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Autore: Delirious Rose    08/02/2022    0 recensioni
L’estate del ’93 non è facile per la famiglia Weasley, che deve avere a che fare non solo con le solite difficoltà economiche, ma anche le sequele di un misterioso incantesimo oscuro di cui è stata vittima la piccola Ginny. Certo, si potrebbe Obliviare la bambina ma, come dimostrato dalle vittime della Prima Guerra Magica, ci sarebbero benefici solo a breve termine: l’incantesimo cancella i ricordi, non il trauma psicologico e le sue cicatrici.
Il Dr Zabini, Primario del reparto “Janus Thikeney” di San Mungo, suggerisce delle sedute di Riddikkuloterapia: una tecnica nuova e forse un po’ brutale, ma che sembra mantenere le sue promesse.
Ma prima di iniziarla, Ginny deve imparare l’incantesimo Riddikkulus e affrontare almeno una volta il suo Molliccio...
[Storia partecipante al contest "RIDDIKULUS!" di Flos Ignis / Fiore di Cenere]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ginny Weasley, Molly Weasley, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Questa storia partecipa al contest "RIDDIKULUS!!" di Flos Ignis / Fiore di Cenere.

 

Riddikkuloterapia

 

La voce di Mamma era bassa ma arrabbiata.

Quindici galeoni, Arthur! Avremmo potuto comprarci pozioni per una settimana!”

“Credi che non lo sappia?!” rispose Papà, tanto arrabbiato quanto Mamma. “Ma se vinciamo—”

“Avrei capito uno, due galeoni al massimo, non quindici dati in pasto a uno snaso per una stupida lotteria!”

“Sempre meglio che scappellarmi davanti a tua zia per qualche zellino!”

Mamma sbuffò, e Ginny poté quasi vederla con le braccia incrociate che guardava Papà arrabbiatissima. 

“Beh, credo che adesso tu non ci abbia dato altra scelta, Arthur Weasley, che supplicare Zia Muriel di farci un prestito!”

“Dobbiamo solo aspettare che ci diano la sovvenzione.”

“E nel frattempo i galeoni devono uscire dalle nostre tasche! Una visita dal Medipsicologo costa trentasei galeoni, e ogni mese ce ne vogliono ventidue solo in Pozione SonnoSenzaSogni! Se poi non ce la danno, quella dannata sovvenzione? Se non riusciamo a dimostrare che la mia bambina è vittima, non dico dei Mangiamorte come sostiene il Professor Dumbledore, ma anche semplicemente di un potente incantesimo oscuro?”

Per un po’ Ginny non sentì nessuno dei suoi genitori parlare, solo un singhiozzare sommesso.

“Molly—”

“Posso tagliare tante spese, posso anche accettare di fare l’elfo domestico per quella megera di mia zia se mi permetterebbe di dare alla mia bambina tutte le cure di cui ha bisogno. Ma ti prego, Arthur, non rendermi le cose più difficili facendo certe babbanate…”

Nel suo nascondiglio sul pianerottolo delle scale, Ginny strinse le ginocchia al petto e si asciugò gli occhi con la mano.

Era colpa sua se Mamma e Papà stavano litigando—era colpa sua se dovevano mangiare fagioli, fagioli, e ancora fagioli—era colpa sua se tutti i risparmi che Mamma e Papà stavano mettendo da parte per andare a trovare Bill se li stavano mangiando i guaritori e le pozioni.

Era tutta colpa sua e della sua stupidità!

Perché sì, Ginny Weasley che si credeva tanto furba e intelligente, era stata così stupida da non mostrare subito il diario a Mamma e a Papà!

Trasalì, sentendo gli scalini scricchiolare, e corse in camera sua veloce e silenziosa come un topolino. Aveva fatto appena in tempo a togliere la vestaglia celeste con i boccini, quando Mamma entrò in camera.

“Ti ho portato le medicine, tesoro,” disse Mamma, posando sul letto il vassoio di legno.

Sonnifero, Pozione SonnoSenzaSogni, pillole, polverine, tisana di lavanda e camomilla… unguento Smemorello. Mamma mise le polverine predosate in dei dischetti di ostia, che Ginny dovette tenere in bocca per un po’ prima di mandarle giù con la tisana. Toccò poi alle pillole, alcune da inghiottire, altre da far sciogliere sotto la lingua—e infine le pozioni e l’unguento.

