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Autore: Nao Yoshikawa    24/01/2022    5 recensioni
Raccolta di tre One Shot AU, ambientate durante la Seconda Guerra Mondiale.
#1- Ulquiorra/Orihime: «Ascolta, Orihime, forse noi dovremmo las-»
«Forse noi dovremmo sposarci.»
«…Eh…?»
Arrivò un tuono ma nessuno dei due se ne accorse. Orihime non sorrideva, anzi, non era mai stata così seria.
«Tu vuoi sposarmi? Adesso?» chiese Ulquiorra lentamene. «Ma questo non ha senso.»
«Invece ha senso eccome. Abbiamo sempre parlato di sposarci, perché non farlo ora? Perché aspettare, se non abbiamo certezza?»
#2 - Nnoitra/Neliel: Neliel gli aveva detto di voler cambiare il colore delle pareti.
Ci vorrebbe un colore più allegro, come l’azzurro del mare. Fallo azzurro.
Nnoitra si era lamentato – aveva fatto finta di lamentarsi – ma poi l’aveva accontentata.
#3 - Ichigo/Rukia: Aveva dato il via al suo sfogo che pian piano era mutato in un pianto sommesso. Ichigo non avrebbe voluto piangere, si diceva sempre che oramai era troppo cresciuto per lasciarsi andare in quel modo.
Ma a volte le persone non avevano scelta.
«Hai ragione» disse Isshin. «Tutto ciò fa schifo e hai ben ragione di arrabbiarti. Non abbiamo scelta, nessuno di noi. Ma Rukia si fida di te, sa che tornerai. E lo penso anche io.»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Kuchiki Rukia, Neliel Tu Oderschvank, Nnoitra Jilga, Schiffer Ulquiorra
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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In tre, forse

Rukia se ne stava a passeggiare avanti e indietro. Sembrava star facendo di tutto per evitare un attacco di panico. Orihime, Ishida e Tatsuki la guardavano in silenzio, cercando qualcosa da dire. Anche se, a dire il vero, trovare qualcosa da dire sarebbe stato difficile. Orihime però si era fatta coraggio, ad un certo punto.
«Rukia, stai bene? Sicura che non vuoi sederti?»
Lei scosse la testa. Era vero che spesso le belle e le brutte notizie arrivavano insieme, ma non pensava in modo così crudele. Quella mattina aveva saputo che Ichigo sarebbe dovuto partire per la guerra e questo non aveva sorpreso né lui né lei. Avevano cercato di non lasciarsi andare alla disperazione e Rukia in realtà non aveva avuto il tempo di metabolizzare quella notizia, che ne era arrivata subito un’altra, anche se di tutt’altro genere.
«Io… io non ci posso credere» mormorò come se stesse parlando più a sé stessa che a loro. «Non posso essere incinta, è successo nel momento sbagliato.»
Ishida arrossì e si alzò, sistemandogli gli occhiali.
«Sono di troppo, meglio se me ne vado.»
Tatsuki lo afferrò subito per un braccio.
«Non lo dirai a Ichigo, vero? Se lo fai io… io ti lascio!»
Ishida aggrottò la fronte.
«No che non glielo dico, non è una cosa che riguarda me, anche se è il mio migliore amico.»
Rukia sembrò entrare in un nuovo livello di crisi. Non è che gli dispiacesse troppo l’idea di essere incinta, in un contesto normale ne sarebbe stata felice. Ma era accaduto nel momento peggiore e non sapeva come comportarsi. Era spaventata, era giovane e inesperta e Ichigo lo sarebbe stato altrettanto o almeno così credeva. Non lo sapeva a dire il vero, non sapeva nulla.
«Ho la nausea» gemette. Orihime sorrise e con dolcezza l’abbracciò.
«Tranquilla, Rukia. Andrà tutto bene.»
E lei non avrebbe avuto nulla da obiettare, non quella volta: aveva bisogno di quelle rassicurazioni. Orihime l’aveva poi tranquillizzata dicendole che Ichigo non l’avrebbe mai e poi mai presa male. E non era questo a preoccuparla infatti, ma tutto il resto, tutta la situazione.
 
