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Autore: Nao Yoshikawa    17/01/2022    4 recensioni
Raccolta di tre One Shot AU, ambientate durante la Seconda Guerra Mondiale.
#1- Ulquiorra/Orihime: «Ascolta, Orihime, forse noi dovremmo las-»
«Forse noi dovremmo sposarci.»
«…Eh…?»
Arrivò un tuono ma nessuno dei due se ne accorse. Orihime non sorrideva, anzi, non era mai stata così seria.
«Tu vuoi sposarmi? Adesso?» chiese Ulquiorra lentamene. «Ma questo non ha senso.»
«Invece ha senso eccome. Abbiamo sempre parlato di sposarci, perché non farlo ora? Perché aspettare, se non abbiamo certezza?»
#2 - Nnoitra/Neliel: Neliel gli aveva detto di voler cambiare il colore delle pareti.
Ci vorrebbe un colore più allegro, come l’azzurro del mare. Fallo azzurro.
Nnoitra si era lamentato – aveva fatto finta di lamentarsi – ma poi l’aveva accontentata.
#3 - Ichigo/Rukia: Aveva dato il via al suo sfogo che pian piano era mutato in un pianto sommesso. Ichigo non avrebbe voluto piangere, si diceva sempre che oramai era troppo cresciuto per lasciarsi andare in quel modo.
Ma a volte le persone non avevano scelta.
«Hai ragione» disse Isshin. «Tutto ciò fa schifo e hai ben ragione di arrabbiarti. Non abbiamo scelta, nessuno di noi. Ma Rukia si fida di te, sa che tornerai. E lo penso anche io.»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Kuchiki Rukia, Neliel Tu Oderschvank, Nnoitra Jilga, Schiffer Ulquiorra
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa storia è candidata agli Oscar della penna 2022 indetti dal forum Ferisce la penna

Vento su vernice blu

Nnoitra aveva le sue abitudini, dei momenti a cui non avrebbe mai rinunciato.
Svegliarsi la mattina e sentire Neliel cantare le canzoni alla radio, in un inglese molto improbabile. Discutere con lei ogni tre per due, per ogni sciocchezza, poi fare pace.
Prenderla in giro e farsi prendere in giro, lasciarsi tirare i capelli, prenderla in braccio e bloccarla sul letto, tra le sue braccia.
Erano diversi dagli altri. Erano andati a vivere insieme senza essere sposati e andavano in giro vestiti come due occidentali. Neliel si acconciava i capelli come le attrici dei film americani che guardava, molto spesso senza capirci molto, ma al contempo capendo ciò che la storia voleva dirle. Portava i vestiti che arrivavano alle ginocchia, delle camicette e tanti accessori, scatenando scalpore.
Ma per Nnoitra era bellissima e che se ne andassero al diavolo tutti. Nnoitra faceva un po’ di tutto per mantenersi ed era bravo in tutto ciò che occorreva la manualità.
Neliel gli aveva detto di voler cambiare il colore delle pareti.
Ci vorrebbe un colore più allegro, come l’azzurro del mare. Fallo azzurro.
Nnoitra si era lamentato – aveva fatto finta di lamentarsi – ma poi l’aveva accontentata. Si era dovuto legare i capelli e aveva sciolto le bretelle per stare più comodo, ma la camicia aveva finito con lo sporcarsi.
Accidenti.
La radio era accesa.
Ma la musica era stata interrotta e quando aveva sentito la notizia, a Nnoitra era caduto il pennello di mano. Neliel aveva smesso di cantare e si era immobilizzata.
«Nnoitra?» domandò. Sembrava quasi una bambina.
«Non è niente, vedrai» le rispose lui, prendendo in mano il pennello.
Ma si era sbagliato.
 
