Fanfic su artisti musicali > Faith No More
Ricorda la storia  |      
Autore: Kim WinterNight    27/01/2022    1 recensioni
[Scritta per il compleanno di Mike ♥ - FreakyPigs!AU]
È il 27 gennaio, ma a Mike sembra un giorno come gli altri.
No, qualcosa di diverso c'è: nessuno sembra sapere che fine abbia fatto Roddy, il che non fa che metterlo in agitazione.
Cerca di distrarsi in tutti i modi, ma i suoi pensieri si concentrano inevitabilmente sul suo ragazzo che non si fa vivo da ore.
Non è da lui.
Quando infine la verità viene a galla, quel bizzarro compleanno prende una piega inaspettata e per niente banale.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bill Gould, Mike Patton, Roddy Bottum
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Freaky Pigs'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Feeling special in an ordinary day
 


 
 
 
 
 
Non mi è mai importato tanto del mio compleanno, di festeggiarlo o ricevere dei regali; eppure quest’anno c’è una strana elettricità nell’aria, qualcosa che mi fa quasi avvertire uno strano senso di aspettativa.
Anche se non so cosa succederà, non ne ho la minima idea.
Mi sveglio un po’ tardi, oggi non lavoro. Mac mi ha dato un giorno libero anche se non gliel’ho chiesto, anche questo mi suona strano.
Scivolo fuori dall’avvolgente calore del piumone e sbadiglio, poi faccio tappa in bagno e infine mi fiondo in cucina a prepararmi un caffè: ne ho decisamente bisogno.
Mentre la moka gorgoglia sul fornello, torno in camera e recupero il cellulare: nessun messaggio.
Aggrotto la fronte e scuoto il capo, lasciandomi andare a un sospiro vagamente frustrato. È vero che non mi importa di certe cose, però quest’anno sembrava diverso, quest’anno mi aspettavo qualcosa.
Non ha senso.
Poco dopo spengo il fornello e decido di chiamare Roddy: nessuna risposta.
Rimango basito: da quando stiamo insieme sono state poche le volte in cui non mi sono risvegliato con un suo messaggio da leggere o un audio da ascoltare, è sempre stato premuroso con me. Più di quanto io non lo sia stato con lui.
Spero non gli sia successo qualcosa.
Chiamo Bill.
«Patton!» esclama lui dopo qualche squillo.
Imposto il vivavoce e mi verso il caffè. «Ehi, amico. Hai sentito Roddy per caso?»
Sento qualcosa di simile a una risata, un fruscio e un lieve colpo di tosse.
«Stai bene?» domando.
«Sì, sì! Roddy? No, no! Non lo sento da giorni» replica Bill vago.
Aggrotto la fronte. «Che cazzo dici? ieri abbiamo fatto le prove, eravamo tutti insieme» faccio notare, afferrando il barattolo dello zucchero. Mi siedo al tavolo della cucina e noto che mia madre ha lasciato un piccolo vassoio di biscotti per me.
«Certo, ma tu mi hai chiesto se l’ho sentito, non se l’ho visto!» gracchia Bill attraverso l’altoparlante del mio smartphone.
Sbuffo. «Spiritoso, Gould, davvero.»
«Non prendertela, non l’ho sentito! Ma tranquillo, starà dormendo come un bambino: ieri siamo andati a fare baldoria dopo le prove.»
«Non ne sapevo niente.»
«Forse dovreste parlare di più, voi due, anziché scopare e basta!» Bill si blocca di colpo e poco dopo lo sento lamentarsi.
«Si può sapere che cazzo hai oggi?»
«Niente, ho… sbattuto il mignolo sul comodino!» si giustifica.
«Beh, grazie. Non mi sei stato utile» lo accuso, anche se so che non è certo colpa sua se Roddy non mi ha risposto.
«Prova a richiamarlo, non so che altro dirti.»
Sospiro. «Va bene, ciao.»
