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Autore: InevitablePurpleRain    16/01/2022    4 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente quella fatidica sera? E se dopo essersi liberata dal controllo mentale di Killgrave, fosse stata Jessica a essere investita da quel bus?
Killgrave si ritroverebbe disperato con una Jessica in punto di morte fra le braccia e due soli obiettivi da raggiungere:
-salvarla
-approfittare spudoratamente della situazione.
Come? Scopritelo con noi 😉
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie da entrambe a chiunque stia leggendo, anche se crediamo che al di là degli scambi questa storia non la segua nessuno e un po' ci dispiace... ma grazie di cuore a chi c'è <3


cover-pr



 

Capitolo III: In small doses


Più passi Jessica muoveva all’interno di quel vialetto alberato e meno la cosa le sembrava possibile.

“Okay, Kevin. Lo scherzo è bello quando dura poco.”

“Quale scherzo?” la guardò perplesso lui

 

“Voglio dire, okay, ti sei divertito e ci ho pure creduto per un attimo. Ora usciamo da questa proprietà privata prima che ci veda qualcuno e andiamo nel nostro bilocale, nel condominio o in qualunque posto pulcioso io e te viviamo per davvero.” commentò lei, non capendo perché lui stesse ridacchiando.

“Davvero non vuoi credere che tu … che noi viviamo qui, Jessica?”

 

Jessica esitò prima di rispondergli. Qualcosa dentro di lei, come una sorta di sesto senso, le suggeriva che aveva sempre vissuto in appartamenti modesti e che i soldi non erano mai proprio il suo punto forte. Se aveva questa forte sensazione, doveva pur esserci un motivo, no?

“No!” disse infatti “Quindi, anche a costo di sfidare nuovamente la morte e salire in auto con te, andiamocene da qui.”

“Oh beh, mia cara, se vuoi un altro giro in auto lo possiamo anche fare, ma poi parcheggerei nuovamente qui. Questa è davvero casa nostra, forse quando infilerai la chiave nella serratura della porta blindata te ne renderai conto.” sorrise lui, allungandole il mazzo di chiavi.
Jessica guardò prima le chiavi e poi Kilgrave, sbalordita.

“Quindi non mi stai prendendo per il culo, davvero abitiamo qui?” si esaltò lei, anche se aveva una strana sensazione, che però decise di mettere a tacere. “Ma, cazzo, questa è la villa delle favole, qui ci vivono le Barbie!”

E ancora non l’aveva vista all’interno.

 

Quando entrarono, Jessica passò un buon quarto d’ora a passare di stanza in stanza, andò sul balcone, sul terrazzo grande con la veranda, nella mansarda e poi ancora nella taverna.

Kevin faceva quasi fatica a starle appresso.


“Deduco che ti piaccia.” gongolò lui, mentre tornavano in salotto.


“Non sembra nemmeno casa mia.” rispose lei, ma vide subito la sua espressione avvilirsi. “Ma credo che, vista la mia delicata situazione, avrei detto così a prescindere, in qualsiasi luogo tu mi avessi portato, anche il più squallido dei tuguri!” gli riportò il sorriso.

“Vedrai che ti ambienterai di nuovo in fretta.” disse, prima di battere le mani. “Intanto ti presento.. oh beh, ti ri-presento quelli che da più di due anni sono il nostro cuoco e la nostra cameriera.”


Kilgrave mentiva con una tale naturalezza che a quella vita che aveva creato per loro ci stava forse credendo lui più di tutti.

Jessica vide farsi avanti un cuoco, data la giacca bianca e il tipico cappello, e quella che probabilmente doveva essere una cameriera, entrambi di mezza età.

“Loro sono Pierre e Harriet, non serve certo che vi presenti Jessica, dato che la conoscete già,” commentò il persuasore, strappando loro un sorriso.

Inutile dire che aveva orchestrato bene ogni dettaglio.

Jessica però era sempre più stupita e perplessa.

 

“Abbiamo dei domestici?” domandò, come se la cosa fosse assurda.

“Certo!” liquidò Kilgrave con ovvietà “Chi fa le faccende domestiche, altrimenti? Io?” le sorrise, divertito “Vieni, ti faccio vedere l’angolo bar.”


