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Autore: Alchimista93    17/01/2022    0 recensioni
[Invisible Inc.]
"Sistema hackerato, Olivia, puoi sbloccare l’ostaggio". Xu sembrava agitato. "Non ci sono telecamere in stanza, il sistema predittivo dice la guardia dovrebbe superare gli scaffali e la prima colonna per poi indagare la porta che hai aperto."
Oneshot sci-fi ambientata nel mondo di Invisible Inc
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il salvataggio di Draco
 


Avanzavo di soppiatto, nascosta dalle ombre del mobilio, fantasma e serpe al tempo stesso. Il mio cuore era un metronomo, calmo e perfetto. Ero stata addestrata per questo, nulla poteva fermarmi. Gettai uno sguardo al mio compagno, accovacciato dietro una scrivania, attento e vigile come sempre. Arrischiai un’occhiata oltre il bordo della libreria: una guardia stava pattugliando il corridoio, la mano poggiata sul calcio della pistola. Indossava la classica divisa gialla e nera della Plastech e sul volto erano ben visibili i tatuaggi viola neurodigitali. Un Siren senza ombra di dubbio. Meglio evitare di allertarlo o avrebbe ricatturato altri dispositivi nel mainframe. Tuttavia, i secondi passavano e non accennava a spostarsi.
Dannazione, se continua così non riusciremo a passare in tempo prima del cambio di guardia. Una goccia di sudore mi scese lungo la tempia, ma gettai uno sguardo a Dereck. Scosse il capo, facendomi segno di aspettare. Attesi ancora e proprio quando avevo iniziato a tirare fuori il mio taser, finalmente, la guardia decise di ispezionare la stanza affianco. Stanza che avevamo già opportunamente ripulito, pensai con un ghigno di soddisfazione.
Bene, dovevamo solo prendere la batteria per Incognita e poi avremmo potuto riteletrasportarci al quartier generale. Bastava solo un cenno e Xu avrebbe riprogrammato l’ascensore e ci avrebbe tirato fuori di lì. Avanzammo circospetti, chiudendoci accuratamente tutte le porte alle spalle: non fosse mai che una guardia di passaggio ci vedesse di sfuggita.
La missione era concettualmente semplice: individuare il centro di detenzione e salvare uno dei nostri agenti. Non sapevamo neppure con precisione chi fosse stato trattenuto, ma una cosa era certa: era uno strumento utile alla nostra causa e, come tale, non potevamo permetterci che fosse nelle mani del nemico. Entrammo in una stanza abbastanza grande, probabilmente una sala riunioni. Alcuni schemi di vendite e grafici campeggiavano in bella vista su una lavagna a fogli. Al centro, un tavolo di legno massiccio occupava la maggior parte dello spazio mentre, in un angolo, una console spenta torreggiava come un piccolo piedistallo. Un paio di porte laterali conducevano chissà dove nei meandri dell’edificio.

«Olivia, nasconditi dietro la console, la guardia ti passerà di fianco e non ti noterà. Dereck, camaleonte, ora, e non ti muovere per nessun motivo». La voce bassa e gracchiante di Xu mi riempì la testa attraverso il trasmettitore. Obbedii di corsa, gettandomi di lato e appiattendomi contro il metallo liscio e freddo della console. Non feci neppure in tempo a domandarmi di quale guardia stesse parlando che un altro dei cloni della Plastech fece capolino dietro la porta a letteralmente neanche un metro da me. Mi gettai un’occhiata alle spalle, ma non c’era traccia di Dereck. Ottimo. Lasciai che l’eco dei passi della guardia sparisse dietro l’ennesima soglia prima di muovermi verso la stanza da cui era appena uscita. Al mio fianco, Dereck riassunse le solite sembianze, staccandosi dal muro davanti a cui si era camaleontizzato. Alzò un pollice, annuendomi, per poi sparire dietro l’altro ingresso con un lieve ronzio elettronico.
Trattenni il respiro e sbirciai attraverso la serratura. Eccolo, il centro di detenzione. L’ambiente ampio consentiva di essere facilmente controllabile dalle guardie, tuttavia, i macchinari e le colonne sparse mi avrebbero dato diversi punti dove nascondermi.

«Uhm?»
Qualcuno aveva appena mugugnato, insospettito. Era uno di loro, senza ombra di dubbio. Cercando di non farmi illuminare direttamente dalla luce dei neon, mi accucciai dietro il terminale di sblocco delle celle.
«Sistema hackerato, Olivia, puoi sbloccare l’ostaggio». Xu sembrava agitato. «Non ci sono telecamere in stanza, il sistema predittivo dice la guardia dovrebbe superare gli scaffali e la prima colonna per poi indagare la porta che hai aperto»
Fulminea, schiacciai il pulsante di rilascio della cella per poi sgusciare a sinistra il più silenziosamente possibile, schiacciata dietro un Nanofabbricatore. La luce della torcia della guardia si avvicinò sempre di più accompagnata dal rumore dei passi sul pavimento metallico.
Poi il silenzio. Tirai un sospiro di sollievo un attimo prima di sentire la voce allarmata di Xu nelle orecchie esclamare:
«Merda, Olivia, il livello di allarme è appena salito al due, le ronde sono cambiate, il sistema predittivo non è più affidabile!»
Avevo cantato vittoria maledettamente troppo presto. La fredda luce bianca della torcia mi colpì in pieno viso, accecandomi.
«Ferma lì, non ti muovere!», gridò la guardia puntandomi la pistola contro. Alzai le mani in segno di resa mentre il mio cuore iniziava a martellarmi nel petto come un cardellino impazzito. Eppure, avevo calcolato di avere ancora alcuni minuti a disposizione per salvare l’ostaggio.
«Dereck si è fatto sorprendere da un drone, l’allarme è scattato prima del previsto», mi spiegò Xu febbrile. «Non so come aiutarti!»
Non riuscivo neppure a scorgere il volto della sentinella, lampi di luce bianca seguivano i movimenti delle sue mani mentre mi intimava di rimanere ferma.
Poi un colpo di arma da fuoco fendette l’aria, facendomi fischiare le orecchie.
L’odore acre della polvere da sparo riempì la stanza e l’uomo cadde riverso davanti a me.
Morto.
Una pozza di sangue si andava rapidamente espandendo sulle piastrelle di metallo. Ci misi un paio di secondi per riabituarmi all’illuminazione fioca del centro, ma quando lo vidi mi si rizzarono i peli sulle braccia.
In piedi, a pochi metri di distanza dalla guardia, vi era un uomo tra i trenta e i quarant’anni, con un paio di occhiali neri specchiati e una tuta arancione da detenuto. Tra le mani stringeva la pistola con cui aveva fatto fuoco, un rivoletto di fumo che si andava dissipando nell’aria.

«Prego», esclamò sarcastico vedendo la mia espressione sconvolta. Poi si accovacciò vicino al cadavere.
Avrei potuto riconoscere ovunque quel sorrisetto perfido e quelle lenti. E se ciò non fosse bastato, il braccio bionico con cui stava scannerizzando la biometria era inconfondibile.
Quello era Draco, il Sicario.
Si diceva godesse delle sue uccisioni e che chiunque gli si avvicinasse abbastanza potesse sentirlo ridacchiare dopo ognuna di esse. Di tutti gli agenti che avremmo potuto recuperare, proprio lui. Io e Xu ci ritrovammo a commentare all’unisono.

«Merda»
«Merda»
  
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