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Autore: FreddyOllow    06/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'auto della polizia si fermò davanti a un supermercato. Marvin scese dalla macchina, seguito da Nick Layers, un uomo sulla trentina, magro, con le orecchie a sventola e fresco di accademia. Aveva richiesto servizio a Stone-Ville, una città vicino a Raccoon City. Ma l'avevano spedito nella sua città natale, che non aveva mai amato.
Si fecero strada fra la folla accalcata davanti all'ingresso, che osservava inorridita un cadavere lacerato in una pozza di sangue rappreso. Alcuni poliziotti faticavano a tenerli lontani. Un forte tanfo di putrefazione aleggiava nell'aria.
"Marvin" disse un poliziotto, vicino al nastro adesivo giallo della polizia.
"Ciao, Pete" rispose Marvin.
Pete era un uomo robusto, sulla quarantina. Portava i capelli neri tirati su un lato, una corta barba rasata e le sopracciglia curvate un poco all'insù.
Sollevò il nastro adesivo giallo. "Come mai ieri non sei venuto al bowling? Ti abbiamo aspettato."
"Per perdere altri cinquanta dollari? No, grazie." Marvin passò sotto il nastro giallo, seguito da Nick.
Pete smorzò un mezzo sorriso. "E dai, non sei così malaccio. Hai una buona tecnica."
"Nel fare andare tutte le palle fuori pista? In effetti sono imbattibile in questo aspetto."
Pete e Nick risero.
Un giornalista provò a sgattaiolare sotto il nastro, ma Pete lo fermò per un braccio. "Ehi! Dove credi di andare? Stai indietro! Indietro!"
Il giornalista indietreggiò e scomparì velocemente tra folla.
Marvin e Nick si avvicinarono al cadavere. Due uomini lo stavano esaminando. Marvin li non aveva mai visti prima d'ora. Indossavano un completo nero, sotto a camicie bianche e cravatte viola. Entrambi i loro visi erano austeri, per nulla amichevoli.
Marvin e Nick si fermarono alle loro spalle.
"Li conosci, tenente?" sussurrò Nick.
"No."
"Non sembrano di queste parti."
"Cosa te lo fa pensare?"
"Intuizione."
"Lascia fare a me" disse Marvin. Poi si rivolse ai due uomini. "Cosa abbiamo qui?" Si chinò sul cadavere.
I due uomini si limitarono a lanciargli un'occhiata con fare apatico.
Marvin si irritò, ma non lo diede a vedere. "Ferita da arma da fuoco.... Forse un .9mm... Sembra che l'abbiano crivellato per bene, giusto?" Domandò ai due uomini, che non lo degnarono di uno sguardo. Rimase in silenzio per un momento, poi li fissò. "Dov'è il coroner?"
"Non verrà nessuno" rispose uno di loro. Un uomo calvo, sulla cinquantina, con un paio di occhiali piccoli e rotondi.
"C'è sempre il coroner quando si tratta di cadaveri."
"Non questa volta" disse l'altro uomo. Aveva l'aspetto snello, sulla quarantina, gli zigomi pronunciati e un occhio dalla palpebra cadente.
"Chi siete?" chiese Marvin.
Nessuna risposta.
L'uomo calvo si alzò, prese il cellulare dalla tasca e compose un numero. Se lo portò all'orecchio. "Certo... Può darsi... Non faremo nulla... Aspetteremo qui." Posò il telefono in tasca.
"Che succede?" domandò Marvin, che venne ignorato.
Pete gli si avvicinò, senza distogliere lo sguardo dalla folla. "Ehi, Marvin. Non sprecare fiato con quei due. Non ti diranno un bel niente."
L'uomo calvo gli lanciò un'occhiata malevola.
Marvin e Nick sorrisero.
"Hanno arrestato un uomo." continuò Pete. "È alla centrale. Dice che questo tizio aveva provato a morderlo o qualcosa del genere."
