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Autore: blackjessamine    12/01/2022    14 recensioni
È una verità universalmente riconosciuta che i maghi non sappiano nulla di leggi economiche. Tuttavia, Gilderoy Allock una cosa la sa: in un mercato stagnante e chiuso come quello dell'editoria magica non c'è posto per due regine.
Per questo Queenie Royal, la misteriosa autrice capace di fare impazzire ogni strega con i suoi libri d'amore, rappresenta una minaccia pericolosissima per chiunque voglia indossare una corona d'inchiostro.
Una minaccia resa ancor più pericolosa dal suo essere invisibile, dal momento che nessuno, nemmeno gli editori più scaltri, sembrano aver mai posato lo sguardo su questa gallina dalle uova lilla.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gilderoy Allock, Kingsley Shacklebolt, Rita Skeeter, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo al sapor di lavanda

 

Queenie Royal, la misteriosa e raffinata autrice di quattro romanzi di successo e di una recentissima pubblicazione che a poche ore dalla sua uscita in tutte le migliori Magi-Librerie della Nazione già prometteva di raggiungere nuovi  record di vendite doveva avere sicuramente  molti talenti, ma la legilimanzia a distanza non era fra questi. 

Se volessimo fare un piccolo esperimento mentale, tuttavia, potrebbe essere interessante provare a immaginare la scrittrice del momento intenta ad ascoltare i silenziosi pensieri dei suoi lettori dopo l'uscita del suo più recente romanzo, Come un fiore è il nostro amore. E no, non sarebbe interessante solo perché tutti negli ultimi anni hanno provato a immaginare Queenie Royal – a immaginare il suo viso, la sua voce, il modo in cui potrebbe parlare dei propri romanzi, la scrivania dove tante opere di successo hanno avuto origine… 

No, non sarebbe interessante per questo. 

Sarebbe interessante perché Come un fiore è il nostro amore è un romanzo che si è fatto attendere, lasciando i fan della Royal in trepidante attesa, dunque le voci più maligne potrebbero sussurrare che il suo successo di vendite in questi primi giorni di pubblicazione, quando il passaparola non ha ancora avuto modo di rimbalzare di sospiro in sospiro, sia dovuto solamente all'attesa e alla curiosità di scoprire se Queenie Royal si sarebbe rivelata la conferma di una certezza o solo una grandissima delusione.

E dunque, caro lettore, se vorrai avere la pazienza di seguirci in questo piccolo esperimento mentale, qui di seguito potrai provare l'ebbrezza di sentirti un minuscolo moscerino trascinato nel vento impetuoso dei pensieri più puri e diretti: quelli che chiunque prova quando è da solo, in compagnia di un libro capace di smuovere passioni e scaldare anche i cuori più cupi.

 

***

 

Violette camminava svelta, ascoltando rapita il lieve ticchettio prodotto dalle sue scarpette di lucida vernice color oltremare. Volteggiava agile davanti al bancone, aggiustando con dita esperte le composizioni di fiori che facevano bella mostra di sé in ogni angolo del negozio: un colpo di bacchetta per eliminare una foglia secca dal bouquet di dalie qui, un Incantesimo EsaltaProfumo sulle delicate ghirlande di roselline lì, l'aspersione di qualche goccia di Magi-Rugiada ovunque, per aggiungere il suo personale tocco di magia al negozio e trasformarlo davvero in un giardino incantato nascosto proprio al centro del quartiere magico di Parigi.

 

Andromeda Tonks non avrebbe voluto per nulla al mondo chiudere il libro, perché sentiva che qualcosa di straordinario stava per succedere. Eppure, non poteva più resistere: quando aveva comprato la sua copia del libro dalla bella copertina dai toni del viola il suo compleanno si avvicinava, e così aveva deciso di farsi un regalo speciale, acquistando la copia deluxe – per un'esperienza di lettura completamente immersiva – accompagnata da un'elegante boccetta color lavanda colma di un vischioso liquido brillante. Quella doveva chiaramente essere una nuova formulazione della Magi-Rugiada tanto amata da Violette, la bella protagonista. 

