Film > Zootropolis
Ricorda la storia  |      
Autore: Redferne    17/01/2022    4 recensioni
...Poiché, talvolta, é proprio la differenza e la diversità tra gli ingredienti che compongono l'amalgama a rendere oltremodo squisita, saporita e gustosa una pietanza.
Anche una tra le più semplici quanto comuni.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIFFERENT

 

 

By Redferne

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Ma che dici, tesoro?!”

“Quel che hai sentito, amore. Proprio quel che hai sentito...”

“I – io...io ti giuro che non capisco! Non capisco proprio! Perché no?!”

“Perché sì. Ecco, perché no. E' inutile.”

“No, che non é inutile!!”

“Invece sì. No, é inutile.”

“Ti sbagli! Ti stai sbagliando!!”

“No, che non mi sto sbagliando. Sei tu, che ti sbagli. Sei tu che ti stai sbagliando.”

“Non...non é vero! Dammi solo una possibilità!!”

“No, amore. E' inutile.”

“No, che non é inutile! Dammi una possibilità, tesoro! Una sola! Non ti chiedo che una sola possibilità! Una soltanto!!”

“No, amore...é inutile.”

“Ma perché dici così, eh? Perché mi stai dicendo così?!”

“Perché di sì.”

“Ma perché sì?!”

“Perché no. E' inutile.”

“Ma perché? Voglio sapere perché! Il perché!!”

“Perché é inutile, ormai. Inutile. Inutile, inutile, inutile, inutile, inutile, inutile, inutile, inutil...”

“No, tesoro! Non dire così!!”

“Sì ,che lo dico.”

“No! Non lo dire!!”

“Oh sì, che lo dico.”

“No!!”

“Sì.”

“No!!”

“Sì.”

“No, capito? No!!”

“Sì, invece.”

“No invece!!”

“Sì, invece. Non importa...”

“Che cosa, eh? Che cosa, non importa?!”

“Ho detto che non importa.”

“Sì, ma cosa non importa?!”

“Quel che ho detto. Che ti ho detto.”

“Sì, ma...ma cosa hai detto? Che cosa mi hai detto?!”

“Quel che ti ho appena detto.”

“Sì, ma COSA?!”

“Ti ho detto che non importa.”

“Sì, ma CHE COSA non importa? CHE COSA?!”

“E' inutile.”

“Che cosa é inutile, tesoro? Cosa? Dimmelo, ti prego! Dillo a me, per favore!!”

“No.”

“Sì, invece! Tu me lo devi dire!!”

“E allora...allora te lo dirò. Te lo dirò, visto che insisti. Visto che insisti tanto.”

“Ma dirmi cosa?!”

“Quel che ti ho detto.”

“E allora dillo! Dimmelo, forza! Abbi il coraggio di dirlo!!”

“Un attimo di pazienza, amore...dammi un secondo e te lo dico. Un minimo di gentilezza, accidenti...”

“Forza, allora! Sputa il rospo, una buona volta! I – io...io ti giuro che non ce la faccio più!!”

“Nemmeno io, se ciò ti può consolare.”

“E allora ti informo che siamo in due!!”

“No, amore. Ti sbagli.”

“Come sarebbe a dire, scusa?!”

“Che ti sbagli.”

“Ma su che cosa, mi starei sbagliando? Dimmelo, ti prego!!”

“Niente, amore. Sul fatto che...”

“Dimmelo, per favore!!”

“E stà zitto un attimo, no? Adesso ci arrivo.”

“Va bene. Va bene. Stò zitto. Me ne resto zitto.”

“Ecco, bravo. E allora fallo.”

“Sì, ma che cosa intendi dire?!”

“Intendo dire che non siamo in due, ad essere stufi. Ma in TRE, mi sa tanto.”

“C – che cosa? A...allora t – tu...t – tu...t – tu...”

“Qui centralino. I nostri operatori sono al momento tutti occupati. Si prega di richiam...”

“No! Zitta, tu! Lino non c'entra proprio per niente, invece!!”

“Scusa, ma chi sarebbe questo Lin...”

“Proprio tu mi fai questa domanda? Dovresti saperlo, piuttosto! Dovresti ben saperlo, chi é!”

“I – io? Ma ti giuro che non ne ho proprio idea!”

“Chissà! Magari qualche tuo spasimante segreto e dell'ultim'ora di cui io non ero conoscenza! Uno dei tanti E di cui io non sapevo nulla!!”

“M – ma tu...tu stai vaneggiand...”

“Tu dici? E allora, se le cosa stanno davvero così...”

“C – che...che dovrei fare, allora? Che posso fare? C – cosa...cosa vuoi che io faccia?!”

“E allora lascia stare! Lascia perdere, ti prego! A...allora...allora mi vuoi dire c – che t – tu...t – tu...t – tu...”

“Di nuovo?!”

“No, basta. Ora smetto, te lo giuro. D – devo...devo soltanto calmarmi, tutto qui. Devo...devo riprendere il controllo, nient'altro. Tornando a prima...a – allora questo significa...questo starebbe a significare che tu...tu saresti...tu sei...”

“Sì, amore.”

“Sì che cosa?!”

“Sì, amore.”

“Sì, ma sì CHE COSA?!”

“Sì, amore. E quel che ti ho detto.”

“Quel che mi hai detto cosa?!”

“Lo sai.”

“Non che non lo so!!”

“Sì, invece.”

“No, invece!!”

“Sì.”

“No!!”

“Sì.”

“No!!”

“Sì.”

“No!!”

“No.”

“Sì!!”

“N...scusa, amore. Ho fatto confusione, e ho invertito le battute. Non volevo. Colpa mia.”

“Tranquilla, tesoro. E' tutto a posto. E comunque...sì, é come dici!!”

“Come dico cosa?!”

“Che é colpa tua! Sono dieci minuti buoni che ci continui a girare intorno, senza dirmi niente!!”

“Lo so. E' colpa mia.”

“Sicuro, che é colpa tua!!”

“E allora che cosa dovrei fare? Dimmi! Dimmelo tu, ti prego!!”

“Se é davvero colpa tua, tesoro...allora discolpati!!”

“E cosa dovrei fare? Sentiamo. Dimmelo tu, che sai sempre tutto.”

“E infatti te l'ho appena detto! Rivelami finalmente come stanno le cose, per davvero! Abbi il coraggio!!”

“E va bene, visto che mi ci costringi.”

“Ti conviene, perché se no tra un po' ti strozzo con le mie zampe, se non la finisci.”

“Vorresti davvero ucciderci, tesoro?”

“U...uccidervi? Ma allora t – tu...t – tu...t – tu...”

“Dai che ce la fai, amore. Non ti impappinare come hai fatto con le due ultime volte, se no si ricomincia da capo.”

“I – io...e va bene. Va bene. Lo farò. Per te. Per me. Per entrambi. E per chiunque altro tu stia intendendo, quando dici che siamo in tre.”

“Coraggio. Sento che questa é la volta buona.”

“Ok. Ok. Quando hai detto che siamo in tre intendevi forse...intendevi forse dire che tu...tu...”

“Sì, amore. Hai indovinato. Lo sono.”

“Oh, mio Dio! Ma tutto questo é meraviglios...”

“Sì, ma c'é qualcos'altro.”

“Che cosa?!”

“C'é un altro problema.”

“E quale? Forse che...forse non é mio? Allora avevo ragione a sospettare qualcosa, le sere in cui tu non eri con me e improvvisamente iniziavano a prudermi violentemente le corn...”

“No. Non é come dici tu.”

“E allora com'é?!

“E' tuo, amore.”

“Ne sei sicura?”

“Ne sono sicura.”

“E come fai ad esserne così sicura?”

