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Autore: Niky_94    23/01/2022    1 recensioni
OUAT, 2 stagione.
Gli abitanti di Storybrooke hanno appena riscoperto la loro vera identità, e si stanno già battendo contro forze al di là di ogni previsione. Ma i bravi cittadini, primi tra tutti David e Archie, non possono assolutamente negare il loro aiuto ad una misteriosa ragazzina arrivata improvvisamente in città. La giovane si rivelerà ben presto essere estremamente simile all'unico tassello mancante nella storia di Pinocchio, Lucignolo, e toccherà al Grillo Parlante aiutare il discolo personaggio a rimanere sulla retta via.
(Storia legata alla trama della serie, di cui seguirà gli eventi principali, includendo svariati personaggi. Una storia di fiducia, angst e litigi, di buoni consigli, e di un Archie assolutamente adorabile di cui personalmente sento la mancanza. Buona lettura!)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

 

Quando Niky si svegliò, la mattina seguente, il sole era già alto nel cielo. Con un lieve borbottio la ragazza si rigirò nel letto e cercò con lo sguardo la sveglia, poggiata sopra al comodino: le dieci e un quarto.

“Accidenti” pensò, stropicciandosi gli occhi con le mani “Mi sento come se avessi dormito per secoli”. Evidentemente, gli avvenimenti degli ultimi giorni l’avevano stancata più di quanto non si fosse resa conto. Si stiracchiò e si tirò a sedere, abbandonandosi ad un lungo sbadiglio. Avrebbe preferito dormire ancora per qualche ora, ma sapeva di non poter restare. Era un ospite di passaggio, e nonostante la padrona del bed & breakfast avesse acconsentito a darle un riparo per la notte, Niky era consapevole che quell’ospitalità non sarebbe durata a lungo. Prima avrebbe tolto il disturbo, meglio sarebbe stato per tutti. Scese di sotto, e trovò i vestiti che Granny aveva lavato la sera prima, stirati e piegati. Li indossò velocemente, si aggiustò alla bell’e meglio i capelli castani, agguantò lo zainetto e scivolò fuori dal palazzo, passando per la porta sul retro.

 

*** ~ *** ~ ***

 

«David? Ti posso parlare?»

Lo sceriffo sollevò lo sguardo dal fascio di fogli poggiato sulla scrivania sul quale stava lavorando, ed inarcò le sopracciglia, sorpreso: non si era nemmeno accorto che qualcuno era entrato nel suo ufficio. «Ah, Archie. Ti chiedo perdono, non mi ero reso conto che fossi qui… Prego, accomodati»

Lo psicologo annuì e prese posto sulla sedia di legno.

«Allora, cosa posso fare per te?»

Il dottor Hopper si aggiustò gli occhiali sulla punta del naso «Ecco, io… Mi domandavo se avessi notizie di Niky» disse in tono incerto.

David sorrise «Sei preoccupato?»

«Beh, sì, un pochino» ammise l’altro, arrossendo un poco «Ha vissuto davvero una brutta avventura… Volevo accertarmi che stesse bene»

Lo sceriffo annuì, comprensivo. «Ma certo. Non temere, sta benissimo. Ha passato la notte da Granny, e se la conosco, si sarà assicurata che facesse una scorpacciata di cibo e che non le mancasse nulla. Non potrebbe essere in mani migliori»

Archie sorrise «Mi fa piacere sentirlo…» Rigirò un paio di volte il manico dell’ombrello nero tra le mani, poi sollevò nuovamente lo sguardo sullo sceriffo. «Mi domandavo, ehm, dal momento che la ragazza ha subito uno shock e che gli assistenti sociali ordineranno di certo una verifica con uno specialista per controllare che non abbia subito traumi… Forse potrebbe venire nel mio studio, più tardi… Credo che le farebbe bene parlare un po’ di quanto è successo»

Le labbra di David si aprirono in un sorriso «Mi sembra un’ottima idea»

Lo psicologo parve sollevato «D-davvero?»

Lo sceriffo Nolan annuì «Certo! La porterò nel tuo studio il prima possibile» promise.

Archie sorrise e si alzò in piedi. Porse la mano all’amico e la strinse forte. «Ti ringrazio molto, David»

L’altro sorrise caldamente. «Non c’è di che, Archie»

In quel momento, il telefono squillò. «Pronto?»

«David, sono Granny» esordì la voce dall’altra parte della linea.

