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Autore: striscia_04    11/01/2022    1 recensioni
"Questa storia partecipa alla Challenge delle Parole Quasi Intraducibili (FairyPiece version) organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images."
Questa storia è una raccolta di momenti Kinabra.
In ogni capitolo verrà presentato un aspetto diverso del loro rapporto e dell'amore che lega indissolubilmente questi due personaggi.
Capitolo 1: Ming-gat
Capitolo 2: Besa
Capitolo 3: Yuyin
Capitolo 4: Won
Capitolo 5: Engentar
Capitolo 6: Retrouvailles
Capitolo 7: Viraha
Capitolo 8: Saudade
Capitolo 9: Ishin-denshin
Capitolo 10: Nankurunaisa
(La lista dei capitoli potrebbe subire un aggiornamento, se troverò altre parole da aggiungere).
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cobra, Kinana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertì un tremendo bruciore alla schiena, nel lato destro all’altezza della spalla. Gli sembrava che la pelle gli stesse andando a fuoco e che le fiamme lo avessero scavato fin dentro le ossa, dilaniandogli il tessuto dei muscoli.
“Urgh!” gemette appena sollevata la testa: solo provare a muoversi gli procurava tremende fitte di dolore in tutto il corpo e la testa gli pulsava ritmicamente dandogli un tremendo fastidio. Peggio era, però, quell’insopportabile fischiare che gli martellava le orecchie ogni volta che l’aria attraversava i lobi e raggiungeva i timpani, - o quel che ne rimaneva. Quel dannato sibilo, misto al bruciore gli stava aumentando l’emicrania e soprattutto gli faceva bruciare anche gli occhi, che non erano ancora stati allagati da nuove lacrime, solo perché si era appena svegliato.
Provò l’irrefrenabile desiderio di ritornare a dormire, sentiva una tremenda stanchezza crescergli dentro e il dolore accentuava questo desiderio.
Avrebbe fatto di tutto per poterlo fermare!
Rigettò la faccia sul freddo e sporco pavimento, e il gelo lo cullò, mentre intorno a lui non si udiva alcun suono e la poca luce che riempiva quel luogo, ovunque si trovasse, gli procurava un’incredibile sensazione di pace.
Stava per chiudere le palpebre e ricadere schiavo del mondo dei sogni, quando un pensiero gli attraversò la mente.
La figura non ben definita di un grande animale dal corpo lungo e sinuoso, dai grandi occhi smeraldo e dalla pelle color ametista scuro, lo ridestò dal torpore.
Spalancò gli occhi ed iniziò a spostare freneticamente le pupille da un lato all’altro, alla disperata ricerca della familiare figura. Concentrandosi riuscì a adattare la vista all’oscurità perpetua, ma non scorse da nessuna parte l’oggetto della sua ricerca.
Si rese conto, invece, di essere circondato da due ampie pareti composte da mattoni grigiastri, si disse che anche alle sue spalle, -nonostante non riuscisse a ruotare la testa e non volesse in alcun modo compiere movimenti improvvisi a causa del dolore-, doveva esserci una terza parete identica alle altre due.
Ad attrarre la sua attenzione, però, fu l’ampia porta in legno dalla forma ad arco, che gli si stagliava davanti e su cui era posta, nella parte in cui iniziava il semicerchio, una piccola apertura suddivisa da sei sottili sbarre di ferro.
Rimase a fissarla intontito cercando di capire cosa ci facesse lì quella porta e soprattutto come ci fosse finito lui, rinchiuso in quel luogo ignoto.
Poi, come se gli si fosse accesa una lampadina sulla testa, i ricordi di quello che doveva essergli successo ore prima, gli tornò alla mente, ed iniziarono a guizzargli in testa come le palline di un flipper impazzito, aumentandogli il dolore.
Cercò di concentrarsi per potersi soffermare su un evento in particolare e quello che era iniziato come un film in cui le scene si spostavano a velocità assurda, senza dargli il tempo di vederle e comprenderle; si arrestò d’improvviso e tutto tornò chiaro.
