Storie originali > Fantascienza
Ricorda la storia  |       
Autore: Inquisitor95    03/02/2022    0 recensioni
Anno Stellare 2110
L'umanità ha finalmente sviluppato tecnologie per compiere il viaggio e l'esplorazione nel Sistema Sol fino ad esplorarlo completamente. Il grande Richard King dopo anni di studio è finalmente riuscito nel suo sogno: creare un'Arca con la quale cinquemila Passeggeri potranno raggiungere il sistema più vicino a quello nativo per poter cercare nuovi mondi abitabili. Tra questi coloni, suo figlio Raider parte colmo di speranze cercando di costruirsi una nuova vita. Tuttavia, quello che Raider scoprirà al suo risveglio lo lascerà senza fiato e confuso: il viaggio tra i sistemi doveva durare sette lunghi anni. Ma quando il giovane soldato apre gli occhi si trova sotto le cure di una donna aliena e scoprirà che è rimasto nel criosonno per ben trent'anni. Raider si trova quindi in un sistema nel quale l'umanità è ha raggiunto dei traguardi.
Genere: Azione, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prologo

Il giorno della partenza

 
 
 
 
 
 
 
Anno Stellare 2110°
Stazione Spaziale Utopia-22 – dintorni di Plutone
 
Il grande giorno era finalmente arrivato, era questo l’unico pensiero che lo scienziato riusciva ad avere in testa durante il viaggio fino alla base spaziale ai confini del Sistema Sol. C’erano voluti ben trent’anni per permetterne la realizzazione; fin da quando era entrato a far parte dell’Organizzazione Spaziale Terrestre, non aveva desiderato altro che approfondire ciò che si trovava oltre i pianeti conosciuti.
Le sue idee avevano naturalmente trovato un seguito visto che alla OST c’erano molti sognatori come lui, gente che avrebbe voluto capire cosa riservava l’universo e il resto della galassia, ancora sconosciuta per l’uomo che da pochi anni aveva fatto i primi passi in quello che veniva definito comodamente ammasso locale.
Lo scienziato ripensò a tutti i suoi contrasti, mentre si versava una coppa di vino bianco frizzantino che era stato messo a sua disposizione per allietare il viaggio: sarebbe durato solo poche ore, vista la velocità spedita della navicella.
“Avevano paura di cosa avremmo potuto trovare, eppure oggi abbiamo finalmente realizzato il nostro sogno: mandare l’uomo fuori dal Sistema Sol con tutti i mezzi per poter vivere e colonizzare.” Si disse debolmente con un sussurro, sorrise, poi bevve poggiando il bicchiere mentre il dolce liquido freddo gli bagnava i baffi e gli bruciava la gola.
Quando la navicella si fermò, lo scienziato vide dal suo finestrino, che si affacciava direttamente sullo spazio oscuro dell’universo, la lontana stella madre dell’ammasso locale che brillava di luce bianca e brillante come faceva sulla Terra.
“Dottor King. Abbiamo appena iniziato la fase di aggancio. Tra cinque minuti potrà uscire dal portellone alla sua destra.” Disse la voce della IV che echeggiava nella cabina dell’uomo.
“Grazie, mi preparo subito.” Disse il Dottor King educatamente rispondendo alla IV della nave, prese le sue poche cose e face come aveva detto: si alzò dal suo posto bevendo l’ultimo sorso di vino dal calice, poi uscì dalla stanza e si avvicinò al portellone destro.
Lo sbarcò avvenne nel tempo previsto: cinque minuti dopo la porta si era aperta introducendo lo scienziato nella camera di depressurizzazione; egli vi entrò e attese il tempo necessario mentre la porta si chiudeva alle sue spalle: il debole tremito delle pareti gli faceva ancora un po’ di stranezza, provocando dei brividi alla schiena.
“Depressurizzazione in corso. Attendere prego.”
La voce della IV della nave era metallica e femminile, era un modello che aveva impostato lui visto che tra le tante voci, era disponibile quella della sua attrice preferita. Attese con piacere che la successiva porta si fosse aperta rivelando il corridoio della stazione spaziale.
“Benvenuto su Utopia-22, dottore. È un piacere averla con noi in questo giorno speciale.” Disse una voce che lo aveva accolto subito dopo l’apertura delle porte, un giovane assistente in tuta spaziale bianca e viola aveva accolto l’uomo all’interno della stazione chiamandola con il suo nome scientifico. Nome che aveva scelto il Dottor King.
