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Autore: flatwhat    04/02/2022    1 recensioni
Una gita oltre i confini di Encanto prende una piega tragica.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  "Non allontanatevi troppo!"

  Così li aveva salutati Julieta, quella mattina.

  Una scampagnata fuori dai confini di Encanto, oltre le montagne spezzate, li attendeva.

  Erano andati in tre in esplorazione: Mirabel, da sempre la più intraprendente della famiglia e colei che sarebbe stata, nessuna obiezione da parte di nessuno, l'erede di Alma; Antonio, perché voleva bene alla sua prima e non voleva starle lontano nemmeno per cinque secondi; e infine Bruno, perché ci voleva un adulto a controllare che quei due scapestrati non si facessero male.

  Non c'era niente da temere, in fondo, no? Non volevano andare più in là del... Beh, il fiume dove era cominciato tutto. Solo un'occhiata al nuovo paesaggio lasciato dallo squarcio del monte, per vedere cosa li attendeva ora che Encanto non era più isolata dal resto del mondo.

  In ogni caso, finché avevano il Miracolo dalla loro parte, non avevano niente da temere. Julieta, giusto per ogni evenienza, aveva dato loro delle empanadas per pranzo.

  Accompagnati dagli animali di Antonio, i tre attraversarono il villaggio.

  Il bambino saltellava di qua e di là, tirando gli orli del ruana di Bruno. Avevano finito di ricostruire Casita solo da una settimana, e Antonio non conosceva ancora del tutto quello strano tío che, per tutta la sua breve vita, ancora tutta da vivere, lo aveva solo osservato da dietro le mura. Ma non ne era spaventato, anzi! Dal momento in cui i topini gli avevano raccontato ogni cosa, sapeva di potersi fidare di lui. Gli amici di Mirabel erano anche amici di Antonio!

  Dal canto suo, Bruno era più che paziente nel subire quelle attenzioni, benché non ci fosse più abituato. Antonio era stato l'unico nipote che non aveva avuto modo di prendere in braccio quando era neonato, e per anni questa angoscia gli aveva appesantito il cuore. Se non altro, il suo piccolo sobrino non ce l'aveva con lui per questo motivo.

  Anche Mirabel, tra un saluto a qualche abitante del villaggio e un altro, gli si attaccava giocosamente al braccio, come a voler dire a tutti: "Questo è il mio tío Bruno e guai a chi mette ancora in giro strane voci sul suo conto!"

  Già, Bruno non era più abituato a tutto ciò. Il sole, l'aria aperta, l'amore incondizionato della famiglia...

  "Non è fantastico?" Stava dicendo Mirabel. "Una scampagnata solo noi tre: i fratelli più piccoli della famiglia!"

  "Ma anche i più fantastici!" La seguì Antonio, saltellando.

  "Ehi!" Disse Bruno con scherzosa disapprovazione. "Io ho la stessa età di Juli e Pepa!"

  "Sì, ma Abuela dice che sei nato per ultimo." Mirabel gli fece un sorriso a trentadue denti. "Quindi sei dei nostri!"

  Bruno scrollò le spalle. Non era certo la prima volta che veniva trattato come il piccolo dei gemelli Madrigal, e in realtà la cosa non gli dispiaceva poi così tanto, a maggior ragione se significava fare gruppo con quei due scalmanati, così pieni di vitalità e gioia. Era anche grazie a loro, che la famiglia Madrigal era di nuovo unita. Era anche grazie a loro, che Bruno poteva uscire al sole a testa alta.

  "Tío, tío!" Lo chiamò Antonio. "Chi è il tuo preferito? Sono io, vero?"

  "Oh, Tonito, ma come!" Rise Bruno. "Non posso fare mica distinzioni, voglio bene a tutti allo stesso modo." Poi prese il piccoletto in braccio e gli sussurrò all'orecchio, ma non troppo piano, in modo che anche Mirabel sentisse e capisse lo scherzo. "Ovvio che sei tu il mio preferito!"

  Sia Antonio che Mirabel risero di cuore. Quella giornata sarebbe stata memorabile.

  Giunti al fiume, Bruno si fermò un attimo. Non era mai stato da quelle parti, prima d'ora.

  Tirò fuori il rosario che aveva al collo e disse una preghiera veloce per il padre. Non lo ricordava nemmeno, ma non poteva non sentire lo stesso una stretta allo stomaco, nel trovarsi nello stesso luogo in cui era stato ucciso.

 "Scusami." Gli disse Mirabel. "Non avrei dovuto costringerti a venire qui."

  Bruno scosse la testa. "Non preoccuparti, mija. Sto bene. Certo che mi somigli parecchio, eh!"