«Tu non puoi andare! Lo capisci o no che non puoi lasciarmi qui?»
Nnoitra non si era sorpreso, aveva saputo sin dal primo istante che era suo dovere combattere una guerra che era anche la sua.
Parlano di patria, andare, lottare e vincere. Ma lui non voleva andare da nessuna parte, solo che non aveva altra scelta. La parte più difficile era stato dirlo a Neliel.
Che adesso piangeva come una bambina, il suo viso diventava tutto rosso e singhiozzava. Sembrava davvero piccola in confronto a lui.
«Nel, non ho altra scelta. Non posso farci nulla, lo capisci o no?» domandò scocciato.
Lo capisci o no che ci mandano a morire come animali?
Nel però non si sarebbe arresa. Si aggrappò a lui.
«Scappiamo, andiamocene. Andiamo via.»
«No, Nel. Il mondo è in guerra, non possiamo evitarlo.»
Cercava di essere razionale anche se il suo mondo stava andando in pezzi. Neliel aveva poggiato il viso sul suo petto e singhiozzava. Era sempre stata così emotiva lei, proprio per questo funzionavano, proprio per questo stavano così bene insieme.
«Ma ci deve essere un modo!» singhiozzò. «Tu non puoi andare. Potresti morire e io non voglio. Nnoitra, per favore…»
Resta.
Nnoitra non poteva fare nulla per fermare quelle lacrime e ciò era orribile. La strinse a sé più forte. In genere, le intimava in modo un po’ brusco di smettere di lamentarsi per tutto, ma in quel momento non avrebbe potuto, si poteva solo piangere.
La strinse più forte, come per reggerla, come per reggersi.
«Non dire sciocchezze. Figurati se mi faccio ammazzare così facilmente» le disse, provando a essere duro, distaccato, ma il tremore nella sua voce lo tradì. Il vento aveva preso a soffiare, a far muovere le tende e nessuno dei due fu più in grado di dire se tremasse per il freddo o per la paura.
 
Grimmjow era l’amico single che sognava l’amore. Questo non lo aveva mai detto, perché troppo orgoglioso per farlo. Ma il suo saltare da una ragazza ad un’altra era il tentativo di trovare l’anima gemella, perché in fondo gli sarebbe piaciuto.
Gli sarebbe piaciuto avere una relazione come quella di Nnoitra e Nel, i suoi migliori amici.
Nnoitra e Grimmjow erano come fratelli e a nessuno dei due era stato risparmiato un dolore così grande. Neliel aveva creduto che avrebbe saputo affrontarla al meglio, perché lui era così, sapeva affrontare sempre tutto.
Per questo era rimasta senza parole quando era arrivato a casa loro con addosso uno sgradevole odore di alcol.
«Grimmjow, come cazzo ti sei ridotto?» disse Nnoitra infastidito, forse un po’ preoccupato. L’amico gli si aggrappò addosso, quasi facendolo cadere. Doveva aver bevuto parecchio.
«Nnoitra, sparami» gemette.
«Che cosa? Sei fuori di testa.»
Neliel indietreggiò, poggiando la schiena contro il muro, tremando. Non sapeva ancora quanto la guerra rendesse pazzi, quanto la paura portasse a fare e dire cose assurde. Grimmjow non sembrava più lui, aveva il terrore negli occhi.
«Devi aiutarmi.»
«Sta fermo e siediti! Tu non sai quello che dici!» gli disse. Non si era accorto che l’amico aveva tirato fuori una pistola e ora gliela stava porgendo e Neliel aveva smesso di respirare.
«Io non ho il coraggio. Sparami, così non sarò costretto ad andare. Preferisco essere storpio a vita che andare a morire.»
Dove aveva preso la pistola? Grimmjow era forse uscito di senno?
Nonostante fosse di corporatura più esile, Nnoitra aveva abbastanza forza da tenerlo a bada. Gli lanciò un pugno sul viso, più per farlo tornare in sé che per fargli male.
«Smettila. Io non faccio un bel niente, scordatelo. Non ti sparerò. E dammi quest’affare, dove l’hai presa?» afferrò la pistola e Grimmjow fece un po’ di resistenza. Ma era talmente ubriaco che dovette mollare. Cadde in ginocchio e solo allora Neliel trovò il coraggio di avvicinarsi. Le sembrava un bambino.
«Grimmjow, ti prego. Non fare così» gli disse, abbracciandolo.
Ma aveva ragione di disperarsi così. Anche lei avrebbe voluto lasciarsi andare, anche Nnoitra aveva pensato più di una volta di rendersi storpio per non andare.
Ma quello era il suo dovere.
«Già, siamo tutti nella stessa barca e io non intendo fare niente di quello che mi chiedi!» disse, un po’ duro. «Non lasciarti abbattere in questo modo, tu non sei un debole.»
Non era sua abitudine dispensare complimenti, ma oramai cosa se ne faceva dell’orgoglio? Adesso che tutto poteva andare perduto così, con un battito di ciglia? Non infierì ulteriormente su Grimmjow, che nascondeva il viso e la vergogna dietro la sua stessa mano, mentre Neliel gli porgeva una tazza con dentro un liquido caldo. Nnoitra afferrò la pistola.
«E comunque questa deve sparire» disse duramente.
 