"Lo ha ucciso lui?"
"È questo il bello. Dice che era già morto e che l'ha ucciso di nuovo."
Marvin era confuso. Gli balenarono in mente gli efferati omicidi vicino alle montagne Arklay. Episodi di cannibalismo, che alcuni smentivano come attacchi di famelici animali. "Come ha fatto a ucciderlo, se era già morto?"
Pete sollevò le spalle. "Secondo me è uno schizzato. Magari era sotto effetto di droghe."
I due uomini in nero li stavano ascoltando, senza guardarli.
Marvin si voltò verso Nick. "È meglio fare un salto in centrale, recluta."
"Ma non abbiamo ancora esaminato il cadavere, tenente."
"Non siamo qui per questo. Ti ho portato qui per familiarizzare con la scena del crimine. Ora andiamo."
I due uomini in nero li guardarono andare via.
Venti minuti dopo, due berline nere si fermarono davanti al supermercato facendo fischiare le ruote. Cinque uomini in giacca e cravatta uscirono dalle auto e scacciarono via la gente tra spintoni e minacce di arresto.
"Ehi! Ehi! Calma!" gridò Pete. "Che state facendo?"
Un uomo dagli occhi incavati urlò qualcosa per avere l'attenzione di tutti i poliziotti. "D'ora in poi ci occuperemo noi del caso. Potete andare!"
Pete stava per chiedergli chi era, quando l'uomo gli mostrò velocemente una tessera nera, al cui centro c'era la forma di un ombrello aperto. Non era sicuro che fosse lo stesso stemma dell'Umbrella. "Il caso passa a noi."
Nello stesso momento giunse un furgone nero, da cui scesero quattro uomini con delle tute hazmat bianche. Raggiunsero il cadavere, lo misero in un sacco nero e lo trasportarono a bordo del furgone.
Pete digrignò i denti.

 

Marvin e Nick erano bloccati nel traffico delle tredici sull'autostrada Mission Street. L'aria era pregna di smog e benzina. I Clacson delle autovettura risuonavano senza sosta sotto una cielo limpido. Gli schiamazzi della gente, che dicevano ai conducenti davanti a loro di muoversi, giungevano ovattati nell'auto della polizia.
I due poliziotti erano in silenzio da almeno venti minuti.
"Potrei cuocere un uovo sul cofano" disse Nick. "Fa un caldo bestiale. Non trovi, tenente?"
"Lo so che non ti piace stare in silenzio, Nick, ma almeno evita di fare battute prese da qualche serie tv."
Nick abbassò gli occhi. "Mi scusi, tenente."
"Dai, scherzavo!" sorrise Marvin. "Comunque l'autunno da questi parti è così. Se ti metti all'ombra, ti si gelano le ossa. Se ti metti sotto al sole, ti sciogli come un ghiacciolo."
"Ora sei tu a fare battute scontate, tenente" sorrise Nick.
Marvin scosse la testa in un mezzo sorriso.
Rimasero in silenzio per un momento, assordati un poco dai lamenti degli automobilisti bloccati sull'autostrada.
"Forse c'è stato un incidente più avanti, tenente" disse Nick.
Marvin provò a guardare oltre le auto. "Forse... Alla radio non hanno detto nulla."
"In ogni caso rimarremo bloccati qui per un altro po'."
Un elicottero nero sorvolò il cielo. Il rombo dei motori fece tremare il manubrio e la carrozzeria dell'auto. Tutti i clacson e le grida si ammutolirono. Il velivolo volò lungo l'autostrada e scomparve dietro i grattacieli. I Clacson e le grida ricominciarono a tempestare le orecchie dei due poliziotti.
"È un elicottero dell'Umbrella" disse Marvin.
"Già. Ieri ne ho visti molti sorvolare il cielo."
"Davvero?"
"Sì, andavano tutti verso uptown. Chissà cosa combinano lì..."
Marvin si accigliò. "Che vuoi dire?"
