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Autore: The Big Dreamer    18/01/2022    1 recensioni
Sono passati cinque anni dalla sconfitta di Piccolo, e il mondo è in pace da allora. Goku e Chichi conducono una vita tranquilla con il loro figlioletto Gohan di quattro anni, e niente sembra capace di spezzare questo idillio.
Ma una minaccia proveniente dal passato dimenticato del guerriero giunge sulla Terra, minacciandola ancora una volta. Goku avrà dalla sua alleati provenienti da mondi diversi e con straordinari poteri, ma ciò basterà per fermare questi nuovi pericolosi nemici? La vita del giovane sta per essere irrimediabilmente sconvolta.
[Reboot Dragon Ball Z] [OOC per character development differente dalla serie originale] [Presenti diversi crossover]
- “Madoka… perché hai accettato questo prezzo?! Ti rendi conto di quello che hai fatto?!” -
- “Perché… volevo essere come te, Goku… volevo essere… forte…” -
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Gohan, Goku, Radish | Coppie: Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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SAGA DEI SAIYAN - CAPITOLO 0 - LE ORIGINI DEL MITO
 
Molti anni fa… in un punto molto lontano dell’universo dal nostro pianeta esisteva un pianeta, chiamato Vegeta, popolato da una grande razza guerriera… i Saiyan.
Un popolo feroce, bellicoso, ma estremamente orgoglioso, che valutava la propria libertà come il bene più prezioso di tutti… questo prima dell’arrivo del potentissimo Freezer. Capace d’inginocchiare una razza così fiera sia attraverso la paura della propria sconfinata potenza che, soprattutto, per le tante promesse di gloria e ricchezza, i Saiyan alla fine sono diventati mercenari che accettavano qualsiasi missione per conto suo, senza mai fare domande.
O meglio, c’erano pochi insofferenti di fronte a quella tirannia, e due di questi erano Vegeta III, terzo Re del pianeta, e il plebeo Bardack, grande guerriero che, in segreto, era riuscito ad arrivare ad avere tra combattimenti e duri allenamenti un livello di potenza di 10.000, vicino a quello del Re.
Un nobile e l’ultimo della società, che condividevano però la stessa preoccupazione, ovvero che Freezer un giorno potesse distruggere il loro pianeta perché temeva la comparsa di un guerriero leggendario, apparso per l’ultima volta mille anni prima: il Super Saiyan.
E purtroppo avevano ragione, poiché in quegli ultimi giorni Freezer aveva ordinato a tutti i Saiyan di ritornare sul loro pianeta urgentemente, salvo per un piccolo drappello composto dal principe Vegeta IV, il consigliere reale Nappa, Radish, il figlio primogenito di Bardack, e pochi loro compagni.
 