Da quel giorno Grimmjow non tentò più di farsi del male, né parlò ma di quanto accaduto, perché sarebbe stato troppo doloroso per la sua dignità. Piuttosto iniziò a comportarsi come al solito, con finta leggerezza, nascondendo tutto dietro sarcasmo, battute e divertimento. Nnoitra sapeva che era tutta finzione, ma taceva.
«Allora andrai?» gli sussurrò Neliel dopo qualche giorno.
«Non ho altra scelta» Nnoitra si sedette su una sedia. «E soprattutto, io non sono un codardo.»
Neliel lo sapeva bene e avrebbe evitato di dire cose come “Potresti morire”, perché lui lo sapeva per certo. Provò una rabbia sconfinata, perché avrebbe voluto fare qualcosa, perché l’avrebbe seguito anche lei, ma era solo una donna, come le ricordavano in molti. E quindi tutto ciò che poteva fare era rimanere lì, attendere, sperare, non piangere. Aveva pianto troppo, ma adesso era finito il tempo delle lacrime.
«Comunque, tagliali. Sono troppo lunghi e non posso tenerli» disse Nnoitra indicandosi i capelli che aveva sempre portato lunghi. Nel si avvicinò e con un groppo in gola iniziò a tagliarli con le forbici, ciocca dopo ciocca.
No, si era detta, davanti a lui non avrebbe pianto, solo quando sarebbe stata sola si sarebbe lasciata andare alle lacrime.
Nel pensò che fosse tutto così terribile. Pensò a Ulquiorra e Orihime, che si sarebbero sposati presto. I matrimoni di guerra, così romantici e tristi. E pensò a sé stessa, alla loro amata quotidianità per sempre interrotta. Nnoitra rimase immobile e in silenzio e quando Neliel finì, si portò una mano sulla testa, sui capelli decisamente più corti e quando si voltò vide la sua ragazza con gli occhi lucidi.
«Sto davvero così male?»
Nel rise.
«No, stai bene. È solo che è tutto così triste, ma mi sono ripromessa di non piangere più.»
Nnoitra sospirò e portò una mano sulla sua testa. Lui aveva sempre odiato i piagnistei, ma questa volta non avrebbe avuto nulla in contrario.
«Se vuoi piangere puoi farlo.»
E ci mancò poco, davvero poco, che le lacrime uscissero. Neliel però sorrise, nonostante gli occhi che bruciavano.
«Sto bene.»
 
 
Era ciò che rispondeva a tutti quando le chiedevano “come stai?”.
Dopotutto, Neliel era abituata ad affrontare la vita con un sorriso. Anche quando non c’era un lato positivo a cui aggrapparsi. Per fortuna l’organizzazione del matrimonio di Hime l’aveva distratta e le aveva riempito il cuore di gioia il sapere che niente poteva fermare l’amore.
Il giorno del matrimonio, poi, aveva potuto vedere con i suoi occhi – come mai prima d’allora – il sentimento profondo tra Orihime e Ulquiorra. E allora qualche lacrima era sfuggita al suo controllo: lacrime di gioia, malinconia e tristezza. Poi con la coda dell’occhio aveva guardato Nnoitra, pensando di trovarlo annoiato. Invece, seduto tra Ichigo e Grimmjow, era serio, attento.
Loro non avevano mai parlato di matrimonio, questo non voleva dire che non avessero intenzione di sposarsi. Anche se ora era troppo difficile per entrambi pensare al futuro.
Non piangere, non piangere.
 