"Hai presente gli episodi di cannibalismo? Un mio amico pensa che dietro gli omicidi ci siano loro. L'Umbrella. Voglio dire, l'Umbrella produce medicine, no? Qualcosa del genere, giusto? Allora lui ha pensato che magari una delle loro medicine ha avuto effetti collaterali."
"Vuoi dire che qualcuno ha mangiato quella gente per gli effetti indesiderati?"
"Può darsi" rispose Nick. "Chi lo sa. Voglio dire, tutto è possibile, no?"
"Mi sembra una teoria complottista."
"Beh, anche a me. Ma se ci pensi..." Si zittì, cercando di trovare parole migliori. "Se ci pensi è possibile, no? Pensa, ad esempio, alle droghe pesanti, ai funghi allucinogeni. Possono farti vedere ciò che non esiste. Cose assurde, insomma."
"Non ti seguo, ma so dove vuoi arrivare."
"Davvero?" chiese Nick con un sorriso. Finalmente qualcuno che la pensava come lui.
"Anch'io sospetto dell'Umbrella. Sui cadaveri sono stati rinvenuti morsi umani, ma il nostro capo Irons la pensa diversamente. Ha detto ai giornalisti che è opera di un animale."
Nick sbuffò una risata. "Animale con denti umani?"
Marvin sorrise. "Una buona parte del distretto la pensa come me e te. Alcuni credono che Brian stia coprendo qualcuno. E quel qualcuno, secondo me, è l'Umbrella. Altri credono che non vuole spaventare i cittadini."
L'auto davanti alla loro cominciò a muoversi.
"Finalmente ci muoviamo!" disse Nick, sollevato.
"Chi è il tuo amico?" domandò Marvin.
"Un giornalista. Lavora in proprio."
"Quanto è informato?"
Nick era nervoso. "È un interrogatorio, tenente?"
"No. Semplice curiosità."
"Beh, posso dirti questo. Lui crede che chi ha ucciso le vittime, proveniva da una villa sulle montagne Arklay."
Marvin guardò Nick. "Sicuro che sia solo un giornalista?"
"Pensi che ti mentirei, tenente?"
"No, ma non mi sembra il solito giornalista."
"Ha ottimi contatti."
"E questi contatti per caso fanno parte della S.T.A.R.S? O sa qualcosa di loro?"
Nick lo fissò negli occhi. Non sapeva bene cosa dire. "Io... v-voglio dire... È una persona informata. T-tutto qui."
"È troppo informato. Nel distretto solo poche persone sanno che..." Si zittì per un momento. "Lasciamo perdere. Non posso parlartene. Forse è meglio così."
Rimasero in silenzio. L'auto della polizia sorpassò un camion con un rimorchio, svoltò a destra, proseguì lungo la corsia di decelerazione e si immise nello svincolo.
"A quanto pare non c'è stato nessun incidente" disse Nick, svoltando su Ennerdale Street.
"Capisci perché non posso parlartene?" aggiunse Marvin, collegandosi al discorso di prima.
"Perché sono una recluta?"
"Esatto. Ma sembra che tu sappia troppe cose per una recluta."
"Beh, mi tengo informato."
"Farai carriera."
Nick fu spiazzato da quella frase che pareva un complimento. "Grazie, tenente."
"Ma non andare in giro a dire ciò che pensi su questa storia, intesi? Alcuni agenti hanno perso il posto per pettegolezzi da bar."
Nick fece il gesto di chiudere la bocca come una zip e di buttare la chiave.
"Dico sul serio, Nick. Non parlarne in centrale. Lì le pareti hanno occhi e orecchie. Se una piccola voce arrivasse alle orecchie del capo, beh, dovresti dire addio alla tua carriera nella polizia. E non parlo solo di Raccoon City. Brian ha molti amici desiderosi di compiacerlo."
"D'accordo, Tenente." disse Nick, serio in volto. "Non lo farò."