Pianeta Vegeta, Anno 737
 
L’attacco era stato un totale fallimento. Il castello di Re Vegeta III, un tempo vanto del glorioso popolo dei Saiyan, non esisteva più, solo le macerie di quello che un tempo era stato. Tutti quelli al suo interno, compreso il sovrano del pianeta scarlatto, erano stati seppelliti dai detriti, e nessuno sembrava muoversi sotto di essi.
Poi, all’improvviso, una mano uscì fuori, aggrappandosi a quelle rovine. Uscì fuori un uomo dai capelli scompigliati, che indossava un’armatura nera con innesti verdi sopra a una tuta aderente e scarponi dello stesso colore della corazza. Il suo volto era ricoperto di sangue, suo e dei suoi compagni, e respirava a fatica. Si guardò intorno, cercando segni di qualcuno che fosse ancora vivo oltre a lui. Niente.
Non si perse d’animo, e cominciò a scavare tra i detriti, nella speranza di trovare qualcuno ancora vivo. La battaglia non era ancora finita, c’era tempo per cambiare tutto. E invece trova morti. Morti. Morti, solo morti.
A quel punto, mosso più dalla disperazione che da altro, trovò nel suo lungo cercare il corpo di un uomo. Capelli castani dritti, barba dello stesso colore, una corazza bianca con un simbolo rosso al lato sinistro del petto e i brandelli di quello che era stato un lungo mantello ancora attaccati ad essa.
- “M… Maestà…” -
Gli mise due dita sulla carotide, nella speranza che ci fosse ancora vita in lui. Nulla, nessun battito.
Cadde preda della rabbia, al punto da tremare, e urlò con tutta l’aria che aveva nei polmoni il nome del responsabile di tutto questo - “FREEZER!” -
Dopo qualche secondo d’ira e sconforto ritornò lucido, e si girò in direzione della città. Di anch’essa ormai era rimasto ben poco. Probabilmente Gine e Kakaroth erano morti. Sua moglie e suo figlio… forse ce l’avevano fatta. Forse.
Bardack ebbe una strana sensazione di oppressione. Che fosse… paura per loro? No, assurdo. I Saiyan non formano legami, lui aveva contratto matrimonio con Gine solo perché la trovava attraente e adatta ad allevare i suoi figli. Sposarsi per amore era un lusso che poteva permettersi solo quella parte dell’aristocrazia non legata ad obblighi di potere. Eppure… pensava sempre a sua moglie e ai suoi figli con un senso di oppressione allo stomaco. Non era sicuramente amore, probabilmente era solo spaventato di perdere la sua stirpe, coloro che avrebbero rappresentato la testimonianza della sua esistenza nell’universo. I Saiyan non credevano nell’Aldilà, si consideravano una razza rinnegata dagli Dei a causa del loro amore per la libertà (incredibile, proprio loro che alla fine si erano asserviti a Freezer, rinnegando tutto ciò che erano stati in origine), che alla loro morte non sarebbero andati né in Paradiso né all’Inferno, ma in un luogo freddo e buio, dove l’unico conforto sarebbe stato lottare tra di loro, cercando di trovare uno scopo in un’esistenza ultraterrena altrimenti desolante.
Guardò su in cielo. La navicella di Freezer si stava avvicinando al pianeta Vegeta, ormai quella era la sua ultima occasione per fermare l’estinzione della sua razza. Spiccò il volo, diretto verso quella che sentiva come la battaglia più importante della sua vita.
 
Gine si trascinava letteralmente a stento. Gli assalti dei soldati di Freezer e poi l’esplosione partita dalla sala del trono che aveva letteralmente devastato la città l’avevano lasciata praticamente in fin di vita. Se non avesse ricevuto cure immediatamente sarebbe probabilmente morta di lì a breve per le sue ferite, ma alla donna non importava. Teneva tra le braccia un fagotto contenente un bambino con una lunga coda da scimmia che piangeva senza sosta. Era incredibile come fosse riuscita a difenderlo al punto tale da non lasciare che nessuno gli facesse letteralmente un graffio.