“Ho fatto il test del DINN...ehm, del DNA.”

“E cosa dimostra?”

“Dimostra che?”

“Lo sai che può non essere attendibile, certe volte.”

“E infatti l'ho rifatto altre quattordici volte, dopo la prima.”

“C – così tante?”

“Sì, amore. Quindici. Come i mammiferi scomparsi che hanno dato vita al caso che tempo fa ha sconvolto questa bella città. La nostra bella città in cui viviamo. La città dove ognuno può essere ciò che vuole.”

“Ma, amore...ti sarà costato un occhio della testa!!”

“Di quello non devi preoccuparti. Ho intestato tutte le spese a nome tuo.”

“M – ma...ma come hai fatto?!”

“Ti ho preso la carta di credito. E il codice era dentro la custodia. Ti avrò detto mille volte di piantarla, con questo tuo vizio. Sono quelli come te che al mondo incrementano la razza dei ladri.”

“M – ma i – io...io...beh, pazienza. Vorrà dire che saranno soldi ben spesi, se mi permetteranno di sapere la verità. E...dunque?”

“Dunque cosa?”

“I risultati dei test, tesoro! Critichi tanto me...ma cerca di stare concentrata un attimino, e su!!”

“Giusto. Quel che é giusto é giusto. Vedi, amore...ho già ricevuto i risultati.”

“Li...li hai già ricevuti?”

“Che cosa?”

“I risultati, tesoro!!”

“Ah, già...sì, amore. Li ho già ricevuti. Li ho qui con me. E dicono...”

“E...e dicono?”

“Dicono cosa?”

“I ri – sul – ta – tiiii!!”

“Ecco...i risultati lo confermano. Lo confermano in pieno.”

“Che cosa, tesoro? Cos'é che confermano? Dimmelo!!”

“Confermano che é tuo, amore.”

“Oh, mio Dio! Ma é stup...”

“Sì. Hai ragione, amore. E'davvero stupendo.”

“Che cosa, é stupendo?”

“Che é tuo.”

“Chi?”

“Il bambino, amore! Il bambino! Ma come ti ho detto...”

“Quando?”

“Prima, amore. Spremiti le meningi. Dai che ce la puoi fare, se vuoi. Come ti ho detto poco fa...c'é dell'altro.”

“Dell'altro? Dell'altro che?”

“C'é un altro problema, tesoro.”

“Quale problema?!”

“C'é che é inutile. E' perfettamente inutile.”

“Ma inutile che?!”

“E' inutile che tu mi dici che io sono bella, amore.”

“Ma tu sei bella, tesoro!!”

“No.”

“Sì!!”

“Oh no, che non lo sono.”

“Oh sì, che lo sei.”

“Oh no, che non lo sono.”

“Oh sì, che lo sei.”

“Oh no, che non lo s...”

“Che ricominciamo da capo, tesoro? Ti pare il caso?!”

“No, che non é il caso.”

“Il caso di che?!”

“Di ripeterci, amore.”

“Ripetere cosa?”

“Quel che ci siamo detti.”

“E che ci siamo detti, scusa?!”

“Lascia perdere. E comunque...”

“C – comunque?”

“Non importa. Non ha alcuna importanza.”

“Ma che cosa, non importa? Cosa?!”

“Non importa quante volte tu possa dirmelo.”

“Dirti cosa, tesoro? Cosa?!”

“Non importa quante volte tu mi dica che io sono bella, amore. Non importa per quante volte tu possa dirmelo. Io non sono bella. Io non mi sento bella. Per niente...”

“Ma tu sei bella per me, anche se tu non senti di esserlo. Io...io ti amo. Ti amo proprio perché tu non ti senti bella. Ed é proprio per questo, che io ti amo. Ti amo con tutto quanto il mio cuore...”

 

 

 

 

 

 

Sempre la solita storia. Sempre la solita dannata, dannatissima storia.

Film come quelli rappresentavano proprio il festival dell'aria fritta. Al punto tale che si poteva sentire persino la puzza di olio stra – usato, stra – riciclato ed ormai da tempo esausto che trasudava e che fuoriusciva dal televisore, nient'affatto ultimo modello nonostante lo schermo piatto.

Del resto era d'ordinanza persino sui ruderi e sui pezzi d'antiquariato, ormai. E il proprietario lo aveva sostituito giusto perché la programmazione era passata in via del tutto completa e definitiva dall'analogico al digitale.

Lo aveva fatto perché ce lo avevano costretto. Altrimenti se ne sarebbe rimasto tranquillamente fedele al suo vecchio trabiccolo a tibo catodico, con le antenne belle storte sopra la carcassa in finto legno e bachelite a racchiudere uno schermo bombato. Di quelli che se solo osavi avvicinare la zampa sentivi ancora la patina di radiazioni sul vetro.

Nemmeno lui ne poteva più, comunque.

Come riempire un'ora e mezza di nulla. Con un tanto al chilo di parole vuote quanto inconsistenti.

Se ne stavano lì a guardare quella sorta e sottospecie di supplizio in formato televisivo da un bel pezzo, seduti sul divano di lui. E del suo appartamento, ovviamente.

Nick se ne stava affossato su di esso a gambe incrociate, una sopra all'altra. Ed assisteva a quello spettacolo leggero come un minestrone bollente offerto a Ferragosto, ed in pieno Mezzogiorno per giunta e come se non bastasse, con aria del tutto svagata e svaccata. Ed oltremodo assente.

Aveva perso la scommessa e la disfida che prevedeva l'autorizzazione ed il diritto di prelazione sulla scelta del programma da guardare.

Ma se non altro aveva guadagnato ed ottenuto in ricambio il bordo del mobile, e non era affatto da considerarsi cosa da poco.

Aveva a disposizione il bracciolo situato come da progetto a lato e sull'angolo. Eda brava volpe e predatore patentato quale era, non se l'era lasciato sfuggire e ne aveva approfittato alla prima occasione.

Praticamente da prima di subito.

Ci aveva poggiato sopra il gomito, col braccio corrispettivo piegato ad angolo perfettamente retto, di novanta gradi spaccati. E l'istante immediatamente successivo il suo mento aveva deciso di obbedire prontamente a quell'irresistibile richiamo, appollaiandocisi sopra con la parte destra sia della mandibola che della mascella.

Era quel perno, l'unica e sola cosa che gli impediva di smollarsi, ammosciarsi ed afflosciarsi completamente fino a scomparire del tutto per la noia ed il ribrezzo. Finendo così risucchiato nell'incavo posteriore tra i cuscini.

Qualunque cosa, qualsiasi cosa pur di sfuggire a quello. A tutto quell'obbrobrio.

Tutto gli sarebbe andato bene.

Tranne quella schifezza, s'intende.

Aveva provato a distrarsi pensando ad altro, durante la visione. Ma aveva ottenuto soltanto di aumentare lo scoramento e la frustrazione, tornando con la mente a quanto stavano trasmettendo sull'altro canale. E a quanto si stava perdendo, anche se ad occhio e croce doveva averlo visto decine e decine di volte.

Centinaia di volte. Migliaia di volte. Sin da cucciolo.

Secondo i debiti quanto opportuni calcoli che aveva appena terminato di fare all'interno della sua affusolata e rossiccia cocuzza in DIE ARGH, e nella fattispecie il primo quanto leggendario ed insuperato capitolo...si doveva essere giunti alla fatidica scena madre.

Che era un po' come stava accadendo nello schifo che gli stava passando e scorrendo davanti e dinnanzi ai verdi occhi. Con l'unica differenza che si trattava di tutt'altra pasta.

Tutt'altra pasta e categoria, signori. Oh, sì.

Si doveva essere giunti allo scontro finale e decisivo, per il buon vecchio GEORGE MCCRAIGH.