Andromeda si avvicinò ai tulipani un po' sofferenti che cercavano di sopravvivere nel vaso al centro del salotto e ci lasciò cadere qualche goccia di Magi-Rugiada. 

Prodigio.

Non c'erano più tulipani tendenti all'appassito, in quel vaso, ma rigogliosi rametti di lavanda che riempirono la casa del loro inebriante profumo.

Ora sì che sembrava davvero di essere in Francia.

 

Sorrideva, Violette, sorrideva sempre, soprattutto quando il dolore le offuscava il cuore e i suoi grandi occhi color del cielo minacciavano di riempirsi di lacrime ad ogni sospiro. Sorrideva perché la sua amata nonna Marguerite, la donna che l'aveva cresciuta con tanto affetto insegnandole ad amare il negozio e tutti i suoi fiori, era solita ripeterle che la miglior cura per ogni sofferenza è un viso disposto ad avere il coraggio di sorridere anche durante la tempesta. E perché sua sorella Camomille non l'avrebbe mai perdonata, se avesse rovinato la splendida opera di quel costosissimo mascara che le aveva portato di ritorno dal suo ultimo viaggio a New York per colpa di un uomo. Non che Violette avesse bisogno di una pasta capace di allungare ancor di più le sue ciglia folte e naturalmente incurvate: si era sempre sentita più a suo agio indossando soltanto i colori che la natura le aveva donato.

 

Sibilla Cooman quasi soffocò con il sorso di tè che le era andato di traverso. Non le capitava spesso di riempire il suo occhio interiore con sciocchezze così frivole quanto un romanzo d'amore, perché non poteva rischiare di turbare il delicato equilibrio che le permetteva di schiudere le nebbie dell'ignoto per leggere il complesso romanzo che era il futuro.

Ma per Queenie Royal  era sempre disposta a fare un'eccezione.

Respirò a fondo, solo un poco infastidita dall'odore penetrante della salvia che aveva bruciato sul fuoco poche ore prima e che ora le impediva di godere appieno del profumo di lavanda che l'avrebbe trasportata nel piccolo negozio di Parigi in cui ormai, seppur solo con la mente, si sentiva a casa.

Poco male: prevedeva con un discreto grado di sicurezza che Violette le avrebbe regalato ancora tanti, troppi tormenti e sospiri.

 

Improvvisamente, la campanella appesa sopra la porta tintinnò, richiamando Violette al presente di quella mattina di primavera. Una leggera brezza fece ondeggiare i petali delle sue composizioni, mentre la porta socchiusa lasciava entrare il profumo di Parigi: odore di croissant appena sfornati e un certo nonsoché di magico, un sentore unico, delicato e speciale come solo quella città sapeva essere.

Sulla soglia comparve l'unico uomo capace di far dimenticare a Violette dei suoi fiori: alto, mascella dal taglio netto, occhi profondi quanto il turbamento che Violette avvertiva in sua presenza, Aster Michaud le regalò un sorriso capace di scuoterla fin nel profondo. 

"B-buongiorno, Aster", balbettò Violette, nascondendo il viso dietro a un coloratissimo mazzo di bocche di leone.

"Buongiorno, Violette".

Aster Michaud, lo stesso Aster con cui Violette e Camomille giocavano quando erano solo tre bambini cresciuti a due case di distanza. Lo stesso Aster che a dodici anni si era trasferito in Inghilterra assieme ai suoi genitori, promettendo a Violette che non avrebbe mai smesso di scriverle, salvo poi scomparire nel nulla dopo poche cartoline. Proprio quell'Aster che a gennaio era tornato a Parigi, aveva acquistato il grande edificio in fondo alla via e aveva cominciato a offrire i propri servigi di Guaritore Animale agli animali da compagnia di tutta la comunità magica della capitale francese. Lo stesso Aster, infine, che si era riavvicinato a Violette, l'aveva portata sulla luna con un solo sorriso, l'aveva corteggiata come solo un principe delle fiabe saprebbe fare salvo poi non presentarsi al loro primo appuntamento della sera prima senza nemmeno inviare un Gufo con un bigliettino di scuse.

 

Molly Weasley non accennava minimamente ad alzarsi in piedi.