«Oh, buon giorno, Granny» la salutò David con entusiasmo «Stavo giusto per chiamarti. Come sta la nostra -»

«David, abbiamo un problema»

«Un problema?» domandò lui, perplesso «Che genere di problema?»

Archie si sporse verso la scrivania e tese le orecchie, incuriosito, rivolgendo all’amico uno sguardo confuso.

«La forestiera» esordì Granny in tono greve «È sparita»

 

*** ~ *** ~ ***

 

Niky osservò l’ambiente circostante, guardinga. Si alzò in punta di piedi e scrutò la vegetazione strizzando gli occhi, cercando di vedere attraverso la fitta boscaglia.

«Vai da qualche parte?»

La ragazzina sussultò. Lo zainetto viola le scivolò dalla spalla, ma riuscì ad afferrarlo prima che toccasse terra. Si voltò di scatto, e scorse il pick-up dello sceriffo accostare a breve distanza da lei. Scosse la testa.

«Perché sei sparita a quel modo?» domandò David, sporgendosi fuori dal finestrino «Hai messo in agitazione Granny»

Lei si strinse nelle spalle «Stavo solo -»

«Cercando di lasciare Storybrooke» concluse con perspicacia lo sceriffo.

Niky abbassò lo sguardo, imbarazzata. Era stata colta con le mani nel sacco.

David scese dall’auto e le si avvicinò. «So che vorresti tornare a casa» disse dolcemente, infilando le mani nelle tasche dei jeans «Ma fino a quando non avremo risposta dalla polizia di Boston, non posso lasciare che tu te ne vada. E poi cosa faresti, se gli uomini che ti hanno rapita fossero ancora in circolazione?»

«So badare a me stessa» rispose lei, spavalda, fissando gli occhi scuri in quelli di lui.

David sorrise «Questo non lo metto in dubbio. Ma penso sia meglio cercare di stare lontani dai guai, piuttosto che andarseli a cercare. Non trovi?»

La giovane si strinse nelle spalle «Immagino di sì»

«Bene, ora che abbiamo sistemato la questione, che ne dici di fare un giro in macchina?»

Lei lo guardò, diffidente «Perché?»

Lo sceriffo aprì la portiera del guidatore «Voglio portarti in un posto»

Niky socchiuse le palpebre e girò attorno al pick-up, avvicinandosi al posto del passeggero. Non era certa se fidarsi o meno dell’uomo, ma dopotutto era stato lui a portarla in ospedale il giorno precedente e a permetterle poi di lasciarlo, firmando i documenti per la sua dimissione. Senza contare che l’ultima volta che lo aveva seguito, si era ritrovata a mangiare un hamburger gigante e una valanga di patatine fritte da Granny. Nonostante una parte di lei fosse in allarme, qualcosa le diceva che sarebbe andato tutto bene. Così annuì e si arrampicò nel pick-up, sedendosi sul sedile. «Andiamo» accondiscese, e si allacciò la cintura di sicurezza.

«Ottimo» disse l’uomo con un sorriso, mettendo in moto il veicolo «Vedrai, non te ne pentirai»

 

*** ~ *** ~ ***

 

David parcheggiò il pick-up sulla strada principale, di fronte alla vetrina di un negozio. «Eccoci» annunciò «Siamo arrivati»

La ragazzina scese dall’auto con un piccolo salto. Stava per domandare allo sceriffo cosa ci facessero in quel posto, quando notò un nome scritto a lettere dorate, in maiuscolo, sul vetro di una porta di fronte a lei.

DR ARCHIBALD HOPPER, M.D.

PHYCHIATRIST

«Ma… Questo è l’ufficio del dottor Hopper…» disse piano.

Lo sceriffo annuì e si incamminò verso la porta.

Niky fece un passo indietro. «Che cosa ci facciamo qui?»

«Il dottor Hopper è passato nel mio ufficio, questa mattina» la informò lui mentre chiudeva a chiave l’auto «Era preoccupato per te, voleva accertarsi che stessi bene»

La ragazzina si strinse nelle spalle. «Gentile da parte sua, ma non ce n’era alcun bisogno. Sto benissimo»

«Questo lo vedo, ma Archie pensa che possa farti bene fare una chiacchierata insieme a lui» spiegò David aprendo la porta a vetri e facendosi da parte per lasciarla passare.

Niky scosse la testa «Non ho bisogno di fare nessuna chiacchierata. Sto bene»

«Beh, allora vedilo come un favore personale»

Lei sbatté le palpebre e lo guardò, confusa.