- “Forse… è questo il vero potere de… dell’amore di una madre…” - pensò la giovane donna mentre faceva appello alle sue sole forze per cercare di portare in salvo suo figlio in una navicella e spedirlo lontano dal pianeta Vegeta.
Aveva considerato Bardack un pazzo quando le aveva raccontato di come aveva ottenuto i suoi poteri di premonizione del futuro, che aveva visto Freezer distruggere il loro pianeta e poi scontrarsi con loro figlio una volta divenuto adulto. Non si era mai aperto tanto a lei, il loro rapporto si basava soprattutto su reciproca convenienza: lui le dava un sostentamento con il suo stipendio, lei gli faceva da mangiare nei rari periodi in cui tornava a casa ed allevava i loro figli prima che diventassero abbastanza grandi da essere reclutati. Crudele, ma necessario alla sopravvivenza della loro razza, che vedeva tantissimi dei suoi membri morire in battaglia prima che potessero riprodursi e quindi richiedeva a loro, che sopravvivevano, di compensare le perdite.
Eppure, a differenza di tante madri Saiyan, lei amava i suoi figli, non li considerava una semplice continuazione della loro stirpe. Le dava un gran dolore pensare che Radish fosse mandato in battaglia così piccolo, eppure forse questo lo aveva salvato dalla distruzione imminente del loro mondo. Ora non restava che salvare il piccolo Kakaroth, nato pochi giorni prima.
Una navetta sembrava intatta, e vi mise dentro il bambino. Impostò le coordinate per un pianeta ai margini dell’universo con un potenziale combattivo dei suoi abitanti estremamente basso, che sarebbe dovuto essere quello sul quale il bambino sarebbe dovuto essere spedito per conquistarlo una volta cresciuto. Lì sarebbe sicuramente riuscito a sopravvivere, pur essendo nato con un livello di potenza infimo.
Pose Kakaroth all’interno della navetta, settandola per farlo entrare una volta partita in ibernazione fino a destinazione.
Ormai a Gine mancavano sempre più le forze, ma fece appello a quelle che le restavano per parlare al figlio - “Kakaroth… lo so che… come tutti quelli della nostra razza hai ricevuto un… indottrinamento inconscio alla nascita per essere una macchina assassina, ma… sono certa che dentro di te, nel profondo… ci sia un animo buono… esattamente come tuo fratello. Ovunque tu vada, ti prego… non fare quello che… ti è stato ordinato. Forgia il tuo destino… sii quello che senti di essere… non quello che ti è stato imposto. Rendi onore a… i nostri antenati… prima che fossimo schiacciati da Freezer… sii libero, figlio mio!” -
La donna, con il suo ultimo grammo di energia, si tolse dal polso un braccialetto di katchin con inciso sopra il suo nome, stringendolo sul suo piccolo braccino. Gine scoppiò a piangere, dicendo tra un singhiozzo e l’altro - “Questo… spero ti porti fortuna… lungo il viaggio. Ricordati, bambino mio: ovunque tu sia… io starò sempre al tuo fianco… ti proteggerò! Ora vai, Kakaroth! Salvati! Non per me… non per la razza Saiyan… ma… per… te stesso!” -
La capsula si chiuse, e partì verso lo spazio con il bambino che si era già addormentato al suo interno ancor prima di entrare in ibernazione, sparendo in un puntino di luce nel cielo.
La madre crollò a terra, con le lacrime agli occhi, che non erano più di tristezza, ma di gioia.
- “Sono stata… un fallimento… come guerriera… ma… almeno… ho salvato… mio figlio…” - e chiuse gli occhi, sorridendo.
 