Aveva almeno due dozzine di piatti da far levitare fino alla credenza, le galline da sfamare, un impasto da stendere e la lettera di Charlie a cui rispondere, ma quello era il suo pomeriggio di magia.

Senza mai smettere di accarezzare la nuca di Ginny, misericordiosamente vittima di un riposino particolarmente lungo, si ritrovò a ringraziare lo zio Bilius per essersi offerto di portare Ron e i gemelli a pescare, e Percy per essere un bambino così giudizioso da poter restare da solo nella sua stanza a giocare al piccolo ministro, concedendo a lei un intero pomeriggio di tregua da trascorrere in compagnia della straordinaria penna di Queenie Royal.

 

"Violette, mi devi aiutare".

Aster fece qualche passo all'interno del negozio e si passò una mano fra i capelli, a disagio.

Violette prese a intrecciare nastri, incapace di sostenere quello sguardo senza sentirsi ancora la sciocca che aveva atteso più di un'ora sotto casa con indosso il proprio vestito migliore e senza nemmeno ricevere in cambio un cenno di scuse.

"Ti servono dei fiori?"

"I fiori più belli che hai, perché devo donarli a una ragazza speciale".

Violette sentì il suo cuore infrangersi.

Avrebbe dovuto aspettarselo: perché mai un uomo come Aster Michaud avrebbe mai dovuto interessarsi a una semplice fiorista francese? Ma non avrebbe pianto. Avrebbe raccolto la propria dignità e mostrato a tutti quanto i fiori del Giardino Incantato sapessero essere bellissimi e speciali, perché il negozio ereditato dalla nonna era la sua gioia e il suo orgoglio, e niente, nemmeno un cuore spezzato l'avrebbe convinta a non rendere onore a tutto l'impegno che metteva nelle proprie composizioni.

E così sorrise, ricacciò indietro la tristezza e si concentrò solamente su colori e profumi. Roselline di un delicato color pesca, per cominciare. Peonie dal petalo singolo ancora in boccio, socchiuse come le manine di un neonato. Narcisi splendenti, eleganti e fieri. Un po' di verde per distendere la composizione, e infine, spinta dall'ispirazione, qualche ramo di mimosa, per completare la fragranza.

Avvolse i fiori con del tulle di una delicata sfumatura di lilla – un azzardo, per molti, visti i toni generali del bouquet, ma Violette non aveva paura di osare, e sapeva sempre quando fermarsi – e completò la composizione con un leggero nastro di raso color crema.

 

Narcissa Malfoy posò il libro, folgorata da un pensiero che non poteva proprio essere accantonato.

Quella era una faccenda di abissale importanza e necessitava di tutta la sua immediata attenzione, nonostante questo significasse obbligarla  a rimandare il tanto agognato momento della risoluzione finale di tutte le sofferenze di Violette.

"Dobby!" chiamò con la voce che non riusciva a nascondere un certo grado di eccitazione.

Un sonoro crack annunciò la comparsa della piccola e sudicia creatura, a cui Narcissa non diede il tempo di profondedsi in inchini e salamelecchi.

"Dobby, per il tè della prossima settimana voglio che tu prepari il servizio color crema e la biancheria da tavola lilla".

Da tempo Narcissa cercava la giusta combinazione di colore per mostrare quanto le sue tavole potessero essere raffinate anche con un tocco di modernità e audacia che tuttavia non andasse a intaccare la tradizionale eleganza che contraddistingueva ogni evento mondano tenutosi a Villa Malfoy. Doveva saperlo che Queenie Royal, strega di indubbio buon gusto – certamente retaggio della buona educazione fornita da un sangue purissimo – avrebbe saputo consigliarla al meglio.

 

"Ecco qui. Vuoi aggiungere un biglietto?"

Aster fece rotolare qualche galeone sul bancone senza mai staccare gli occhi dalle dita di Violette, strette attorno ai gambi dei fiori.

"No, Violette, il biglietto l'ho già preparato io".

Aster prese il mazzo di fiori, indugiando forse un istante di troppo a sfiorare il dorso della mano di Violette con le proprie dita.

"È splendido, davvero splendido. Non avrei mai potuto chiedere di meglio".