In quel preciso e dato momento doveva essere giunto e trovarsi muso a muso direttamente con HANSEL, il capo dei terroristi. Che poi in realtà non erano che un manipolo di ladri, che avevano inscenato un sequestro con tanto di minaccia di attentato all'unico e non dichiarato scopo di coprire una volgare rapina.

Non era nient'altro che quello, alla fine. E adesso i nodi erano venuti al pettine.

Giusto il tempo di sistemare il suo corpulento quanto nerboruto guardiaspalle nonché vice, KARL HEINZ. Che tra l'altro ce l'aveva a morte con George perché il primo dei criminali che aveva liquidato, a quanto pare, era nientepopodimeno che il suo caro fratellino. Al quale era molto legato, povera gioia.

Peccato che fosse anche il più imbranato ed impedito. E il suo fratellone se lo portava dietro giusto per pietà e perché non stesse in giro a combinare qualche casino, oltre che per rispettare l'inevitabile vincolo di sangue. E tutti gli oneri e doveri che esso comporta, quando si ha di mezzo alle scatole un membro diretto della propria famiglia.

Comunque, niente che non si potesse sistemare con un sano, civile ma soprattutto virile confronto dialettico tra maschi. Vale a dire a base di pestoni e botte da orbi prese, date, ricevute e restituite in eguale misura. Al termine del quale era bastato far finire Karl Heinz a penzolare a qualche decina di metri di altezza e sospeso nel vuoto. Con una bella catena d'acciaio temprato legata intorno al collo taurino (anche se non apparteneva a quel genere di animali) ad impiccarlo per bene, per poi portarlo a regolare soffocamento.

Tutto quello sgambettare doveva essere servito a fargli smaltire e passare i bollori. Garantito.

Non che a togliergli la sua insulsa ed immonda vita, ovviamente. Oltre che a toglierlo di mezzo.

Garantito pure questo.

Peccato che nel frattempo la stampa e la televisione di mezza SAN FRANSOKYO , sempre affamata e alla spasmodica ricerca di nuove e fresche notizie, ed asseragliata fuori dal NYANGATOMI PLAZA era riuscita non si sa come a risalire all'identità del misterioso paladino che stava facendo poco a poco piazza pulita dei malavagi all'interno del sontuoso grattacielo.

E che a quel punto aveva mandato in onda e sulle rotative vita, morte e miracoli sia sul suo conto che su quello della sua famiglia. E facendo venire a galla un piccolo ma piuttosto scomodo dettaglio. E parecchio pericoloso, in una situazione come quella. Talmente tesa e sulla corda da poter precipitare da un momento all'altro.

E così, George aveva avuto la meglio su Karl Heinz. Ma intanto Hansel, aprofittando del fatto che il suo braccio destro si era messo sulle tracce ed in caccia dell'intruso per massacrarlo e vendicarsi, aveva fatto visita agli ostaggi. Dopo aver scoperto, grazie all'opera di insulsi giornalisti, scribacchini ed imbrattacarte da quattro soldi alla ricerca dello scoop facile che tra i prigionieri si trovava la ex – moglie di George.

Ora dovevano trovarsi proprio uno davanti all'altro. Con la povera ex – mogliettina in mezzo a fare da scudo al gran capo dei cattivacci.

Giusto il tempo di qualche scambio di battute a dir poco memorabili in aggiunta, e poi McCraig avrebbe messo in atto il suo bluff.

Avrebbe preso l'arma che si era fissato dietro alla nuca con del nastro adesivo da pacchi.

Rozzo, dozzinale ed improvvisato, certo. Ma tremendamente fuzionale ed efficace. E pratico.

Aveva già le zampe anteriori alzate, dato che aveva appena finto di arrendersi. Non gli restava che prenderla. Ed usarla.

Si era quindi sbarazzato dell'unico sgherro rimasto ancora in vista e a questo vecchio e pazzo mondo, e poi si era occupato di Hansel. Che però, nonostante fosse ormai gravemente ferito ed in punto di morte con un ultimo, disperato gesto d'impeto era riuscito ad afferrare per il polso la ex – moglie di George per trascinarla con sé in un volo fuori dal terrazzo senza scampo.

Ma niente paura. La ex – consorte avrebbe dimostrato una prontezza di riflessi degna se non pari a quella dell'ex – marito aggrappandosi al volo al cornicione. E a George non sarebbe rimasto che slacciare il cinturino dell'orologio d'oro che le aveva regalato durante il loro ultimo anniversario di nozze per salvarla. E per garantire ad Hansel un bello schianto al suolo dopo esser precipitato per decine e decine di piani.

Con quel che avrebbero trovato avrebbero giusto potuto riempirci una scatolina, come minimo.

Tipo quella che conteneva l'anello che George avrebbe donato alla sua ex – moglie chiedendole di risposarlo, al termine della pellicola e giusto un attimo prima che cominciasse la dissolvenza in nero seguita a ruota dal regolare scorrere dei titoli di coda.

Capolavoro, gente. Un autentico capolavoro, senza alcun se e senza alcun ma.

Film così o anche solo simili non ne fanno più. E se li facessero...farebbero semplicemente schifo.

Ecco a cosa stava rinuciando Nick, per quella ciofeca.

Ecco cosa si stava perdendo, dannazione.

Judy era al suo fianco. E per contro...beh, a volerla dir tutta quanta sincera sino in fondo, era seduta anche lei. Ma a differenza sua, la coniglietta stava tenendo e dimostrando un atteggiamento del tutto differente.

Lo dimostrava chiaro e lampante il fatto che la sua minuscola schiena era protesa in avanti, e che le mani erano giunte e posizionate all'altezza della sua piccola boccuccia rosa, con i gomiti ben poggiati all'altezza delle cosce e le dita unite ed intrecciate tra loro. Identiche e sputate a quelle di una devota fedele e credente sorpresa e beccata sul più bello di un momento di profondo raccoglimento e preghiera.

Era decisamente rapita da quanto stava accadendo sullo schermo. E pure da quel che si stavano dicendo i due innamorati, dato che teneva le lunghe e grigie orecchie ben dritte e all'ascolto.

Sembrava non si stesse perdendo nemmeno una singola sillaba della loro conversazione, come se le parole che stavano formando e dando vita a quel dialogo assurdo quanto demenziale fossero veramente rivolte ad un ipotetico spettatore.

Come se fossero veramente rivolte a lei. Come se avessero davvero qualcosa da insegnare, o un messaggio da trasmettere che andava recepito ad ogni costo.

Già. Judy ci stava credendo per davvero. Ma proprio per davvero. Come il famoso motto che l'aveva spinta a giungere nelle grande città per giocarsi poi il tutto per tutto nel tentativo di realizzare il suo sogno.

Il motto che ogni cittadino di quella dannata metropoli non fa altro che ripetere a menadito, come un registratore rotto o inceppato. Con i più che insitono e continuano a ribadirlo nonostante non ne colgano nemmeno il significato recondito e profondo.

E' proprio quello il bello, che ci si voglia credere oppure no. La maggiore parte di quelli che lo dicono non sanno e non hanno nemmeno la più vaga o pallida idea di cosa voglia dire.

Lei sì, però. Lei lo sapeva.

Lo aveva sempre saputo.

Nel momento in cui i due interpreti della love – story unirono le loro mani dichiarandosi e gridando in faccia al mondo intero per l'ennesima quanto scontata volta il loro puro ed imperterrito amore, Judy staccò le proprie dalla presa che si era creata praticamente da sola.

Le aprì bene bene e le rivolse verso di sé, osservandone l'interno chiazzato di binaco delle palme.