«Parla con il dottor Hopper e cerca di liberarti di ogni paura o brutto ricordo che possa esserti rimasto dopo il tuo rapimento» disse lui in tono gentile «Fallo per me»

La giovane lo studiò per un istante, interdetta.

«Andiamo, si tratta solo di una seduta» la incitò David, bussando alla porta «Che male può farti?»

La porta dello studio si aprì. Archibald Hopper fece capolino sulla soglia, le labbra schiuse in un sorriso amichevole «Ah, David, eccoti qui» disse in tono cordiale. Si voltò verso la ragazzina, e il suo sorriso si allargò «Ciao, Niky»

Lei accennò un saluto con il capo «Buon giorno…»

David, in piedi accanto alla giovane, sorrise allo psicologo. «Bene, eccola qui. Ti ho portato Niky, come mi avevi chiesto»

«Ti ringrazio» rispose lui. Lasciò scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni ed abbassò lo sguardo sulla ragazzina «Vuoi accomodarti?»

Lei non rispose. Lanciò un’occhiata incerta all’interno dello studio, per poi voltarsi verso lo sceriffo «Che cosa ci faccio qui? Non ho bisogno di una terapia, sto bene! Ho solo bisogno di tornare a casa!» dichiarò, lanciando ad entrambi uno sguardo accusatore.

Archie prese timidamente la parola «Beh, credo che dopo l’esperienza che hai vissuto, chiunque si sentirebbe un po’… Spaventato» Scambiò una rapida occhiata d’intesa con David, e proseguì «Forse parlarne potrebbe aiutarti a superarlo»

«Io non sono spaventata!» sbottò Niky in tono esasperato «E anche se lo fossi, so badare a me stessa. Non ho bisogno di uno strizzacervelli!»

«Niky, forse dovresti dare ascolto al Dottor Hopper» suggerì David in tono gentile «Insomma… Lui se ne intende, di queste cose. Vedrai che ti sentirai meglio. E poi,» proseguì con un sorriso «dovrai restare a Storybrooke per un po’, tanto vale trovare un modo per occupare il tempo che non sia tentare di scappare»

«Ah-ah-ah, divertente…» brontolò Niky, incrociando le braccia sul petto con aria imbronciata.

Lui ammiccò e sorrise nuovamente «Allora, che ne dici? Posso lasciarti qui per un po’?»

«Sì, come le pare…»

«Perfetto, allora» concluse David con un sorriso, fregandosi le mani. «Sarà meglio che torni al lavoro, è ora del giro di pattuglia»

«Prego, accomodati» intervenne il dottore, voltandosi verso la ragazza. Si fece da parte e la osservò entrare cautamente nello studio.

«Bene, ci vediamo dopo» disse lo sceriffo, congedandosi dai due. Prima di andarsene, tuttavia, si rivolse allo psicologo e sussurrò: «Buona fortuna»

Archie annuì, e chiuse la porta dello studio.

Niky si guardò attorno: l’ufficio era più grande di quanto non sembrasse dall’esterno. La prima cosa che notò fu che la stanza era piena di piante. Alcune, più grandi, erano state sistemate sul pavimento, mentre altre più piccole crescevano in vasetti colorati posti sopra i mobili e i piccoli tavolini. Il centro della stanza era occupato da due grandi divani di pelle marrone e da una poltrona girevole dello stesso colore, radunati attorno ad un lungo tavolino da caffè, sotto al quale giaceva un grande tappeto rosso scuro di forma rettangolare. In un angolo era stata sistemata un’alta scrivania di mogano, la cui superficie lucida era ricoperta da pile di documenti e cartelle color ocra, anch’esse stipate di documenti e scartoffie. A sinistra della scrivania vi erano un tavolino ospitante una macchina da scrivere e un largo caminetto scuro. A destra della scrivania, invece, erano stati sistemati un tavolo, naturalmente coperto di libri, un leggio che sorreggeva alcuni spartiti musicali, ed un clarinetto. Qua e là, appoggiate contro le pareti della stanza, erano state poste alte pile di libri, evidentemente troppo numerosi per essere sistemati nelle due librerie già stracolme. Sui muri erano state appese molte cornici, contenenti numerosi titoli di studio e riconoscimenti alla carriera.

La ragazzina sorrise. La stanza profumava di foglie, pagine di libri e pelle. «Che c’è dietro quella porta?» domandò ad un tratto, indicando con un cenno del capo l’uscita secondaria dello studio, una porta verde posta accanto al caminetto.

