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Autore: Chiccagraph    01/02/2022    0 recensioni
"Perché ci vuole coraggio a lasciare andare uno dei fili che tiene insieme il complesso reticolato del tuo cuore.
Ci vuole coraggio a reciderlo sapendo che difficilmente potrai riannodarli insieme ai tuoi. È un filo sciolto che può decidere di legarsi dove vuole: allacciarsi nuovamente ai tuoi o lasciarsi trasportare via dal vento.
E lui aveva mille ragioni per farlo, per tagliare via quella rosa pericolosa e tornare a prendersi cura del parco incontaminato dei suoi sentimenti. Aveva mille motivi per andarsene. Ed uno solo per restare. Ma quell’unico motivo, cazzo, aveva degli occhi bellissimi."
O la fic Serquelicia di cui tutti abbiamo bisogno
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Il professore, Raquel Murillo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prima che il sole annegasse del tutto in mare Sergio si incamminò verso la spiaggia. Non era sicuro di trovarla lì, d’altronde erano passate diverse ore da quando era andata via, ma non c’era un altro posto dove non l’avesse già cercata al di fuori della spiaggia. 
 
Alla fine del vialetto, stretto e alberato, si apriva una lingua di sabbia soffice e bianchissima - talmente fina da sembrare borotalco. I colori del mare che solitamente spaziavano dall’azzurro al verde smeraldo, ora erano tinti con una punta d’arancio, mentre il sole baciava con i suoi raggi le sue morbide onde.  
 
A pochi metri dalla riva, seduta su un tronco, c’era Alicia.
 
Buffo che avessero lo stesso posto per rilassarsi. 
 
Sergio pensò in un primo momento di raggiungerla e sedersi al suo fianco, ma aveva paura che la donna sarebbe fuggita via un’altra volta se presa alla sprovvista, ed era stufo di rincorrerla.
 
Era da tutta la vita che giocava a guardie e ladri. 
 
Una volta giunto alle sue spalle si schiarì la gola a voce alta prima di girare intorno al tronco e sedersi al suo fianco, abbastanza vicino ma al tempo stesso sufficientemente lontano per lasciarle il suo spazio. 
 
Alicia si girò verso di lui, visibilmente tesa. 
 
«Ehi, ti stavo cercando» 
 
«A me?» chiese, fingendo disinvoltura. 
 
«Sì» 
 
Sergio rimase in silenzio mentre fissava assorto il suo profilo baciato dai caldi colori del tramonto.
 
«Non in bocca» disse Alicia a Victoria, che in quel momento aveva afferrato una formina ricoperta di sabbia e la stava portando alle labbra. Si piegò in avanti e afferrò il gioco scuotendolo in aria prima di restituirlo alla bambina. Poi si voltò verso l’uomo, sorpresa di trovare i suoi occhi che già la guardavano. «Cosa?» 
 
Sergio le sorrise teneramente. Uno di quei sorrisi che incurvano le labbra e fanno socchiudere gli occhi. «Sei molto brava con lei» 
 
Alicia ridacchiò spostando lo sguardo verso la bambina e sfilandole nuovamente dalla bocca il gioco. «Lo credi davvero? Vediamo se la penserai allo stesso modo quando questa notte non ti farà dormire» disse, guardandolo con la coda dell’occhio. Dal basso verso l’alto.
 
Non è l’unica persona che mi toglie il sonno… pensò, tuffandosi nei suoi occhi chiari, sprofondando ancora una volta nella loro limpidezza. 
 
Si fissavano, alzando e abbassando lo sguardo in attesa che uno dei due facesse la prima mossa. 
 
Sergio aveva bisogno di parlarle, ma come riuscire a gestire tutta questa tensione? Come una scarica elettrica attraversava l’aria tra loro, era così forte che avrebbe potuto accarezzarla. Per cercare di alleggerire l’atmosfera si lasciò andare in una risata rumorosa che in poco tempo contagiò anche Alicia, rilassandola visibilmente. 
 
«Dico davvero. Sei una brava mamma» 
 
«Beh, non credo di poter vincere la medaglia di madre dell’anno, ma cerco di fare del mio meglio»
 
«E ci riesci»
 
In un primo momento lo fissò sbattendo le palpebre, «Grazie» rispose poi, abbassando lo sguardo, mentre un leggero rossore compariva sotto la delicata pioggia di lentiggini che ricopriva come polvere d’oro la sua pelle.
 
