola, ad annaspare in odori, colori, suoni che s’erano spenti tutti insieme senza di lui – rallentare sino a fermarti, odiare la corsa con tutta te stessa, era stata l’unica reazione possibile, il solo modo per chiudere tutto fuori e fingere di non esistere affatto.
 
Niente.
 
Non volevi sentire più niente.
E ingrigirti sino a tramutarti in vera pietra, scacciare ogni ombra di emozione dallo sguardo, certa che non sentire avrebbe significato non soffrire – non più, mai più, per sempre.
Eppure.
Lui era ovunque – lui Matthew, lui dolore, oramai non li distinguevi più – e in te soprattutto, a pressare per vincere le barriere che avevi innalzato, per reclamare di essere esistito, di esistere, e di essere riuscito a oltrepassare tutti i tuoi fitti strati di diffidenza, tutte le tue serrature, l’armatura in cui t’eri barricata per preservare frammenti di te stessa in un mondo che pretendeva di importi chi essere, cosa pensare, persino chi amare.
Forse lo odiavi – sì.
Per esserci stato e per essere andato via.
O forse…
Forse dentro, lì dove avevi accumulato più niente possibile, lì dove tutto smetteva di esistere, c’era ancora… C’era…
 
~
 
«Ti amerò per sempre.»
 
 





 
Note dell’autrice: il racconto partecipa alla challenge Downton Abbey in cerca d’autori indetta da me e Lisbeth Salander.
L’idea di questa piccolissima introspezione mi segue da quando ho terminato la visione di Downton Abbey e ha insistito ancora di più per venir fuori quando ho ascoltato L’ultimo bacio di Carmen Consoli. La frase che chiude la flashfic è pronunciata da Mary nella sesta stagione.
Grazie della lettura.
   
 
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