“Grazie ehm…” il dottore si trovò in difficoltà non riconoscendo subito il volto del ragazzo che lo aveva accolto. Cercò abilmente di camuffare la sua incertezza con il disorientamento. “Non riesco mai ad abituarmi del tutto alla depressurizzazione.”
Con una rapida occhiata, il dottore vide la targhetta del giovane assistente che mostrava il nome e la sua funzione all’interno della stazione: Davide Velasco, assistente meccanico.
“La capisco benissimo, dottore. Si figuri che dopo quasi un anno ancora non mi sono abituato all’idea di stare nello spazio. Ho sempre vissuto a Pangea, la prima colonia su Marte. C’è mai stato?” chiese il giovane assistente facendo strada per primo all’interno del corridoio.
La stazione spaziale era divisa in vari settori, c’erano aree comuni e in quel momento stavano attraversando gli hangar di attracco tramite una serie di corridoi dai pannelli bianco sterile e dai neon brillanti al tetto che conducevano nell’area principale.
“No, non ci sono mai stato. Ho sentito però dire che Pangea è una località molto ambita e che gli affitti sono esorbitanti.” Disse il dottore ripensando all’ultimo drone-giornale che aveva letto. Parlava dei rincari delle abitazioni su quella che era stata la prima colonia umana al di fuori della Terra, in effetti, se ne festeggiavano i primi cinquant’anni.
“Sì, i miei nonni facevano parte della prima spedizione di coloni. Era un grande onore per loro partecipare, mi raccontavano sempre di come si erano conosciuti su Marte e del loro primo bacio. Dev’essere stata un’esperienza molto romantica per loro.” Rispose l’assistente annuendo e ridacchiando, sembrava trovarsi a suo agio e sicuramente era qualificato per il ruolo di assistente che ricopriva.
La sala comune quel giorno era ancora vuota, il Dottor King sapeva che era arrivato in anticipo sulla preparazione del lancio e che in effetti, non sarebbe avvenuto esattamente quel giorno, i preparativi però richiedevano la sua presenza lì prima degli altri.
Riconobbe alcuni dei volti degli altri assistenti che avevano lavorato con lui nella OST da quando era stato lanciato il progetto, lo salutarono amichevolmente con la mano in aria e lui rispose loro con un cenno. Lo scienziato e l’assistente non si fermarono però nella sala comune e procedettero verso le aree riservate al personale primario.
“Dove stiamo andando esattamente?” chiese il dottore.
“Osservatorio privato, Dottor King. Come da sua richiesta.” Disse l’assistente meccanico, tra le braccia stringeva un tablet che mostrò al dottore al suo fianco. Sembrava tutto molto strano visto che lui non aveva fatto alcuna richiesta di un osservatorio privato.
Quando lesse il nome di chi aveva davvero fatto la richiesta, il Dottor King fece un sorriso e gli parve di sentire gli occhi pesanti: Mila Prevett, la firma di sua moglie era impossibile da non riconoscere, lei pensava sempre ai dettagli al quale lui non pensava: sfuggivano sempre all’uomo ma mai alla saggezza di una donna e lui era molto fortunato.
“Mia moglie mi ha fatto un regalo, giovane Davide. E tu? C’è una donna nella tua vita che ti aspetta su Pangea?” chiese lo scienziato sorridendo al giovane assistente, quello però scosse il viso negando.
“No, Dottor King. Sono partito donando il mio cuore e votandolo interamente alla scienza e al bene dell’umanità. Non c’è posto per l’amore nella mia vita.” Disse il giovane assistente meccanico, a quelle parole, naturalmente il dottore fece un sorriso amaro.
Era ancora troppo giovane per poter capire cosa potesse essere l’amore vero. Aveva ancora tanto da apprendere, ma al momento faceva bene a sognare in grande. Anche lui alla sua età aveva sempre sognato di realizzare il sogno della vita e finalmente si stava avverando.
Quando la porta dell’osservatorio privato si aprì, il Dottor King si focalizzò sull’ambiente piacevole che si era: l’aria era riscaldata, di qualche grado leggermente sopra la media terrestre per renderlo confortevole; c’era un grande divano che si affacciava direttamente sulla parete interamente in fibra di vetro per permettere a chiunque di godersi lo spettacolo di quello che vi era oltre.
“Quest’area è tutta sua, dottor King. Sua moglie ha detto che l’avrebbe raggiunta tra qualche minuto, aveva alcune cose da sbrigare anche se non ha specificato cosa.” Disse il giovane assistente.
Lo scienziato però sapeva benissimo cosa doveva fare, il suo sorriso e il suo buon umore svanirono così come erano apparsi da quando aveva messo piede su Utopia-22, lasciandolo con l’amaro in bocca.