Le infilò quindi tra le proprie gambette e si girò verso la volpe. Forse alla ricerca di uno sguardo che fosse e che le risultasse accondiscendente. O quantomeno complice.

Non li trovò. Ne l'uno, né l'altro.

Nick, con la consueta perspicacia e sensibilità che da sempre contraddistingue il suo genere di appartenenza, specie nel considerare i momenti delicati attraversati dall'altra sfera e metà del cielo, aveva preferito rimanersene completamente impassibile e con le iridi fisse e puntate sul televisore. Anche se aveva smesso di interessarsi a quanto vi stava accadendo ed avvenendo sopra, e da un bel pezzo.

In realtà non bisognerebbe mai generalizzare. E' pur vero che molti maschi sono ottusi, ma se una femmina ha un problema e glielo spiega con la dovuta calma e dovizia di particolari, alla fine capiscono anche loro. Persino i più testoni. E si mettono a disposizione per fornire una soluzione.

O almeno ci provano. Ci tentano, a fornire il loro aiuto e contributo.

Dateci un attimo di tempo e arriviamo anche noi, fanciulle.

Però Nick aveva già dato prova di non appartenere banalmente alla media comune del suo genere.

Sin dall'inizio aveva sempre dato prova di possedere notevoli capacità sia dal punto di vista dell'acume che dello spirito di osservazione.

Del resto l'attenzione maniacale ai dettagli rappresenta una dote imprescindibile, se ci si vuol muovere ed operare in strada. Ed in certi casi può fare e costituire la sottile ma sostanziale differenza tra il vivere ed il morire. Il finire la propria pista sul più bello oppure completarla per poter così portare a casa le proprie chiappe pelose per un altro giorno.

Per un altro giorno soltanto, e poi chissà. Ma é pur sempre meglio di niente. No?

I piccoli dettagli erano capaci di togliergli addirittura il sonno, e di non farlo dormire la notte tenendolo ben sveglio. E perciò era già da qualche minuto si era reso conto ed aveva capito che Judy si stava comportando in maniera strana.

Molto strana.

E quando la sua partner faceva così, rinchiudendosi in sé stessa e se ne stava e rimaneva a rimuginarsene sulle sue e sulle proprie con fare pensoso...era da interpretare come un preciso segnale di allarme.

Qualcosa non andava. Ma Nick aveva comunque preferito continuare ad affettare indifferenza, dando così l'impressione di non essersi accorto di niente. O almeno era ciò che voleva dare, voleva darle a vedere.

Far finta di non essersi accorto di nulla, eppure tenere sotto controllo e stretta osservazione tutto quanto. Senza lasciarsi sfuggire niente, al contempo.

Questa era la chiave.

Attendere, e valutare la reazione. E se non ve ne sono...allora, soltanto allora si può provare a lanciare il sassolino dentro allo stagno d'acqua cheta ed immota. Fosse anche solo per vedere l'effetto che fa.

L'aveva vista e percepita, l'occhiata che gli aveva lanciato Judy. La sua vista di predatore, oltre che ad essere acuta di natura, era perfettamente allenata dal costante esercizio di malandrino svolto nel corso degli anni. Al punto che funzionava anche in pieno giorno e in ambienti perfettamente e persino eccessivamente illuminati, pur continuando a prediligere gli spazi bui e le ore notturne.

Inoltre, il suo fiuto gli permetteva di riconoscere all'istante una richiesta di soccorso.

Bastava una piccola variazione dell'odore corporeo, dovuta allo squilibrio chimico delle sostanze liberate dall'intervento dei neurotrasmettitori che agiscono durante gli stati d'ansia e di preoccupazione.

Ma l'antico mestiere del mariuolo insegna anche che bisogna saper capitalizzare da ogni situazione.

Il delinquente non si muove mai se non per guadagno. Non entra in azione, se non ha un proprio ricavo.

Ok. Lo si fa per un amico, o per una persona cara. Ma se non ci intasca qualcosa...che piacere é?

Dove sta il gusto, scusate?

Dopotutto...quella volta l'aveva aiutata principalmente per avere di nuovo la libertà, prima di tutto.

Oh beh, certo. Poi erano subentrare...altre cose. Ed un bene superiore. Ma all'inizio...in principio si era mosso unicamente ed esclusivamente per quello. Per proprio e personale tornaconto.

Judy aveva bisogno di lui. E lui c'era. E le avrebbe dato quel che richiedeva, e che le serviva.

Tutto quel che le sarebbe servito per calmarla, e per tranquillizzarla. E per farla stare meglio. Però...

Però si poteva provare a vedere se non fosse l'occasione per ottenere qualcosa in cambio, già che ci si era.

Chissà...forse di canale, visto che di cambiare si stava parlando.

Avrebbe potuto benssimo interpretare lo sguardo implorante della coniglietta come nato dal fugace sospetto che il film che stavano guardando non gli stesse piacendo affatto.

E non é che ci volesse neanche poi molto a dimostrarlo, visto che era proprio così.

Con l'altro film dovevano essere agli sgoccioli, ormai. Ma forse era ancora in tempo per beccarsi Karl Heinz che risorge miracolosamente intanto che stanno festeggiando tutti insieme felici e contenti perché é appena tutto finito, pronto a compiere una vera e propria strage, prima di venire seccato dall'agente semplice che era rimasto sempre in contatto via radio con George per tutta la durata dell'operazione, fornendogli sostegno e conforto.

Era stato l'unico, a credergli e ad aver fiducia in lui. Ed avevano finito col diventare amici, e senza nemmeno mai essersi visti in faccia una sola volta prima di allora.

Proprio come gli era capitato tempo fa e suo malgrado con una certa personcina di sua conoscenza, ma tu guarda un po'...

Si sarebbe accontentato anche solo di vedere McCraigh e la sua ex – moglie che, dopo aver sgominato tutti quanti, se ne andavano via per la città innevata in limousine con in sottofondo la più classica delle canzoni di natale...

A lui sarebbe andato bene, più che bene anche così. Poco, pochissimo é pur sempre meglio che niente.

E poi, quando si ha a che fare coi classici, qualunque momento é buono per iniziare a vederli.

Anche a film già inoltrato. Anche quando sta per terminare.

Li si può iniziare in qualunque momento, che tanto il resto li si aggiunge mediante la fantasia. Che tanto li si sa e li si conosce a menadito ed a memoria.

Tanto valeva mettere le carte in tavola. Che a sapersele giocare nel modo giusto...forse avrebbe potuto averla ancora vinta.

Gioco, punto, set, banco e partita. E qualunque altra cosa possa venire in mente.

Mai ritirarsi, mai rassegnarsi e mai arrendersi, dopotutto.

Ora di scagliare la prima pietra, gente. Senza ritirare il braccio, però. E senza nemmeno vergognarsene.

Non troppo, al massimo. Non più del necessario.

Per uno del suo stampo e della sua risma quella non costituiva altro che la più classica, tipica quanto irrinunciabile occasione per poter accontentare appieno ambedue le parti in causa della disputa, prendendo così i due canonici piccioni con una fava.

Così. Giusto per tirare in ballo una specie di uccelli ormai estinta da tempo. Come del resto lo erano tutti gli appartenenti alla folta, nutrita e numerosa famiglia e schiera dei volatili in generale.

Una volta, almeno.

Giusto per quello. E non di certo perché si trattava di un caso di gemelli siamesi, per chi ha voglia di comprendere la battutaccia in questione. Ed in caso di risposta negativa, beh...

Pienamente comprensibile e giustificato pure quello. Nonché da assolvere con formula piena, dato che é assolutamente orribile.

Ma a livello di veri e propri fossili del campionario dell'umorismo, davvero.

Il peggio del peggio.

