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Autore: leila91    12/01/2022    16 recensioni
[UkaTake // Fluff]
Takeda si risveglia a casa di Ukai dopo essersi preso una tremenda sbronza, durante i festeggiamenti della vittoria contro la Shiratorizawa, e non è del tutto pronto a vedere il coach con i capelli totalmente arruffati di prima mattina.
Per Nini ♥
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ittetsu Takeda, Keishin Ukai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è dedicata alla dolcissima Nini Spirit.
E' il seguito del quarto capitolo della mia raccolta "Piume nel vento" ma può essere letta separatamente.




 

Who’s scruffy-looking?!
 

 

Fra le diverse le cose che Takeda notò aprendo gli occhi quella mattina, la prima fu indubbiamente la tremenda emicrania che sembrava gli stesse spaccando in due il cranio.
Il giovane professore sbatté le palpebre perplesso, gli occhi decisamente più sensibili del solito alla luce mattutina.
Si tirò su lentamente a sedere, premendosi una mano contro la fronte.

“Ma cosa diavolo…”


Quello non era il suo letto, realizzò, perplesso, e quella non era la sua stanza.
La logica e insindacabile conclusione quindi era solo una: quella, inevitabilmente, non era la sua casa.
La spiegazione a tutto quello arrivò improvvisa, con un susseguirsi di rapidi flash luminosi che sfilarono davanti agli occhi affaticati del povero professore.

La finale con la Shiratorizawa!
L’incredibile e insperata vittoria!
I festeggiamenti!
La sbronza!

Già, la sbronza. Qui i ricordi si facevano più confusi, ma Takeda era abbastanza certo - con assoluto imbarazzo - di ricordare di essersi accasciato a un certo punto contro Keishin, e che il coach lo avesse poi riaccompagnato in qualche modo a casa. Evidentemente però la destinazione scelta non era stata la dimora di Takeda bensì quella di Ukai.

E questo poteva significare solo una cosa: adesso Takeda si trovava nel letto del suo salvatore biondo.
Non appena giunse a questa epifania Takeda emise un gemito, avvampò e si nascose il viso fra le mani.

Il.letto.di.Ukai.

E lui dov’era?

“Dormi bene, Take-chan”
“Keishin… resteresti con me?”
“Chiedimelo di nuovo quando sarai sobrio, professore, e potrei anche dirti di sì.”


Takeda grugnì, nel ricordare improvvisamente quello scambio di battute purtroppo avvenuto sul serio, e non derivato da un delirio onirico indotto dalla sbronza.

Come diavolo gli era saltato in testa di chiedere a Ukai di rimanere a dormire con lui?
E il coach gli aveva davvero risposto di domandarglielo di nuovo da sobrio?

Takeda scosse la testa: rimanere a letto a rimuginare su quelle parole non lo avrebbe portato da nessuna parte e prima o poi sarebbe dovuto uscire da lì per affrontare l’amico e le conseguenze della sbronza.
Poi, si disse, per almeno qualche mese sarebbe rimasto lontano dagli alcolici, poco ma sicuro.
Si alzò stiracchiandosi e, uscito dalla camera, diede una sbirciata veloce in salotto.
Ukai stava ronfando della grossa su uno dei divani: l’immagine fece sciogliere il professore in un sorriso intenerito.
Non volendolo disturbare alla fine Takeda optò per occupare il tempo preparando la colazione: in fondo era il minimo che potesse fare per sdebitarsi.



Quando Keishin si svegliò un piacevole aroma di caffè si era già diffuso nel suo salottino.
Il biondo si stropicciò gli occhi, inizialmente confuso, prima di ricordarsi come mai si era visto costretto a dormire sul divano.
Un piccolo ghigno gli piegò le labbra nel ripensare a un particolare momento della sera precedente.

Take-chan, dovrei farti ubriacare più spesso, pensò.

La sua schiena non la pensava nello stesso modo, però: Keishin constatò con disappunto di non avere più l’età per passare la notte sul divano.
Si stiracchiò meglio che poté e si avviò la cucina cercando di non fare rumore al fine di sorprendere l’altro, per poi possibilmente stuzzicarlo un po’.