Congedati i domestici e completato il giro, Jessica si accomodò su uno degli eleganti divani color grigio tortora.
 

“Ricapitoliamo: io non ho né una famiglia, né un lavoro, né evidentemente uno straccio d’amico…”

“Sì, per l’ultimo punto, diciamo che hai un carattere un po’ difficile, mia cara.” rispose lui, scegliendo di accomodarsi sulla poltrona reclinabile in coordinato

“Ma vivo comunque qui, in un castello con dei domestici” continuò lei, ignorando la sua frecciatina.

 

“Sì.”

“Ciò può significare una cosa soltanto: tu sei ricco da far schifo!” espose il suo verdetto, lanciandogli contro un cuscino di pura seta.

Kevin rise e poi annuì.


“Proprio così, e quello che è mio è tuo, amore.” 

 

“Adesso finalmente è tutto chiaro: devo averti sposato per soldi!” lo punzecchiò Jessica.

“Beh, sì, mi sembra l’unica spiegazione possibile.” rispose sarcastico lui, indicando la propria figura prestante con un ampio gesto della mano.

 

“Ma che spaccone!” sbuffò lei, ma era divertita “Piuttosto, dimmi, che lavoro fai?”


Kevin per poco non si ribaltò dalla poltrona.

 

Per l’inferno maledetto! A questo non ci ho proprio pensato...


“Sono un … consulente.” improvvisò, con la prima cosa che gli venne in mente.

 

Jessica si accigliò.  “Ah sì, e di cosa?” lo interrogò, assottigliando gli occhi.
 

Kilgrave si morse l’unghia dell’indice.


Di male in peggio!
 

“Finanziario.” rispose, senza pensarci troppo.

 

“Interessante…” mormorò Jessica, sporgendosi col busto in avanti verso di lui.

Avrebbe voluto starsene a gambe divaricate, in una posizione più tipica degli uomini, ma quel vestito con la gonna ampia le imponeva di stare seduta composta, con le gambe accavallate.


“Ne vuoi sapere di più?” le domandò Kilgrave, mentre rifletteva già su come cavarsi dall’ impiccio.

 

Jessica si alzò bruscamente dal divano e gli andò di fronte. Torreggiò su di lui e poi spinse entrambe le mani contro i braccioli della sua poltrona, come se volesse imprigionarlo.


Giusto un po’ di pressione in più e avrebbe potuto spaccarli come se fossero di polistirolo.

 

“No, è interessante quanto a lungo tu riesca a dirmi cazzate!” sbottò lei, gli occhi verdi ridotti a due fessure, la bocca dritta e tesa, il tono per niente amichevole.

 

“Jessica, ma cosa…?”
 

“Credi che io sia stupida?” non lo fece nemmeno finire di parlare, spingendolo contro la spalliera, per poi prendere le distanze. “Mi ci è voluto un po’, lo ammetto, ma finalmente ho capito tutto.”


Kilgrave cominciò a sudare freddo.

 

Tutto cosa? Non può aver già...

“Sai, in un primo momento ho pensato tu fossi il figlio del Primario, visto il modo in cui ti comportavi all’ospedale, come se tutti ti conoscessero, come se fossero al tuo servizio, come se lì sembrassi di casa… e poi, beh, figlio di un Primario, spiegherebbe questa villa da capogiro!” cominciò la sua analisi Jessica e a Kevin sfuggì un sorrisetto.

 

“Io non sto affatto ridendo.” lo freddò lei.
 

“Scusami… continua.” la spronò lui, anche se non sapeva bene cosa attendersi.

“Ma poi il tizio della macchina, quello che è successo mentre guidavi, le troppe cose strane di questi giorni assurdi…” mise insieme tutti i pezzi, giungendo a una sola conclusione possibile. “Anche tu hai dei poteri. Non come i miei , ma ce li hai, non è così?”


Kilgrave non aveva più alcun motivo di nascondersi. E Jessica aveva appena mostrato un intuito degno di un detective provetto.