Riattacco e mi gratto la fronte, leggermente spaesato. Poi fisso la mia tazzina di caffè: prima di fare qualsiasi altra cosa, devo svuotarla.
 
 
Ho provato a richiamare Roddy, ma non ho ottenuto alcuna risposta. Così ho sentito Puffy, ma nemmeno lui ha saputo darmi delle informazioni, tagliando corto perché aveva da fare con Ivy.
Così, in uno stato a metà tra il panico e la noia, ho telefonato a Trevor.
«Oggi lavoro solo di mattina, ti porto fuori a pranzo» dice in tono allegro, dopo avermi fatto gli auguri di buon compleanno.
«Sei l’unico a essersene ricordato» bofonchio.
«Non potrei mai dimenticarmene» replica il mio amico, sento che sta sorridendo.
«Vada per il pranzo, però pago io.»
«Come sarebbe a dire?» protesta Trevor.
«È il festeggiato a dover offrire, è così che si fa!»
Lui ride. «Okay, però scegli tu il posto. Ti aspetto qui» conclude, poi mette giù.
Mentre penso a dove potremmo mangiare, recupero dei vestiti e mi preparo. Senza dubbio devo fare qualcosa per scoprire come sta Roddy e se realmente sta ancora dormendo – è quasi mezzogiorno e non si è ancora fatto vivo.
Prendo il cappotto e mi copro per bene, poi esco di casa e mi getto nel gelo di fine gennaio che permea la città. Non ha nevicato, però sono certo che durante la notte i marciapiedi e le carrozzerie delle auto si siano imbiancate per via di uno strato non troppo sottile di ghiaccio.
Tiro il cappuccio sulla testa e affondo le mani nelle tasche, camminando rapidamente verso la fermata del bus. Non impiegherò più di un quarto d’ora per raggiungere il negozio di dischi in cui io e Trevor lavoriamo, spero soltanto che non ci sia troppo traffico.
Nel tragitto provo a richiamare Roddy, a scrivergli un paio di messaggi e finisco perfino a inviargli un vocale nonostante la cosa non mi faccia impazzire.
Nessuna risposta, solo silenzio.
Comincio seriamente a preoccuparmi e questa sensazione dev’essere evidente, vista l’occhiata interrogativa che mi rivolge il mio amico quando mi vede entrare in negozio.
«Mike, ti ho dato il giorno libero, che ci fai qui?» mi intercetta subito Mac, facendo capolino dal retrobottega.
«Sono passato a prendere Trev» borbotto.
«Oggi è il suo compleanno, mi offre il pranzo» interviene il mio amico, controllando alcuni dischi per poi riporli in ordine sugli appositi scaffali.
«Auguri!» esclama il mio capo, sorridendo con quello che definisco un sorriso da pescecane.
Sorrido appena e mi avvicino a Trevor, sfilandomi il cappotto.
«Che fai?» mi chiede.
«Ti aiuto, così finisci prima. Ho fame» replico.
«Finisco all’una, non posso mica andarmene prima!»
Mac si avvicina a noi e batte a entrambi sulla schiena. «Se finisci prima, puoi andare.»
Trevor lo guarda stranito, poi fa spallucce e mi indica uno scatolone. «Sono arrivati stamattina, diamoci da fare.»
Lascio il giubbotto nel retrobottega e mi adopero per aiutarlo; questo è anche un modo per distrarmi e non pensare troppo a Roddy, e forse lavorare anche oggi mi avrebbe fatto bene.
Nell’aria si diffondono le note di un album dei Kansas, la band preferita di Mac. Quando c’è lui in negozio non si ascolta altro, sono sempre felice di non averlo tra i piedi per mettere su qualcosa di diverso.
Lavoriamo in silenzio, il che è strano perché io e Trevor facciamo sempre un casino allucinante quando finiamo in turno insieme. Ma stavolta sono io a essere di poche parole, ho la testa da tutt’altra parte e le occhiate apprensive del mio amico mi fanno intendere che mi sta già leggendo nella mente.