Il silenzio imbarazzante che seguì quel semplice complimento era più difficile da gestire del complimento stesso.
 
«Mi dispiace per ieri»
 
«Per l’amor di Dio, per una buona volta, smettila di scusarti» rispose esasperata Alicia. 
 
Sergio la guardò meravigliato. 
 
Perché non ne vuole parlare? 
 
In questi ultimi mesi Sergio aveva imparato a conoscere la donna e sapeva perfettamente che Alicia non si nascondeva dietro semplici frasi di circostanza. Alicia non aveva peli sulla lingua. Alicia voleva la verità, la pretendeva, ad ogni costo, qualunque essa sia. È sempre stato così… e ora perché sfuggiva dagli eventi di ieri sera? 
 
«Io credevo che-» 
 
«Senti» alzò le mani e dividendo i capelli in due parti, spingendo verso l’alto l’elastico, aggiustò la coda. «È stato un incidente, ok? Una debolezza momentanea» scosse la testa ridendo. «Ci siamo lasciati prendere dal momento senza renderci conto di quello che stavamo facendo. E mi dispiace, davvero. Insomma, solitamente non mi comporto in questo modo» disse cercando con lo sguardo quello dell’uomo.
 
Quindi vuoi fingere che sia stata solo la debolezza di un momento? La scrutò corrugando lo sguardo. 
 
«Non voglio che questo» disse, muovendo il braccio tra loro due «possa essere motivo di imbarazzo tra noi. Insomma, abbiamo affrontato cose ben peggiori» abbassò lo sguardò mordendosi le labbra. «Stiamo bene. Non lo avrei mai detto ma… stiamo bene. Non voglio che le cose cambino tra noi» inspirò profondamente tornando con i suoi occhi sul suo volto. «Manca poco e i nostri passaporti arriveranno e poi, uhm, io e Victoria andremo via… possiamo solo, ehm, possiamo solo lasciarci alle spalle quello che è successo e andare avanti?» 
 
Sergio la guardava in silenzio, con uno sguardo imperturbabile. Le sue parole lo avevano colpito come uno schiaffo in pieno viso. 
 
Io e Victoria andremo via
 
Andranno via. 
 
Non sarebbe servito a nulla confessarle i suoi sentimenti, non servirebbe servito a nulla darle del tempo perché Alicia aveva già deciso. Come aveva potuto essere così stupido da pensare che avesse preso in considerazione l’idea di rimanere a vivere con lui e Raquel?
 
Alicia non voleva stare qui, e questo lo aveva reso ben chiaro più di una volta. Se fosse dipeso da lei non avrebbe mai lasciato Madrid per vivere con loro su quest’isola sperduta. 
 
Che cosa mi aspettavo?
 
Aveva ragione lei, era solo un narcisista, impaziente e insicuro. E con il suo cieco egoismo non si era reso conto dei desideri della donna. O meglio, li conosceva, ma aveva deciso di metterli in un angolo sperando che con il tempo sarebbero evaporati. L’aveva attratta con l’inganno, imprigionandola nel suo castello dorato, pur di averla al suo fianco. E ora che la catena di bugie che aveva costruito per legare i loro fili insieme si stava sciogliendo, non sapeva quali fossero i punti da saldare per evitare che si spezzasse del tutto.
 
Gli serviva tempo per elaborare un piano. Ma come fare?
 
Non aveva altra scelta che tenere nascosti i passaporti. Raquel si sarebbe arrabbiata, ma era certo che avrebbe capito, su questo ne era sicuro. 
La donna era affezionata ad Alicia, e sebbene non avesse ancora capito la natura dei sentimenti che nutriva verso la rossa, era certo che l’avrebbe aiutato a mantenere il suo segreto. Soltanto per un altro po’. Il tempo di capire cosa fare e cercare un piano di riserva. 
 
Alicia lo osservava, chiedendosi cosa passasse nella mente dell’uomo. Era così serio, taciturno… come se qualcosa nelle sue parole lo avesse turbato. «Ad ogni modo mi scuso» aggiunse, cogliendolo di sorpresa.
 
Sergio non si aspettava che la donna si sentisse colpevole per quello che era successo. Colpevole e in imbarazzo a giudicare dagli occhi bassi e il sorriso tirato.
 
Non doveva essere così. Non era giusto. Lui era quello che aveva passato il limite, non lei. Certo, Alicia non aveva opposto nessuna resistenza e probabilmente se si fosse spinto fino a baciarla l’avrebbe ricambiato… no, questo non è il punto della situazione. Il punto era che l’aveva cercata per assumersi ogni responsabilità. Per ripulire la lavagna. 
 