  Antonio, nell'innocenza dei suoi cinque anni, non aveva collegato il fiume alla morte del suo abuelo, per cui stava felicemente con i piedi a mollo, giocando a spruzzarsi di acqua con il suo tucano e il suo giaguaro.

  "Mangiamo le empanadas?" Disse, quando tutto quel movimento gli aveva fatto venire fame.

  "Se mangi adesso, poi dovrai aspettare un po', prima di tornare in acqua." Gli rispose Mirabel.

  Quella risposta fu abbastanza per convincere Antonio che non aveva affatto fame. Riprese a giocare beatamente.

  "Allora io vado a sbirciare oltre i monti e torno, ok?" Bruno fece per allontanarsi. Mirabel gli afferrò la mano.

  "Come, da solo?"

  "Cosa vuoi che sia? Vado e torno."

  Mirabel si alzò dalla roccia in cui si era seduta.

  "Tío, sono venuta qui perché è mia responsabilità, vedere ciò che c'è oltre Encanto."

  E lì stava il nodo della questione. Bruno sospirò, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Si voltò a guardare la sua sobrina, così fiera e già così grande.

  "Non voglio che tu porti tutto questo peso." Le disse. "Non voglio che..."

   Si morse la lingua.

  "Non voglio che diventi come la tua abuela," era quello che stava per dire, ma si fermò in tempo. Bruno amava sua madre tanto quanto il resto della famiglia, ma non poteva negare che era stata la sua testardaggine nel voler portare il peso di tutti addosso a ferire i suoi discendenti.

  "Ascolta." Disse invece. "Hai solo quindici anni. Rimani qui a giocare con Antonio e lascia le cose da adulto a me."

  Mirabel sembrò presa alla sprovvista, da quelle parole. Per qualche secondo, Bruno la osservò cercare di trovare parole a sua volta per rispondergli. Poi, gli occhi le si velarono di lacrime.

  "Cosa? No, aspetta, non..."

  Cercò maldestramente di confortarla, ma lei gli prese entrambe le mani, come se fosse lui quello che andava confortato.

  "Non vuoi mai che io mi carichi un peso troppo grande." Disse. "Ma allora, perché te lo devi sempre caricare tu, per proteggermi?"

  Ah. Beh, in effetti non aveva tutti i torti.

  Bruno ricambiò la stretta.

  "Scusami." L'aveva ferita, cercando di proteggerla per dieci anni, e questo era tutto ciò che sapeva dire di risposta. "Davvero."

  Mirabel si asciugò una lacrima. "Andiamo insieme?"

  "Va bene." Disse Bruno, cercando di sorriderle. "Certo che mi assomigli parecchio."

  Attraversarono le acque del fiume insieme ad Antonio, che Bruno portò in braccio quando diventarono un po' troppo profonde per lui.

  Eccolo lì, il mondo esterno. Li aspettava proprio fuori dall'acqua.

  "Non sembra così diverso da quello che abbiamo a Encanto." Commentò Mirabel, osservando la giungla di fronte. Versi di animali echeggiavano tra gli alberi, e Antonio li ascoltava tutto eccitato. Chiaramente non vedeva l'ora di farsi nuovi amici.

  "Ok." Disse Bruno. "Ora che abbiamo visto, torniamo indietro." I due nipoti lo fissarono con grossi occhi da cuccioli tristi. "Abbiamo promesso così ai vostri genitori. Andiamo e torniamo! Gli abbiamo detto così."

  "Possiamo mangiare le empanadas, prima?" Chiese Antonio.

  "Mangiamole al ritorno, così poi possiamo rilassarci e asciugarci al sole."

  "Tío." Disse Mirabel. "C'è qualcosa che non va?"

  In effetti, c'era qualcosa che non andava. Bruno si strinse il braccio sinistro.

  Aveva paura. Non sapeva di cosa, nello specifico, ma non era mai stato fuori da Encanto. Nessuno di loro lo era mai stato. Non riusciva a scrollarsi uno strano presentimento di dosso. Meglio mandare qualcun altro, a perlustrare con attenzione il mondo esterno!

  Anche se loro avevano il Miracolo dalla loro parte...

  E proprio nel pensare queste cose, gli occhi gli bruciarono momentaneamente.

  Una visione involontaria, la prima che gli veniva da quando avevano riacquisito i poteri.

  Degli uomini a cavallo.

  Stavano venendo.

  Nella loro direzione.


  Prima che Mirabel potesse fargli domande, Bruno le cacciò Antonio in braccio.

  "Torna indietro e corri. Va' ad avvisare tutti."

  "Cosa?! Tío..."

  Bruno si mise a correre.