Quando finiamo mancano poco meno di venti minuti all’una, e finalmente possiamo andare a pranzo.
Mac mi saluta con un altro dei suoi sorrisi da pescecane, augurandomi ancora buon compleanno, e ci spinge praticamente fuori dal negozio.
Io e Trevor ridacchiamo e ci avviamo verso uno dei pochi posti in cui posso gustare un po’ di cucina italiana che non faccia troppo schifo.
Per fortuna troviamo un tavolo per due e ci immergiamo nei profumi che tanto adoro, nell’atmosfera quasi familiare che mi ha sempre affascinato quando ci sono stato in passato, nel chiacchiericcio un po’ chiassoso degli altri clienti.
Quando siamo finalmente seduti l’uno di fronte all’altro, Trevor picchietta sul menu. «Vediamo se indovino: lasagne?»
Sorrido. «Mi conosci troppo bene. Tu vai di carbonara?»
«Anche tu mi conosci troppo bene» replica, sfogliando il menu senza neanche guardarlo.
Poi i suoi occhi scuri e indagatori sono sui miei, facendomi sentire vulnerabile come al solito.
«Sono preoccupato per Roddy. Non lo sento da ieri.»
«Me l’hai detto, e mi hai detto che è uscito con Bill dopo le prove. Starà dormendo» minimizza lui.
«Ancora? Ormai è pomeriggio, insomma…»
«Cosa c’è di strano? Non hai mai dormito fino a tardi per riprenderti da una sbornia?»
Lo fisso, sentendomi un perfetto idiota. «Sì, ma…» Mi porto una mano sotto il mento. «C’è qualcosa che non quadra.»
«Cioè?»
«Non lo so, qualcosa. Insomma, oggi è il mio compleanno e te ne sei ricordato soltanto tu» mi lamento, rendendomi conto di quanto effettivamente tutto ciò stia assumendo una certa importanza – non l’avrei mai detto.
«Ma io sono la tua anima gemella, non me lo potrei dimenticare neanche se volessi» scherza Trevor, strizzandomi l’occhio.
Ricambio il sorriso: ogni tanto ci piace riportare a galla quello che ci dicevamo da bambini a proposito dell’essere predestinati e di appartenerci, essendo nati a pochi giorni di distanza e cresciuti insieme. In effetti non esiste ricordo della mia vita in cui lui non sia presente.
«A parte le stronzate, sai com’è fatto Bill: non si ricorda neanche come si chiama, figurati se nella sua mente c’è spazio per certe cose! E Puff… lo sai, era con la sua donna, cerca di capirlo!» tenta di rassicurarmi il mio amico. «Roddy ti scriverà non appena si sveglierà, ne sono certo.»
«Non so…» Mi interrompo quando il cameriere ci raggiunge per prendere le ordinazioni.
Mentre aspettiamo il nostro pranzo, spostiamo la conversazione su altri argomenti, finché una notifica non mi fa quasi saltare sulla sedia. Afferro il cellulare, ma subito il mio entusiasmo si spegne quando noto che è soltanto qualcuno che mi scrive gli auguri di compleanno sulla bacheca di Facebook.
Sbuffo.
«Non era lui?»
«No. Senti…» Porto gli occhi su quelli scuri di Trevor. «Dopo pranzo mi accompagni in un posto?»
Lui si passa una mano tra le ciocche mosse. «Dove vuoi andare?»
«A casa di Roddy.»
Lui alza gli occhi al cielo, poi annuisce. «E va bene.»
«Grazie. Ma dove la trovo io un’anima gemella come te?»
«Ma piantala, coglione!» Trevor ride e afferra il suo calice di vino, sollevandolo.
Faccio lo stesso e il vetro dei nostri bicchieri si scontra in un brindisi.
 
 
Per fortuna Trevor ha l’auto, almeno ci risparmiamo il viaggio in un affollatissimo autobus durante l’ora di punta.