“Sei perspicace, mia cara. Ma del resto lo sei sempre stata. Ebbene sì, ho un potere, anche più strabiliante del tuo: possiedo la capacità di controllare le menti delle persone. La gente fa tutto quello che chiedo loro, senza ribellarsi o fare domande; eccoti spiegato il tizio della macchina e, come dire, le varie agevolazioni che abbiamo avuto in ospedale.”

 

Jessica indietreggiò.

 

“Ma è spaventoso!”

“Naaah, lo definirei per lo più molto utile.” fece spallucce lui.

“Quindi…  hai soggiogato anche me coi tuoi poteri” concluse lei, raggelata, e per qualche ragione la spiegazione le sembrava terribilmente plausibile “Ed è così che ci siamo sposati, questo nostro amore di cui blateri non è mai…”

 

“Jessica, sdraiati sul tappeto e rotola.” la interruppe lui, con fredda calma.


“Cosa? Non farò mai una cosa così stupida... ooh.” si rese finalmente conto lei.

 

“Esatto. Il mio potere su di te non ha alcun effetto, probabilmente è il tuo potere a schermarti contro il mio,” si inventò di sana pianta lui, che in realtà non era mai stato più felice di non poterla più controllare.


Questa situazione che si è creata gioca sempre più a mio favore.


“Tuttavia non posso dire lo stesso del tuo, potresti sollevarmi e scaraventarmi dall’altro lato della casa con una facilità imbarazzante, se solo tu lo volessi, Jessica.” la informò lui.

“Beh, no, non lo voglio.” mormorò lei, ancora estremamente confusa.

 

“Il punto è che non ho usato nessun trucchetto. Ti sei innamorata di me in modo del tutto naturale, come io di te.”
 

Dirle quello che avrei voluto che realmente accadesse non è mentirle, giusto?


Si domandò, facendosi un’esame di coscienza. Il problema era che la sua coscienza era molto selettiva, così tanto che per il momento si limitava solo a dargli ragione.
 

Jessica invece poteva solo limitarsi ad analizzare i fatti: aveva visto l’effetto che i comandi di Kilgrave avevano sulle persone e sapeva che su di lei non funzionava.


Mi sta dicendo la verità.

 

“E così siamo simili, abbiamo dei poteri entrambi. Cos’è? Ci hanno forse operato insieme, è lì che ci siamo conosciuti? In un manicomio? In una prigione? Forse entrambi eravamo prigionieri di uno scienziato pazzo?” azzardò le sue ipotesi la ragazza.

Kilgrave fece una smorfia infastidita. ‘Scienziato’ era una parola che ancora gli faceva male.


“No, Jess, niente di tutto questo.”

 

“Allora raccontamelo tu. Raccontami come ci siamo conosciuti, avanti.”

 

Kevin spostò lo sguardo su di lei e ci pensò su. “Certo” iniziò, ancora un po’ esitante. “Hmm, eravamo in un locale... A New York. Tu eri da sola e hai iniziato a guardare verso di me. Mi hai sorriso, un sorriso davvero molto carino, e poi ti sei avvicinata per chiedermi di ballare”.
 

Jessica alzò un sopracciglio, perplessa. “Sul serio?”
 

“Oh, sì. Io però all’inizio ti ho detto di no,” continuò a mentire, compiaciuto. “D’altronde non posso mica dire di sì a tutte… Ma poi ti ho guardato meglio, mis sono accorto che eri una visione e quindi sono tornato da te. Abbiamo ballato...”

“Per quel poco che ti conosco” lo interruppe brutalmente Jessica “Ti avrei più immaginato a braccetto con una donna, o magari con due, visto che hai l’aria di uno che può permettersi di tutto. Ma poi, dopo che hai visto me, hai dato loro il benservito e ti sei dedicato totalmente alla sottoscritta.” ribatté lei, con malcelato orgoglio.

 

Kevin mantenne il sangue freddo, anche se non gli fu facile.

 

Dannazione, ci ha preso su tutto, com’è possibile? Che stia ricordando qualcosa? Naahh, com’è accaduto con la questione dei miei poteri… è solo molto perspicace.
 