“Le serve qualcosa?” chiese l’assistente ancora. L’uomo non rispose subito, il suo sguardo era rapito dalla vista oltre il vetro della parete finestrata e i suoi occhi brillavano per l’emozione.
L’Arca Syramo era proprio là davanti ai suoi occhi in tutta la sua bellezza ed immensità: era una gigantesca nave i cui propulsori iperluce erano lunghi almeno trenta metri e con la larghezza di un palazzo; quella magnifica struttura era distante diversi chilometri da Utopia-22 e lui poteva vederla per intero dal punto in cui si trovava.
Era una distanza di sicurezza, l’Arca Syramo avrebbe ricevuto una spinta dai suoi ben quindici motori che con la sua forza poteva spazzare via una città intera; un’opera di ingegneria perfetta che avrebbe viaggiato a quasi un milione di chilometri all’ora. 
“Non è meravigliosa? Non è un’autentica bellezza?” chiese lo scienziato, naturalmente la sua era una domanda sognante; il suo sguardo si spostò sulla superficie della gigantesca arca che aveva la forma di un largo proiettile. Una forma che l’avrebbe aiutata durante il viaggio verso l’esterno del Sistema Sol.
I propulsori erano in modalità di risparmio energia, ma visibilmente attivi visto il leggero strato di luce provocato dalle vibrazioni che li avvolgevano del tutto. Non vi erano finestre sulla sua superficie, d’altronde non erano necessarie per poter vedere l’esterno.
“La più grande opera mai costruita dall’uomo, in campo ingegneristico, dottore.” Disse l’assistente, aveva tirato fuori un sorriso, probabilmente essendo parte di tutto quello, doveva sentirsi molto importante. Lui come molti, avevano lavorato al progetto dell’Arca Syramo. “Speriamo un giorno di poterne inviare ancora.”
“Sai quante anime riposeranno al suo interno?”
“Cinquemila anime, signore. Le liste che ho visto classificano una varietà di persone elevata ma possiamo suddividere in tre grandi reparti: scienziati, tra cui geologici, meteorologi e meccanici; le forze militari della OST alla quale si aggiungono un numero di civili per la colonizzazione; infine i diplomatici, una mia vecchia amica ha aiutato a stilare il Protocollo di Primo Contatto.” Disse il giovane assistente facendo un elenco rapido delle persone presenti, cinquemila coloni dentro la sua arca: il Dottor King non poteva che esserne fiero.
“Questa sarà solo la prima Arca a raggiungere il Sistema Bael. Le scannerizzazioni a lungo raggio ci hanno permesso di individuare un paio di mondi abitabili ma Naxos è perfetto, la prima metà che raggiungerà la Syramo.” Disse il Dottor King, i suoi occhi continuarono a fissare l’Arca nella sua immensità, poi finalmente si decise a distogliere lo sguardo dalla finestra ma solo perché un suono intermittente stava echeggiando nell’angolo della stanza distante da lui.
“Dovresti rispondere.” Disse una nuova voce di donna che aveva fatto il suo ingresso nella stanza, sia il dottore che l’assistente si voltarono verso l’ingresso dell’osservatorio vedendo una donna sulla cinquantina d’anni, con lunghi capelli biondo scuro a contornarle il volto chiaro e due occhi azzurri e penetranti.
“Dottoressa Prevett, buonasera. Vi lascio da soli allora.” Disse il giovane assistente meccanico salutando la donna appena arrivata.
Ella indossava la stessa tuta spaziale, i colori bianco e viola le donavano molto vista la carnagione, per di più, la tuta aderente le forniva delle linee fisiche morbide, come se le disegnassero il corpo. Era una donna alta e bella, con un fisico allenato e tonico. L’espressione era sicura di sé, determinata così come il modo in cui adesso fissava il Dottor King con le braccia incrociate al petto.
Lo scienziato annuì restando serio in volto, nonostante fosse comunque molto contento che la moglie lo fosse venuto a trovare, senza aggiungere altro, si spostò verso l’angolo della stanza arrivando quindi a premere il pulsante dell’interfono che lo avrebbe messo in collegamento con chiunque lo stesse chiamando.
“Signora Presidente, immagino di poterle dire buonasera. È un peccato che anche lei non sia qui a godersi lo spettacolo…” disse il Dottor King rispondendo con sagace sarcasmo. La conversazione fu molto breve, soprattutto visto che l’uomo aveva fretta di terminare per poter parlare con la moglie: erano passati sei mesi dell’ultima volta che si erano visti. Un tempo molto lungo.