Durante il tragitto si ferma a fare benzina e noto che, mentre aspetta di essere servito, armeggia con il cellulare e scrive messaggi a una velocità impressionante.
Lo osservo stranito ma non faccio domande, in fondo tra noi funziona così: non c’è bisogno di chiedere, le cose vengono fuori in maniera totalmente naturale ed è decisamente impossibile mentire l’uno all’altro.
A mia volta, afferro lo smartphone e lo guardo sconsolato, trovando l’area delle notifiche deserta – fatta eccezione per avvisi inutili provenienti da app ancora più inutili.
Apro Telegram e scrivo nel gruppo dei Freaky Pigs, sperando ingenuamente che Roddy possa palesarsi almeno lì.
Fisso il mio Ehi con la disperazione di un naufrago che adocchia un aereo e spera di essere portato dall’isola deserta in cui è bloccato.
Nessuno visualizza, nessuno risponde.
Silenzio stampa.
L’ansia sta cominciando a farsi fastidiosa e pressante, così sono grato a Trevor quando finalmente riparte verso casa di Roddy.
Dopo aver sentito il mio amico sbraitare contro pedoni e altri automobilisti, finalmente raggiungiamo la nostra meta.
Controllo un’ultima volta il cellulare: sono quasi le tre e mezza del pomeriggio. Mi sembra impossibile che Roddy non si sia ancora svegliato.
Scendo dall’auto e mi guardo attorno: il quartiere è tranquillo come al solito, l’auto della madre del mio ragazzo è parcheggiata sul vialetto, niente è fuori posto.
Forse crescere mi sta rendendo sempre più paranoico.
Trevor mi affianca. «Beh, rimaniamo qui a fissare la porta finché non si apre?» mi punzecchia.
Gli mollo una gomitata e mi avvicino all’ingresso, suonando il campanello.
Trascorrono diversi secondi e io ho seriamente paura che nessuno risponda.
Poi l’uscio si schiude e di fronte a me si palesa un Roddy sorridente e rilassato. Non appena mi vede, il suo viso si illumina e i suoi occhi blu brillano.
«Finalmente sei arrivato!» esclama, prendendomi la mano.
Trevor, alle mie spalle, sghignazza e mi spinge dentro.
Mi ritrovo schiacciato contro il corpo del mio ragazzo, le sue labbra sulle mie e le sue braccia a circondarmi la vita per tenermi più vicino.
«Vi lascio un attimo da soli, vado dagli altri» dice Trevor, addentrandosi in casa.
Sento distrattamente delle voci concitate, qualcuno che starnazza e ride, ma riesco soltanto a pensare a Roddy e a quanto sono felice che stia bene.
Lo abbraccio forte e affondo il viso tra i suoi capelli biondi, inspirando il suo profumo. «Dio…» esalo.
«Che c’è?» chiede, insinuando le dita sotto il mio cappotto.
Siamo ancora sulla soglia, la porta spalancata e il freddo che penetra nell’ambiente caldo e accogliente che ci circonda.
«Pensavo che ti fosse successo qualcosa» mormoro.
Lui ride. «Sul serio?» Roddy si scosta e mi prende il viso tra le mani. «Volevo solo farti una sorpresa, ma… come al solito ho rovinato tutto.»
«Una sorpresa?»
Annuisce e si sporge per baciarmi. «Di là ci sono tutti, mi hanno aiutato a organizzare una specie di festa. Però ho rovinato tutto perché ti ho fatto vivere nell’ansia per un sacco di ore e…»
Lo zittisco con un altro bacio, sentendo la necessità di approfondire il contatto e di stringerlo ancora più forte a me.
Dio, quanto sono contento che stia bene.
Mi separo a malincuore da lui e faccio cenno al soggiorno, poi richiudo la porta. «Chi hai invitato alla mia festa?»
«Scoprilo» replica, poi mi precede.
Prima che possa allontanarsi troppo, lo bracco da dietro e mi avvento sul suo collo. Lo tempesto di piccoli baci, finché non raggiungo il suo orecchio sinistro. «Ti ringrazierò a dovere» mormoro, per poi lasciarlo andare.