 

Una volta al distretto, trovarono una donna sulla quarantina lamentarsi con un poliziotto nella sala d'attesa. Una bambina di quattro anni stringeva la gamba della madre, il viso lacrimato.
"Indossava una maschera o no, signora?" Domandò il poliziotto, esasperato. Teneva un foglio e una penna nella mani.
"Non... non lo so" rispose la donna con faro irato, la camicia sporca di sangue. "Mi ha assalito. Era... era nel vicolo."
"Lo so, signora. Me l'ha già ripetuto. Ma prima avete detto che indossava una maschera, giusto?"
"Sì... Voglio dire, no. Non era una maschera. Era... era reale. Si vedevano i denti e l'osso della mascella."
Marvin e Nick raggiunsero la donna. "Mi scusi, signora."
La bambina, che aveva un dito in bocca, fissò Marvin. La madre si voltò. "Almeno tu mi puoi aiutare? Lui non mi capisce. Non mi crede."
Il poliziotto roteò gli occhi al soffitto, esasperato. "Certo, che vi credo signora. E solo che..."
"Agente, mi occupo io della signora."
"Va bene, tenente" rispose, ringraziandolo con un cenno della testa per averlo liberato dalla donna.
"Qual è il vostro nome?" chiese Marvin.
"Liah Sanders" rispose la donna. Sembrava essersi tranquillizzata.
"Sono il tenente Marvin Branagh. E lui è Nick Layers." si chinò verso la bambina e le sorrise. "Questa bella bimba come si chiama?"
"Tata" disse la bambina, nascondendo la faccia dietro le gambe della madre.
"Si chiama Tania" aggiunse la madre.
"Ti piacciono le caramelle?" Domandò Marvin alla bambina.
Tania sgranò gli occhi e annuì.
"Nick. Vai a prenderne una dal mio ufficio."
"Sì, tenente."
"Allora, Signora Sanders" disse Marvin. "Mi dica cosa è successo?"
"Sono... sono stata assalita da..." Liah non trovava le parole. "Da un uomo, ma non era un uomo."
"Si spieghi meglio."
La donna cominciò ad agitarsi. "Non so come spiegarlo, ma sembrava uscito da un film dell'orrore. Ha cercato di mordere la mia bambina, poi ha fatto lo stesso con me. Così ho urlato, e sono fuggita via."
"E vostro quel sangue sulla camicia?"
"No. È di quell'uomo, di quella cosa. Mi ha afferrato la camicia, prima di mordermi."
"Quindi vi siete liberata dalla presa?"
"No, è caduto a terra..." Liah pareva confusa. "No, no, è scivolato. C'era molto sangue a terra. È scivolato sul sangue. Sì, sul sangue."
Nick tornò con diversi gusti di caramelle. "Non so quale gusto ti piaccia" disse a Tania. "Scegline uno."
La bambina li fissò per un momento, rapita. Poi glieli strappò tutti dalle mani.
"Ehi, Tania." La rimproverò la madre. "Non si fa. È da maleducati. Devi sceglierne uno."
"Non preoccuparti, signora" rispose Marvin.
"Deve imparare le buone maniere." Gli tolse di mano le caramelle e le lasciò quella alla fragola, posando gli altri sul bancone. La bambina scoppiò a piangere, nascondendosi dietro la madre.
Marvin e Nick si lanciarono una fugace occhiata.
"Mi credete, agente?" chiese la donna.
"Tenente." La corresse Marvin con una nota d'orgoglio. "Quindi tutto quel sangue era di quell'uomo?"
"Non lo so. Ero troppo terrorizzata. Non ricordo."
"Va bene, signora. Ora dovrà compilare questo..."
"No!" Sbottò Liah. La figlia sgranò gli occhi, spaventata. "Dovete andare lì! Non compilerò un bel niente finché non ci andrete!"