“Non c’è che dire, mia cara, molto interessante anche la tua versione,” fece finta di nulla lui, alzandosi finalmente dalla poltrona e muovendo dei passi verso di lei.

“Ma qualunque cosa sia accaduta, il finale è comunque questo.” disse, accarezzandole il dorso della mano, senza che lei la ritraesse. “Ci siamo baciati e poi abbiamo fatto l’amore intensamente, dolcemente, più di una volta”.

 

Jessica deglutì a vuoto, un brivido di eccitazione le scaldò le cosce “Ma davvero?” chiese, fingendo che la cosa non l’avesse sfiorata. Kevin tuttavia lesse la sua espressione.

 

“Posso baciarti?” ne approfittò subito lui.

Questa fu la differenza. Questa volta non provò a imporle nulla.

“Posso baciare mia moglie?” insistette, facendo un passo verso di lei “Suvvia, dall’ospedale al tragitto in auto mi avrai conosciuto un altro po’.” fece leva sulla sua simpatia.

 

Lei sorrise, dopotutto era solo un bacio, non aveva particolari ragioni per negargli solo un bacio.


Chiuse quindi gli occhi, ma come le loro labbra si toccarono, Jessica ebbe un brivido.

Fu come un lampo fugace, un grido sordo e istantaneo che ebbe tuttavia il potere di riempirla d’angoscia. Jessica si allontanò di scatto e Kevin le sorrise sornione, travisando la sua reazione.

 

“È come se fosse stato il tuo primo bacio, non è vero?” le chiese, malizioso “Non ti ricordi più niente, niente di niente?”

 

“No, queste cose le ricordo. È come se non riconoscessi i volti delle persone” borbottò lei.
 

“Capisco” disse lui, prendendole il viso fra le mani, portandolo all’altezza del suo, a pochi centimetri di distanza, perché lei ne imprimesse bene nella sua memoria ogni dettaglio. “Ti basta ricordare il mio” le sorrise.

 

Era un gesto così dolce e apparentemente innocente che Jessica non seppe resistere, volle riprovare a baciarlo, senza dar ascolto a quell’innata razionalità che sembrava frenarla.

 

Si spinse più contro di lui, le sue labbra morbide e carnose premettero su quelle di Kevin, più sottili, ma non per questo meno piacevoli.


Al contrario di lei, Kevin alla propria razionalità diede totalmente retta e la sua razionalità gli diceva di lasciare che fosse lei a condurre i giochi.
 

Jessica gli afferrò la nuca con una mano, aderendo completamente su di lui, dischiudendo le labbra, in attesa che lui facesse lo stesso, che la invitasse ad entrare.
Kevin non aspettava altro.

 

Lasciò che la lingua della ragazza facesse la sua prima esplorazione, esitante ma al contempo determinata, e solo dopo un po’ si decise a ricambiare il bacio, accarezzando la punta della sua lingua con la sua.

 

Jessica emise un mormorio che per lui fu il più eloquente dei segnali, per approfondire il bacio, ma senza esagerare, senza sopraffarla.

Smanioso, ma comunque tenero e lento.
Forse non l’aveva mai baciata così.
E forse non era mai stato così bello.

“Oh cazzo, mi sa che ti ho sposato anche per come baci!” si separò lei, quasi stordita, passandosi le dita sulle labbra.

Lui sorrise, ma preferì non dire niente.

 

“Forse è proprio così che devo imparare di nuovo a conoscerti, Kevin: a piccole dosi.”

 

Per non far vincere i propri impulsi che, forse a costo di avere polsi e costole fratturate, avrebbero cercato di avere di più da lei, Kevin si affrettò a farle una domanda, stemperando quella tensione sessuale che si poteva respirare nell’aria.

 

“Sul serio guido così male, Jess?” le chiese, inclinando la testa di lato.

Lei sogghignò.

 

“Diciamo solo che se non guidavi più dal 2009 per me c’era un cazzo di motivo e gradirei non finire di nuovo in ospedale nel giro di due giorni!”

Lui si imbronciò un po’ e lei non mancò di notarlo.


“Però, in fondo, è stato anche divertente.” gli fece l’occhiolino.