Archie si voltò per vedere a cosa stesse alludendo. «Oh, da quella parte c’è la cucina» spiegò, mentre recuperava una penna da uno dei cassetti della scrivania «L’appartamento che ho preso in affitto dal signor Gold è abbastanza spazioso, e sono riuscito a usare una delle stanze per allestire il mio studio»

«Sembra comodo» commentò lei in tono casuale, sperando di ritardare l’inizio della seduta. Forse, se lo avesse fatto parlare di altro abbastanza a lungo, lo psicologo avrebbe finito per dimenticare il motivo per cui era lì.

L’uomo fece una risatina «Di sicuro aiuta a non arrivare tardi al lavoro. Coraggio, siediti» disse poi, indicando i due divani con un ampio gesto del braccio «Mettiti comoda. Vuoi qualcosa da bere? Un bicchiere d’acqua, o qualcos’altro?»

Niky sospirò. Per un attimo si era illusa che il suo piano avrebbe potuto funzionare. Scosse la testa, e prese posto nel piccolo divano a due posti vicino alla porta, il più lontano possibile dallo psicologo. «No, grazie, sono a posto…»

Archie raddrizzò la schiena, assumendo una postura più professionale, e si schiarì la voce. Poi prese la penna ed un blocco di fogli dal tavolino e sollevò gli occhi azzurri sulla ragazza. «Ok, bene… Prima di cominciare, avrei bisogno di farti alcune domande. Per esempio, ehm, il tuo nome, cognome, data di nascita… Le tue generalità, insomma. Direi che per ora possono bastare»

Lei lo guardò, perplessa «“Bastare” per cosa?»

«Oh, beh, per compilare la tua cartella clinica» rispose lo psicologo, con un sorriso incerto.

Gli occhi di Niky si spalancarono. «Cartella clinica?» ripetè, basita «Non ho bisogno di una cartella clinica. Sono qui soltanto per fare un favore allo sceriffo Nolan. Non sono una sua paziente, quindi si risparmi pure la fatica di prendere appunti» Incrociò le braccia sul petto e si rannicchiò maggiormente nel divano di pelle, imbronciata.

«Ah, sì, capisco, ma vedi si tratta della procedura standard…» cercò di spiegare il dottore «E poi, se verrà aperto un caso per la tua scomparsa, la polizia vorrà avere tutta la documentazione possibile, e questo include una valutazione psicologica»

Niky si strinse nelle spalle «Se la vorranno, me ne farò fare una»

«Questo significherebbe sottoporti ad un’altra seduta» le fece notare Archie «Dato che sei qui, forse vale la pena approfittarne, non credi?»

La giovane si mordicchiò il labbro inferiore. Nonostante non avesse alcuna voglia di collaborare, dovette ammettere che l’uomo aveva ragione. «E va bene» si arrese infine «Che cosa vuole sapere?»

«Ecco, come dicevo, per iniziare mi servirebbe il tuo nome, cognome e data di nascita…»

Niky scosse la testa «Non ho un cognome, non uno vero, almeno. Ho solo quello che mi hanno dato in orfanotrofio»

Il dottore annuì, comprensivo «Va benissimo»

«In questo caso,» rispose lei «mi chiamo Wick. Niky Wick. Sono nata il 29 Febbraio. Ho tredici anni»

Archie annuì, annotando fedelmente le informazioni appena acquisite sul blocco degli appunti. Una volta terminato, tornò a rivolgere tutta la sua attenzione alla giovane «Molto bene. Ora che abbiamo concluso con le formalità, che cosa ne dici di parlarmi un po’ di quello che è successo l’altro giorno?»

«E perché?»

Lo psicologo la guardò, sbigottito.

Niky sbuffò. «Senta, le servivano i miei dati per la cartella clinica e ora ce li ha. Scriva che sto bene e saremo a posto»

«Beh, forse vorresti parlarmi di come ti senti… Un rapimento non è una cosa da poco»

Lei alzò gli occhi al cielo «E lei che ne sa?»