"Si, calmi signora" disse Marvin. "Sono sicuro che avranno già mandato una pattuglia." Guardò il poliziotto dietro il bancone, che scosse la testa.
"Non hanno mandato nessuno!" Urlò delirante la donna. "Nessuno! Sono qui da due ore e non ho fatto altro che ripetere le stesse cose."
"Agente" disse Marvin con tono autoritario. "Mandi subito una pattuglia."
"Sì, tenente"
Liah strinse sua figlia. "Non mi sento al sicuro con quella cosa là fuori. E se ritornasse? Se volesse farci di nuovo male?"
"Resterete qui per stanotte, ok?" rispose Marvin.
Liah lo abbracciò. "Grazie, agente. Grazie!"
"Sono un tenente" ripeté Marvin, un poco irritato.

 

Quando si allontanarono dalla sala d'attesa, Nick lo fermò per un braccio. "Perché non hai mandato una pattuglia a sorvegliare la casa della donna, tenente?"
"Perché siamo a corto di personale. E non so nemmeno il motivo."
"Comunque è da un po' che in città ci sono molti casi come questo, non credi?"
"Già, e tutto ciò è davvero strano."
Camminarono nel corridoio e svoltarono a sinistra, proseguendo per gli uffici. Notarono che c'erano più persone del solito sedute accanto alle scrivanie dei detective. Quasi tutte avevano le facce sconvolte e gli indumenti macchiati di sangue. Altri piangevano e singhiozzavano. I detective avevano i volti esausti.
Marvin corrugò le sopracciglia. "Non ho mai visto tanta gente nel distretto."
"Manca solo il sindaco" rispose Nick con una battuta.
"Perché sono tutti sporchi di sangue?"
"Bella domanda, tenente."
"Comincio a credere che sta succedendo qualcosa di strano in città."
Superarono le scrivanie ammassate al centro della sala e si diressero nella stanza degli interrogatori. Quando aprirono la porta, trovarono un uomo zuppo di sangue dalla testa ai piedi. Aveva le mani ammanettate sul tavolo. Alzò lentamente la testa e li osservò.
Marvin e Nick si guardarono, sorpresi.
"Siete venuti per estorcermi una confessione?" disse l'uomo dalla voce cupa e roca. "Ve l'ho già detto. Mi sono difeso... Ho dovuto farlo."
Quando Marvin fece per parlare, un uomo sulla cinquantina entrò nella sala degli interrogatori.
"Oh, tenente Branagh" aggiunse l'uomo sorpreso di vederlo.
"Capitano Johnson" rispose Marvin.
Mike Johnson era un uomo affascinante, dalla parlantina lenta e dagli occhi magnetici. Indossava una giacca marrone scuro, sotto una camicia nera. Fece un cenno ai due di uscire dalla stanza. "Immagino che siete qui per interrogarlo?"
"Di certo non per berci un caffè insieme."
Mike Johnson rise. "Molto spiritoso. A proposito, il capo ti cerca. Sembrava piuttosto urgente."
"Cosa vuole?"
"Non me l'ha detto. Faresti meglio a sbrigarti."
Marvin si rivolse a Nick. "Occupati tu dell'interrogatorio."
"Ma non l'ho mai fatto, tenente" sussurrò Nick.
"Non preoccuparti. Mike ti aiuterà." Si allontanò.
Mike diede una pacca sulla spalla a Nick, con un sorriso beffardo. "Bene, ragazzo. Fammi vedere come te la cavi."

 

Gli uffici si erano riempiti di gente e altre persone continuavano ad arrivare. Marvin ebbe qualche difficoltà a districarsi tra la folla, finché salì le scale. Molte delle persone si lamentavano di essere state attaccate da maniaci o drogati nel parco e nei vicoli. E molti dicevano che non erano umani, ma mostri. Mentre gli agenti faticavano a mantenere l'ordine, i detective erano a un passo da una crisi nervosa.