Lui si volta e noto che i suoi occhi blu si sono fatti liquidi e lucidi. Non dice una sola parola, ma non ce n’è alcun bisogno.
Quando entro in soggiorno, noto che ci sono proprio tutti: Bill, Puffy insieme a Ivy, Jim e perfino Trey.
Siamo in pochi, ma quelle sono le persone giuste.
Il primo a venirmi incontro è Bill, che non perde tempo in convenevoli e mi regala un abbraccio da orso. «Auguri, amico mio! Sei uno stronzo, ma ti voglio bene!»
«Ha parlato l’angioletto del presepe!» lo punzecchio, ricambiando affettuosamente la stretta.
Ivy mi saluta con due baci sulle guance, mentre Puffy mi regala una pacca sulla spalla.
Jim mi rivolge un sorriso sghembo. «Chissà se sei maturato almeno un po’ durante quest’anno appena passato» commenta sarcastico.
Sto per rispondergli per le rime, quando Trey mi circonda le spalle con un braccio e mi ficca in mano una birra. «Comincia a festeggiare, fratello!» esclama.
Faccio girare lo sguardo fino a incrociare quello di Roddy, intento a versare un pacco di patatine dietro l’altro in vari vassoi e recipienti. «Ma tua madre dov’è? Ho visto la macchina nel vialetto.»
«È al lavoro, oggi ha preso l’autobus: auto fuori uso. Torna tardi, non preoccuparti. Godiamoci la festa!»
Nel frattempo Jim si adopera per mettere su un po’ di musica tramite la sua fidata cassa Bluetooth e l’atmosfera subito si scalda.
Tra risate, brindisi e cibo spazzatura, quella ha tutto l’aspetto di una festa da quinta elementare, ma non potrei mai lamentarmene.
Forse in un periodo più caldo avremmo potuto festeggiare in spiaggia o al Fantômas, ma sono nato nel bel mezzo dell’inverno e dobbiamo accontentarci.
Mentre mangiucchio qualche patatina al formaggio, Bill mi si avvicina e ridacchia.
«Che hai?» lo interrogo.
«Quando mi hai chiamato, stamattina…»
«Cosa?»
«Ero qui. Con Roddy e Puffy.»
«Pensa te!» commento ironico.
«L’avevi capito?» mi chiede.
«No, ma sospettavo qualcosa.»
Roddy ci raggiunge. «Scusa, Billy, posso rubarti un attimo il festeggiato?»
Lo guardo stranito. «Che cosa…»
«Devo darti il mio regalo.»
Bill alza le mani in segno di resa e scuote il capo. «Se dovete fare le vostre porcate, io me ne tiro fuori!»
Roddy gli molla una gomitata sulle costole e lo spinge via, sospirando esasperato. Poi si rivolge agli altri e annuncia: «Torniamo subito».
Dai nostri amici cominciano a levarsi fischi, battute sconce e insinuazioni piuttosto esplicite, ma io e Roddy ci siamo abituati ed è abbastanza semplice ignorarli mentre lasciamo il soggiorno.
Roddy mi conduce fino in camera sua e io non so cosa aspettarmi, perché in fondo quella situazione pare equivoca anche a me; non che io abbia intenzione di lamentarmene, però non mi sembra il caso di lasciare i ragazzi di là mentre noi ce la spassiamo, in fondo sono venuti a festeggiare il mio compleanno.
Faccio per dirglielo, ma lui scoppia a ridere.
«Non fare quella faccia, non ho in mente di far avverare le insinuazioni di Bill.» Si ferma sulla soglia della sua stanza e mi sorride malizioso. «Non ora, almeno.»
Ridacchio e lo seguo all’interno, appoggiandomi con la spalla contro lo stipite della porta. Lo osservo mentre si dirige verso la scrivania disordinata e recupera una piccola scatoletta in cartone blu notte.