“Ehm...senti, Carotina” le fece, schiarendosi e scandendo per bene e ben bene la voce. “So perfettamente e ho altrettanto perfettamente presente che la sfida a morra cinese per decidere il film da vedere l'hai vinta tu. Anche se avrei le mie riserve in merito, dato che mi ritengo più bravo a pari e dispari piuttosto che al tuo sasso, carta e forbici.”

Allungò il braccio rimasto libero e disimpegnato verso di lei.

“Ma se il film che stiamo vedendo per qualche motivo, per qualunque motivo non ti dovesse più interessare” proseguì, “se non ti dispiace vorrei approfittarne giusto giusto per provare a veder...”

Si bloccò, esattamente come l'arto impegnato nella delicata operazione di sotterfugio.

Judy aveva mosso in contemporanea la zampina destra, e gli aveva bloccato la sua non appena le era transitata di fronte, prendendogliela da sotto.

Ecco fatto. E troppo tardi.

Era meglio prepararsi e tenersi pronti. E all'erta. Tuttavia, si poteva provare con una piccola aggiunta in appendice, giusto per tentare di sdrammatizzare opportunamente la situazione.

“Il mio f...” aggiunse Nick, in un ultimo quanto disperato tentativo di sviare e deviare il discorso. Nonché di impossessarsi del telecomando.

Ma prima che potesse terminare col quel suo estremo quanto definitivo gesto d'azzardo, ecco che la coniglietta aveva già spostato anche l'altra sua manina, portandola a supporto della precedente. E mettendogliela sopra in modo da rinchiudere quella del suo compagno in una stretta. Che più che una stretta era da considerarsi una morsa vera e propria.

Dolce, ma ferma e decisa. Ed al contempo serrata.

“Ehi, Carotina” le disse. “Che stai facend...”

Era inutile. Judy cominciò ad accarezzargli lentamente le dita ed il dorso, quasi con voluttà.

“Nick...” disse, facendo seguire un'accorta pausa subito dopo aver pronunciato il suo nome.

Anche quello era un segnale. Ed un invito. L'invito a tacere.

Gli stava dando da capire che era giunto il momento che se ne stesse e che se ne rimanesse ben zitto, e muto. Ad ascoltare. E a sentire quanto lei avesse da proporgli, per poi ragionarci adeguattamente sopra. Sempre ammesso che ne fosse stato capace.

E Nick ne era capace. Quindi...fu proprio quel che fece.

Seguì il più o meno tacito quanto sommesso consiglio.

“S – sì?” le fece, restando in titubante attesa degli sviluppi.

“Sai...” gli confido Judy. “...Certe volte non posso fare a meno di chiedermelo.”

“C – che cosa?”

“Se possa mai funzionare.”

“Funzionare che, scusa?”

“Tra noi due, Nick. Certe volte mi chiedo se tra noi due potrà mai funzionare. Non posso proprio fare a meno di domandarmelo.”

“Ma cosa intendi?”

Non poteva proprio fare a meno di domandarselo, dunque. Così come la volpe non poté proprio fare a meno di notare che stavano procedendo sulla falsariga di quella surreale quanto mielosa e smielata pantomima che avevano appena finito di inscenare. E di trasmettere.

Da diabete mellito. Garantito. Ed il grosso rischio era di tirarla eccessivamente per le lunghe, ed allo stesso modo. Per ottenere poi gli stessi penosi risultati, giungendo così oltre ogni buon senso ed oltre ogni capacità di sopportazione.

Ma con Carotina non c'era questo pericolo, e Nick lo sapeva.

Lo sapeva bene. Sin troppo bene.

L'agente Hopps era una abituata ad andare presto al dunque. E subito al sodo. Non le serviva giusto che un attimo per raccogliere e riordinare adeguatamente le idee, e di concetti.

Nient'altro che un attimo.

“Forse ho fatto un errore” gli annunciò, senza smettere di accarezzargli la mano. “Ho commesso lo sbaglio di mettermi insieme a te senza prima riflettere.”

“Ah – ehm...permettimi di dissentire, mia cara. Da quando in qua l'amore é diventato una questione di mera riflessione? L'amore non é una questione di pensieri, o di raziocino. Lo sai.”

“Lasciami finire, per favore. Il fatto é che...il fatto é che forse abbiamo corso troppo. Io stessa ho corso troppo, e mi sono lasciata trasportare dai sentimenti che nutro nei tuoi confronti, e da ciò che provo per te. E solo dopo ho cominciato a pensare. Solo in seguito ho cominciato a pensare al fatto che siamo DIFFERENTI. E a QUANTO siamo differenti.”

“Carotina, ascolta...”

“E non mi riferisco solo al fatto di come sentiamo e vediamo il mondo, e tutto quel che ci circonda. Ma anche al fatto di come ci vediamo, e ci sentiamo l'un l'altro. L'uno con l'altro. Non so se capisci quel che intendo dire.”

Portò la zampina anteriore sinistra sotto alla mano della volpe, in sostituzione. Ed alzò la destra, riprendendo ad osservarla con estrema attenzione.

“Ad esempio...” disse, senza smettere di guardarsela. “...Guarda le mie mani, Nick. Guardale per un secondo. Le mie mani hanno il pelo sin sulle dita, e non sono in grado di sentire il caldo o il freddo molto bene, a differenza di te. Ma tu...”

Allungò l'indice e lo premette contro l'interno della mano di Nick, che ancora teneva ben stretta a sé.

Schiacciò il cuscinetto tattile posto sulla parte superiore del palmo, come avrebbe fatto con un bottone di quelli che in genere accendono la luce per illuminare un locale.

“Mentre tu...”

Schiacciò un po' più fortino.

Nick sentì un brivido partire da quella zona, come una scossa. Una scarica di corrente che gli attraversò l'intero corpo e che gli corse su per tutta quanta la colonna vertebrale, in tutta la sua lunghezza, sino alla base della nuca.

Era un punto sensibilissimo, per quelli della sua specie.

Ritrasse istintivamente la mano, mentre la folta coda gli si arricciava.

“Ecco, lo vedi?” puntualizzò la coniglietta. “I tuoi polpastrelli, ad esempio. Ti permettono di sentire meglio le cose, rispetto a me. Grazie ad essi puoi percepire all'istante la temperatura. Puoi capire subito e al volo se qualcosa é freddo, oppure caldo. Se é soffice, o duro. Io...io non ne sono in grdo, invece. Non ci riesco. Non posso.”

“E' inutile” continuò. “E' perfettamente inutile. Come posso io...come posso dire agli altri che ognuno nella vita può essere ciò che vuole? Come posso dirlo? Eppure é quello che la gente, tutta la gente di questa città si aspetta da me. Quello che vuole sentirsi dire dalla sottoscritta, e che si aspetta che io dica! Ma come posso io dirglielo? Rispondimi, Nick! Dimmelo, ti prego! Come posso dirglielo? Come posso dirlo anche solo a me stessa? Come posso, se non riesco nemmeno ad essere e a diventare come la persona che amo? Se non riesco neanche ad assomigliargli, nemmeno un minimo? Nemmeno in un piccolo, insignificante particolare come questo? Come faccio, se non posso riuscire nemmeno a capire e a comprendere quel che pensi e quel che senti? Io...io sento che non potrò mai capirti fino in fondo. E se non ti capisco...se non ti capisco allora ciò vuol dire che non sarò mai in grado di amarti sino in fondo. Di dimostrarti il mio amore, e di riuscire a farti capire quanto ti amo...”

Il brivido era passato. E la mano, insieme alla schiena, aveva smesso di formicolare. Era quindi libera di muoversi, finalmente.

Nick la utilizzò per coprirsi entrambi gli occhi, con un gesto talmente brusco ed improvviso che quasi fu sul punto di finire per tirarsi praticamente una manata in faccia da solo e per proprio conto.