Bardack si trovava di fronte a Freezer. Era arrivato il momento. Avrebbe salvato tutta la sua razza… Gine… Radish… Kakaroth… sì… ce l’avrebbe fatta… se lo sentiva!
- “IN GUARDIA, FREEZER!” - il Saiyan si lanciò all’assalto del tiranno, sconfiggendo le intere file di scagnozzi che gli si paravano davanti. Poveri stupidi… non potevano assolutamente competere con la forza di Bardack, uno dei Saiyan… la più potente razza dell’Universo! Lui avrebbe salvato sua moglie e i suoi figli… avrebbe vendicato i suoi amici caduti in battaglia… avrebbe salvato il suo popolo!
Liberatosi di quelle carni da macello, si trovò solo di fronte alla causa di tutti i mali del pianeta Vegeta, l’uomo che si era fregiato del titolo di amico dei Saiyan, ma che li aveva traditi appena ne aveva avuto l’occasione.
Non c’era più tempo per i rimorsi. Adesso gli restava solo una cosa da fare: vendicarsi.
- “Eheheheh… perfetto… questo cambierà ogni cosa… il destino del pianeta Vegeta… il mio destino… quello della mia famiglia… ma soprattutto… il tuo… E’ LA TUA FINE, FREEZER!!” - e il guerriero scagliò addosso al tiranno il suo colpo più potente: il Giavellotto della Rivolta.
Tuttavia, Freezer alzò il dito indice, e ridendo sadicamente creò una gigantesca Supernova che… inghiottì l’attacco dell’avversario come se nulla fosse.
Bardack era pietrificato di fronte alla superiorità del nemico - “NO! NON CI CREDO!” -
La gigantesca massa continuò a crescere a dismisura, mentre il suo creatore continuava la sua malefica risata. Arrivata a un certo punto si bloccò, e con il solo movimento del dito Freezer la lanciò addosso al pianeta Vegeta, non curandosi che lungo la sua traiettoria vi fossero molti dei suoi fedeli sudditi.
Bardack fu colpito in pieno dalla Supernova, e il suo corpo cominciò lentamente a vaporizzarsi. Il dolore era talmente lancinante che neanche lo sentiva. L’unica cosa che riuscì a fare fu pronunciare queste parole - “Nooooo… Kakaroth… figlio… mio…” -
Ora che lui e Gine non ci sarebbero stati più chi avrebbe provveduto a lui? Chi lo avrebbe protetto dalle grinfie dei Demoni del Freddo? Suo figlio era solo… l’ultimo membro della loro razza…
Eppure … in quello stesso istante i poteri ricevuti dal Kanassiano che gli avevano permesso di predire il futuro della sua specie gli concessero un’ultima visione: suo figlio, adulto, si trovava di fronte a Freezer. E mentre questi era da solo, Kakaroth aveva dietro di sé un vero e proprio esercito, composto da esemplari di ogni specie esistente nell’Universo. Non sarebbe stato solo… lui… avrebbe trovato degli amici… alleati… gente di cui lui si poteva fidare… esattamente come Bardack con i suoi compagni.
- “KAKAROOOOOOOTH…” - furono le sue ultime parole prima di sparire per sempre, assieme al pianeta Vegeta.
Mentre quel mondo scompariva in un fascio di luce sinistra, assieme alla sua popolazione, il tiranno controllò sul suo scouter che il livello di combattimento di tutti gli abitanti stesse scomparendo. Solo quando si azzerò tirò un sospiro di sollievo.
- “Perfetto. Mi sono liberato di una gran bella seccatura. Anche se non credo a quella favola che si tramandano i Saiyan, meglio essere stati prudenti al riguardo.” -
Dove un tempo vi era il pianeta Vegeta restava solo polvere spaziale. Un intero popolo sterminato per il capriccio di un dio viziato.
 