Takeda stava fischiettando, indaffarato fra il tenere d’occhio il caffé e il mettere in tavola sostanzialmente metà del contenuto della credenza di Ukai.

Il piano di sorprendere il professore alle spalle andò bellamente a farsi benedire quando ad Ukai scappò involontariamente uno starnuto.

Takeda sussultò voltandosi, pronto a salutare l’amico, ma non appena se lo ritrovò di fronte scoppiò improvvisamente a ridere, senza riuscire a controllarsi.

Decisamente non la reazione che Ukai si sarebbe aspettato, e il biondo rimase infatti a guardare l’altro perplesso.

«Che ti prende, sensei?» domandò lievemente infastidito. Odiava non capire se qualcuno stesse ridendo di lui e odiava non sapere il perché.

«Sc-scusami, Ukai,» la voce di Takeda era rotta dalle risate e il professore sembrava sull’orlo delle lacrime, «ma davvero non sono abituato a vederti così arruffato.»


Arruffato?


Ukai alzò un sopracciglio, confuso, poi, finalmente capì.

Si era dimenticato come fosse il suo aspetto di prima mattina, quando la sua chioma bionda non era ancora stata strigliata a dovere e raccolta in una coda con la sua caratteristica fascia bianca.

A mente lucida sicuramente avrebbe capito e condiviso l’ilarità di Takeda verso lo stato pietoso dei suoi capelli. Ma in quel momento, con la schiena dolorante per la notte passata lontana dal suo letto, l’unica cosa a cui Keishin riuscì a pensare fu di lavare l’onta subita.

«Chiariamo una cosa riguardo questo “arruffato”, sensei» ringhiò avvicinandosi e sfoggiando un sorriso minaccioso, «Vieni qui!» Ukai scattò per afferrarlo ma Takeda sfuggì all’attacco precipitandosi in salotto.

Il professore però non andò lontano: Ukai era più veloce e dopotutto giocava letteralmente in casa.
In men che non si dica lo agguantò per la vita e  i due si ritrovarono stesi sul famigerato divano, il moro intrappolato sotto il padrone di casa, col fiato corto per l’affanno e le risate.

Il viso di Takeda era rosso come un pomodoro, ma Ukai, con un sussulto di gioia, notò che il professore non sembrava affatto a disagio per la situazione.
Né tantomeno per la posizione, realizzó Ukai quando, riprendendo fiato, sentì il corpo dell'altro reagire in maniera alquanto inequivocabile. 

Takeda affondò una mano fra i suoi capelli e Ukai socchiuse gli occhi, colto di sorpresa dall'intraprendenza del professore.
Le frasi della sera prima non erano state tutte colpa dell'alcol, quindi.
Keishin aveva sperato ardentemente che l'interesse dell'altro fosse sincero ma non aveva voluto illudersi. 

«Dovresti lasciarli sciolti, ogni tanto,» mormoró Takeda, carezzandogli la zazzera bionda. «Ti donano.»

«Le moine non ti salveranno dalla mia vendetta, sensei.» Ridacchió Ukai, afferrando i polsi dell’altro e bloccandoglieli ai lati del viso.

«E’ una promessa o una minaccia?» chiese Takeda con tono canzonatorio.

«Entrambe.»

Ukai si abbassò e sondò il volto del moro in cerca di una conferma: quando vide il sorriso di Takeda allargarsi unì le proprie labbra alle sue.

 

Come promesso, le moine non salvarono Takeda, ma la vendetta messa in atto da Ukai fu alquanto piacevole per entrambi.
E questa volta nel letto riuscirono a starci tutti e due.



 




Ora, voi immaginate di trovarvi davanti Ukai di prima mattina in questo stato (QUESTA IMMAGINE NON MI HA FATTO COSE, NONO) mentre di solito siete abituate a vederlo con i capelli raccolti ordinatamente nella coda.

Non gli saltereste alla giugulare?
Takeda non lo ha fatto subito perché è una patata.

Il titolo è una cit da The Empire strikes back ♥

Grazie di aver letto e grazie a chi vorrà commentare ^^

Bennina vostra 



NB: immagine trovata su Pinterest, ma senza crediti, se qualcuno conosce l'artista me lo segnali che aggiungo il link.
   
 
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