Ma ora che sapeva che a breve sarebbe andata via… che senso aveva a continuare a mentirle? 
 
Eppure, era sicuro che i suoi occhi non lo avevano ingannato. La luce che aveva visto brillare nelle sue iridi la notte precedente rifletteva un desiderio profondo e ben radico dentro di lei, sicuramente non frutto della debolezza di un momento
 
Il tremore delle sue mani non lo aveva immaginato. Il modo in cui lo aveva toccato, la deliberata lentezza con cui aveva accarezzato ogni centimetro della pelle delle sue mani non era frutto della sua immaginazione.
 
Era spaventata e lo era anche lui. 
 
Ingoiò le sue parole, e quella verità troppo scomoda da poter essere ascoltata. «Non è colpa di nessuno, infatti, come hai detto tu, non è successo niente» le sorrise amichevolmente, lasciando languire in un angolo della mente la vocina che gli ricordava che stava sbagliando. 
 
Lo sguardo rasserenato che ricevette in cambio, però, gli fece capire che aveva fatto bene a non spingere l’acceleratore su questa questione irrisolta che c’era tra loro. 
 
La massima forma dell’egoismo è l’amore, e lui era pronto a rinunciarci per renderla felice. 
 
Victoria si aggrappò con una delle sue manine al pantalone di Alicia strattonando il tessuto. Piagnucolando, richiamò l’attenzione dei due adulti. 
 
Alicia la sollevò, portandola sulle sue gambe. «Che c’è?» le chiese facendola saltellare sul suo ginocchio. «Hai fame?» di tutta risposta Victoria si buttò in avanti nascondendo il viso nella sua maglietta alla ricerca del seno. 
 
«Oh, qualcuno deve essere proprio affamato» mormorò Sergio.
 
Senza pensarci Alicia si abbassò la spallina della maglietta e spostando il tessuto di lato scoprì il pizzo del reggiseno. Victoria spingeva con le sue manine sul seno sempre più smaniosa. 
 
«Ti dispiace?» 
 
«Cosa?» chiese, con gli occhi puntati fissi sulla mano con cui teneva da parte il tessuto leggero della maglietta.
 
Rendendosi conto che Alicia lo stava guardando, colto in fallo, Sergio alzò lo sguardo, lentamente, soffermandosi con gli occhi su ogni centimetro di pelle fino ad arrivare agli occhi della donna. 
 
Alicia lo scrutava abbozzando un sorriso curioso. Le sopracciglia alzate, nascoste sotto la tenda della frangia. 
 
«Oh, certo» girò la testa di lato per lasciarle il tempo di scostare del tutto il tessuto dal seno e permettere alla bambina di attaccarsi.
 
Non era di certo la prima volta che la vedeva mentre allattava, ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Come se il loro condividere questo momento insieme avesse un significato più profondo. Più intimo.
 
Come se li legasse in maniera ancor più profonda, più di quanto non li avesse già legati condividere un’esperienza così intensa - e traumatica - come il parto.
 
Sergio si girò nuovamente verso la donna, che ora osservava assorta nei suoi pensieri la bambina, mentre le accarezzava dolcemente la testa. 
 
«Ha una bella presa» disse, indicando la mano di Victoria che si stringeva intorno al dito della mamma. 
 
«È testarda» affermò ridacchiando, mentre spostava nuovamente la manina che si aggrappava alla sua mano non permettendole di scostare completamente la maglietta, che tornava a richiudersi accanto alla sua bocca. 
 
Dopo diversi tentativi riuscì a liberare la mano esponendo completamente il seno, coperto alla vista dell’uomo dalla testa rotonda e rossiccia di Victoria, e tornò a guardare Sergio che la fissava con una smorfia beffarda.
 
«Che c’è?» chiese «Io non sono testarda»
 
«No?»
 
«Certo che no!» rispose punteggiando con la voce ogni parola. «Stai alludendo che io sia testarda?»
 
Sergio scosse la testa con un sorrisetto sulle labbra.
 
«Non è così. Cancellati dalla faccia quel sorriso scemo» disse, puntandogli il dito contro e roteandolo in aria. «Se proprio ci tieni, posso descrivermi con soli quattro aggettivi».
 
«Sentiamo»
 
«Sono competitiva…» disse alzando il dito indice in aria.
 
«Sì»
 
«Ambiziosa» seguì alla conta il medio.
 
