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Autore: heliodor    28/01/2022    0 recensioni
Dopo essere stata costretta a lasciare il suo villaggio, Ryhana viene accolta dai ribelli di Malag come una di loro, trova un posto sicuro in cui stare, degli amici e persino l’amore di Kaleena. Ma l’arrivo di un pericoloso monaco eretico e a causa di un antico e misterioso rituale, la sua vita cambia in modo irrimediabile. Costretta ad allearsi agli spietati Vigilanti, diventerà l’arma decisiva in un conflitto tra forze oscure che dura da millenni e dovrà decidere da che parte schierarsi in questo scontro.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Arrenditi. Rinasci
 
Gridò e scalciò mentre la mutaforma le afferrava a un braccio e se lo portava alla bocca. Quando le zanne si chiusero su di esso Ryhana gridò sentendo le zanne penetrare nella carne.
“No” disse cercando di sottrarsi a quel supplizio, ma la mutaforma serrò di più la presa affondando i denti nella carne.
Ryhana sollevò il pugno libero e la colpì alla testa con la stessa forza che aveva usato con Sofion.
La mutaforma sembrò ignorarla ma sentì la morsa allentarsi.
Si fece coraggio e ignorando il dolore la colpì di nuovo e poi ancor, ancora e ancora finché il sangue non zampillò da una ferita, ma non sapeva se fosse la sua o dell’avversaria.
La mutaforma aprì la bocca e lei la sospinse all’indietro. La donna barcollò per alcuni passi come intontita, la parte destra del viso e della testa coperta di sangue.
“Male” disse incredula. “Mi hai fatta male.”
Ryhana non osò guardare il braccio che le aveva morso, ma dopo aver viso la terribile ferita di Sofion poteva immaginare come fosse ridotto.
“Maledetta” disse raddrizzandosi. “Adesso ti farò molto più male.”
La mutaforma si lanciò contro di lei, la bocca spalancata. Ryhana attese che fosse a un paio di passi di distanza e avanzò a sua volta.
Grenn le aveva insegnato qualche mossa che poteva usare quando combatteva.
“A che mi serve usare le mani, se posso usare i dardi magici?” gli aveva domandato.
Lui aveva sorriso. “A volte i pugni sono più utili dei dardi. Non puoi risolvere tutto con la stregoneria e i poteri.”
Fece finta di attaccare con il braccio sinistro ma scartò di lato e usò quello destro per colpire la mutaforma all’addome. La donna si piegò in due e tentò di afferrarle il braccio ferito. Ryhana fece un paio di pass indietro ed evocò un dardo magico. Lo puntò contro la mutaforma. Lei scattò in avanti e la colpì al ventre, mandandola a terra.
Se la ritrovò addosso, la bocca spalancata pronta a morderla di nuovo.
No, si disse. Stavolta no.
Caricò il braccio all’indietro e le sferrò un pugno alla mascella. Provò una certa soddisfazione sentendo l’osso che si spezzava contro le nocche.
La mutaforma venne scagliata indietro e scosse la testa.
“Fa male” disse sorpresa. “Fa male davvero.”
Ryhana balzò in avanti e verso l’alto e quando le atterrò davanti le afferrò la testa con la mano mentre con il ginocchio la colpiva all’addome.
La mutaforma si chinò in due e Ryhana, usando la mano di nuovo libera, le assestò un colpo alla nuca. La donna stramazzò al suolo e non si mosse.
Si raddrizzò respirando a fatica. Si sentiva esausta e al tempo stesso piena di forza, pronta a eseguire altri cento incantesimi, a lanciare mille dardi finché non avesse restituito a quei due tutto il dolore che avevano fatto provare a lei.
E all’improvviso quella sensazione sparì, sostituita da una profonda spossatezza e da un dolore alle ossa e ai muscoli. Strinse i denti e mise a fuoco la figura dell’uomo, il signore della morte, come l’aveva chiamato Yush.
Aveva alzato una mano, come a voler richiamare l’attenzione su di sé. Dal palmo aperto si dipanavano filamenti di un nero lucente che sembrava divorare la luce quando la incontrava. Come dei tentacoli erano strisciati fino a lei, seguendone i passi e le avevano avvolto le caviglie e le gambe.
Somigliano ai filamenti evocati da Yush, si disse.
Ma le somiglianze si fermavano a quello.
Tentò di avanzare verso l’uomo, ma riuscì a fare solo un passo prima che le gambe le cedessero. Cadde in ginocchio, la stanchezza che si propagava nel resto del corpo come un incendio.
I muscoli le facevano male e le ossa sembravano sul punto di volersi spezzare.
“Che cosa” riuscì a dire, ogni parola che le costava agonia. “Mi stai facendo?”