Ginny girò la testa. Non voleva vedere le cicatrici sulle braccia e sul corpo—la facevano sentire brutta e stupida e ingenua.

“Su, tesoro, se aspetti troppo a prendere le pozioni poi farai fatica ad addormentarti,” disse Mamma, strofinando con delicatezza l’unguento.

Ginny guardò la bottiglia di Pozione SonnoSenzaSogni—ventidue galeoni che forse Mamma e Papà non potevano permettersi.

“Un sorso, giusto?”

“Un bel sorso, sì.”

 

C’è sorso e sorso, Ginevra

 

Ginny trattenne un singulto, fissando senza vedere la mano che stringeva la bottiglia.

Forse, se ne prendeva un sorso piccolo, la pozione sarebbe durata di più. Anche solo una settimana in più avrebbe potuto aiutare Mamma e Papà.

Si bagnò le labbra, lasciando solo un pochetto di pozione scorrerle in gola. La faceva sentire un po’ in colpa, ma forse quel poco sarebbe bastato—Ginny aveva imparato a proprie spese che, a volte, era meglio prendere meno pozione.

Mamma finì di strofinare l’unguento e aiutò Ginny a rimettere la maglia del pigiama. Poi le aggiustò il cuscino, le rimboccò per bene le coperte—anche se era estate, Ginny aveva sempre i brividi ultimamente—e le diede un bacio su ogni guancia e sulla fronte.

“Buonanotte, sogni d’oro, fa’ bei sogni e non fare sogni brutti. E ricorda sempre che ti voglio bene, Ginny. Qualunque cosa accada, qualunque cosa tu faccia, ovunque tu sia, ricorda sempre che ti voglio bene…”

“Buonanotte, Mamma.”

Mamma agitò la bacchetta, facendo apparire un’oca di luce: era un po’ sfocata, come se Ginny la vedesse attraverso un vetro appannato. Forse ricordava male lei, in fondo non dormiva più con il Patronus di Mamma da quando aveva cinque anni. L’oca svolazzò nella stanza, poi si pose ai piedi di Ginny e mise la testa sotto l’ala, emanando un fioco bagliore rassicurante.

 

 

* * *

 

 

Ginny è in piedi davanti al Professor Lockhart e a tutta la classe, le mani dietro la schiena ritta come un fuso. L’epitome di una perfetta studentessa.

È lì, eppure non lo è.

 

Siediti, Ginny!

 

“Certo che puoi mandare una lettera cantata,” dice il Professor Lockhart con un sorriso smagliante. “Immagino che la melodia è la stessa de A Cauldron Full of Hot Strong Love, giusto?”

 

Siediti e stai zitta, Ginny!

 

“No, Signor Professore. La melodia è composta da me medesima: con il vostro accordo, mi è permesso cantarla in modo che il vostro gentil nano possa memorizzarla?”

 

No, Ginny! Sei peggio di una campana!

 

Il sorriso del Professor Lockhart si allarga, applaudendo e incoraggiandola a cantare. Attorno a lei, gli studenti si danno delle gomitate, ridacchiando e bisbigliando. Ginny vorrebbe nascondersi, scappare via, ma il suo corpo non è suo, così come non è suo il sorriso ferino sulle labbra infantili.

Il suo corpo si irrigidisce, il petto si gonfia. Dalla gola esce una voce che è e al contempo non è sua.

 

 

♪♫ Occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia ♫♪

 

 

Non è la mia poesia!

 

 

♪♫ Capelli neri e lucidi come di corvo in volo ♫♪

 

 

Smettila!

 

 

♪♫ Vorrei che fosse mio — quale divina gioia! ♫♪

 

 

Stanno ridendo tutti!

 

 

♪♫ L’eroe che ha sgominato del Mago Oscuro il dolo ♫♪

 

 

Smettila, ti prego!

 

 

Ginny vorrebbe scappare dall’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, dalle risate dei suoi compagni, dall’orrore sul viso del docente, ma non può perché quel corpo non le appartiene più, non è più suo. Perché tralci di rose, dalle spine affilate come rasoi e grandi fiori neri e profumati di miele e pepe, la avvolgono, la incatenano.