«Intraprendente…» alzò in aria l’anulare, mentre Sergio annuiva assecondandola «Ok, beh, forse cinque aggettivi, ma non è necessario che ti ribadisca quanto io sia intelligente, lo sappiamo già, visto che ti ho battuto» 
 
«Tu non mi hai-»
 
«Oh, sì che ti ho battuto» rispose, parlandogli sopra, mentre le labbra si distendevano in un sorriso malizioso. «Per ben due volte» continuò a parlare pavoneggiandosi.
 
Sergio aggrottò la fronte, tirando le labbra in un broncio carino. 
 
«Sono un milione di altre cose, lo so, ma possiamo terminare questo elenco con…» alzò gli occhi, passandosi una mano sulle labbra, giocherellando con il labbro inferiore, in un’espressione pensierosa. «Astuta» disse, accompagnando la parola con uno schiocco delle labbra, piegando il pollice nel palmo della mano mentre sollevava il mignolo.
 
Sergio le afferrò con una mano la sua, prima che potesse abbassarla, lasciandola penzolare a mezz’aria tra loro «E sfrontata» disse, avvolgendo le dita dell’altra mano intorno al pollice, facendole distendere il palmo della mano. «Mi hai chiesto se mi fossi mai ripreso mentre facevo l’amore durante la nostra prima telefonata»
 
«Sì, giusto» mormorò Alicia arrossendo visibilmente al ricordo. «Faceva parte del mio ruolo da negoziatrice» 
 
«Il tuo ruolo di negoziatrice è quello di scoprire le abitudini sessuali dei criminali?»
 
«No!» rispose, con una smorfia adorabile sul viso dilatando le pupille. «Cercavo solo di prendere il controllo della situazione-»
 
«Che strano, pensavo che ti stessi solo distraendo» 
 
«Sì, anche…» rimase con la bocca aperta sorpresa. «Ricordi cosa ti ho detto?»
 
«Ricordo ogni cosa» disse serio «e tu… volevi semplicemente saperlo» ridacchiò prendendola in giro.
 
Alicia si morse l’angolo della bocca, risucchiando il labbro all’interno. «Ok, volevo semplicemente saperlo… e metterti in difficoltà» disse, arricciando l’angolo delle labbra in un sorriso divertito. «Ci sono riuscita poi?» chiese con una punta di malizia nello sguardo.
 
«A fare cosa?»
 
«Ad aiutarti» 
 
«Ecco, uhm…» borbottò, cercando di guardarla, ma ogni volta che incontrava il suo sorriso malizioso, riabbassava lo sguardo, fissandosi le ginocchia. Si sistemò gli occhiali e il movimento non sfuggì all’occhio attento di Alicia. «Sei sfrontata» ripeté di nuovo, piegando la testa di lato.
 
Alicia scoppio a ridere divertita. 
 
Questa donna riusciva ad avere il controllo della situazione anche quando veniva messa all’angolo. Questo ormai avrebbe dovuto saperlo.
 
Le loro mani erano ancora unite a mezz’aria, quando Sergio lasciò scivolare la sua intorno al polso fino, afferrandolo, e rigirandolo con il palmo verso l’alto, lo poggiò sul suo ginocchio. Una volta appoggiato sulla gamba, liberò la presa dal polso e lasciò scorrere l’indice sul palmo. 
 
«Sapevi che la mano è solcata da linee e segni e per interpretarli correttamente bisogna analizzare le linee della mano sinistra e della mano destra, che si completano reciprocamente» le disse, tenendo lo sguardo fisso sul palmo aperto, mentre disegnava con il dito ogni linea, reale o immaginaria, sulla sua pelle. «Ci sono quattro linee principali e possiamo immaginarle come i quattro elementi»
 
Alicia lo fissava mentre completamente immerso nella lettura della sua mano, lasciava scorrere lentamente le dita sul suo palmo. «Mi fai il solletico» disse, muovendo leggermente la mano. 
 
Sergio alzò la mano, annullando il contatto tra la loro pelle, e sbatté le palpebre. «Questa è la linea della vita, l’elemento Terra, ed è considerata come una radice» percorse il semicerchio della linea della mano che dal polso finiva esattamente a metà tra il pollice e l’indice. «Curva attorno al monte di Venere e s’inoltra alla base del palmo, creando stabilità con le altre linee» staccò la mano dalla sua gamba alzandola in aria. «Questa qui invece, è la linea del cuore. L’acqua» alzò lo sguardo verso Alicia, cercando i suoi occhi. «Questa linea rappresenta un fiume di ricettività che permette alle sensazioni, all’intuizione, all’empatia e alle risposte emotive di fluire dentro la persona. La linea scorre dal taglio della mano sotto il dito mignolo, verso il lato del pollice» posizionò il dito sulla linea percorrendola dal basso verso l’alto. «Quanto più la linea è lunga e profonda, tanto più sono le emozioni a dominare la nostra natura».
 