Che strano. Quello di solito era il compito di Carotina, nonché il suo passatempo preferito. In particolare quando il suo collega combinava qualche sbadataggine mentre si trovavano in servizio, oppure erano coinvolti nel corso di qualche indagine.

Spettava a lei, di norma. Anche se in genere aveva dato modo e da capire di prediligere gli scappellotti.

Li considerava da sempre più efficaci, tutto qui.

Nick abbassò il muso ed emise un profondo sospiro.

“Uff...”

Judy lo guardò con aria interrogativa.

“Certamente” le spiegò lui. “Credo di aver capito cosa tu voglia dire, Carotina. E' scontato, vedi.”

“C – che...che cosa, é scontato?”

“Beh...non certo sul fatto che cosat poco, questo é sicuro” Esordì tentando di metterla sin dall'inizio sull'ironico. Senza riuscirvi, tuttavia.

“Intendo dire che é ovvio che sia io che te siamo differenti” le ribadì, riprendendo opportunamente il filo. “Così come é ovvio il fatto che entrambi sentiamo, vediamo e percepiamo le cose, ogni cosa in modo differente. E' normale, direi. Visto che apparteniamo a due specie differenti.”

“E comunque trovo che tu abbia ragione, a pensarla in tal modo” proclamò tutto bello tronfio, indicandosi col pollice rivolto verso di sé. “Guarda me, ad esempio. Io, tanto per dire...posso essere un'affascinante volpe, a differenza tua.”

Judy, a quell'affermazione, sgranò gli occhietti viola.

“C – cosa?!”

“E' vero” proseguì imperterrito lui, mettendosi la mano sul proprio petto in un eloquente sbandieramento di vanità. Cercato ma non voluto. E nemmeno gradito, a giudicare dalla reazione di lei.

“Proprio così” insistette Nick. “Cosa posso farci...io piaccio, chérie. Perché oltre allo charme, si dà il caso che io disponga pure di una personalità e di un carattere adorabile. Tutto il contrario di te, direi.”

La coniglietta reagì stizzita, mettendo il broncio.

“Scemo” commentò. “Non sei altro che un grosso scemo. Un grosso pezzo di scemo. E scema pure io che ti sto anche a sentire, e che sto a qui a perdere tempo con te sperando che tu capisca.”

“Non c'é niente da fare. Non c'é proprio niente da fare” concluse sconsolata, e sbuffando a sua volta.

“Sono proprio una stupida. Nient'altro che un'inguaribile stupida...”

“E dai, Carotina. Non prendertela così” la rabbonì Nick, ridacchiando. “Non te la devi prendere a questo modo. Stavo scherzando, su. Stavo solamente scherzando.”

“Vedi...” proseguì, “...é innegabile che io e te siamo diversi. Ma non devi pensare che essere diversi voglia dire per forza essere migliori di qualcun altro. Il fatto che io abbia delle caratteristiche in più rispetto a te non sta a significare che io sia migliore di te. Anche se ammetto che la cosa può avere i suoi vantaggi...”

Ora anche lui si era messo a parlare e a discorrere sul serio.

Sia il suo sorriso sciocco che il suo fare canzonatorio era spariti. E e ciò aveva catturato l'attenzione di Judy. Lo dimostrava il fatto che il broncio era come svanito, ed i suoi lineamenti si erano distesi e rasserenati.

“Ora capisci quel che voglio dire?” Le fece Nick. “Intendo che...con la mia vista notturna sono in grado di vederti anche al buio. Ho la splendida possibilità di vedere il tuo aspetto e la tua bellezza risaltare nel mezzo delle tenebre, ed é...é stupendo. E' come se tu risplendessi, davvero. Così posso fare in modo che tu possa diventare il mio faro. La mia luce. La mia guida in mezzo all'oscurità, e...e ti assicuro che non chiedo di meglio. Non c'é altro che vorrei, al mondo.”

“Oh...”

“E poi...non é tutto. Col mio naso e grazie al mio fiuto sopraffino sono in grado di sentire il tuo odore, ad esempio. Posso sentire ogni tuo odore, ed ogni tuo profumo.”

Judy, a quelle parole, sembrò quasi venire colpita nell'intimo. E non solo in senso metaforico.

Si mise entrambe le braccia tra le proprie gambe, facendole aderire perfettamente al piccolo quanto esile busto. E le incrociò, quasi a voler coprire l'inguine.

Sembrò arrossire, anche se non lo si poteva certo scorgere tra il suo pelo grigio.

Nick, nel frattempo, le si era avvicinato a pochi, pochissimi centimetri di distanza. Al punto che quasi la sfiorava.

“La tua fragranza , il profumo che emani mi dice tutto, di te. So in qualsiasi momento, in ogni momento cosa provi e quel che pensi. E senza che tu abbia bisogno di aprire bocca per dirmelo di persona. E la sai una cosa? Ti devo confessare che...la cosa mi piace.”

“Sì. Mi piace” ripeté, soddisfatto. “Mi piace da matti. Però...anche tu hai delle qualità.”

“Grazie tante.”

“No, Carotina. Ti sto parlando seriamente, stavolta.”

Mise di nuovo la mano destra sul torace.

“Tu hai delle qualità che io non ho, e viceversa. Le tue orecchie, ad esempio.”

“L – le...le mie orecchie, dici?”

“Certamente. Le tue orecchie, esatto. Grazie alle tue orecchie ultra – sensibili puoi riuscire a sentire ogni cosa, ed infinitamente meglio di quanto ci riesca io. E proprio grazie al fatto che puoi udire molto meglio di me...probabilmente stai sentendo il mio cuore che batte. In questo momento puoi riuscire a sentire il mio cuore che batte, Carotina. Che sta battendo per TE.”

“Lo senti, non é vero?” Le ribadì. “Lo stai sentendo, che batte forte? Lo senti, mentre sta battendo fin quasi ad esplodere?”

Judy annuì.

“S – sì.”

“Tu puoi sentirlo a distanza, Carotina. La natura, la tua natura ti ha donato questo vantaggio. Ti ha dato questa bellissima opportunità. Hai la possibilità di sentirlo in ogni momento, e a tuo piacimento. Ogni volta, tutte le volte che vuoi. E senza dovermi nemmeno sfiorare, contrariamente a quanto devo fare io.”

La mano si scostò dal petto e lentamente ma inesorabilmente la raggiunse, posizionandosi al centro del suo petto. Nel mezzo ma non perfettamente, visto che si trovava un poco spostata sulla sinistra.

“Si tratta di qualcosa che posso sentire anch'io, ma...per poterlo fare, ho bisogno di toccarti. Di toccarti per forza. Perché ho bisogno di usare i miei polpastrelli. I polpastrelli di cui mi stavi parlando prima. Che sono sensibili almeno quanto lo é il tuo udito, in egual misura.”

Era partita anche la mano sinistra, intanto. Che arrivò all'orecchio destro della coniglietta e dalla base prese ad accarezzarlo dolcemente fino a salire su, sempre più su.

Di più, ancora di più. E infilandosi nell'incavo, di un roseo tenue come lo erano le estremità della sua boccuccia sottile. Appena appena innervato di piccole venette bluastre.

Judy si ripiegò sul lato opposto, e questa volta toccò a lei venire scossa da un tumultuoso brivido.

Chiuse gli occhi ed assaporò quella sensazione , godendosela per intero. Il tutto con l'altro orecchio, il povero gemello lasciato sfortunatamente solo e trascurato, che per carenza di amore aveva deciso di seguire l'esempio della sua proprietaria e padrona ripiegandosi su sé stesso alla medesima maniera.