Tenta di liberarsi, ma più si agita più i tralci la serrano—e più i tralci la serrano, più le spine affondano nelle sue carni—e più le spine affondano nelle sue carni più il suo corpo stilla sangue come una rosa stilla nettare per un insetto malevolo e osceno sangue scuro che si raccoglie in una polla ai suoi piedi sangue che impregna le pagine avide di un diario ingiallito sangue di schiavo sangue di strega primo sangue versato non da una ferita che si erge verso di lei come una mano elegante e sottile una mano che odora di sangue e inchiostro vecchio e carta ingiallita dal tempo e dall’umido l’umido di una grotta l’umido di una cella segreta sotterranea in cui troneggia un mago dai malvagi occhi di pietra occhi gialli malvagi mortiferi velati da palpebre traslucide occhi del verde nereggiante della pozione per le lumache carnivore il verde nereggiante delle alghe in putrefazione dello stagno delle carpe del giardino di Zia Muriel che la rimprovera per aver rovinato le sue preziose rose Cherna che la rimprovera per aver gettato il diario nel gabinetto una voce insinuante e insidiosa è una bambina cattiva e le bambine cattive devono essere punite e davvero non vuole punirla ma è suo dovere farlo perché a Percy non importa di lei a Fred e George non importa di lei a Ron non importa di lei a Harry Potter non potrà mai piacere una streghetta così ingrata verso gli amici e senza di lui lei non avrebbe mai avuto il fegato di spedire quella lettera d’amore e Mamma e Papà saranno d’accordo con lui per questa punizione perché non è così che deve comportarsi una strega dabbene perché è suo dovere insegnarle il Bene e il Male è suo dovere guidarla sul giusto cammino e davvero non prova alcun piacere nel vedere le sue carni dilaniate nel vedere la sua anima e la sua coscienza dilaniate in quel modo ma sta mentendo perché la sua voce è compiaciuta il sorriso sulle sue belle labbra tumide è ferino e lei è sua sua da comandare sua da modellare il suo bocciolo di rosa che aspetta una sua parola per fiorire e fiorirà per morire e morirà per lui perché è sua la sua Fonte di Vita il suo Futuro la sua Rinascita la sua Libertà la sua Gloria la sua Rivincita il suo bocciolo di rosa

 

Mio bocciolo di rosa

 

Ginevra

 

 

Ginev

 

 

 

Gine

 

 

 

 

                        Gin

 

 

 

 

 

“Ginny? Ginny, va tutto bene… sono qui e va tutto bene…”

Sbatté le palpebre, pesanti di sonno e umide di lacrime.

“M-mamma?”

“Era solo un brutto sogno, tesoro,” rispose Mamma, accarezzandole la testa, il viso preoccupato illuminato dal barlume della bacchetta.

Ma era stato solo un brutto sogno? Oppure era successo davvero? Ginny aveva paura di sollevare le coperte, di trovare il pigiama tutto sporco di sangue e le braccia tagliuzzate.

Mamma sospirò, stringendo un po’ le labbra.

“Non capisco, eppure la pozione l’hai presa… mi sembra troppo presto per aumentare la dose…”

 

Una brava bambina obbedisce sempre, Ginevra

Una brava bambina fa sempre quello che le si chiede

 

La gola le faceva male mentre mormorava, così piano che quasi neanche lei riusciva a sentirsi, lanciando un’occhiata imbarazzata a Mamma. Si sentiva davvero in colpa per la babbanata che forse aveva fatto.

“Come dici, tesoro?” chiese Mamma dolcemente.

“È che ho sentito te e Papà litigare perché le pozioni e le medicine sono costose e non ci sono abbastanza soldi e… e… ho pensato che-che… se ne prendevo di meno allora sarebbe durata di più…” ammise Ginny, scoppiando a piangere. “Perdonami, Mamma, volevo solo aiutare un pochino…”

Mamma la abbracciò forte, accarezzandole i capelli.

“È molto… gentile da parte tua, ma non devi preoccuparti di queste cose,” le mormorò piano, con dolcezza. “Anche se le pozioni costassero due, tre, dieci volte di più, non importerebbe: quello che importa è che tu… guarisca, tesoro.”

Rimasero così per un po’, ascoltando i battiti dei loro cuori e i rumori della notte—i grilli nascosti nell’erba alta, il fruscio delle foglie nella brezza, una civetta che strideva nel bosco vicino. Poi Mamma le diede un bacio sui capelli e le accarezzò le guance.

“Cerca di dormire, adesso.”

Ginny annuì, ma quando Mamma si alzò per tornare in camera sua, le afferrò la camicia da notte.

“Cosa c’è, tesoro?”