«Mmh, non si direbbe che io sia così emotiva» disse, guardandolo da sotto le ciglia.
 
«Lo sei. La tua mano non mente» 
 
«E questa?» chiese, indicando lei stessa la linea successiva. 
 
«Beh, questa è una linea molto interessante. È la linea del destino. Il fuoco»
 
«Mi sta leggendo le carte, professore?» la voce cucita con una nota profonda e maliziosa.
 
L’uso del nomignolo e del suo tono di voce vellutato lo colse totalmente impreparato. La guardò ammaliato, perso nel suo sguardo perverso. «Ecco, uhm…» inciampò nelle sue stesse parole balbettando. «Le linee della mano ti dicono chi sei. Non sono dei semplici tarocchi, delle carte estratte dal mazzo. Questi segni si formano insieme a te. Sono te»
 
«D’accordo» sorrise «E cosa dice il mio destino?»
 
Sergio abbassò nuovamente lo sguardo sulla mano, osservando la linea da vicino. «Questa è la linea più variabile. Scorre dalla base del palmo verso l’alto fino alla base del dito medio»
 
Alicia rise e la sua risata soffice lo rassicurò, inviandogli al contempo una vibrazione che lo scosse fin dentro ai lombi.
 
«Perché ridi?»
 
«La mia linea non deve essersi fermata dal momento che ho letteralmente mandato a fanculo il mio destino»
 
Sergio rise insieme a lei tenendo il dito premuto alla base del medio. «Stai nuovamente confondendo la tua mano con dei dozzinali tarocchi. Questa linea non legge il tuo destino, è il tuo destino»
 
«Sì, ok, ho capito» rispose, incurvando le labbra in un broncio.
 
«E questa è l’ultima linea. La linea della Testa. L’aria.» spostò il dito sulla linea che non aveva ancora accarezzato. «Inizia sul bordo della mano sopra il pollice e nel tratto iniziale può essere o meno unita alla linea della Vita» bloccò gli occhi con quelli della donna. «Il suo andamento è la chiave della personalità di un individuo e ci fa capire il modo in cui una persona pensa e comunica» inspirando profondamente, ingoiò il fascio di nervi che si era stretto intorno alla sua gola. «Una linea dritta rivela un pensiero lineare e logico, equilibrato e poco influenzato da sentimenti ed emozioni, mentre una linea curva lascia immaginare una maggiore soggettività, intuizione e individualismo».
 
«Credo di sapere qual è la forma della mia linea» lo guardò con un sorrisetto sulle labbra.
 
«Su questo non si sono dubbi»
 
Sergio passò la mano sotto quella della donna, facendo combaciare le loro dita, aprendo e chiudendo a pugno il palmo della mano con la sua. «La mano si apre e si chiude, si contrae e si espande, e ogni volta sembra di leggervi una presenza e un segreto» sospirò, scuotendo leggermente la testa. «Ci sono pensieri che nascono muti ma poi le mani li sanno dire benissimo»
 
«E che cosa ti dice la mia mano?»
 
Sergio la guardò attentamente. I suoi occhi lo fissavano con uno sguardo così profondo che sapeva invadere i pensieri e andare dritto al cuore.
 
«Che devi lasciarti andare» mormorò. «La vita è come un’altalena che oscilla tra un campo al sole e un temporale. Non puoi rimanere per sempre seduta a dondolarti. Devi lanciarti nel vuoto e cercare il sole, correndo il rischio di incontrare la pioggia».
 
«E cosa succede se inizia a piovere?»
 
«Credo che tu abbia attraversato temporali peggiori»
 
Alicia abbassò lo sguardo alle loro mani unite. Era arrivato il momento di saltare dopo quest’ultimo slancio? Era forse lui il suo riparo? 
 