Quando la conversazione con la Presidente terminò, il Dottor King si voltò verso la Dottoressa Prevett aspettandosi che lei lo baciasse o gli desse un abbraccio, ma nulla del genere accadde.
Lei aveva evitato il suo sguardo fino a quel momento, cercando di guardare altrove, aveva focalizzato ogni punto della stanza per capire cosa guardare. Nel momento in cui lui aveva terminato la chiamata, lei si voltò definitivamente verso di lui.
“Nemmeno più una dolce parola d’amore?” chiese lo scienziato.
“Non sono qui per scherzare, Richard!” disse lei con determinazione nella voce, persino a distanza di pochi metri tra loro, lo scienziato aveva modo di sentire il dolce profumo floreale della donna, era il suo preferito e lui glielo regalava ogni anno per il loro anniversario. Un pensiero piccolo e semplice, che lei apprezzava molto.
“Lo so tesoro, sei ancora arrabbiata con me. Non ci parliamo ormai da parecchie settimane ormai, come se fossi un mostro che ha pensato solo a sé stesso. Sai benissimo che non è così.” Disse lui cercando di mantenere un tono calmo, era evidente che la donna fosse già incollerita, il tono aggressivo che aveva usato era abbastanza esplicativo e non c’era margine d’errore.
“Nostro figlio è solo un ragazzo! Non capisco come non hai potuto dissuaderlo a partire! Dovrebbe restare qui con la sua famiglia, cercando di migliorare le cose nel Sistema Sol e invece tu lo vuoi spedire a cinque dannati anni luce dalla sua casa!” disse lei con tono accusatorio piegando leggermente in avanti la schiena e mantenendo un’espressione di pietra.
“Non è come credi, tesoro. Nostro figlio è grande abbastanza per decidere cosa vuole fare dalla vita. Lui non è uno scienziato, eppure il suo ruolo sarà molto importante; avrà l’occasione di fare quello che chiunque alla sua età vorrebbe fare.”
“No, Richard. Non è per niente così! Lui sta facendo quello che tu volevi fare, andare in quel maledetto sistema e giocare a fare l’esploratore. È il tuo sogno e mi rifiuto di credere che il mio bambino voglia andare così tanto lontano, c’è il tuo zampino!”
Il Dottor King respirò profondamente pensando a quali parole poter usare senza rischiare di far esplodere la donna. Ma lui conosceva bene la verità e non c’era per niente il suo zampino.
“Il nostro bambino ha venticinque anni. Ha l’età adulta per prendere decisioni e per assumersene le conseguenze; lui vuole andare in missione. Dopo quello che ha passato l’anno scorso, questa è la sua grande occasione per rimettere a posto la sua vita. E io sono più che d’accordo con lui su quanto questo possa aiutarlo, cambiare aria gli farà bene.” Disse il dottore, l’utilizzo dell’ultima frase però gli fece subito rendere conto che la donna era irata.
“Cambiare aria? Se voglio cambiare aria mi trovo una casa ai tropici anziché in montagna. Lui sta per affrontare un viaggio di SETTE anni in un sonno criogenico per andare in un luogo sconosciuto!” disse la moglie dello scienziato, in quel momento se avesse potuto, Richard King si sarebbe rimangiato volentieri quello che aveva detto.
“Ci tengo a precisare che, non entrerà nel sonno criogenico prima di un mese e che si sveglierà un mese prima dell’arrivo.” Disse il dottore, aveva utilizzato un tono più professionale, quasi come se stesse spiegando l’argomento ai suoi tirocinanti, ma era evidente che la moglie non lo avrebbe appoggiato e lo guardò torvo.
“Non trattarmi come una di quei ragazzini che stravedono per te. Si parla del futuro di nostro figlio. È vero che ha sofferto, ma non posso credere che abbia preso questa decisione, non avendone mai parlato, senza che tu ci avessi messo lo zampino!”
“Gli ho solo detto il mio parere al riguardo. Ha sempre saputo di questo progetto, ha sempre saputo che questa poteva essere un’occasione per cinquemila persone di cambiare la loro vita e di venire a contatto con mondi che non immaginiamo neanche.” Disse ancora il dottor King avvalorando le sue tesi ed esponendole tranquillamente alla moglie. “Il Sistema Bael è lì che aspetta di essere esplorato, nostro figlio è un soldato ed è preparatissimo ad affrontare tutto quello che proverà a fermarlo. Ha un impianto nella sua testa che gli permette di fare cose che molti altri non potrebbero mai. È dotato, è intelligente, è forte.”