 

“Nel senso che lo possiamo rifare?” azzardò lui, pieno di aspettativa.

 

“Prima vedi di restituire quella macchina che doveva essere solo un prestito,” lo istruì lei. “Comprane una che sia solo tua e poi… vedremo!"

Monsieur, Madame, se posso permettermi di interrompervi, il  pranzo è pronto in tavola.” li avvisò Pierre, con un inchino e Kevin le fece strada verso la sala da pranzo. C’era profumo di pulito in tutti gli ambienti e Jessica sorrise quando vide un tavolo elegantemente apparecchiato, con la domestica in piedi e sorridente di fronte a lei.

“In effetti stavo morendo di fame,” si accomodò lei, sollevando la cloche argentata, mentre Pierre versava loro un Barbaresco DOC d’ottima annata.

 

“Dici che è commestibile questa roba?” scherzò la ragazza, guardando molto poco convinta quella pasta all’Amatriciana fumante, nel suo piatto.

“È il tuo piatto preferito, Jessica.” le spiegò lui, spudorato, sistemando con cura il tovagliolo sulle ginocchia, mentre lei annusava quella portata, sempre più scettica.

 

Ma la fame era fame: prese una forchetta, arrotolò un po’ di spaghetti impregnati di sugo denso, se li portò alla bocca e… circa trenta secondi dopo fece una smorfia disgustata e altresì molto buffa. 

 

“Cos’è questa roba? Ma sa di aglio!” esclamò contrariata, pulendosi l’intera bocca col tovagliolo, prima di bere un’ampia sorsata di vino rosso.

Kilgrave non sapeva se ridere o disperarsi.
“Dai, Jessi, ti è sempre piaciuta.”

 

Jessica aveva parecchi dubbi a riguardo.
“Mi avranno fottuto il cervello durante l’intervento, che ti devo dire” gli rispose, rude.

 

“Signora, non è che è incinta?” si intromise bonariamente Harriet, la cameriera. Sia Jessica che Kilgrave la guardarono inorriditi.

 

“Cosa!?” strillò lei, guardando subito Kevin con occhi sgranati.

 

“Cosa!?” ripeté lui “No!” esclamò con fervore “No, niente di tutto ciò. Sono sempre stato attentissimo, siamo sempre stati attentissimi. Anzi, a questo proposito, tu di solito prendevi la pillola, Jessie. Quando vorrai ricominciare… Ricordatelo.”

 

Jessica assottigliò lo sguardo e gli sorrise. “Mangia quella pasta e lasciami in pace, Kevin.”

  

Quel piatto, almeno di uno dei due, era il preferito per davvero.

 

“D’accordo” mormorò lui, accennando un sorriso “Tu proprio non la mangi?”

 

“No, non mi va. In compenso però questo è ottimo!” si scolò il calice di vino, riempiendosene subito un altro, che venne svuotato alla velocità della luce.

“Vacci piano, pantera ubriacona!” l’apostrofò lui.

“Cazzo, non mi dirai che prima ero astemia, vero?” lo guardò lei, sconvolta.

 

Nemmeno Kilgrave poteva arrivare a tanto.

“No, Jessica, ti è sempre piaciuto bere.” le confermò. “Ma vedi di non esagerare, sei pur sempre reduce da un’operazione delicata.”

“Bah, mi sa che hai ragione, vedrò di non andare oltre i tre bicchieri.” trovò un compromesso lei. “Mi chiami qui Paul?”

“Intendi Pierre?” la corresse divertito Kevin, accontentandola.

 

“Desidera, Madame?” si mostrò servizievole il cuoco.


“Che mi porti via questo schifo, non perché sia colpa tua, tu cucini bene, sono io che evidentemente devo esser diventata un po’ difficile coi gusti,” si scusò a modo suo, consegnandogli la cloche, coperta. “Potrei avere del pollo ai ferri?”

Mais oui, Madame, non c’è problema,” sorrise l’uomo.

 

“Ottimo, e delle patatine fritte?” azzardò lei, con un sorrisetto “Dai, ragazzi, sono malata! Mi hanno trapanato la testa l’altro giorno!”


Disorientato, Pierre cercò la risposta in Kilgrave, che approvò con un cenno del capo.