«Lo credo anch’io» rigirò la mano in quella di Sergio, bloccando le loro dita insieme. Slittò poi con il corpo sul tronco per avvicinarsi, poggiando la testa sulla sua spalla. «Grazie»
 
Sergio annuì, non c’era bisogno di parole per farle capire che per lei ci sarebbe sempre stato, in qualsiasi forma e dimensione avesse voluto. Alicia piegò il volto di lato, infilandolo nell’angolo del suo collo, lasciando un bacio sulla pelle. E mentre Victoria dormiva tra le braccia della donna, lui restò immobile per la successiva mezz’ora per paura di svegliarla. 
 
Riscaldato dal tepore degli ultimi raggi del sole e dei loro corpi vicini, si chiese come facesse il cuore a stare così comodo. 
 
--
 
Rientrarono in casa quando il sole era già tramontato e cielo si era tinto di rosso, come un fiore carnivoro. Victoria sepolta tra le braccia di Sergio, avvolta nel telo che avevano usato per sedersi sulla spiaggia, ed Alicia al suo fianco, camminando con la stessa morbida andatura. 
 
Raquel piegò la testa all’indietro e incontrò lo sguardo sereno di Sergio mentre attraversavano il portico. Camminavano uno accanto all’altro come una piccola famiglia. Erano rilassati, sorridenti, felici. Ed era proprio questa la felicità di cui avevano bisogno. D’altronde, che cos’è la felicità, se non una casa con dentro le persone che ami?
 
Passando dietro di lei, Sergio allungò un braccio e le accarezzò la testa, sfiorando appena alcuni fili di capelli con le dita. Era stato un tocco quasi impercettibile, ma Raquel aveva sentito forte e chiaro il senso di pace che si era depositato dentro di lei quando le sue mani l’avevano sfiorata. 
 
Si alzò dalla poltrona in cui era sprofondata e li seguì in casa. 
 
--
 
Quando rientrò in casa il suo cuore si sciolse nel vedere Alicia seduta a terra con la schiena poggiata al divano e la bambina che si arrampicava tra le sue braccia. 
Era nuovamente rilassata e serena, sui suoi lineamenti delicati non c’era più nessuna traccia della tensione della mattina. Ora sorrideva spensierata alla bambina mentre giocavano insieme. 
 
Affacciandosi solo con la testa in cucina vide Sergio, con il grembiule arrotolato in vita, di spalle alla porta, che tagliava le verdure per la cena. Canticchiava una canzone che non conosceva mentre gettava nella casseruola le verdure tagliate a cubetti. 
 
Raquel osservava entrambi dalla sua posizione, ma questa volta lo spettacolo che l’aveva accolta era ben diverso da quello della mattina. Era tutto così tranquillo. Sereno. 
 
Sorrise guardando Victoria, che guardava ammaliata la sua mamma mentre giocava a sbattere tra loro due formine colorate. Ogni volta che si scontravano emettevano dei suoni accompagnati da luci colorate. Era così bello vederle insieme, mentre si sorridevano felicemente.
 
Si voltò di schiena dirigendosi verso la cucina, da dove Sergio la stava chiamando, e con la coda dell’occhio intercettò la manina di Victoria che afferrava il libro posto sul tavolino tra i divani. Lo agitava in aria ridacchiando e poi lo gettava verso il pavimento.  
 
Si girò di colpo e rimase a guardare la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi a rallentatore. 
 
Il libro dopo aver sbattuto sul bordo del tavolo era scivolato sulla barriera di cuscini che Alicia aveva posizionato per terra per evitare che Victoria potesse farsi male. Durante la sua parabola in aria aveva perso parte della copertina che lo ricopriva. L’altra metà si sfilò nel momento in cui scivolò sui cuscini, cadendo a terra. 
 
Sentiva dei suoni ovattati. La voce di Alicia che sgridava la bambina e che la rimproverava per aver gettato a terra il libro. Poi la guardò mentre si chinava in avanti e lo raccoglieva dal pavimento per riposarlo sul tavolo. 
 
Raquel chiuse gli occhi in quel momento, imprigionando nella sua mente il ricordo di felicità che per brevi istanti aveva riscaldato il suo cuore. 
 
Quando li riaprì Alicia aveva raccolto il libro dal pavimento e teneva tra le mani i due passaporti che erano usciti dalla tasca tagliata nella copertina. 
 
Li rigirò tra le mani, fissandoli incredula. Passò lo sguardo dal libro, aperto sul pavimento, ai due documenti con le loro foto scansionate nella prima pagina. Poi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Raquel. 
 
Nelle sue pupille dilatate lesse tutte le risposte alle domande che affollavano la sua mente. 
 
 
 
 
   
 
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