 Aster inspirò a fondo, gli occhi chiusi e un sorriso estasiato sulle labbra piene, dopodiché pronunciò un incantesimo a mezza voce, provocando una pioggia di scintille dorate sui fiori.

E poi, con grande stupore di Violette, le restituì il bouquet.

"Ma cosa… che cosa significa?"

"Prendilo, ti prego".

Violette si perse nello sguardo profondo e supplichevole di Aster, e senza nemmeno rendersi conto di che cosa stesse facendo, allungò la mano per riprendersi il mazzo di fiori. E subito lo fece cadere sul bancone, perché qualcosa le saltò fra le braccia. Qualcosa di caldo, dal soffice manto dorato. Uno splendido cucciolo di labrador che prese a leccarle la punta del naso, strappandole una risata e sciogliendole il cuore.

"Ma… e tu da dove salti fuori, piccolino?"

Aster sorrise, ma dopo un istante si fece subito serio.

"Devi perdonarmi, Violette. Non presentarmi al nostro appuntamento è stata una delle decisioni più difficili che io abbia mai preso, ma devi sapere che non volevo presentarmi a mani vuote… e portare dei fiori alla miglior fioraia di tutta la Francia magica e babbana mi sembrava fuori luogo".

Senza smettere di coccolare il cucciolo, Violette sollevò un sopracciglio, scettica.

"Mi stai dicendo che mi hai dato buca perché non sapevi che cosa regalarmi?"

Aster scosse la testa, sorridendo.

"Ti sto dicendo che ho pensato di portarti il miglior pain au chocolat di Parigi, perché quando eravamo bambini ne andavi matta… e il miglior pain au chocolat di Parigi, ahimé, lo sfornano i babbani. I babbani e le loro maledette automobili, con cui non si fanno problemi a investire anche i più adorabili cuccioli…"

Oh.

Violette non sapeva cosa dire, e si ritrovò a stringere ancor di più a sé il cagnolino.

"Oh, non dirmelo… stai parlando di questo tesorino?"

Aster annuì, serio.

"Lui. Era ridotto male, e io non ho riflettuto… l'ho portato a casa, l'ho curato e ho vegliato su di lui per tutta la notte. La sua situazione era disperata, e non ho proprio avuto tempo di staccarmi da lui per scriverti un biglietto di scuse… potrai perdonarmi?"

Violette aveva voglia di piangere, ma per la prima volta da quel disastroso non-appuntamento, il suo era un pianto pieno di sorrisi e calore.

"Perdonarti per essere stato un mago altruista e compassionevole e aver salvato questo frugoletto? Oh, Aster, non hai niente da farti perdonare!"

E poi Aster fu lì, a un passo da lei, con gli occhi che ardevano mentre le toglieva delicatamente il cucciolo dalle mani, mentre le sistemava una ciocca di capelli dietro le orecchie e le sorrideva.

"Mi concedi un nuovo appuntamento?"

"Tutti gli appuntamenti che vuoi".

E le labbra di Aster furono sulle sue, morbide e calde, dolcissime, a suggellare quel loro primo bacio al sapore di paradiso.

 

Un bacio al sapore di paradiso.

Gilderoy Allock avrebbe voluto vomitare, se solo quel gesto non fosse stato deleterio per la luminosità del suo incarnato e per la freschezza del suo alito. Sospettava anche che i succhi gastrici non fossero esattamente un toccasana per il preziosissimo smalto dei suoi denti, ma non aveva intenzione di soffermarsi su argomenti tanto disgustosi per neppure un secondo in più del necessario. Denti ingialliti, che orrore!

 

Il nuovo romanzo di Queenie Royal avrebbe dovuto essere una vera porcheria, se solo il mondo fosse stato giusto. Gilderoy lo aveva sperato, lo aveva sperato con tutto sé stesso, perché nelle vetrine delle librerie non c'era abbastanza spazio per il suo cartonato a grandezza naturale, non quando quel tripudio di lilla – proprio la sfumatura di lilla capace di far impazzire di appagamento estetico i suoi occhi, questo almeno doveva ammetterlo – continuava a reclamare tanta attenzione.