Quella sera, lei e Ichigo si erano dati appuntamento, come facevano spesso. Lei lo aveva visto arrivare, lo avrebbe riconosciuto anche a chilometri da distanza: la sua camminata un po’ annoiata, le mani nelle tasche, l’espressione imbronciata che un po’ si distendeva quando vedeva Rukia. Poi le si avvicinava, la circondava con un braccio e la baciava. E Rukia lì si sentiva protetta.
«Ti senti meglio?» le domandò Ichigo, che ultimamente l’aveva vista un po’ stanca. Rukia annuì e lo tirò per un braccio. Era inverno e faceva un po’ freddo, tuttavia la serata era limpida e tranquilla.
«Senti, non ho voglia di starmene in mezzo alla gente. Ti devo parlare.»
Ichigo sospirò.
«Io non ho problemi, ma il ti devo parlare non prometteva mai niente di buono.»
Chissà perché a Rukia venne da ridere. Si strinse al suo braccio, a causa della sua bassa statura a volte si sentiva una bambina. Ma non era più una bambina oramai, era una donna, addirittura una madre. Era assurdo pensarlo, eppure era la realtà. Presero a passeggiare per le vie della città, alcuni locali erano pieni di giovani della loro età che trascorrevano le ultime serate di libertà a bere. Probabilmente lì in mezzo – aveva detto Ichigo – ci avrebbero trovato anche Grimmjow.
Ichigo l’aveva presa più razionalmente, o almeno ci stava provando. Era umano anche lui e anche per lui la paura sarebbe stata un’ospite costante e sgradita. Ma non era alla guerra e alla sua partenza che pensava in quel momento, bensì a Rukia.
«Avanti, non tenermi sulle spine. Che è successo? Se vuoi lasciami – e non potrei darti torto – niente scene da film.»
«Non fare il cretino» borbottò Rukia. «Non voglio lasciarti. È che ho scoperto una cosa.»
Sono incinta e lo so che è capitato nel momento sbagliato, ma come potevamo immaginarlo?
«Va bene, allora parla. Peggio della notizia che ho ricevuto oggi non può esserci nulla. Almeno spero.»
Rukia lo guardò, con gli occhi lucidi carichi di preoccupazione. Lui le accarezzò una guancia, perdendo immediatamente la voglia di fare sarcasmo.
«Che è successo?»
Abbassò la testa e lo mormorò pianissimo.
«Sono incinta.»
E nonostante tutto Ichigo lo sentì comunque. Rimase qualche istante fermo mentre due ragazzi ubriachi gli passavano accanto, cantando una canzone in modo stonato. Solo dopo aver pronunciato quelle parole, Rukia trovò il coraggio di guardarlo.
«L’ho scoperto oggi. Io… io non so cosa fare, come comportarmi…»
Ichigo ancora non rispondeva. Ora si spiegava il perché Ishida si fosse comportato in modo strano tutto il giorno, era stato sfuggente. E si spiegava perché Rukia fosse stata poco bene in quell’ultimo periodo. Non appena iniziò a metabolizzare un minimo quella notizia, Ichigo sperimentò una nuova paura, ancora più devastante: una cosa era partire per la guerra con la consapevolezza terribile di lasciare la persona che amava. Ma un’altra era la consapevolezza di lasciare anche un figlio. Lasciarlo anche orfano magari, chi poteva dirlo?
Indietreggiò e si guardò intorno.
«Tu stai bene?» domandò.
Oh, che sciocco, pensò Rukia. Lui era sotto shock e chiedeva a lei se stava bene?
«Io… sì, sto bene, sono solo spaventata. Se fosse successo in un momento diverso, sarei stata anche più felice.»
Ichigo annuì.
«Io non posso andare, non ora che mi hai detto questo»
Rukia si era immaginata una cosa del genere, ma sfortunatamente non era così facile.
«Ichigo, lo sai che devi andare.»
«Ma non posso farlo. Non posso lasciarti da sola in queste condizioni» c’era un leggero tremolio nella sua voce. «Non posso.»
Rukia si fece più vicina, cercando di farlo ragionare.
«Lo so, ma è tuo compito servire il paese.»
«È il mio compito esserci per te» sibilò lui, stringendola delicatamente. Ah, se solo fosse stato abbastanza codardo da menomarsi o fuggire, lo avrebbe fatto volentieri. Ma Ichigo non era un codardo e conosceva fin troppo i suoi doveri, quelli verso il suo paese e quelli verso la donna che amava.
Rukia prese il suo viso tra le mani.
«Ascoltami. È anche per nostro figlio che devi andare. C’è bisogno di un mondo migliore e, anche se in piccola parte, tu hai il potere. Ti prego…»
Rukia aveva ragione, era questo a rendere tutto così difficile. Ichigo non era né codardo, né uno che fuggiva dai propri doveri, ma davanti ad una situazione del genere come si faceva a sapere ciò che era davvero giusto? Se avesse dato ascolto alla sua parte irrazionale, sarebbe rimasto lì con Rukia.
«E se non tornassi?» sussurrò ed ebbe l’impressione che dicendolo la sua paura divenisse reale. Non è che Rukia non ci avesse pensato, anzi. E forse era un po’ ingenuo da parte sua, ma si fidava di Ichigo e sapeva che ora più che mai sarebbe tornato. Aveva una determinazione che nessuno possedeva.
«Vieni qui» Rukia si sollevò sulle punte, abbracciandolo. «Io lo so che tornerai sano e salvo. Non ho dubbi.»
Fu in quel momento che Ichigo si sentì uno stupido, perché era lei a consolare lui, anche se era lei la ragazza incinta e che avrebbe vissuto quei mesi da sola. Ichigo dovette ben presto scendere a patti con l’idea che non le sarebbe potuto stare accanto, che non avrebbe potuto vedere suo figlio nascere, probabilmente non avrebbe potuto conoscerlo per un po’. Magari anche mai, ma questo non lo disse, era superfluo.
 