Ricordò di aver affrontato insieme alla sua gilda l’alleanza composta dai membri delle gilde della luce, ricordò di come quei vermi fossero stati sconfitti con immensa facilità da lui e i suoi compagni, alla mente gli tornarono i ricordi del suo scontro con Titania, della rinascita di Gerard e del ritrovamento del Nirvana.
Quell’incantesimo così potente in grado di invertire il bene con il male, la luce con le tenebre, di far emergere il lato più oscuro e crudele degli esseri umani. Quella magia che per anni Oracion Seis aveva cercato di ottenere.
E finalmente c’erano riusciti!
Finalmente avrebbero potuto scagliare su quel dannato mondo tutta la sofferenza che avevano dovuto subire!
Avrebbero portato il caos e si sarebbero goduti la distruzione totale. Finalmente le carte in tavola si sarebbero mischiate!
A pagare per quello che gli era stato fatto da bambini sarebbero stati gli altri!
E chi sene importava se a subire le conseguenze di come il mondo li aveva ripudiati e tormentati sarebbero state persone innocenti…
Anzi, meglio così!
Non lo aveva certo chiesto lui di essere ridotto in schiavitù da bambino, ne aveva scordato il terrore e il male di quello che riteneva tutt’oggi il periodo peggiore della sua vita. In quella dannata torre aveva compreso come le persone non fossero altro che mostri, esseri ignobili, che godevano nel far soffrire i propri simili.
Di persone innocenti e veramente buone a questo mondo non ne esistevano!
Quindi era giusto che a subirne le conseguenze fossero persone sconosciute, persone che sicuramente nella loro vita non avrebbero mai fatto male ad una mosca, ma che comunque non si erano neanche mai impegnate per venire ad aiutarli.
Era giusto che morissero, magari uccidendosi tra se. I deboli soccombono di fronte ai forti, oppure sono costretti alla sottomissione.
Lui lo sapeva bene, lo aveva sperimentato sulla propria pelle, e si era subito stufato di esserlo. Sarebbe stato sempre il più forte e non avrebbe mai più provato quella sensazione di impotenza. Non avrebbe più temuto gli altri, ma anzi sarebbero stati loro a tremare di fronte al suo nome.
La gioia nata da quel pensiero scomparve subito dopo, sostituita dalla rabbia per aver ricordato quello che era successo successivamente.
Erano stati così vicini a vincere, così vicini a portare il caos, così vicini a distruggere la luce. Ma quel dannato mago dai capelli rosa appuntiti si era messo in mezzo!
Quel dannato scarto buono solo a lanciare fuoco a destra e a manca, quel dannato idiota, la cui testa era talmente vuota da riuscire perfino a superare la sua magia. Quel verme di un Dragon Slayer della vecchia generazione, che si ostinava ancora a credere all’esistenza dei draghi nonostante quelle creature dovessero essere estinte da secoli.
Insomma, quella dannata fata, che si era messa in mezzo, cercando di impedire che portassero avanti il loro piano e che, accompagnata dal suo fastidioso gatto volante, era riuscita nell’ardua impresa di batterlo. Ma ancora più umiliante era la constatazione di come fosse riuscito a sconfiggerlo: gli era bastato semplicemente un urlo!
Un urlo!
Lui, Cobra, uno dei maghi oscuri più potenti, membro della gilda di Oracion Seis, che insieme a Tartaros e Grimoire Heart formava l’alleanza Balam; era stato abbattuto da un semplice grido!
Certo, sapeva che le sue orecchie ultra-sviluppate erano anche molto sensibili e si maledì per non aver mai allenato quel punto debole o per non aver mai trovato una soluzione. Era stato troppo presuntuoso, troppo sicuro di se e per questo adesso si trovava in quella spiacevole situazione.
Ma se ne avesse avuto la possibilità sarebbe riuscito a togliere di mezzo quel dannato drago, c’era andato vicinissimo ad ucciderlo, se solo…
Il bruciore alla schiena tornò a farsi sentire più forte ed insistente di prima e il suo volto si contorse in una smorfia sofferente, mentre chiudeva gli occhi e digrignava i denti.