Era stata una bellissima cerimonia, molto intima e dolce. Neliel aveva detto a Nnoitra che Hime e Ulquiorra avevano avuto molto coraggio e, borbottando, lui le aveva dato ragione. Quando poi erano tornati nella loro casa, avevano l’impressione che fosse più vuota e fredda. con le pareti dipinte a metà. Era ancora presto e nessuno dei due aveva intenzione di andare a dormire. Anzi, avevano l’impressione che non sarebbero riusciti a prendere sonno quella notte.
«Sakè?» domandò Nnoitra. Neliel annuì, mentre andava ad accendere a radio, aveva bisogno che la musica riempisse il silenzio. A entrambi piaceva molto il jazz e Nel fu abbastanza fortunata da trovare una stazione che trasmetteva proprio musica jazz. E poi bevve il saké dal bicchiere che Nnoitra gli aveva dato, non aveva intenzione di ubriacarsi, ma un po’ di alcol avrebbe fatto bene al suo umore. Poi abbracciò Nnoitra e prese a ballare con lui. Nnoitra odiava ballare in pubblico, ma in privato con Nel lo faceva spesso ed era anche piuttosto bravo. Quante volte avevano acceso la radio agli orari più improbabili, seguendo le note di quelle canzoni di cui a stendo capivano le parole. Ma il loro ballo era lento, quasi triste.
«Non sarà la stessa cosa senza di te» mormorò Neliel guardandolo negli occhi.
«Lo so. Ma non provare a tradirmi con un altro» disse lui, cercando goffamente di sdrammatizzare.
«Oh, sono io che dovrei preoccuparmi. So che le straniere sanno essere affascinanti.»
«Forse, ma… le altre non sono te» arrossì e imbronciato distolse lo sguardo. «Lo sai che è Grimmjow quello propenso alle avventure con le straniere.»
Neliel si fece più vicina, lo strinse e lo guardò dal basso. Doveva essere coraggiosa si era detta, perché la donna di un soldato non può essere debole, si era detta. Ma forse lei non era neanche debole, era solo umana e in quel momento avrebbe tanto voluto non esserlo.
«Nnoitra, lo sai che ti amo.»
Non se lo dicevano ogni giorno, non lo ritenevano necessario. Quando Nnoitra abbassò lo sguardo su di lei, ci vide la disperazione, la sua e la propria.
«Lo so. E lo sai che ti amo anche io, anche se non te lo dico spesso. Non abbiamo mai avuto bisogno di dircelo» le accarezzò il viso. Non si poteva certo dire che fosse una persona dai modi dolce e affabile, ma con Neliel usciva fuori il suo lato più umano, più sentimentale. «Odio tutto questo, non mi fa dormire la notte. Non mi preoccupa tanto l’andare in guerra, mi preoccupa il lasciarti sola. Anche se so che te la caverai bene senza di me.»
Neliel si morse la lingua, gemette dal dolore e nel tentativo di trattenere le lacrime.
«Oh, certo. Che credi? Io sono indipendente e forte» rise, ma i suoi occhi piangevano.
«Neliel, per favore. Se vuoi piangere, fallo. Io faccio schifo nell’esprimere i miei sentimenti, sei tu quella più umana, è per questo che mi completi.»
Sembrava che Nnoitra stesse facendo di tutto per farla piangere. E forse era proprio così. Neliel lo strinse più forte e lo abbracciò e allora, sul suo petto, versò tutte le lacrime, il dolore e la paura, come una bambina spaventata. Chissà, forse anche Nnoitra aveva preso a piangere, in un modo silenzioso e composto, come un adulto fatto e finito.
Ma Neliel non avrebbe sollevato lo sguardo. La musica li accompagnava ancora.
«È che ho paura.»
«Anche io, ma tornerò» le disse Nnoitra.
«E se non torni?»
«Io devo tornare. Non c’è un’altra opzione» disse duramente, col tono che assumeva quando non ammetteva repliche. Anche lui l’aveva stretta più forte, affondando il viso tra i suoi capelli, ma fu Neliel a baciarlo con disperazione.
«Stai con me, adesso» ansimò. E Nnoitra capì bene cosa voleva dire. Annuì e ricambiò il bacio e poi la prese tra le braccia.
 
 
La mattina dopo Neliel fu la prima a svegliarsi, come al solito. Aveva aperto le finestre, aveva messo la musica alla radio e aveva svegliato Nnoitra con un bacio, come a voler fingere che fosse tutto come al solito, per il tempo che rimaneva loro. E Nnoitra certo non avrebbe rovinato i suoi piani. Anche se Neliel aveva gli occhi arrossati per il pianto, anche se sorrideva solo la bocca e non lo sguardo. Lui prese il barattolo con la vernice e tornò a dipingere la parete, mentre Neliel apriva la finestra e il vento, entrando, scuoteva le tende.


Nota dell'autrice
Non ho molto da dire su questa seconda OS. Mi è piaciuto tanto scriverla, delle tre che ho scritto forse è la mia preferita, non saprei dire perché. Spero che piaccia anche a voi.

Nao
   
 
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