Aggrotto la fronte e incrocio le braccia al petto. «Non hai intenzione di chiedermi di sposarti, vero?»
Il mio ragazzo sghignazza e scuote il capo. «Ti piacerebbe…»
«Direi di no.»
Ci guardiamo negli occhi, poi lui torna da me e mi porge la scatoletta. «Aprila e non dire stronzate.»
Mi rigiro l’oggetto tra le mani – è ruvido e leggero – e scambio un’ultima occhiata con Roddy, poi sollevo il coperchio e mi ritrovo di fronte un braccialetto: tante piccole sfere blu con diverse sfumature fanno bella mostra di sé, mentre al centro è incastonata una piccola nota musicale color argento.
Le gambe mi tremano per un attimo, è una sensazione inspiegabile e destabilizzante.
Non ho il coraggio di incrociare lo sguardo di Roddy, quando qualcuno mi fa un regalo è sempre troppo imbarazzante – ho come l’impressione di non meritarlo affatto.
«Ti piace?»
Mi limito ad annuire, continuando a studiare il bracciale con la scusa di evitare ancora i suoi occhi. Potrei crollare e questo non mi piace per niente.
«È agata blu, molto rara da trovare. Il tizio del negozio mi ha detto che ho dovuto ordinarla apposta dalla Cina. Dice che è la pietra degli artisti» spiega Roddy con la voce che trema appena. «Inoltre aiuta a essere più positivi e comunicativi, non so, mi piaceva e…»
Mi sporgo verso di lui e lo prendo tra le braccia, stando ben attento a non lasciarmi cadere il suo regalo. Lo stringo forte al petto e nascondo il viso nella sua spalla, evitando ancora una volta di guardarlo negli occhi.
Non dico una sola parola, mi limito ad abbracciarlo per un tempo che sembra infinito, sentendomi avvolgere da un calore che non è solo quello provocato dal suo corpo contro il mio o dalla sua stretta rassicurante.
No, questa è una sensazione che parte da dentro di me ed è assurda. Inspiegabile.
Quando mi ritraggo, finalmente riesco a sorridergli, anche se sono un po’ in imbarazzo. «Non dovevi, io…»
«Volevo e l’ho fatto. Dimmi solo se ti piace.»
Per rispondere alla sua richiesta, mi limito a prelevare il gioiello dalla scatoletta e infilarlo, allargando appena il filo elastico che tiene insieme le pietre; è un gesto automatico, solo dopo mi accorgo che ho scelto il destro, quello dove c’è spazio soltanto per i bracciali che ritengo sacri.
Osservo quello che io e Trevor ci siamo regalati da ragazzini, un semplice filo di cotone nero che ha resistito alle intemperie degli anni; mi soffermo sul bracciale in argento che mia nonna mi regalò poco prima di morire. Poi metto a fuoco le sfere in agata blu e il mio sorriso si allarga, per poi rivolgersi apertamente a Roddy.
«È abbastanza sacro, a quanto pare» commento, cercando di scrollarmi di dosso un po’ di imbarazzo.
Lui pare un po’ turbato da quella consapevolezza, tuttavia si limita a lasciarmi un bacio sulla guancia. «Allora, buon compleanno.»
Gli rubo un altro breve abbraccio, poi insieme torniamo dai nostri amici.
Quando rientriamo in soggiorno, Bill si esibisce in un fischio. «Wow, rapido e intenso: mi piace!» scherza.
Sollevo il braccio destro e gli mostro il dito medio, indicando con l’indice sinistro ciò che è avvolto al mio polso. «Lo vedi questo?»
Lui ignora il mio gesto e si accosta per osservare il bracciale. «Cazzo, ti sta proprio bene! Sapevo che ti sarebbe piaciuto.»
Sbuffo. «Insomma, tutti sapevano tutto tranne me, è così?»
«Io non ne sapevo niente!» esclama Jim.
«Nemmeno io» concorda Trey, stringendosi nelle spalle.