A quei tre aggettivi, la dottoressa parve immobilizzarsi, come se si fosse resa conto di qualcosa: di certo, entrambi i genitori stimavano il loro figlio in tutto quello che era o che faceva. Nel momento di rabbia di quando il loro figlio aveva comunicato la volontà di voler partire per il Sistema Bael, più di otto mesi prima, la dottoressa non aveva visto con lucidità. Adesso si trovava di fronte la verità.
“Ho solo paura che possa mancarmi.” Disse lei rivelando finalmente i suoi sentimenti; il marito la guardò attentamente: era raro che la donna mostrasse ciò che sentiva e quando si trattava dei figli, sembrava sempre molto vulnerabile alle emozioni.
“Mancherà molto anche a me. Ma presto lo raggiungeremo, quando le cose si saranno sistemate. Inoltre le comunicazioni saranno online, tesoro. Potremo vederlo, sentirlo e scriverci costantemente, anche se con qualche giorno di ritardo. E chissà, un giorno nostro figlio potrebbe essere definito un pioniere.”
Era così che il Dottor King vedeva il futuro del proprio figlio: magari vicino alla persona che più lo avrebbe amato, così com’era successo a lui quando aveva cominciato a lavorare nella OST e aveva conosciuto la sua attuale moglie, era stata la passione per il lavoro ad unirli.
Non era certo di quale reazione avrebbe avuto la moglie, sembrava scossa e arrabbiata, ma la donna bionda si limitò semplicemente e fare un pesante sospiro buttando fuori tutta la rabbia che aveva dentro di sé avendo capito che le parole del marito erano veritiere.
“Hai parlato con lui, non è vero?” chiese il marito ancora.
“Sì, ho cercato di dissuaderlo. Ma la verità è che nostro figlio sa benissimo quello che fa ed è certo della sua decisione. Hai ragione tu, mi sbagliavo prima di oggi.”
A quel punto la donna era tranquillizzata, Richard King si avvicinò alla moglie Mila alzando le mani in modo da congiungersi con quelle della donna e afferrandogliele dolcemente, entrambi si guardarono in viso e lui le sorrise cercando di farla sentire bene; lei di tutta risposta gli passò una mano sulla guancia ricoperta dalla folta barba castano scuro.
“Non ti preoccupare, tesoro. Andrà tutto bene, vedrai.” Disse lui carica di positività ed energia, la donna a quel punto annuì, si scambiarono un leggero bacio sulle labbra per poi separarsi ancora una volta, lei si avvicinò alla porta d’ingresso dell’osservatorio.
“Tra poco cominceranno ad arrivare i Passeggeri.” Disse la dottoressa nominando i futuri coloni del Sistema Bael, se quella spedizione fosse andata come previsto, ce ne sarebbero state altre e un giorno lei stessa avrebbe potuto ricongiungersi col figlio. “Ti aspetto in sala controllo, va bene?” disse, il marito annuì e lei uscì.
Il dottor King si avvicinò ancora una volta alla finestra d’osservazione dove l’imponente Arca Syramo risplendeva colpita dai lontanissimi raggi solari, anche se, immersa nel buio della regione del sistema più esterna, sembravano inesistenti.
“Andrà tutto bene.” Si ripeté soddisfatto il dottore. Poi con un ultimo sorriso, si mise alle spalle la finestra per raggiungere la moglie.






Angolo Autore:
Buonasera a tutti, o buongiorno lettori e lettrici amati del Sci-fi. Questo piccolo spazio serve per darvi il benvenuto, nella speranza che queste pagine siano state di vostro gradimento. Sono uno ragazzo di 26 anni con la passione della scrittura. Non pubblico da molto qui su EFP e voglio tornare a farlo così da far leggere quanto ho da raccontare. Spero che la lettura sia stata piacevole e chiedo perdono in anticipo per tutti gli errori di grammatica/ortografia che potrete o avete incontrato, faccio editing da solo per il puro amore della scrittura.
Per oggi, pubblicherò i primi tre capitoli di questa mia storia (ho già scritto tutto il racconto, in realtà) e mi accingo a pubblicarne almeno uno al giorno, impegni permettendo. Fatemi sapere che ve ne pare e se mi consigliare di pubblicare tutto in una volta o di fare un capitolo alla volta. Ogni consiglio è più che gradito. Buon proseguimento da qui in poi.

E grazie a tutti voi che scegliere di seguire il giovane Raider nelle sue avventure spaziali.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Inquisitor95