Strinse le labbra. Aveva quasi dodici anni, non era più una bambina.

 

{Madama Pomfrey mi ha spiegato che da oggi non sono più una bambina.}

 

{“Non ha ancora dodici anni, è una bambina.” La sua voce è un’eco distante trasudante disgusto.}

 

Era ancora una bambina, checché ne dicesse Madama Pomfrey.

Voleva essere ancora una bambina.

La bambina che era stata, che non sapeva quanto il mondo potesse essere cattivo e che una persona potesse far finta di esserle amica solo per usarla.

“Po-potresti restare con me? Per favore?” chiese Ginny con una voce piccola piccola.

Mamma non la rimproverò. Non le disse che non aveva più cinque anni—che era grande ormai.

“Certo, tesoro.”

Il letto era a malapena grande abbastanza per tutte e due, e molto probabilmente avrebbero dormito scomode. Ma Mamma pose lo stesso un braccio attorno le spalle di Ginny e premette la fronte contro la sua, mormorando piano come quando era piccola.

 

Mil harddach wyt na'r rhosyn gwyn
Na'r rhosyn coch ar ael y bryn,
Na'r alarch balch sy'n nofio'r llyn,
Fy maban bach.

Mil gwell gen i nag aur y byd,
Yw gweld dy wenau yn dy grud,
Fy ffortiwn wyt, a gwyn fy myd,
Fy maban bach.

 

Ginny sbadigliò, accoccolandosi un po’ di più contro Mamma, e si addormentò, cullata dalla nenia e dal profumo rassicurante di sapone.

 

* * *

 

Il Dottor Zabini puntò la bacchetta contro il pezzo di pergamena, facendovi apparire il sigillo di San Mungo e la propria firma.

“Giusto una curiosità, dottore,” disse Mamma, come se si fosse appena ricordata qualcosa. “Non sarebbe più… semplice se Ginny fosse… Obliviata? Voglio dire, se dimentica questa brutta avventura, tutto tornerebbe come prima, giusto?”

Il Dottor Zabini sospirò. “Signora Weasley, sarò franco con lei. Sì, è un’ottima soluzione, ma solo a breve termine. L’Obliviazione era la prassi durante la Guerra Magica e in questi decenni abbiamo avuto modo di appurare che a lungo termine i rischi di depressione, stato dissociativo, atteggiamenti violenti e distruttivi sono maggiori dei pochi benefici. Questo perché l’incantesimo cancella i ricordi, ma il trauma resta. Inoltre, nel caso di sua figlia, il trauma è causato da un incantesimo a cui è stata esposta per mesi.”

Mamma singhiozzò, e Ginny si sentì ancora più in colpa. Voleva dimenticare tutto, tutte le cose brutte e anche alcune di quelle belle che le erano accadute da quando era andata a Diagon Alley la scorsa estate per comprare le forniture scolastiche.

“Allora non c’è niente che si possa fare, oltre alle pozioni e all’incantesimo convulsivante?”

“Ci sarebbe la Riddikkuloterapia, ma l’incantesimo fa parte del programma di Difesa Contro le Arti Oscure del terzo anno e non le consiglio di insegnarglielo senza la supervisione di un docente di Difesa o un Auror, e soprattutto in un gruppo inferiore alle dieci persone.”

Qualcosa di assopito—qualcosa di putrido e viscido—si riscosse dentro Ginny.

“Non sono stupida! Mi potete spiegare lo stesso come farlo, no? E poi non sottovalutatemi!”

Il Dottor Zabini sorrise. “Non ti sto sottovalutando, Ginny: ho avuto modo di leggere i tuoi risultati accademici e so che hai un gran talento. Ma credimi, è meglio che aspetti un altro anno, per diventare un po’ più forte. È una tecnica efficace, anche se brutale.”

“Ma io—”

“Sai cosa puoi fare invece nel frattempo?” suggerì il Medimago. “Puoi iniziare a immaginare come puoi ridicolizzare la tua paura, così quando imparerai l’incantesimo a scuola, avrai già fatto metà del lavoro.”

Mamma si schiarì la voce. “È certo che questa Riddikkuloterapia possa aiutare Ginny?”

Il Dottor Zabini rise divertito. “Da tre anni a questa parte, gli Auror e tutti i Guaritori che lavorano nel mio reparto la seguono, anche se meno frequentemente di un paziente. Dopotutto, conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi delle paure degli altri. Personalmente, ci trovo dei giovamenti, anche se effettivamente, l’efficacia resta molto soggettiva: più grande è il trauma, più tempo ci vuole.”