L’uomo respirava a fatica. “Non lo so” disse, come se fosse spaventato dal suo stesso potere. “Volevo solo fermarti ed eccomi qui.”
Ryhana cadde in avanti puntellandosi sul braccio intero. L’altro, ricoperto di sangue, le penzolava al fianco, inerte.
“Così” disse a fatica. “Mi uccidi.”
“Rinascerai” disse l’uomo. “Diventerai un dono. Come loro.”
Ryhana vide gli altri stringersi attorno a lei, le forze che diminuivano sempre di più a mano a mano che i filamenti neri le coprivano l’addome e risalivano fino al petto e al collo.
Una sensazione di torpore e un intenso bisogno di dormire e riposare si impossessarono di lei. Le palpebre divennero pesanti e il petto le bruciava a ogni respiro.
Smetti di combattere, sussurrò una voce dentro di lei. Arrenditi. Rinasci. Diventa un dono. Tutto ti sembrerà migliore. Non ci sarà dolore né sofferenza. Arrenditi, rinasci…
Un’ombra le passò accanto veloce, qualcosa tra le mani che luccicava e sembrava espandersi in mille onde mentre fendeva l’aria.
Ryhana tentò di aprire gli occhi socchiusi e girare la testa verso la figura, ma il dolore al collo glielo impediva.
L’ombra fece altri due passi, balzò verso l’alto e sollevò la spada di luce sopra la testa. Quando l’abbassò, udì uno schiocco leggero seguito da un tonfo attutito.
Qualcosa cadde a terra e lei sentì il petto farsi più leggero e il dolore attenuarsi fino a sparire. Anche le forze tornarono e la sensazione di stanchezza e torpore sparì.
Cadde lo stesso a terra, assaporando il sapore acre del terreno ancora inzuppato di acqua per le piogge. Restò in quella posizione, gli occhi socchiusi che fissavano il sole alto nel cielo.
La figura di prima torreggiò sopra di lei, il viso confuso nel bagliore della luce.
“Appena in tempo” disse con voce ovattata. “Stava per risucchiarti tutte le forze. Perché non ti sei opposta?”
“Smetti di resistere” disse con voce appena udibile. “Arrenditi. Rinasci.”
L’ombra si sollevò. “È qui” disse rivolgendosi a qualcuno che non poteva vedere.”
“Non farla muovere” rispose una voce maschile.
“Occupati della mutaforma.”
“È già morta.”
“La voglio viva.”
“Dannazione” imprecò.
“Il necromante è morto?”
“La sua testa staccata sembra dire di sì” rispose una voce divertita. “Ma se vuoi puoi chiederglielo.”
Ryhana tentò di alzarsi vincendo la stanchezza e il dolore.
“Resta giù” disse una voce maschile. “Non sei ancora abbastanza forte.”
“Sì” disse ricadendo all’indietro.
Giacque sulla schiena per un tempo che le sembrò lunghissimo. Attorno a lei figure avvolte nell’ombra si muovevano, a volte restavano ferme e altre parlavano tra di loro, come se lei non le stesse ascoltando.
“Erano solo in due?”
“C’è un terzo qui.”
“Dove?”
“Nella locanda?”
“Non lo uccidere.”
“Non sembra pericoloso. Ma parla parecchio.”
“Lo porteremo da Ilyana. Parlerà con lei.”
“Come vuoi.”
“Potrebbero essercene altri.”
“Dopo faremo un giro di esplorazione.”
Un’ombra si avvicinò e Ryhana aprì gli occhi, riconoscendo il viso divertito di Gunt.
“Mi senti? Capisci quello che dico?”
Annuì.
“Sei sopravvissuta. Davvero notevole.”
Gunt si allontanò ridacchiando.
Ryhana tornò a chiudere gli occhi e quando li riaprì era buio e non si trovava più in strada, nella polvere, ma su di un giciglio. Khefra era seduta nell’angolo opposto della stanza e la fissava con espressione annoiata.
“Ti sei svegliata. Finalmente.” Sbadigliò. “Ora potrò andare a dormire io.”
Ryhana alzò la testa e si guardò attorno. Era buio e dalle imposte filtrava solo la luce della luna maggiore. “Quanto?”
“Hai dormito per mezza giornata dopo lo scontro.”
“Scontro?”
“Quello col necromante e con la mutaforma. A proposito, le hai spaccato la faccia.” Sorrise. “Ben fatto.”
“Mi ha morsa” disse alzando il braccio sinistro.
Era fasciato ma c’erano delle macchie di sangue che punteggiavano le bende.
“Ho dovuto faticare parecchio per rimetterlo a posto, m rimarrà una bella cicatrice. Per fortuna non ha intaccato l’osso o un muscolo importante o non l’avresti più potuto usare bene come prima.”