“Venti, massimo trenta minuti e arrivo coi suoi piatti, Madame.”

“Puoi prenderti il tuo tempo, purché tu la smetta di chiamarmi con quel pomposo Madame, Jessica va benissimo.” lo informò lei.

 

“Oh, come desidera, Mad… Jessica. E lei, Monsieur? Devo portar via anche il suo piatto?”


“Pierre, ma l’hai visto quant’è magro? Quello ancora un po’ e sparisce se non mangia,” rispose lei per Kevin, senza perdere l’occasione di canzonarlo un po’.
 

Il cuoco si ritirò in cucina.

 

“Ecco cosa succede a chiedere a un cuoco francese di prepararti un piatto italiano. Aglio,” esclamò, mettendolo da parte con la forchetta per evitare di mangiarlo “Aglio dove non ci deve essere. Domani gli dirò di prepararci del fois gras o delle buone galette à la mélasse” disse con un perfetto accento francese “E poi, per punizione, gli faccio ingoiare il mestolo”.

 

Jessica lo guardò subito, la consueta sensazione d’allarme le tolse il sorriso. “Cosa?”

Lui le sorrise in modo innocente.
“Stavo scherzando, naturalmente.”
Lei si rasserenò.
“Il mestolo è fisicamente impossibile da ingoiare, ma magari un cucchiaino…”


“Kilgrave!” lo rimproverò lei, dando un pugno al tavolo.
Non seppe nemmeno spiegarsi perchè non lo avesse chiamato Kevin, le era venuto così… naturale.

“E comunque quello spicchio d’aglio te lo puoi anche sgranocchiare come se fosse una caramella,” aggiunse Jessica, seria. “Non ho alcuna intenzione di baciarti più tardi.” specificò, in tono di sfida.

 

“Oh, beh… Non si sa mai cosa ci riserva la vita, per sicurezza non lo mangio. E da stasera a cena ti farò avere il menù in anticipo, così che tu possa esporre tutte le tue preziosissime rimostranze, se proprio lo ritieni necessario. Il bello dei pasti è condividerli insieme, nello stesso momento.”
 

“Sì, okay, e così faremo, ma ora non ci provare nemmeno a far freddare la tua pasta per aspettare me… o ti picchio!” lo fece sorridere lei.

 

Mentre attendeva, Jessica si dondolò in modo davvero poco elegante, facendo una panoramica dell’intera sala da pranzo, prima che il suo sguardo le cadesse sull’anello.

Appoggiò la sedia a terra e si sfilò l’anello, facendolo rotolare sul tavolo, per gioco, anche se la pietra incastonata non permetteva il corretto movimento.

“La prossima volta che ci sposiamo, marito, fedi normali in oro giallo, così ci posso giocare meglio.” disse recuperando l’anello.


“Ne terrò conto, mia cara,” rispose lui, divertito, tra un boccone e l’altro.

Jessica intanto si era accorta di qualcosa che prima non poteva notare.

“Hey, ma aspetta! C’ è un'incisione all’interno,” si accorse, leggendola. “‘Queen’? Aspetta, è perchè sono una grande fan di Freddie Mercury?” si esaltò lei.

“Chi? No, non è quello il motivo.”

“Già, anche perché mi sa che io sono più da Nirvana.. o GreenDay, vero?” si alzò lei da tavola, diretta verso il soggiorno, dove era sicura di aver visto un grammofono.

 

Kevin, che ormai aveva finito di mangiare la seguì, vedendole aprire l’armadietto sotto il grammofono: c’erano vari vinili ma anche una pila di CD per l’impianto Hi-Fi di ultima generazione.

 

“Uhmm no, Jess, a te piace più …”


“Musica classica?” lo anticipò lei, scartabellando fra i vinili. “Jazz?” continuò sempre più confusa. “Oh beh, almeno c’è anche qualcosa di Prince.”

“Jessica, ti ho fatto scrivere Queen perché tu sei la mia Regina.” mormorò lui, combattendo l’impulso di stringerla a sé.

Sapeva che era ancora troppo presto.