“E non é tutto. C'é dell'altro, vedi? Con le mie dita posso sentire anche quanto sono morbide le tue orecchie, e quanto sono soffici. E magari le mie labbra non saranno sensibili quanto le tue, ma...credo lo siano abbastanza da sentire a loro volta quanto lo sono. Così come come credo...così come credo che siano ansiose di sentirle.”

“Già. Credo proprio che siano estremamente ansiose di sentirle, in questo momento” le ripeté, quasi ad assicurarsi che avesse ben compreso e capito.

Ma non aveva terminato la frase, però.

Avrebbe voluto tanto chiederle se le andava di provare.

Di provare qui. Di provare ora. Ma non ve ne fu affatto bisogno.

Bastò solo un'occhiata perché i due si intendessero e si accordassero sul da farsi, almeno nell'immediato e nello specifico.

Fu sufficiente l'incrociarsi ed il collimare delle loro iridi. Il verde dello smeraldo ed il viola dell'ametista che si fusero all'istante in un oceano liquido e fluido.

Si intesero e si capirono al volo.

Come giù in strada. Come in centrale. Come sempre.

Fu di Nick la prima mossa.

Lui ci provò, facendo compiendo un brevissimo e fulmineo scatto in avanti. E lei non si rifiutò e glielo concesse, senza opporsi e senza ritrarsi.

Si baciarono. Le loro bocche si unirono, diventando una cosa sola.

Nick la accarezzò sulla guancia, e lacrime di gioia scesero dalle sue gote.

Una di esse decise di non fermarsi lì dov'era, e scese fino a bagnargli il bordo che separava l'indice dal pollice.

“Vedi?” Le disse Nick. “Non trovi anche tu che sia meglio essere differenti? In tal modo possiamo imparare come ci vediamo e come ci sentiamo. E come ci vediamo e ci sentiamo l'uno nei confronti dell'altra. Ma soprattutto possiamo IMPARARE l'uno dall'altra. Ognuno di noi due ha i propri punti deboli e i propri punti di forza, e stando vicini ce li possiamo compensare a vicenda. Ed inoltre possiamo fare ancora di più. Molto di più, restando uniti. Rimanendo insieme possiamo continuare a farlo. Ad andare avanti a farlo, giorno per giorno. Giorno dopo giorno, un poco alla volta. Poco per volta. Non pensi sia stupendo, tutto ciò? Non pensi anche tu che si stupendo?”

Judy gli afferrò la mano con le sue. Ancora. E la premette contro la sua guancia, tenendola lì a lungo.

Le lacrime si erano ormai tramutate in rivoli e rigagnoli, e scorrevano copiose.

“Aah...” commentò la volpe, scuotendo ripetutamente la testa. “Non c'é proprio niente da fare. E' sempre la solita storia. Voi coniglietti siete sempre così emotivi...”

“Sì” ammise lei. “Hai ragione, Nick. Hai ragione tu.”

“Hai ragione tu” ribadì. “Su tutto quanto. E non solo sul fatto che io e quelli della mia specie siamo più sensibili della norma. Hai ragione anche sul discorso che mai hai appena fatto. Hai sempre avuto ragione, ragione piena. Su tutto. E io no ho mai sbagliato ad ascoltarti e a darti retta.”

“Anche se...” butttò lì sibillinamente subito dopo, “...avrei un piccolo, piccolissimo dubbio, a tal riguardo.”

“Dubbio, dici?” le fece lui, incredulo. “C – che genere di dubbio?”

“Più che un dubbio si tratterebbe di un sospetto, e tutt'altro che infondato. Siamo sicuri che tu non mi abbia voluto dire tutto questo per una ragione ben precisa?”

“E...e quale sarebbe, me lo spieghi?”

“Mah, chissà...forse non si tratta che di un trucco, il tuo.”

“T – trucco, dici? E il motivo? Quale sarebbe il motivo, scusa?”

“Forse é solo un'altro dei tuoi trucchi. E non fare il finto tonto, che ti conosco sin troppo bene. Forse é solo una messinscena per distrarmi ed impossessrti del telecomando. Dopotutto mi sono già accorta da un bel pezzo che il mio film ti sta facendo schifo...”

Nick scoppiò a ridere buttandosi all'indietro sullo schienale.

“Ah ah ah!! Toccato!!” annunciò. “Mi hai beccato, agente Hopps. Colto sul fatto. Colpito e affondato. Ottimo intuito, come al solito.”

“Hmf. Ho un ottimo insegnante e maestro, almeno su quello” dichiarò la coniglietta, facendo spallucce e mordendosi la linguetta con gli incisivi davanti. “Ma sul resto del discorso concordo perfettamente con te.”

Decise che era arrivato il suo turno di dispensare una carezza.

Le sue falangi scorrevano lungo il muso color della crema, fin quasi a toccare il tartufo violaceo e umido che lo adornava in cima.

“Grazie al fatto che siamo così differenti abbiamo davvero la splendida opportunità di imparare come ci sentiamo l'uno con l'altra. E di capire QUANTO ci sentiamo differenti. E direi di cominciare a farlo subito. E pienamente...”

“Beh...che cosa stiamo aspettando?” Saltò su Nick. “Agli ordini, Carotina! Come dico sempre io...tu hai i tuoi spazi vuoti, io ho i miei spazi vuoti, se stiamo messi assieme li riempiamo, no? Ah ah ah!!”

“E a proposito di spazietti vuoti...” la istigò, mentre le si avvicinava con fare e modalità alquanto sornione. “...Ci sarebbe giusto giusto un tuo posticino vuoto dentro di te che gradirei molto rimepire con uno dei miei, se non ti dispiace...”

Judy lo spinse via, a braccia incrociate.

“Sei sempre il solito” commentò sdegnata. “Sei proprio un maiale. Nient'altro che un maiale, quando fai così.”

“Oh – oh! Questa, poi!!” Esclamò Nick, mettendosi nuovamente a ridere.

“Toh! Questa é proprio bella!!” Rincarò. “Rancorosa, oltre che sensibile ed emotiva! Una volpe suina! Ma non sai che sarebbe un'aberrazione, Carotina? Un'orrido scherzo della natura! E poi ti informo che con buona pace i vari complottisti e dietrologi da strapazzo che circolano in rete, e checché ne possano dire...gli ibridi NON ESISTONO, chiaro? Non possono esistere cuccioli generati da due individui di specie differenti!!”

“Sarà...” disse Judy. “Ma per te dovrebbero fare una debita quanto dovuta eccezione, caro il mio porcellino. Anzi...perché non mi fai un grosso favore, già che ci sei? Perché non mi fai il favore di alzarti dal divano e di andare in cucina a prenderti una mela dal frigo e a mangiartela?”

“Capito, caro il mio porcellino? Corri a mangiarti una mela!!” Gli ordinò.

“Groink, groink” rispose Nick, imitando scherzosamente il verso dell'animale appena tirato in ballo. “Grazie mille per l'invito. E per il consiglio. Ma penso che farò diversamente.”

Si piegò in avanti, disponendo la sua schiena in orizzontale. E si mise carponi, cominciando ad avanzare sui cuscini a quattro zampe.

“Sai, Carotina...” le disse, assumendo un'espressione famelica e mostrando le due file anteriori di denti. “In questo momento ci sarebbe qualcos'altro che gradirei tanto addentare...”

“Ah...ah, sì?” fece Judy, mettendosi sulla difensiva. “E...e di cosa si tratta?”

“Vorrai dire CHI” la corresse lui.

“N – no! Fermo! Stà fermo! Che cos'hai intenzione di fare, Nick? Che cos'hai intenzione di farmi?”

“Vediamo se indovini...”