Non so che farmene di qualcuno che si fa sconfiggere da un membro di una gilda della luce!
Avvertì gli occhi pizzicargli e calde lacrime gli discesero lungo il viso inzuppandogli la maglietta e bagnando il pavimento.
Come aveva potuto fargli questo? Come aveva potuto ingannarlo per così tanto tempo?! Lui, che si vantava di poter sentire i cuori delle persone non si era reso conto che il suo capo, il suo Master, l’uomo che gli aveva salvato la vita e che gli aveva dato uno scopo, in realtà lo stava solo usando.
“B-Brain! L-lurido traditore!” ringhiò cercando di smettere di piangere, ma più ci provava e con maggiore insistenza le lacrime lottavano per uscire.
Non poteva rimanere indifferente di fronte a quanto accaduto: l’uomo che definiva un padre, il suo maestro, colui da cui aveva imparato tutto lo aveva pugnalato alle spalle! Letteralmente e simbolicamente.
Lo aveva usato finché gli aveva fatto comodo e quando si era rivelato non più utile ai suoi piani se n’era semplicemente sbarazzato.
Il pensiero gli ritornò all’ultima cosa che aveva visto prima di perdere i sensi: “Cubellios…” biascicò mentre l’immagine del grande serpente viola, dagli occhi verdi si faceva sempre più nitida nella sua testa.
Di nuovo fu scosso da una tremenda paura e subito si rimise a cercare l’animale in mezzo al buio, ma non vide nulla se non una stanza vuota e un letto, messo a pochi metri di distanza da dove era steso.
Devo trovarlo!”
Premette sulle punte delle dita, al punto che gli divennero bianche per lo sforzo. Facendo forza sulle mani tentò di sollevarsi, ma la schiena riprese a bruciargli e ricadde di peso sul terreno.
“D-Dannazione!”
Sentiva le forze abbandonarlo progressivamente e soprattutto non riusciva più ad avvertire distintamente la parte inferiore del suo corpo: era come intorpidita e un fastidioso formicolio gli aveva riempito le gambe.
Ingoiò un grumo di saliva e prese un respiro profondo, poi riprovò: tenendosi ancorato con le mani al terreno tentò di sollevare i piedi e riuscì ad appoggiare le ginocchia sul terreno, mettendosi a quattrozampe, ma assicurandosi di mantenere sempre dritta la schiena.
Quella posizione gli procurò un capogiro, ma si impegnò per ignorarlo e trascinandosi di peso con le mani riuscì ad arrivare davanti alla porta in legno.
Sollevò la testa e i suoi piccoli occhi color ametista si poggiarono sull’apertura.
Tremante strisciò il palmo sinistro contro l’ostacolo di legno, poi ci mise sopra anche l’altro e chiuse gli occhi. La schiena continuava ad inviargli ogni sorta di fitta, cercando in tutti i modi di convincerlo a sdraiarsi sul pavimento…
Spalancò le palpebre, premette con forza i palmi sul piano in legno e poi spiccò una specie di balzo.
Avvertì chiaramente la pelle lacerarsi sotto l’improvviso strattone, e il sangue prendere a colargli giù per la schiena; ma in quel momento la sua unica preoccupazione fu quella di afferrare con le mani le sbarre e riuscire a rimanere in piedi.
Le dita gli si avvinghiarono intorno ai piccoli e sottili cilindri di ferro, ma le gambe non ressero il peso di tutto il suo corpo e ricadde in ginocchio. Con forza strinse la presa e riuscì a non mollarla rimanendo aggrappato all’appoggio.
Strinse i denti e facendo forza sulle braccia si sollevò di peso, riuscendo finalmente a vedere cosa ci fosse al di là di quella porta.
Rimase deluso nel ritrovarsi davanti un altro portone nel muro esattamente identico a quello a cui era aggrappato lui, solo che ne stava vedendo la facciata esterna. Spostò lo sguardo e notò che sia a destra sia a sinistra si estendeva un lungo e angusto corridoio, illuminato qua e la da qualche torcia appesa al muro. Le pareti erano incavate da sfilze di porte tutte identiche, con sopra inciso un numero.