 

“Ah, per quello!” alzò gli occhi lei, avvicinandoglisi sinuosa. “Dimmi un po’ …” sussurrò, accarezzandogli la mano sinistra. “Tu invece cos’hai scritto dentro?” ridacchiò, sfilandogli l’anello, dispettosa.

 

Quando lo lesse le fu impossibile rimanere seria.

 

“‘KINGrave?’ Sul serio?” scoppiò a ridere lei. “Ti prego, dimmi che non è un’idea mia, non posso essere stata una tale deficiente!” disse lei, fra le risate.

“No, no l’idea è mia, ma tu non la disapprovavi così tanto,” si difese lui, stavolta trovando il coraggio di tirarla a sé. “Del resto, ero il tuo Re.” le sussurrò all’orecchio, le mani scese a cingerle dolcemente i fianchi, i loro respiri così vicini da fondersi.

 

Jessica ebbe quasi un mancamento quando affrontò quei grandi occhi color cioccolato fondente che bruciavano di desiderio.
Avvertì di nuovo un calore al basso ventre. Avrebbe voluto solo annullare quella minima distanza fra i loro corpi, ma scelse di far vincere la sua indole diffidente.

 

“Abbassi la corona, sua Maestà… e non solo quella!” replicò, pungente lei, separandosi, avendo avvertito qualcosa di molto poco fraintendibile in quel loro contatto.

 

Kilgrave si limitò a guardare altrove, forse un po’ imbarazzato.
D’altronde Jessica poteva fargli solo quell’effetto.


“Vogliamo andare a vedere se sono arrivati i tuoi piatti?” sviò argomento lui e lei annuì.

“Kevin Kilgrave. KK. Ho davvero sposato un uomo che posso chiamare KeyKey?” riflettè li mentre tagliava il suo pollo.
“Oh beh, ha parlato JeyJey!” le sorrise, sembrava che niente potesse offenderlo “E poi te l’ho detto: Kevin, se proprio vuoi chiamarmi per nome”.
“E direi!! ci manca solo che ti chiami per cognome!” lo guardò stranita lei, godendosi le sue patatine.

“E poi...Kilgrave? Sei per caso un parente della Famiglia Addams? O di Hannibal the Cannibal?” lo prese in giro, a bocca piena.

Kevin ridacchiò.
“Suvvia, Jess. Hai sempre adorato il mio cognome” ribattè, fregandole una manciata di patatine.

Jessica arricciò il naso per entrambe le cose. “Ne dubito. Jessica Jones Kilgrave? Sul serio?”

“Zitta e mangia, criticona!”

Finito il pasto, Jessica e Kevin si fermarono un po’ nel soggiorno.
Se prima l’attenzione di Jessica era in ambito musicale, stavolta il suo sguardo si posò un po’ su tutte le foto che troneggiavano dalle mensole, sui televisori o incorniciate sui muri.

Fra le molte, ce n’era una di loro due a passeggio lungo il Westminster Bridge, una a Madrid, con Jessica che si copriva il volto per metà con un ventaglio tipico di quelle parti, una di loro due in un ristorante con vista sulla Tour Eiffel e una di quelle grandi, incorniciate, li ritraeva su quella che doveva essere una gondola, a Venezia, entrambi così sorridenti.

“Sei un genio del Photoshop o davvero tu ed io siamo stati in tutti questi posti?” gli chiese indicandole.


“Tra i tuoi poteri e soprattutto i miei, lo immagini da sola che per noi i soldi non sono affatto un problema e quindi, sì, ci siamo potuti permettere una vita molto agiata e potremmo ancora, se lo vorrai.” mormora lui, che le valigie le farebbe anche subito.
 

“Ci sono ancora così tante parti del mondo da visitare insieme, Jessica.”
 

“Prima di fare qualsiasi viaggio, è bene che io ritrovi me stessa.” rispose lei, un po’ malinconica.

A guardare quelle foto sembra che avessimo una vita da sogno… e allora perché sento che non è davvero così? C’è qualcosa che non mi sta dicendo? Eppure sembra così carino e ben disposto verso di me...

 

“Sono un po’ stanca,” gli disse, sbadigliando.