- “NO! NON E’ POSSIBILE!!” - urlò un Saiyan in armatura, facendo venire un infarto al suo compagno.
- “CHE SUCCEDE?!” -
- “U-UNA COMUNICAZIONE DA LORD FREEZER!! DICE CHE… IL PIANETA VEGETA E’ RIMASTO DISTRUTTO DA UN METEORITE, E… E SONO TUTTI MORTI TRANNE NOI CHE ERAVAMO FUORI IN MISSIONE!!” -
La rivelazione lasciò tutti quanti sotto shock. Non era possibile che il loro pianeta fosse stato distrutto assieme alla loro razza!
Un terzo Saiyan, molto più alto e grosso degli altri, con baffi e un ciuffo di capelli alla base della testa, lo prese per la collottola della sua battle suit - “Se questo è uno scherzo non è divertente!” -
- “C-comandante Nappa, lo sai che non ti mentirei mai! Sto dicendo la verità, il pianeta Vegeta non esiste più! Siamo rimasti i soli Saiyan in tutto l’universo…” -
Nappa lo guardò negli occhi: stava dicendo la verità. Lo lasciò andare, e si sedette a terra, fissando il vuoto. Era tutto vero, la loro civiltà era stata distrutta. E la cosa peggiore era che non era sopravvissuta, a quanto gli risultava, una singola donna Saiyan. Questo significava che quando sarebbero morti anche la loro razza si sarebbe estinta, in quanto nella loro cultura era tabù procreare con altre specie.
In disparte stavano due bambini uno con lunghi capelli corvini, l’altro, più piccolo di statura ma della stessa età, invece li aveva dello stesso colore, ma dritti all’insù.
- “No… non è possibile… mamma… papà…” - disse il più alto, pensando ai suoi genitori che erano quasi certamente morti. Era rimasto solo al mondo, soprattutto senza la sua mamma, che gli voleva veramente bene, cosa rara tra le donne Saiyan. A volte lo imbarazzava, soprattutto quando era apprensiva nei suoi confronti, ma da quel momento non ci sarebbe stata più. I suoi abbracci, le sue coccole, i suoi baci, il cibo che gli preparava con tanto amore quando tornava dall’accademia militare o da una missione… non ci sarebbe stato più nulla di tutto questo. Cercò di sembrare forte, ma a stento tratteneva le lacrime.
Invece l’altro bambino stava mangiando un frutto per niente triste, semmai arrabbiato. La distruzione del suo pianeta e la morte di suo padre significavano solo una cosa per il principe dei Saiyan Vegeta IV - “Maledizione… questo vuol dire che non diventerò mai Re…” -
- “Ehi, Radish!” - disse uno dei Saiyan adulti, mentre l’altro cercava di consolare Nappa, che ancora era sconvolto dalla notizia - “Ma tu non avevi un fratello?” -
Il ragazzino mise la sua solita maschera di arroganza, cercando di nascondere il dolore che provava anche per quel fratellino appena nato che non aveva avuto occasione di conoscere, e che forse era già morto - “Sì, ma aveva un potenziale di combattimento estremamente basso, è stato classificato come uno di terza classe. Purtroppo io sono l’unico della mia famiglia ed essere nato con un livello medio, sapete…” -
- “Pensi dunque che sia morto anche lui?” -
Il pensiero gli annodò lo stomaco, ma cercò di nascondere il suo disagio - “Come se me ne importasse… comunque, avrebbe dovuto essere spedito a breve su un pianeta con una popolazione dalla scarsissima forza combattiva. Se dovesse morire lì, molto meglio non averlo tra i piedi, ci sarebbe solo d’intralcio.” -
L’adulto venne tratto in inganno dalla corazza di apparente cinismo di Radish, e pensò come fosse incredibile che già da bambino fosse così menefreghista, anche verso un suo familiare, cosa inconcepibile almeno per un Saiyan di medio rango come lui, dove le famiglie non raramente si formavano per amore, e non per fini riproduttivi come quelle di terza classe o per convenienza politica ed economica come con l’aristocrazia. Freezer aveva veramente rovinato quella generazione, forse l’estinzione della loro razza non sarebbe stata una cosa tanto drammatica. Non poteva di certo sapere che il cuore di Radish, già abilissimo a fingere, stava soffrendo terribilmente all’idea di essere rimasto solo al mondo a cinque anni, per quanto i Saiyan fossero fondamentalmente già indipendenti a quell’età.
I cinque ultimi esponenti della loro razza guardarono verso il cielo, indecisi sul da farsi. Non avevano più una casa dalla quale tornare, sarebbero stati visti, a volte con pietà e altre con disprezzo, come un vero e proprio rudere della civiltà dei Saiyan. Non avevano più niente che li guidasse, solo un codice d’onore che ormai non serviva più a nulla e la consapevolezza che da quel momento in avanti la loro unica preoccupazione sarebbe stata sopravvivere.
 