«Meno male!»
A Ivy brillano gli occhi e fa un passo verso di me. «Oddio, ma questa è agata blu! Sono appassionatissima di pietre, è un regalo bellissimo!»
Le sorrido. «Sai che proprietà ha?»
Lei non se lo lascia ripetere due volte e si lancia in un’accurata descrizione dei benefici di chi utilizza una pietra come quella: energia positiva, sblocco dei chakra, spinta al dialogo e alla gentilezza… «Oltre ad alleviare il mal di gola e la raucedine! Perfetta per un cantante, insomma!» conclude la ragazza dai lunghi dread colorati.
«Ma se lui non si ammala da quando aveva tre anni!» esclama Bill divertito.
«L’hai detto: domani gli viene la laringite!» gli dà man forte Jim.
«Fottetevi, meglio se mi tocco le palle!»
Scoppiamo a ridere e riprendiamo a festeggiare il mio compleanno.
È tutto perfetto, nonostante non stiamo facendo qualcosa di particolarmente esaltante.
Eppure sto bene, circondato dalle persone giuste e immerso nell’atmosfera giusta.
Con la mano sinistra sfioro le piccolo sfere di agata blu e sorrido: non c’è luogo più adatto per quel gioiello, perché nel fondo del mio cuore sento che Roddy merita un posto speciale.
 
 
 
 
 
 
♥ ♥ ♥
 
TANTISSIMI AUGURI DI BUON COMPLEANNO AL MIO ADORATISSIMO MIKE *________________*
Il mio tesoro che sta male e io sono PREOCCUPATISSIMA!!!!
Quindi volevo regalargli, almeno nel FreakyPigs!AU, una giornata bellissima e tutta dedicata a lui, anche se non poteva mancare un po’ d’ansia iniziale, vista la sorpresa che tutti stavano progettando alle sue spalle ^^”
Non era mia intenzione farlo soffrire, però… beh, come si dice? Il fine giustifica i mezzi…
Okay, beh, so che questa storia non è niente di che, però mi sono ispirata alla mia real life per scriverla e devo dire che mi è piaciuto molto! Anche io per Natale ho ricevuto un bellissimo bracciale in agata blu e chi me l’ha regalato ha detto che questa pietra è “degli artisti” perché libera tutta una serie di energie positive e stimola la creatività… io non mi intendo tanto di proprietà delle pietre, nonostante mi piaccia vederle e indossarle, per cui mi sono anche andata a fare un paio di ricerche e ho preso spunto da questo articolo per inserire le informazioni che avete trovato nel testo:
Agata blu lace, proprietà magiche della pietra - Agate significati e colori (dimoradegliangeli.com)
Anche il fatto che Mike abbia un polso in cui custodire i bracciali “sacri” è presa da me, perché per quanto mi riguarda è lo stesso ^^
Il fatto che gli piacciano i bracciali l’ho dedotto dopo aver notato che in un sacco di video e foto ne indossa parecchi, ma ovviamente si tratta di una mia licenza poetica XD
Per quanto riguarda la questione del lavoro nel negozio di dischi, è roba vera: da ragazzini, quando lui e Trevor vivevano a Eureka, avevano lavorato in un luogo come questo, quindi mi sembrava il lavoro più adatto per i nostri due migliori amici!
Eh sì, io penserò sempre che loro due sono come anime gemelle, la BROTP della vita, quindi mi sono permessa di inserire questo mio personale delirio nella loro relazione AHAHAHAH!
Grazie a chiunque sia giunto fin qui, avevo davvero bisogno di scrivere qualcosa di positivo per Mike, mi piange il cuore a sapere che sta male e non avere la consapevolezza di cosa gli succeda…
Okay, la pianto, altrimenti mi rattristo e sto facendo di tutto per evitarlo ^^
Alla prossima e ancora BUON COMPLEANNO MIIIIIKE ♥
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Faith No More / Vai alla pagina dell'autore: Kim WinterNight