Il fratello di Rukia viveva nell’Hokkaido e lei lo aveva subito informato della sua gravidanza spedendogli una lettera. Byakuya era una delle altre persone che temeva di perdere, ma suo fratello – lo sapeva – avrebbe affrontato il tutto con stoica razionalità.
E Rukia doveva fidarsi anche di lui, se non voleva impazzire.
Ichigo aveva due sorelle gemelle più piccole, Karin e Yuzu, che erano state felicissime quando Rukia aveva detto loro della gravidanza. E anche suo padre Isshin non aveva trattenuto l’entusiasmo, non si era trattenuto dal dire che ci sperava da un po’. E poi aveva suggerito a Rukia di trascorrere quei mesi in compagnia di Yuzu e Karin, perché nelle sue condizioni non era opportuno rimanere da sola.
«Loro si prenderanno cura di te e tu di loro, dal momento che né io né Ichigo ci saremo» aveva detto con un entusiasmo forse fuori luogo.
«Tsk, non c’è niente di cui essere felici, stupido vecchio» si lamentò Ichigo, alzandosi e andando in giardino. Lui non aveva mai avuto nessun vizio, ma in quei giorni aveva iniziato a fumare parecchio perché la nicotina, almeno per qualche ora, calmava la sua paura.
Suo padre lo aveva raggiunto poco dopo.
«Adesso fumi anche? Devi essere più preoccupato di quanto sembri.»
«Ma davvero, eh? Che strano, vero? La ragazza che amo aspetta un figlio da me e tra qualche giorno dovrò partire a causa di questa maledetta guerra. Non capisco la gente come faccia a fare finta di niente.»
Ichigo era arrabbiato. E preoccupato e in ansia, e niente era sotto il suo controllo e ciò aumentava rabbia, preoccupazione e ansia.
«È che a volte le persone non hanno altra scelta» disse Isshin.
«Già, bello schifo. È che questo non è giusto. Perché ora? Perché così? E se venissi ucciso? In guerra la gente muore. Io ho troppo da perdere e mio figlio sarebbe uno dei tanti orfani di guerra. E Rukia sarebbe sola e io… odio maledettamente tutto ciò.»
Aveva dato il via al suo sfogo che pian piano era mutato in un pianto sommesso. Ichigo non avrebbe voluto piangere, si diceva sempre che oramai era troppo cresciuto per lasciarsi andare in quel modo.
Ma a volte le persone non avevano scelta.
«Hai ragione» disse Isshin. «Tutto ciò fa schifo e hai ben ragione di arrabbiarti. Non abbiamo scelta, nessuno di noi. Ma Rukia si fida di te, sa che tornerai. E lo penso anche io.»
Sembrava che tuti si fidassero di lui, tutti meno che sé stesso. Avere paura era terribile, non avere scelta era terribile. Ma non poteva scappare, né tornare indietro.
«Come lo sai?» bisbigliò.
Suo padre gli portò affettuosamente una mano su una spalla.
«Non lo so. Me lo sento.»
Ah, accidenti a quello stupido vecchio e al suo modo di vedere la vita. Anche se forse un po’ Ichigo lo invidiava, anche se questo mai e poi mai gliel’avrebbe detto.
 