Agitò il braccio come a saggiarne la consistenza.
“Non sforzarlo troppo” l’ammonì Khefra. Si alzò e si stiracchiò. “Vado a chiamare Grenn.”
“Lui è qui?”
“È di sotto. Mi ha detto di avvertirlo non appena ti saresti svegliata. Penso che voglia farti delle domande sulla mutaforma e sul necromante. E anche su quello strano tizio che non la smette di parlare.”
Ryhana si accigliò.
“Sembra fatto di sporcizia” aggiunse la strega con una smorfia di disgusto.
“Yush” disse Ryhana.
“È così che si chiama?”
Annuì.
Khefra scrollò le spalle e uscì dalla stanza.
Ryhana si lasciò ricadere sul giaciglio assaporandone la morbidezza, ma si rialzò quando la porta si aprì di nuovo e Grenn fece capolino sulla soglia.
L’espressione era preoccupata. “Come stai?”
Gli mostrò il braccio ferito.
“Mi dispiace. Il responsabile sono io. Non avrei dovuto lasciarti qui da sola senza essermi assicurato che la zona fosse sicura.”
“Il signore della morte?”
“Parli del necromante?”
Annuì.
“Morto. Angotte gli ha staccato la testa mentre ti stava attaccando.”
“Credevo di morire.”
“Saresti morta, se non fossimo arrivati noi. Ti aveva intrappolata nel suo incantesimo.”
Ryhana si accigliò.
“Noi lo chiamiamo Tocco Mortale.” Sorrise. “Lo so, non è molto originale, ma penso che spieghi come funziona. Estende il suo potere per assorbire il tuo.”
“Come ci riesce?”
“Come riusciamo a evocare uno scudo magico? O un dardo? O a levitare?” Si strinse nelle spalle. “È il dono.”
“Lui voleva trasformarmi in un dono. Lo ha detto più volte. Diceva di volermi liberare. Di volermi far rinascere.”
Grenn scosse la testa affranto. “La sua mente doveva essere sconvolta. O forse lo diceva solo per confonderti le idee.”
“La gente di Castis?”
Grenn assunse un’espressione seria. “Morti. E trasformati in rianimati dal necromante.”
“Rianimati?” chiese Ryhana. La seccava dovergli fare tante domande.
Non so niente di queste faccende, si disse angosciata. Dovrei imparare tutto per potermi difendere la prossima volta.
“Quelli che lui chiamava doni. Come il povero Sofion.”
“Mi ha attaccata.”
“Non era più lui, Ryhana. Non so se credi a quello che dicono i monaci del Culto, che tutti abbiamo uno spirito che dopo la morte si separa dal corpo e va in qualche altro posto.”
“A volte andavo al tempio. A volte.”
“Allora sai come funziona. Una volta che lo spirito si è separato dal corpo, non esiste incantesimo che possa riportarcelo. Quello che ti ha aggredito non era Sofion, ma solo il suo corpo controllato dal potere del necromante.”
“Voleva uccidermi.”
“Per poi poterti rianimare in seguito. È così che ha fatto con la gente di Castis. Con l’aiuto della mutaforma.”
“Lei è ancora viva?”
Annuì. “Viva, ma non può parlare. Le hai fratturato la mascella con quel pugno. Devi averglielo dato molto forte.”
“Volevo ucciderla.”
“E avresti fatto bene.” Sospirò.
“La miniera??”
“Anche lì erano tutti morti. Il necromante stava creando qui il suo piccolo regno di morte. Ma non sarebbe rimasto nascosto per sempre. Prima o poi i corpi sarebbero stati corrotti dalla decomposizione, diventando inutili e costringendolo a spostarsi altrove e ricominciare.”
Ryhana rabbrividì.
“Ora ti lascio riposare” disse Grenn raddrizzando la schiena.
“Solo una domanda” disse con voce flebile.
“Sì?”
“Yush.”
Grenn annuì. “È vivo e sembra voglia collaborare. Ha detto molte cose da quando lo abbiamo preso.”
“Era con me al santuario.”
“Lo sappiamo. Anche il necromante e la mutaforma erano lì. Almeno così dice Yush.”
Ryhana si accigliò.
“Ha fatto dei nomi, li verificheremo quando saremo da Ilyana.” Il viso venne attraversato da una smorfia che subito sparì.
“Che c’è?” gli chiese.
Lui scosse la testa. “Niente di davvero importante, ma c’è un’altra cosa che Yush ha detto.”
“Che cosa?”
“Riguarda te.” Grenn deglutì a vuoto. “Dice che tu eri nel santuario quando qualcosa li ha attaccati. Dice che sei stata tu a uccidere tutti quanti.”

 
  
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