Si alzò, invitando Ginny e Mamma a fare altrettanto per accompagnarle alla porta.

“Alla prossima visita potremo discutere come fare durante l’anno scolastico,” disse il Dottore, stringendo la mano di Mamma. “Ah, e l’amministrazione non ha ancora ricevuto la documentazione per la sovvenzione.”

Mamma fece un sorriso tirato. “Veramente, ce… ce l’hanno negata.”

Il Medimago sbatté le palpebre, stupito. “Come mai? Ginny è stata esposta a un artefatto oscuro per mesi.”

“L’unico incantesimo che gli Spezzincantesimi sono riusciti a identificare è per conservare i ricordi. Hanno trovato anche le tracce di un altro incantesimo, ma non lo conoscono.”

Il Dottor Zabini si grattò la nuca, mentre le accompagnava all’uscita. Arrivati alla reception, prese un frammento di pergamena e una penna, segnando il nome.

“Perché non consultate il Professor Al-Saahir? In passato abbiamo lavorato insieme: se c’è qualcuno che possa individuare di quale incantesimo si tratta, è lui.”

La faccia di Mamma non era molto contenta mentre leggeva il frammento di pergamena. Ringraziò lo stesso il Medimago e pagò la visita. La sua faccia era ancora più cupa mentre si allontanavano dall’ospedale per raggiungere il Paiolo Magico.

“So che ti avevo promesso un gelato dopo la visita, ma è meglio tornare subito a casa,” disse la Mamma, con un sorriso un po’ tremante. “Però andremo a trovare Bill, dato che dobbiamo parlare con questo professore.”

Ginny avrebbe voluto saltare di gioia alla prospettiva di andare a trovare Bill—era da quando era andato a lavorare in Egitto che chiedeva a Mamma e Papà quando sarebbero andati. Ma anche usando dei Passaporta—ben otto! —il viaggio sarebbe stato troppo costoso. Per cui Ginny non disse nulla, ma strinse solo un po’ più forte la mano di Mamma.

Raggiunto il pub, Mamma comprò un bicchiere piccolo di succo di zucca per Ginny, prima di tornare a casa con la Metropolvere.

Quando raggiunsero la Tana, trovarono il salotto tutto sporco di coriandoli turchesi e dorati, mentre un gran baccano di esplosioni arrivava dal giardino. Senza battere ciglio, Mamma uscì con passo marziale.

“Si può sapere che—”

Ma Papà la interruppe con un grosso bacio sulla bocca.

“Abbiamo vinto, Molly! Quei quindici galeoni, sono diventati settecento!”

 

* * *

 

“Ora capisco perché i prezzi sono così bassi in estate!” ansimò Papà, sventolandosi con un giornale. “Forse ho fatto una babbanata, a venire qui per tutto il mese di agosto!”

“Quello che mi interessa è che siamo riusciti ad avere un appuntamento con questo professore,” disse Mamma, agitando la bacchetta e mormorando un incantesimo rinfrescante

La porta dello studio si aprì e un ometto dal viso tondo e la testa quasi pelata li fece accomodare, stringendo la mano a ciascuno di loro. Lo studio era avvolto nella penombra, le imposte semichiuse lasciavano entrare solo lame di luce dorata. L’aria calda e umida era spessa, quasi soffocante.

{Lo studio era avvolto nella penombra, solo qualche lampada in vetro ambrato emanava un fioco bagliore. L’aria fredda e umida era spessa, quasi soffocante.}

“Prego, sedetevi,” disse l’ometto, indicando le poltrone davanti alla scrivania, e facendo apparire con un gesto di bacchetta una teiera fumante che emanava un fresco profumo di menta.

Libri e carte ingiallite erano impilate alla rinfusa sulla scrivania; una penna giaceva su una pergamena, macchiandola d'inchiostro. La pendola poco distante riempiva il silenzio momentaneo con il suo ticchettio.

{Libri e carte ingiallite erano disposte ordinatamente sulla scrivania; una penna giaceva sul diario, che risucchiava ogni goccia d'inchiostro. Un distante e regolare gocciolio riempiva il silenzio.}

Ginny sfregò i palmi madidi di sudore sui pantaloni, inghiottendo l’aria carica di umidità e polvere. Si obbligò a concentrarsi sulla conversazione.