I giorni seguenti erano stati frenetici, c’era stato il matrimonio di Orihime e Ulquiorra e lui e Rukia si erano poi ritrovati a passare insieme ogni minuto di ogni giorno. Si erano ripromessi di non disperarsi, di non sprecare il tempo che rimaneva loro.
«Preferiresti un maschio o una femmina?»
Rukia era stesa sul tatami accanto a lui, era notte.
«Andrebbe bene comunque» mormorò Ichigo, che aveva provato a immaginare tante volte come sarebbe potuto essere un bambino con i tratti suoi e di Rukia.
«Hai ragione. Però se è un maschio lo chiamiamo Kaien.»
Ichigo fece una smorfia.
«Dobbiamo chiamare nostro figlio come il tuo ex?»
Rukia arrossì e gli diede una gomitata.
«Dai, non è il mio ex. Per lui ero come una sorella.»
«Ma a te piaceva.»
«Ero una ragazzina, non essere geloso»
No, Ichigo non era geloso. Chiunque aveva una storia e aveva avuto qualcuno d’importante, ed era stato così anche per Rukia. Rukia che aveva già perduto il suo primo amore, non in guerra ma durante una lite, un colpo di pistola ed era finito tutto. Adesso rischiava di perdere anche lui e Ichigo non poteva fare a meno di chiedersi quanta forza possedesse.
«E va bene, d’accordo, lo chiameremo così» disse accarezzandole i capelli. «Ma quanto tornerò, per il bambino sarò un estraneo»
«No, perché gli parlerò sempre di te. I bambini sentono tutto ancor prima di nascere» Rukia strofinò con dolcezza il viso sul suo petto e poi lo guardò. «Tu sei un eroe, Ichigo.»
Gli venne un brivido. Avrebbe voluto dirgli che non era un eroe, non era più coraggioso degli altri, forse era addirittura più impaurito. Ma non lo disse, si limitò a regalarle un lieve sorriso. Rukia stava cercando di essere forte in modo straordinario, portando su di sé il peso della paura e dei dubbi. E lui non sarebbe stato da meno. Posò le labbra sulla sua fronte.
Nessuno di noi è un eroe, siamo soldati. Soldatini di plastica che verranno spezzati, ma per te voglio essere un eroe.
 
Ichigo indossava la sua divisa color kaki e Rukia doveva ammettere di trovarlo molto fascinoso, anche se aveva l’espressione addolorata e seria. Si erano detti “niente addii strappalacrime”, attorno a loro c’erano fin troppe coppie disperate – e avevano ragione di esserlo.
«Fai attenzione» le disse Ichigo posando una mano sulla sua testa. «Non fare sforzi e mangia bene.»
«Scemo, so cosa devo e non devo fare. Non so se una gravidanza è più terribile di una guerra» Rukia arrossì, Ichigo l’avrebbe sempre trattata come se fosse una bambina, anche se oramai era sbocciata del tutto in una donna.
«Già, chissà. Ci vedremo presto, Rukia. Solo che quando tornerò, saremo in tre.»
Rukia sorrise mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Già si immaginava benissimo: lei, lui e il loro bambino.
«Se non mantieni la tua promessa, ti uccido» mormorò. Ichigo allora la prese in braccio e la sollevò da terra, baciandola. Rukia tremò qualche attimo quando sentì la terra mancarle sotto i piedi, ma poi si aggrappò saldamente a lui.
«Mantengo sempre le mie promesse, lo sai» la rassicurò. E questo era vero. Non avrebbe dato a Rukia un altro dolore. Non avrebbe lasciato che si perdessero, si separassero, che la loro famiglia venisse spezzata.
Avevano troppo da perdere.
 