E invece, Gilderoy doveva ammettere che Come un fiore è il nostro amore era il frutto di una scaltra maestra del mestiere. Oh, certo, la scrittura era poco più che mediocre. Con qualche guizzo interessante, certo, ma nessuno scrittore con un briciolo di vero talento letterario avrebbe mai concluso un romanzo con un'espressione stucchevole come un bacio al sapore di paradiso. La trama era un po' pigra, si accontentava di parlar d'amore come chiunque avrebbe saputo fare, giocando sui pittoreschi luoghi comuni di una Francia che probabilmente esisteva solo nei libri e dipingendo personaggi figli di uno stereotipo privo di reali motivazioni, ma tutto sommato Gilderoy aveva letto di peggio, molto peggio.

Certo, restava quel maledetto cane – qualsiasi persona sana di mente avrebbe preferito un adorabile gattino, ma lui sospettava che Queenie Royal fosse proprio quel quel tipo di persona, quella capace di preferire l'irruenza disordinata di un cucciolo di labrador alla compostezza snob di un gatto.

Tuttavia, Gilderoy doveva riconoscere il tocco da maestra che aveva reso Queenie Royal qualcosa di più di una semplice autrice di banali e dimenticabili storie d'amore.

L'uscita a sorpresa, non annunciata, del romanzo poteva sembrare una follia frutto dell'impulso, ma gli articoli di giornale usciti la stessa mattina del lancio del romanzo confermavano a Gilderoy che si trattava di un'operazione studiata a tavolino e preparata nei dettagli.

L'edizione deluxe, corredata da gadget di qualità – l'odore posticcio della lavanda presente nella maggior parte dei profumi dava l'emicrania a Gilderoy, ma quella Magi-Rugiada, oh, quella Magi-Rugiada, Gilderoy avrebbe voluto profumare ogni centimetro del proprio corpo con quell'unguento miracoloso – era ormai il marchio di fabbrica della scrittrice. Questo permetteva ai lettori di credere di poter vivere un'esperienza immersiva ben al di là della lettura, e aumentava considerevolmente il numero di galeoni che sarebbero andati ad arricchire quella volpe della Royal.

E poi, il vero colpo di classe: Queenie Royal, anche davanti al suo quinto romanzo, restava un mistero. Nessuno l'aveva mai vista. Non un'intervista, nessuna apparizione pubblica, niente dichiarazioni, nulla.

Il mistero accresceva il chiacchiericcio, dava aria al fuoco del mito, permetteva speculazioni e non poteva deludere.

Gilderoy era sinceramente ammirato, e forse un pochettino invidioso, perché un simile colpo da maestro avrebbe voluto saperlo architettare anche lui – non fosse stato per il fatto che privare l'Inghilterra delle proprie foto in prima pagina sarebbe stato come commettere un terribile crimine contro l'umanità.

 

Quello che Gilderoy non poteva negare, alla fine di tutto, era che Queenie Royal rappresentava una rivale, per lui. Una temibile, insidiosa rivale.

E Gilderoy Allock non poteva permettersi alcun tipo di minaccia.





 

 


 

Note:

Non voglio dire moltissimo, questa volta, solo che questa storia, per tematiche e genere, è piuttosto distante da ciò che ho sempre scritto sino ad ora. E questo prologo probabilmente non ha davvero la funzione di un prologo, perché dal primo capitolo la storia penderà una piega un po' differente, pur restando a tutti gli effetti una commedia.

Non ho inserito da subito in elenco tutti i personaggi importanti, perché c'è un pessimo tentativo di creare un piccolo mistero sull'identità di un personaggio. Mistero che chiunque mi abbia fra i contatti su facebook già conosce, ahimé (ma lo può intuire chiunque abbia mai letto una mia storia su Gilderoy. Insomma, è il mistero di pulcinella, e va davvero bene così).

C'è l'avvertimento OOC: cercherò di non snaturare nessuno, ma la storia prende il via da un determinato avvenimento che probabilmente è poco coerente col poco che sappiamo del personaggio misterioso, quindi, nel dubbio, preferisco mettere le mani avanti.

Spero di non avervi scoraggiati troppo e che abbiate voglia di salire a bordo di questa follia! 

   
 
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