Archie decise di ignorare il tono provocatorio, e scosse la testa. «Niky, ascoltami: questo è un luogo sicuro. Nulla di quanto mi dirai uscirà da questo studio, a meno che tu non acconsenta» Inspirò profondamente e proseguì: «Puoi fidarti di me. So che sei spaventata, ma -»

«Io non sono spaventata!» sbottò la ragazza «Sarò pure una ragazzina, ma non sono affatto debole ed indifesa come pensate lei e il signor Nolan!» Scosse energicamente il capo, e si alzò in piedi «La seduta è finita»

Lo psicologo posò il blocco e la penna sul tavolino e sollevò una mano, come per cercare di fermarla. «I-io credo che se analizzassimo meglio quello che ti succede -» Scosse il capo con fermezza, certo della sue intuizione «Il tuo comportamento è chiaramente difensivo, e questo indica che qualcosa non va»

«Le dico io, cosa non va» rispose Niky, le cui guance iniziavano a colorirsi a causa dell’agitazione. Balzò in piedi e prese a camminare su e giù per la stanza, infuriata «Sono stata rapita e ho dovuto passare la notte nel bosco, da sola. Sono bloccata in una città che non conosco, e non posso tornare a casa» disse tutto d’un fiato, contando sulle dita ogni avversità elencata «Ed ora sono costretta a rimanere in uno studio, insieme ad uno sconosciuto che mi tempesta di domande sulla mia vita!»

Le ginocchia di Archie fremettero per la tentazione di alzarsi in piedi a sua volta. Ma resistette, imponendosi di rimanere seduto e mantenere con il proprio corpo una posizione che dimostrasse alla ragazza che stava ascoltando quello che lei aveva da dire. «Non sto cercando di metterti in difficoltà, tutt’altro. Voglio solo cercare di aiutarti»

«Ma io non ho bisogno di aiuto!» sibilò lei «Voglio solo tornare a casa!» Si strinse le braccia attorno al corpo, il respiro fattosi improvvisamente corto e pesante. «V-voglio – tornare – a casa…!» Si lasciò cadere sul divanetto di pelle, un’ombra scura sul viso pallido.

Un silenzio pesante cadde sullo studio.

Lo psicologo abbassò lo sguardo, indeciso sul da farsi. Alla fine si fece coraggio, e si alzò in piedi. «Ti va una tazza di tè? Bere qualcosa di caldo ti farà bene…»

Niky gli lanciò un’occhiata diffidente. Poi però, annuì. «Ok…»

Archie sorrise dolcemente «Torno subito» Aprì la porta verde all’interno dello studio, e sparì nella stanza attigua.

La ragazza rimase immobile, con le orecchie tese. Dalla cucina giunse il suono di un’anta che veniva aperta; ben presto si udì il tintinnare di due tazze, e lo scorrere dell’acqua. Niky non perse tempo: raggiunse la porta dello studio in punta di piedi, la aprì e scivolò silenziosamente nel corridoio. Dopo essersi accertata che il dottore non la stesse seguendo, sgattaiolò sul pianerottolo e scese le scale. Afferrò la maniglia del portoncino con un sorriso ed uscì in strada. L’aria fresca del mattino la investì con una folata, scompigliandole i capelli. La ragazza inspirò profondamente, lasciando che il fresco profumo dei pini la avvolgesse. Un sorriso si allargò sul suo viso. Finalmente libera! Senza smettere di sorridere, Niky si avviò per la sua strada, decisa a lasciare una volta per tutte la città. Ma appena ebbe voltato l’angolo –

«M-Ma cosa…?!»

Il dottor Hopper le rivolse un sorriso soddisfatto. «Eccoti qui. Il tè è pronto»

Lei sbatté le palpebre, la bocca spalancata per lo stupore «Ma… Come ha fatto a - ?»

Lui ridacchiò. «Diciamo che ho una certa esperienza, con cose del genere» rispose in tono affabile «Dovrai inventarti qualcosa di meglio, se vorrai prendermi per il naso»

Niky lo osservò con attenzione. Nonostante quello fosse un rimprovero, non vi era alcuna traccia di risentimento o rabbia nella sua voce. Al contrario, l’uomo sembrava quasi divertito. «Beh… Ok, lo ammetto, non è stato affatto male» dichiarò con un sospiro «Come ha capito che sarei scappata?»

«Sono uno psicologo» rispose Archie, stringendosi nelle spalle «Capire le persone è il mio lavoro»

Lei lo osservò per un istante, in silenzio. Per un secondo, ebbe la bizzarra sensazione che vi fosse in lui molto più di quello che appariva ad un primo sguardo.

«Allora…» esordì lo psicologo, distogliendola dai suoi pensieri «Che cosa ne dici di tornare dentro? Il tè finirà per raffreddarsi»

La giovane sospirò «E va bene…»

Archie sorrise, e i due si incamminarono insieme verso lo studio.

   
 
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