“Ti sei svegliato, finalmente!” esclamò una voce e subito avvertì un cerchio stringerglisi alla testa e le orecchie fischiare.
Spostò il capo dal lato destro, dove aveva sentito provenire la voce e si ritrovò davanti una rana dalla pelle liscia e squamosa di colore rosa. Sulla testa portava un buffo cappello nero, simile ad un fez, mentre il resto del suo vestiario era una tonaca dello stesso colore del copricapo, che lo copriva fino ai piedi.
Storse il naso e digrignò i denti alla vista della piccola croce egiziana la cui punta superiore era caratterizzata da un lungo e schiacciato cerchietto.
“Tu sei un membro del Consiglio!” esclamò furente, lanciando un’occhiataccia mortale al povero anfibio antropomorfo, che spaventato si fece indietro.
“Cosa ci faccio qui?!”
“Vedi di stare calmo, Cobra di Oracion Seis.” gli rispose un’altra persona e voltando la testa di lato il bruno si vide venire in contro una seconda rana. Questa presentava una colorazione verdognola della pelle, con qualche chiazza scura posta qua e là ai lati della testa. La sua uniforme era identica a quella del collega.
Ma il mago provò subito un insopportabile disgusto per il nuovo arrivato, dipeso forse da quello strano sorriso che aveva dipinto in volto e che non temeva di mostrare.
“Sei in arresto.” disse semplicemente il committente del Consiglio, ma il suo sorriso si accentuò, a quella costatazione, e il bruno fu certo di aver visto uno strano luccichio brillare in fondo ai suoi piccoli occhi da rettile.
“Dopo essere stati sconfitti dall’alleanza tu e i tuoi compagni siete stati deportati qui dentro.” continuò il rospo, godendosi l’incupirsi del volto del proprio interlocutore a quella constatazione.
“Finalmente il mondo è libero dalle vostre malefatte! Una piaga in meno a minacciare il corso della giustizia!”
“Tsk, me ne fotto della tua giustizia! E siete degli illusi se sperate di trattenerci qui per sempre! Usciremo di qui e vi massacreremo tutti!”
“Forse non ti è chiaro il concetto…” ghignò la rana e premendo un pulsante al lato della cella fece immettere nella stanza una potente scossa elettrica.
Il suo corpo venne invaso dall’elettricità e gli sembrò di morire bruciato sotto il peso della folgorazione.
“GUUUAAAAAHHHH!”
Non appena la scossa si arrestò cadde all’indietro con un tonfo sordo e rimase sul pavimento, mentre il suo petto si alzava e si abbassava in maniera irregolare. Tossì, ansimando con la bocca spalancata al punto che se ne poteva distinguere l’interno.
“Spero ti sia bastata la lezione.” disse il Consigliere, mentre il compagno si avvicinava alla gabbia per assicurarsi che il prigioniero fosse vivo.
“M-Me ne r-ricorderò, s-schifoso scarto. S-Sappi che te ne farò p-pentire.”
“Insisti!” tuonò il rospo e premette di nuovo il pulsante.
La stanza fu avvolta da un bagliore accecante e in tutti i sotterranei si levarono le grida di dolore dell’uomo. Quando anche la seconda scarica cessò, Cobra si mise a strisciare sul pavimento divincolandosi da un lato all’altro della stanza, tentando di far smettere il pulsare alla testa e il bruciore, che gli avvolgeva tutto il fisico.
“S-Si, t-te la farò p-pagare.” biascicò aggrappandosi con una mano alle lenzuola bianche del letto. Ma una terza scossa investì la stanza e questa volta gli sembrò che il suo corpo si sollevasse di peso a causa della pressione prodotta dall’elettricità.
Ricadde sul terreno, iniziando a sputare sangue mentre il fiato gli moriva in gola.
Il rospo avvicinò l’indice al pulsante e un brivido percorse la schiena dell’uomo al pensiero di subire di nuovo quella tortura, ma in suo aiuto giunse l’altra rana.