Marvin bussò alla porta dell'ufficio di Brian Irons, il capo della polizia.
"Avanti" disse una voce dall'interno.
Marvin aprì la porta e la richiuse alle sue spalle. "Capo Irons. Avete chiesto di me?"
"Sì, certo" rispose Brian con fare stizzito. Sedeva dietro la grande scrivania di abete con il volto arrossato. Una bottiglia di Scotch vuota sul mobiletto indicava che aveva bevuto troppo. Lungo le pareti erano appese le teste imbalsamate di alcuni animali. L'intero ufficio sembrava un tetro museo dell'imbalsamazione.
Irons lo fissò per un momento. "Vuoi startene tutto il giorno in piedi? Siediti." Fece una pausa. "Hai visto cosa c'è là fuori? La gente sta impazzendo." Sorrise sollevando un angolo della bocca. "Sono nel panico. È tutta colpa di quel fottuto attivista... com'è che si chiama... ah, sì, Ben Bertolucci. Quel dannato idiota ha scritto articoli fasulli su di me e su quei maledetti omicidi avvenuti sulle montagne Arklay. Ma ora basta!" Batté un pugno a martello sulla scrivania. "Ha finito di scrivere stronzate!"
Marvin non capiva dove Brian volesse arrivare, ma cercò di non darlo a vedere. Si limitò a lanciare un'occhiata alla testa impagliata di un orso.
"Vedi, tenente Branagh" aggiunse il capo Irons, cercando di rimanere calmo. "Ho una reputazione da difendere. L'intero dipartimento è sotto l'obiettivo di quel dannato giornalista. E come se non bastasse, ho saputo che si è messo a ficcanasare in giro. Ho ricevuto..." Si corresse velocemente. "Abbiamo ricevuto diverse denunce da parte dell'Umbrella. Ora, come ben sai, l'Umbrella finanzia diversi settori del nostro dipartimento e vuole solo il bene di questa città." Fece un sorriso di circostanza. "Per cui dovrai sbattere in cella quel dannato giornalista. Ho un mandato d'arresto... dov'è? Dove l'ho messo, dannazione..." Calò una mano grassoccia sotto una pila di documenti e ne estrasse un foglio. "Ecco! Qui ci sono scritte tutte le accuse, che ora non ho proprio voglia di leggere." Lo lasciò scivolare sulla scrivania. "Abita al 2876 di Downton, in un condominio sulla settantunesima strada. Porta degli agente con te."
Marvin prese il mandato di arresto. "Sarà fatto, capo Irons." Si alzò dalla sedia e fece per andare via, quando si fermò.
Brian sollevò un sopracciglio. "Che vuoi? O vuoi startene lì impalato?"
"Ci sono molti civili negli uffici. Non credo ci siano agenti disponibili per..."
"Prendi Pete Anderson e gli agenti che erano stati dislocati al supermercato. Il caso non è più di nostra competenza, quindi sono liberi. E poi tutta questa gente spaventata andrà via, vedrai."
"Ora che ricordo, capo Irons. C'erano due uomini quando sono arrivato sulla scena del crimine e..."
"Non hai un ordine da portare al termine?" Lo interruppe Brian, irritato. "Ora vai a fare il tuo lavoro! E chiudi quella dannata porta quando esci."
"Sissignore" Marvin lo salutò con un cenno della testa e lasciò l'ufficio.
Irons sollevò la cornetta del telefono e compose un numero con fare preoccupato, passandosi una mano sulla faccia sudata.

 

La situazione negli uffici era migliorata e molta gente era andata via. Restavano soltanto chi piangeva o sbraitava contro i detective che, aiutati dagli agenti, cercavano di calmarli.
Marvin si diresse alla stanza degli interrogatori. Quando aprì la porta, non trovò nessuno.
Aggrottò la fronte, turbato. Si diresse alla sala d'attesa e trovò Nick, che chiacchierava con una collega davanti all'ingresso.