Son Gohan quel giorno aveva fatto una gran bella raccolta di canne di bambù. Era stato piuttosto massacrante, ma ne era valsa la pena. Si meritava proprio una cenetta con i fiocchi. Chissà cosa avrebbe potuto cucinare… forse una bella bistecca di orso… oppure dei croccanti rospi fritti! Al solo pensiero ebbe l’acquolina in bocca.
I suoi pensieri culinari furono interrotti da uno strano suono, che ruppe la quiete del ruscello vicino al quale si trovava. L’anziano, mosso da curiosità, cercò la fonte di quella specie di guaito, e frugando tra i cespugli la trovò. Ciò che vide lo lasciò senza parole: a fare quel trambusto era un neonato dai capelli neri a ciuffo di carota che piangeva, chiuso in una sorta di grosso globo metallico!
- “Oh, povero bambino! Da dove vieni?! Chi ti ha abbandonato qui?!” -
L’uomo, incuriosito, aprì la capsula e lo trasse via da lì, cominciando a cullarlo per calmarlo. La cosa sembrò funzionare, e a quel punto, osservandolo meglio notò con suo ulteriore stupore un dettaglio particolare: quel bimbo aveva una coda di scimmia!
Di fronte a quella rivelazione scoppiò a ridere, abituato dalla sua lunga esperienza di vita a tutte le stranezze del mondo, che in quel caso però era unica nel suo genere - “Ohohoh… ma questo piccolino ha una coda! Ahahahahah… non ti posso certo lasciare qui tutto da solo ora, no? Ti va di venire con me?” -
Il bambino, di risposta, gli mollò un calciò in faccia che gli fece addirittura male, lasciandolo di stucco.
- “Ehi, ne hai di forza per essere solo un neonato!” - e ridacchiò nuovamente, assieme al suo piccolo interlocutore, che sembrava molto divertito dalla situazione - “Ho deciso: ti adotterò e diventerai mio nipote! Vediamo un po’… che nome posso darti…” -
L’anziano ci pensò un attimo, e trattandosi di un bimbo con la coda di una scimmia e una forza incredibile non poteva che trovargli nome più azzeccato - “Sì… ti chiamerai Goku, è di tuo gradimento?” -
A quel punto Gohan notò un altro particolare di quel bambino: portava al polso un braccialetto su cui erano incise delle scritte. Non riusciva a capirne la lingua né l’alfabeto, ma capì che doveva essere estremamente importante per lui, forse era l’unico legame che gli restava con la sua famiglia d’origine.
Lo riprese in braccio, portandolo con sé verso la sua casa. Quello fu l’inizio della leggenda.
 