“Penso che possa bastare.” disse afferrando il braccio del collega e bloccandolo a pochi centimetri dal bottone.
“Ricorda che i superiori hanno detto che dobbiamo usarlo solo in casi di estrema necessità. Se scoprono quello che fai ai prigionieri rischi la sospensione.”
“Figurati, chi vuoi che vada a dirglielo. E se anche muore chi se ne importa, un lurido rifiuto in meno a questo mondo.”
Ma notando la decisione nello sguardo dell’altro comprese di doversi fermare e lanciata un’ultima occhiataccia al mago superò la cella e proseguì lungo il corridoio.
Quando non riuscì più ad avvertire i passi dei suoi aguzzini, Cobra distese i muscoli e si lasciò cadere sul pavimento, ansimando pesantemente.
Si portò una mano davanti al volto e si rese conto che stava tremando come una foglia: quel dannato membro del Consiglio gli ricordava terribilmente gli schiavisti della Torre del Paradiso. Ci si sarebbe trovato bene, anni prima, insieme a quelle carogne a torturare le persone.
E parlava tanto di giustizia?!
Il suo pensiero tornò al suo chiodo fisso e lo assalì un’angosciante sensazione di sconforto, si pentì di non aver chiesto a quei due notizie sul suo serpente. Adesso, chissà dov’era? Magari rinchiuso in un’altra gabbia. Oppure disperso chissà dove. O addirittura mort…
Scosse la testa, non doveva azzardarsi nemmeno a pensare una cosa simile! Cubellios stava bene! Era fuori da quella schifosa prigione, al sicuro.
Ma lui non c’era.
Per la prima volta da quando aveva dieci anni e lo aveva trovato nascosto dietro un paio di rocce, in quel dannato Inferno, il suo migliore amico non era con lui.
Avvertì un tremendo dolore al petto e si strinse la maglietta con una mano, mentre le lacrime riprendevano a sgorgare e gli inumidivano le guance.
Il suo migliore amico, il suo animale domestico, l’unico essere vivente che gli avesse mai mostrato un briciolo di amore era scomparso per sempre. Disperso chissà dove, in quel folle e odiato mondo esterno, mentre lui era di nuovo bloccato dentro una prigione.
Mai come in quel momento si era sentito solo al mondo.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva scappare. Non ne aveva le forze.
“Cubellios, la mia preghiera… io voglio sentire la tua voce! Io devo sentire la tua voce! Mi hai abbandonato! Te ne sei andato per sempre e io non ho neanche avuto la possibilità di dirti addio! Perdonami! Sing… sing…”
E nel silenzio e nel buio della prigione, rannicchiato in un angolo della cella, diede sfogo dopo anni a tutte le sue lacrime e pianse come quando era un bambino ed era rinchiuso in una gabbia identica a quella, con il timore costante della morte ad asfissiarlo.
Solo che questa volta non c’era un piccolo serpentello a conciliargli il sonno e a consolargli il pianto. E non ci sarebbe mai più stato per sette lunghi anni.


Nota d’autore: eccomi tornata, prima di quanto immaginassi, a scrivere su questo fandom. Finalmente mi è arrivata un briciolo d’ispirazione e mi sono buttata a scrivere su questa challenge, spero di riuscire a pubblicare qualcosa di decente.
Questo è il primo capitolo e ruota intorno alla parola indonesiana Ming-gat.
Ming-gat: andarsene per sempre senza dire addio.
Spero di essere riuscita a rappresentarne adeguatamente il significato.
Parlando invece della coppia, beh… che dire?
Non potevo non dedicare una raccolta a loro due, sono la mia OTP e purtroppo sono così tanto sottovalutati. Spero con questa mia fiction di riuscire a donargli un briciolo in più di attenzione, perché veramente ci sono pochissime storie su di loro, nonostante la loro storia sia una delle più intriganti e poetiche.
Grazie a chiunque recensirà e leggerà questo capitolo. (So che non è un granché, ma è il primo che scrivo su di loro e spero di migliorare andando avanti con la raccolta).
Un saluto da striscia_04.
 
   
 
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