 
Rukia aveva passato quei mesi circondata dalle sue amiche e cognate e questo l’aveva aiutata a sopportare la lontananza, la tristezza e il dolore. C’erano stati alcuni scambi di lettere tra lei e Ichigo, anche se pochi. Ma andava bene così, le bastava quel poco e sapere che lui stava bene.
E poi c’era stata la sorpresa inaspettata, un giorno. Rukia aveva messo al mondo due gemelli e anche se il sospetto l’aveva accarezzata da un po’ – Tatsuki le diceva che il suo ventre era fin troppo grosso – era stato comunque sconvolgente.
Così erano venuti al mondo Kaien e Masato, il primo con i capelli di quel bizzarro colore aranciato come Ichigo, il secondo dai capelli scuri. Erano in due ed erano in perfetta salute. Erano in due e dormivano vicini, con le piccole manine intrecciate, quasi a volersi proteggere dal mondo enorme e vasto in cui si trovavano.
E mentre i due gemelli riposavano nella loro culla, Rukia li guardava e scriveva una lettera a Ichigo.
 
… Lo avresti mai immaginato? Abbiamo avuto dei gemelli, a Tatsuki quasi non è venuto un colpo, tua sorella Yuzu invece era entusiasta. Li ho chiamati Kaien e Masato. Con Masato ho dovuto improvvisare, non avevo pensato ad altri nomi, però mi piace. I nostri bambini sono identici tranne per il colore dei capelli e sono già molto amati. Le ragazze si prendono cura di loro e li coccolano, e di ciò sono molto grata perché non mi sono ancora ripresa dal parto. Metterne al mondo uno è difficile, ma due? Credevo di morire, se fossi stato qui ti avrei insultato. Però adesso sono molto felice. Sai, ho mantenuto la mia promessa, ho parlato loro di te, ho raccontato proprio tutto, dei pregi e dei difetti e di come ci siamo incontrati. È tutto quasi perfetto, ma manca la pace e manchi tu. Spero che la guerra finisca presto. Non saremo in tre, ma in quattro, quando tornerai. Perché devi tornare. Adesso scusa, ma Kaien ha iniziato a piangere e non vorrei che svegliasse anche Masato. Chissà da chi ha preso questo carattere…
 
Lasciò la lettera in sospeso e si avvicinò ai bambini. Kaien si lamentava e Masato accanto a lui dormiva beato. E mentre li guardava, Rukia si ritrovò a pensare che la vita sapeva essere crudele, come quando c’era una guerra. Eppure straordinaria, come quando due persone insieme creavano qualcosa di unico. Sarebbe stata dura, ma ce l’avrebbero fatta.

Nota dell'autrice
Ed ecco qui l'ultimo capitolo dedicato a Ichigo e Rukia. Anche per loro avevo le idee chiare fin dall'inizio, forse sono stata un po' troppo cattiva. Povera Rukia e poveri bambini :) Io poi ho questo headcanon che Ichigo e Rukia avrebbero dei gemelli e quindi mi sembrava una cosa carina da inserire. Visto che il finale è aperto ognuno può immaginare un po' come vuole, ma se questa storia fosse stata una long, lo dico, avrei fatto tornare Ichigo sano e salvo perché non avrei avuto il cuore di farlo ammazzare in modo così miserabile. E questo è quanto, spero tanto che quest'ultima OS vi sia piaciuta.
Alla prossima gente :),
   
 
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