Pianeta Terra, Anno 750
 
Tomohisa Kaname, per la prima volta in vita sua, si stava dimostrando l’uomo tra lui e sua moglie Junko, sfrecciando con la sua macchina per le vie di Mitakihara, devastata dall’esercito del Red Ribbon. Quei maledetti erano venuti da un giorno all’altro, distruggendo tutto ciò che incontravano.
E questo perché la loro città non si era voluta sottomettere al volere di quei nazisti. Come poteva esserci tanta malvagità al mondo? Dov’erano gli eroi quando servivano?
Queste domande si faceva l’uomo, mentre cercava di scappare da quel caos assieme alla sua compagna e alla loro figlia di due anni, Madoka, che piangeva spaventata tra le braccia della madre.
La sua bravura alla guida gli aveva permesso di resistere fino a quel momento, ma non lo salvarono da una bomba, che impattò sul terreno a pochi metri da loro. L’onda d’urto fece sbalzare in aria la vettura, che ricadde pesantemente sulla strada a testa in giù.
Il conducente rimase stordito per qualche secondo, e riprese conoscenza, assicurandosi per prima cosa delle condizioni di sua moglie e sua figlia.
- “S-state bene?!” -
Junko, pur dolorante al collo, gli sorrise, mentre la bambina continuava a urlare dalla paura, anche se sembrava illesa grazie alla madre che le aveva letteralmente fatto da scudo nell’impatto - “Sì … io e Madoka stiamo bene.” -
Tomohisa ringraziò Kami. Se fosse successo qualcosa a loro… i suoi tesori…
La famiglia uscì dunque dall’auto, trovandosi però di fronte un battaglione del Red Ribbon armato fino ai denti che puntava addosso a loro delle armi - “Arrendetevi, siete circondati! Consegnatevi a noi, e vi risparmieremo la vita!” -
Il giovane imprecò: avevano fallito. Alla fine quei bastardi li avevano presi. Si mise le mani dietro la testa, mentre la sua consorte teneva stretta al petto la loro bambina, che continuava a piangere. Uno dei soldati, che evidentemente non gradiva i bimbi, gurdò alla donna - “Ehi, stronza! Fa’ stare zitta quella mocciosa!” -
Junko replicò - “Ma… è piccola!” -
- “Non me ne frega niente, puttana! Zittiscila, altriment …” -
La poveretta cercò di far calmare Madoka, e purtroppo si dimostrò inutile. Il soldato, dai cui occhi traspariva l’uso di sostanze stupefacenti che aumentavano la sua adrenalina sul campo di battaglia, perse definitivamente quel poco di pazienza che ancora lo tratteneva.
- “ADESSO BASTA!” - e puntò il fucile addosso a loro, pronto a sparare. Tomohisa cercò di liberarsi per salvare sua moglie e sua figlia, ma un altro uomo del Red Ribbon gli diede un calcio nello stomaco che lo fece crollare a terra.
Mentre sentiva Madoka piangere assieme a sua moglie riusciva solo a dirsi - “Sono inutile… non riesco… non riesco nemmeno a proteggere le cose più preziose della mia vita… Kami… aiutami… KAMI, AIUTAMI!” -
Improvvisamente, quando tutto sembrava stesse volgendosi per il peggio, avvenne l’incredibile: i soldati furono tutti sbalzati in aria.
Tomohisa alzò lo sguardo, e poté giurare di vedere una sorta di bastone che distruggeva i veicoli dei nemici.
- “N… non è possibile…” -
I membri del Red Ribbon che erano riusciti a rialzarsi cominciarono a scaricare le loro armi addosso al nuovo avversario, che tuttavia riusciva a deviare i loro colpi con la sua strana arma, rispedendoli al mittente.
L’unico rimasto in piedi, alla fine, era il capo della combriccola, che fissava terrorizzato il salvatore della famiglia Kaname. A quel punto questi ultimi poterono vederlo da vicino, e rimasero sbigottiti: era… era un bambino! Un bambino dai capelli neri a ciuffo di carota, che indossava un kimono arancione con sopra stampato il simbolo della Tartaruga, quello della leggendaria scuola di arti marziali del Maestro Muten. Ma la cosa più incredibile di tutte è che dalla sua schiena spuntava… una… coda di scimmia!
Il ragazzino osservava l’uomo con rabbia - “Ma ce l’hai un onore?! Attaccare una donna e una bimba indifese… sei un essere spregevole! BASTONE, ALLUNGATI!” - e il suddetto strumento colpì con un fendente micidiale il collo del bersaglio, spezzandoglielo di netto.
Il bambino rimise l’arma nel fodero, e si girò verso i tre malcapitati - “State bene?!” -
Tomohisa e Junko fecero solo cenno di sì con la testa, e lui sorrise - “Meno male!” -
- “Ma tu … chi sei?!” - chiese la donna, esterrefatta. Quel piccoletto non doveva avere molto più di 10 anni, eppure aveva dimostrato di possedere una forza incredibile. Questo le ricordava molto una fiaba cinese che le raccontava sempre sua madre su uno scimmiotto dotato di poteri sovrumani, e che aveva anch’esso un bastone magico. Sembrava quasi ne fosse una sua incarnazione nella realtà.
- “Io sono Son Goku, ma voi potete chiamarmi Goku!” -
Il signor Kaname si diresse verso Goku, e lo abbracciò - “Grazie… grazie per aver salvato mia moglie e mia figlia… che tu sia benedetto da Kami, GRAZIE!” -
Questi, piuttosto imbarazzato, rispose - “V… va bene… ma adesso… basta, la prego…” -
I due si staccarono, e la prima cosa che notarono fu il fatto che Madoka aveva smesso di piangere, e anzi, sembrava sorridere e tendere le mani in direzione di Goku.
- “P… pare ti voglia ringraziare…” -
- “Va bene!” - Junko consegnò la piccola in braccio al ragazzo con la coda, e sembrava proprio attirata dalla stessa, facendolo ridere - “Ah ah… ti piace la mia coda, eh?” -
La piccola di risposta emise un urletto, poi biascicò delle parole - “Ma… do… ka… Ma… do… ka…” -
- “Eh? Ti chiami Madoka, vero? Molto piacere, io sono Goku!” -
La bambina dai capelli rosa di risposta strillò di nuovo, facendo divertire il guerriero - “Ehi, ti va se diventiamo amici, Madoka?” -
- “Shì… shì!” -
I due si guardarono negli occhi, e in quel momento le loro anime, candide allo stesso modo, si toccarono, formando un legame che non si sarebbe mai più sciolto.
 
OPENING
 
Angolo dell’autore
 
Dopo anni di attesa la mia storia Dragon Ball Kosei no torna, sotto un altro nome.
Come potete vedere, ho inserito molti più dettagli rispetto alla prima versione, in gran parte ispirati dal nuovo materiale rilasciato nel corso degli anni da Akira Toriyama, anche se alcuni retcon ho deciso di non inserirli per restare nello spirito originale del manga.
Come alcuni di voi già avranno intuito, questa storia sarà un crossover con altre serie (in particolare Puella Magi Madoka Magica, che sarà importante soprattutto nella prima parte), ma con Dragon Ball come “sfondo” principale.
Spero dunque che risulti di vostro gradimento!
Al prossimo aggiornamento!
   
 
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