  "Non seguirmi!" Urlò.

  Mirabel lo stava seguendo comunque. Bruno si voltò rapidamente verso di lei.

  "Fa' quello che ti dico, per una volta!"

  Mirabel si fermò, ammutolita. Strinse di più Antonio fra le braccia.

  Bruno non ebbe neanche il tempo di pensare "Ecco, bene" che andò a sbattere con forza contro qualcosa. Cadde all'indietro.

  Un grosso cavallo nero lo sovrastava. Il suo cavaliere era uno sconosciuto dall'espressione tutt'altro che amichevole. Era armato. E non era solo.

  Una decina di uomini a cavallo, tutti armati di spada, li stava circondando.

  Bruno si fece più indietro che poteva, strisciando per terra. Si mise seduto e alzò le mani in segno di resa.

  "Mirabel." Chiamò senza voltarsi. "Corri."

  Non sentì alcun passo.

  "Mirabel!" Ripeté, voltandosi verso di lei. "Corri!"

  Non riuscì neanche a finire di pronunciare quell'ultima parola, che un dolore acuto lo attraversò.

  Cadde all'indietro, la testa che gli girava, il panico che gli cresceva dentro. Faceva fatica a respirare, ma riuscì a afferrare la mano che ancora teneva la spada che lo trapassava. Lo sconosciuto tentò di dibattersi, ma Bruno sapeva che se avesse tolto la spada, sarebbe morto dissanguato.

  "Non posso morire ora!" Pensò. "Devo riportare a casa i bambini. Devo..."

  Sferrò un calcio all'uomo, che lasciò la presa per non cadere dal cavallo spaventato. Tentò di trascinarsi via, ma il dolore gli attraversava tutto il corpo e gli altri uomini stavano chiudendo sempre più il cerchio e il sangue che gli fuoriusciva dalla bocca era così caldo e-

  "Mamá." Chiamò con un fil di voce. "Aiuto... Papá..."

  Sentì il grido disperato di Antonio.

  L'ira della giungla si abbatté su quei banditi.

  Animali da ogni dove. Uccelli che si abbattevano sui cavalieri e giaguari che si lanciavano sui cavalli.

  Bruno cadde indietro, stringendo la spada che ancora lo trafiggeva. Con la vista annebbiata, riuscì a scorgere i cavalli che si allontanavano sempre di più. Poi, più nulla.

  Sentì che gli veniva cacciata in bocca un'empanada, ma non era sicuro di ricordarsi come si masticava. Era tutto buio.

  Poi, sentì una mano toccargli la guancia. Era una mano troppo grande per essere di Mirabel o Antonio.

  Una voce calda, la voce di un uomo, gli parlò con amore.

  "Abre los ojos."

  Riaprì gli occhi di scatto, boccheggiando. Sentiva la ferita risanarsi.

  Si pulì le labbra dal sangue e le briciole di empanada, osservando i dintorni con agitazione. Quegli uomini non c'erano più, c'erano solo parecchi giaguari che li osservavano, li difendevano.

  Mirabel e Antonio erano disperatamente aggrappati al suo ruana sporco di sangue, i loro corpi scossi dai singhiozzi.

  "Sono qui, mijos." Riuscì a dire, con voce ancora strozzata dal sapore del sangue. Antonio aveva il viso nascosto nella stoffa e piangeva a dirotto. Mirabel tamponava la zona che era stata guarita, come a voler fermare ancora l'emorragia che non c'era più. Lo fissò, lacrime silenziose e occhi sgranati. Le sue piccole, dolci mani che gli avevano fatto quel nuovo ruana per regalo erano sporche di sangue e fango.

  "Mi dispiace." Le disse. "Ho rovinato il tuo regalo."

  Una diga si aprì nel cuore di Mirabel, e la piccola lo strinse al collo e si concesse di piangere come la bambina che era.

  Bruno ricambiò la stretta dei due bambini come meglio poteva. Chiuse gli occhi, non badando alle proprie lacrime che lavavano via il sangue dal suo volto.

  "Sto bene."

  Non sapeva come avrebbero portato la notizia al resto della famiglia. Dios, come l'avrebbe presa Mamá? Aveva quasi perso suo figlio nello stesso identico modo in cui aveva perso il marito. Sarebbero mai tornati, quegli uomini? Encanto si sarebbe chiuso di nuovo al mondo esterno?

  E che trauma aveva inferto a quei due bambini, già traumatizzati, che quasi l'avevano visto morire davanti a loro?

  Ma pensarci adesso era troppo doloroso.

  Per il momento, Bruno abbracciò Mirabel e Antonio più forte che poteva, e si scoprì contento di essere vivo.
  
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