“Oh, è normale, i medici per primi ti hanno raccomandato molto riposo.” si premurò di accompagnarla nella loro stanza lui.

 

Dei due grandi guardaroba all’interno, Jessica ci mise poco a capire quale fosse il suo.

“Per prima cosa mi cambio e…” disse aprendolo, ma ci rimase malissimo guardandolo.


C’erano solo abiti da sera, da cocktail, tailleur sofisticati, tubini, pantaloni eleganti, camice con ricami e volant… e nient’altro.
Per non parlare delle scarpe.
La maggior parte delle cose erano in ogni possibile tonalità di viola.

 

“Ma che cazzo? Possibile che io non abbia niente di comodo?” sbottò lei.

“Beh, mia cara, hai sempre avuto un gusto ricercato in fatto di moda e…”

“Gusto ricercato un corno! Questi sono i vestiti delle Barbie, cazzo! Sono tutte cazzate!” lo interruppe lei, pescando un abito a caso, un tubino viola melanzana, smanicato, cosparso di glitter. “Io non c’entro niente con questa roba!” urlò, squarciandolo in due metà perfette con una facilità estrema.
Le sue due successive vittime furono due decoltè viola orchidea, tacco 12.

“Io non mi riconosco in niente di tutta questa merda!” diede sfogo alla sua frustrazione lei, spaccando il tacco.

“Jessica, Jess, calmati, ti prego!” la cercò di sedare Kevin, chiudendo l’armadio.

“Ti chiedo scusa, lo so che tu non c’entri niente, anzi, ti sembrerò una pazza senza controllo,” replicò lei, il tono più pacato.

Kilgrave avvertì una fitta all’altezza del cuore.
Che fosse un senso di colpa, che si fosse reso conto di aver esagerato?

“Tu non devi scusarti di niente amore, è colpa mia, semmai. I medici mi hanno caldamente consigliato di ridurre ogni tipo di stress.”

“Se è vero che mi vestivo così, ogni tanto lo farò ma ora.. non lo so, ho come la sensazione che mi sentirei più a mio agio in altri tipi di abiti, jeans, felpe, T-shirt poco impegnative.. cose così.” commentò lei. “Voglio dire, mi va bene anche fottutamente viola, purché sia una tuta!” lo fece ridere lei.


“Penseremo a tutto, Jess, per ora tu pensa solo a riposare,” le sorrise lui, aprendo il suo guardaroba. “E se vuoi stare comoda, ti puoi mettere questa. Vedi, non è nemmeno viola?” le strappò un sorriso, allungandole una camicia di seta blu e uscendo dalla stanza perché avesse la giusta privacy per cambiarsi.


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La cena stavolta incontrò i gusti della ragazza, la serata scorse abbastanza tranquilla, ma quando giunse il momento di coricarsi lei fece delle rimostranze.

“Io però non me la sento di dormire già con te, nello stesso letto…” borbottò la ragazza, prendendo la camicia blu di lui che aveva lasciato sul letto.


“E il dormire insieme in ospedale?” protestò lui.

 

“L’ospedale era l’ospedale. Una casa insieme è diverso. Non sto dicendo che io non apprezzi la tua compagnia, solo…”

 

“A piccole dosi.” finì la frase lui per lei, che lo stupì, accarezzandogli il viso con una tenerezza inaudita.


“Ma i miei baci, quelli li apprezzi?” le domandò Kilgrave, prima che Jessica lo tirasse a sé, separandosi, per evitare che le cose si scaldassero troppo fra loro.

“Sì, ma solo a piccole dosi.” ammiccò lei, pronta a dirigersi nella stanza degli ospiti. “Buonanotte, Kevin.”

Kevin tornò verso il letto, in procinto di cambiarsi, posando una mano sul lato dove lei aveva fatto il suo riposino pomeridiano.

“Buonanotte, Jessica.” mormorò sottovoce, prima che un pensiero si facesse strada nella sua mente.

Forse dovrei fare qualcosa...


TBC

ed ecco le loro fedi nel dettaglio ;)
fedine-personalizzate

alla prossima, sperando che continui ad intrigarvi
E&L
   
 
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