Le saltò addosso e cominciò a mordicchiarla delicatamente e dolcemente sul collo e sulle spalle, a ripetizione e con gran gusto, lasciandole tutta una serie di succhiotti rossicci sotto alla coltre del suo manto.

La coniglietta tentò disperatamente di tenerlo alla larga impuntandosi con le mani, coi piedi, anche coi gomiti e persino con le ginocchia. Ma fu del tutto inutile.

Ogni resistenza fu inutile. E non le rimase altro che arrendersi.

Se lo abbracciò tutto. E senza smettere nemmeno per un solo attimo di sgambettare a più non posso per via dell'irresistibile solletico provocatole dai suoi canini aguzzi.

“Grr...”

“AH AH AH! NO, BASTA! BASTA, TI PREGO! BASTA! SMETTILA, TI SCONGIURO! NON CE LA FACCIO PIU! NON CE LA FACCIO PIU' A RESISTERE! BASTA, NICK! TI PREGO!!”

Ad un eventuale spettatore piazzato dietro al loro divano, e che fosse magari affetto da voyeurismo congenito quanto acuto, i due non avrebbero avuto poi molto da offrire.

Giusto quel che sarebbe servito a stuzzicare la fantasia. Così come l'immaginazione, e nemmeno troppo spinta.

Altro non si potevano scorgere che un paio di orecchie belle dritte e rizzate e nere sulla cima, da una parte. In degna compagnia di una coda color fiamma e dalla punta leggermente più scura dall'altra parte, quella opposta. Che si agitava avanti e indietro a ritmo, frenetica e felice.

Dovevano aver deciso di mettersi ad imitare quanto stavano facendo i due attori protagonisti di quell'insulsa commediola romatica da strapazzo e da quattro soldi.

Ma stavolta c'era una bella differenza. E cioé che non ci sarebbe stato affatto da annoiarsi.

Certo, erano ancora agli inizi.

Non erano ancora giunti in camera da letto, rispetto alle loro controparti cinematografiche.

Non si erano ancora sdraiati sul materasso. Non si erano ancora infilati sotto alle calde e soffici coperte e poggiati sui morbidi cuscini.

E soprattutto...non erano ancora nudi. E in quanto alle effusioni...non erano ancora neanche giunti a baciarsi.

Non in maniera più profonda. Non nella maniera che di solito prelude a tutto quanto il resto ed il seguito.

Ma non importava. Avevano entrambi pazienza. La stessa pazienza che nel corso degli anni e che da quando avevano preso a vedersi e a frequentarsi regolarmente aveva loro insegnato a stare insieme.

La stessa pazienza mediante e grazie alla quale avevano imparato a comprendersi. A capirsi. E a rispettarsi.

Avevano pazienza. Avevano tutta la serata a disposizione. E anche l'intera notte, eventualmente. Sino al mattino. Sino all'alba dalle dita pennellate di rosa.

Avevano pazienza. Avevano pazienza da vendere, e tutto il tempo del mondo da potersi prendere.

Avrebbero avuto tutta la pazienza che occorre, e si sarebbero dati tutto il tempo necessario.

Non vi era alcuna fretta.

Non c'era più fretta, per loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Different, 17 Gennaio 2022

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va? Spero bene.

Ma prima di tutto...fatemi cogliere l'occasione per fare a tutti voi i migliori auguri di un BUON NATALE e di un FELICE ANNO NUOVO!!

Sì, lo cosa starete pensando. Che questo vuol pigliarci per il c...

Eh, lo so. Mi voglio scusare per l'enorme ritardo con cui mi sono rifatto vivo. E aggiungo che mi é dispiaciuto da matti non riuscire a pubblicare prima della consueta pausa natalizia.

Ma purtroppo ero in ballo con un'altra storia, a cui tenevo moltissimo. E a cui stavo lavorando da mesi. E che ci tenevo assolutamente a pubblicare la sera della vigilia.

Beh, ce l'ho fatta. E' stata una fatica immane, ma anche una gradissima soddisfazione.

E adesso siamo pronti a ricominciare!!

E poi...credo che gli auguri siano sempre ben accetti, no?

Chissà, per un attimo possono farci tornare con la mente e i pensieri a qualche settimana addietro, quando si era a tutti tranquilli a casa coi propri cari, e le uniche preoccupazioni erano quelle di scartare i regali e di ingozzarsi di pietanze e dolciumi sia a pranzo che al cenone!!

Personalmente ho un rapporto strano col Natale, da qualche anno a questa parte.

Più che un viverlo, é un cercare di rivivere sensazioni appartenenti al passato. Che proprio per il fatto di appartenere al passato...NON POSSONO TORNARE, purtroppo.

Negli anni sono successe tante cose. E non sempre belle.

Ci sta. Come si dice sempre in questi casi...é la vita. Ma resta il fatto che quelle sensazioni non tornano più perché la maggior parte della gente con cui le condividevi non ci sono più.

Però...sarà soltanto pura e semplice retorica, lo ammetto. Ma vedere le luci e le case illuminate, sentire una persona che ti augura BUON NATALE A LEI E ALLA SUA FAMIGLIA ed illudersi anche solo per un attimo che ci creda davvero, a quelle parole che ti sta dicendo...aiuta.

Più che gioia é solo nostalgia, ormai. Ma c'é bisogno, di quella nostalgia.

Credo che tutti noi abbiamo un gran bisogno di quella nostalgia lì, almeno una volta all'anno.

Però in parte quelle sensazioni le sto rivivendo grazie alla mia piccola.

La mia bambina in quel periodo é sempre su di giri. In una maniera che forse, ai miei occhi da adulto, appare persino un filo eccessiva.

Ma poi la guardo e mi dico: “MA DA QUANTO NON MI SENTO PIU' COSI', IO?”

Perciò vorrei fare di nuovo i migliori auguri a tutti voi per un felice anno nuovo, e che questo 2022 possa portare ad ognuno ciò che più desidera.

Comunque, tornando a bomba...ho da farmi perdonare una lunga assenza, anche se giustificata. E quindi...ho deciso di farvi un regalo. Per cominciare bene e col piede giusto quest'anno appena iniziato

Consideratelo una sorta di stuzzichino, un aperitivo di bentornato in attesa di ricominciare con la portata principale.

La mia storia regina, THE PROMISE YOU MADE, su cui tra l'altro ho già comincaito a rimettermi all'opera.

Ne é venuto fuori un raccontino breve, frizzante, leggero.

Una vera e propria one – shot, a rating verde. Spiritosa ed ironica quanto romantica al punto giusto.

Schietto e immediato. Scritto e buttato giù di getto, in pochissimi giorni, come veniva veniva.

Come non facevo più da un bel pezzo, tra l'altro. Vista la mia congenita difficoltà ad ideare storielle brevi, in quest'ultimo periodo.

Ma soprattutto...con Judy e Nick di nuovo INSIEME, per una volta.

Almeno questa volta, che nella mia long quei due é da un bel pezzo che non si vedono più.

E con l'occasione, per L'ANGOLO DELLA COLONNA SONORA...vi propongo un pezzo bello quanto struggente di una band entrata ormai nel mito, da ascoltare durante la lettura.

Si tratta di I' LL BE OVER YOU dei Toto.

In (validissima) alternativa metto due pezzi altrettanto leggendari:

WHEREVER I LAY MY HAT e EVERY TIME YOU GO AWAY, entrambi del grande Paul Young.

Prima di chiudere...un grazie a chiunque leggerà questa storia e se la sentirà di lasciare un parere.

Per quanto riguarda i ringraziamenti alle recensioni all'ultimo episodio della mia long...ne riparleremo al prossimo episodio.

Grazie ancora per tutto e alla prossima!

 

See ya!!

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Zootropolis / Vai alla pagina dell'autore: Redferne