"Recluta Nick Layers" disse Marvin con tono autoritario.
Nick si girò alla svelta. "Sì, tenente?"
La collega smorzò un piccolo sorriso e si allontanò.
Lui si voltò verso di lei per dirle qualcosa, ma scelse di non farlo.
"C'è tempo per quello" aggiunse Marvin alludendo alla donna.
Nick abbassò gli occhi, imbarazzato.
Marvin diede una veloce occhiata al foglio. "Abbiamo un ordine di arresto per Ben Bertolucci."
Nick sbarrò gli occhi.  Fu come un pugno nello stomaco.
"Qualcosa non va, Nick?" domandò Marvin.
"No, tenente" rispose Nick, nascondendo l'amarezza.
Marvin era certo che quel nome gli dicesse qualcosa. Aveva notato i suoi occhi farsi più cupi. Forse era lui l'amico segreto che gli passava le informazioni. "Sicuro di stare bene?"
"Sì, sicuro."
Marvin si guardò intorno. "Bene. Sai se Pete è arrivato?"
"È alla mensa, credo."
"Andiamo a prenderlo."
S'incamminarono nel corridoio e salutarono con gli occhi Liah e Tania seduti sulla panca accanto a un distributore di caffè. Loro ricambiarono con un sorriso. Quando arrivarono nella mensa, Pete stava fumando una sigaretta vicino a un finestra. Sembrava immerso nei suoi pensieri. Nella stanza c'era solo il cuoco ai fornelli.
"Agente Anderson." Lo chiamò Marvin.
Pete si voltò serio, ma la sua espressione mutò presto in un sorriso. "Marvin."
"Tenente." Lo corresse Marvin. "Perché non mi chiami mai con il mio grado?"
Pete non capiva quel comportamento gerarchico. "Dai... siamo amici da una vita. Perché tutta questa serietà?"
Marvin lo fulminò con uno sguardo, poi scoppiò a ridere. "Ti stavo prendendo in giro, Pete!" Gli diede una pacca sul braccio. Pete rise, ma Marvin notò che i suoi occhi non ridevano. Aveva preso a male la battuta o c'era qualcos'altro? "Com'è andata con il cadavere? Novità?"
"I due tizi hanno fatto venire la cavalleria" rispose Pete con fare serio. "Si sono impossessati del caso. Beh, da una parte sono felice di questo, visto che forse era solo un altro vicolo cieco. Uno dei tanti negli ultimi giorni. Troppi omicidi simili. Ma arrivare addirittura con tute hazmat? È troppo. Per non parlare che hanno spaventato la gente."
"Ecco perché il capo Irons ha detto che il caso non è più di nostra competenza" disse Marvin.
"Ha detto così?" chiese Nick.
"Più o meno."
"Avete parlato con il sospettato?" Domandò Pete.
"No, ma Nick sì." Marvin si voltò verso di lui. "Cosa ha detto?"
"Non molto, visto che il capitano Johnson mi ha mandato via."
Marvin era confuso. "Cosa? Perché?"
Nick sollevò le spalle. "Non lo so. Mi sono attenuto al regolamento. Voglio dire, al copione degli interrogatori, tenente."
"Magari l'avrai irritato" sorrise Pete. "È una persona molto irritabile, se non si seguono le regole."
"Non ho preso nessuna iniziativa, se parli di questo. Era la prima volta che conducevo un interrogatorio. Ho seguito il copione."
"Chiederò una spiegazione al capitano" disse Marvin. "Pete, raduna gli agenti che erano sulla scena del crimine con te. Abbiamo un ordine di arresto. Ti fornirò i dettagli strada facendo."
"Va bene. Ci vediamo ai parcheggi, tenente." Sottolineò l'ultima parola con un sorriso beffardo e si allontanò.
Marvin guardò l'orologio al polso. "Sono le tre e un quarto. Sai che c'è, Nick? Andiamo a berci un caffè al volo."

   
 
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