“Ho una buona e una cattiva notizia,” esordì il professore, dopo aver fatto i vari convenevoli. “La buona è che, forse, ho individuato quale sia l’incantesimo oscuro di cui è vittima vostra figlia.”

“E la cattiva?” disse Papà.

Il professore fece una smorfia. “Per esserne certo, dovrei raccogliere i ricordi di vostra figlia legati all’oggetto per poterli analizzare. Inoltre, penso anche che sarebbe interessante che affronti almeno una volta un Molliccio: questo mi potrà dare qualche indizio in più.”

“Il Dottor Zabini aveva effettivamente suggerito la Riddikkuloterapia, ma Ginny è ancora un po’ piccola per imparare l’incantesimo,” annuì Mamma, il respiro un po’ affannato per il caldo. “Quanto ai ricordi, ha bisogno del consenso parentale per estrarli, giusto? Ci dica solo dove dobbiamo firmare.”

Se quel professore avesse visto i suoi ricordi, avrebbe visto tutte le cose cattive che aveva fatto—la pozione oscura per entrare nel diario e da cui doveva disintossicarsi—i galli e le galline che aveva ucciso con le sue mani—Mrs. Norris, e Colin, e Justin e Sir Nick e Hermione e la fidanzatina di Percy che erano stati pietrificati.

Avrebbe visto tutto, tutto! Le nottate trascorse a riversare i suoi sogni e i suoi incubi sulle pagine ingiallite di un diario le danze le lezioni di duello i luoghi segreti i baci innocenti che innocenti non erano perché la via d’uscita passava per le sue labbra le dita che la sfioravano con la delicatezza delle foglie morte dita che la toccavano affamate di Vita di Odio di Terrore mani seducenti mani invadenti mani crudeli che contavano le vertebre della sua schiena mani dalle dita di spine spine che le la trafiggevano che la rinchiudevano in una gabbia di laudano e assenzio spine che la impregnavano con il loro veleno spine che le risucchiavano la Vita spine di legno spine di carne e sangue spine avvolte dai viticci purpurei d’innocenza perduta belle labbra tumide che riversavano parole di conforto di miele di cicuta labbra arricciate in sorrisi di falso conforto labbra arricciate in sorrisi di disprezzo compiaciuto labbra arricciate in sorrisi ferini che calavano su di lei perché la via d’uscita passava per le sue labbra

 

“… Va tutto bene Ginny… va tutto bene…”

Mamma e Papà la tenevano stretta, mormorandole parole di conforto. Il loro abbraccio era bollente, il loro sudore misto a dopobarba e profumo la soffocava. L’estate egiziana era afosa eppure… eppure Ginny non riusciva a smettere di tremare per il freddo.

Il professore si avvicinò lentamente, come se fosse un animale selvaggio legato a una corda marcia. Le mise tra le mani un bicchiere di tè alla menta—era caldo e fresco al tempo stesso, tanto dolce da essere quasi sciropposo.

“Non sono un medipsicologo, ma è evidente che i danni causati da questo incantesimo oscuro sono gravi,” disse il professore quando Ginny fu abbastanza calma. Le lanciò un sorriso amaro. “Prima scopriamo di quale maledizione si tratta, prima troveremo il modo migliore per aiutare vostra figlia.”

 

* * *

 

Il professore aveva tenuto la sua promessa, e prima che Ginny e la sua famiglia tornassero a casa, era riuscito a scoprire quale fosse l’incantesimo oscuro. Ginny non sapeva se doveva essere arrabbiata perché il professore lo aveva detto solo a Mamma, Papà e al Dottor Zabini. In fondo era successo a lei, non a loro—era un suo diritto saperlo. Ma forse lo sapeva già, quale fosse l’incantesimo oscuro, anche se non ne conosceva ancora il nome.

Ma allo stesso tempo non le importava saperlo, non voleva saperlo. Era un po’ come se Ginny avesse paura che, se solo avesse dato un nome e una definizione precisa a quello che era successo, lo avrebbe reso ancora più reale—lo avrebbe reso più difficile da dimenticare.

Il momento più brutto era stato sull’Hogwarts Express, quando erano arrivati i Dissennatori. Percy e i gemelli non l’avevano lasciata un solo istante, cercando di calmarla—di dirle che andava tutto bene, che era finito, che era stato solo un brutto sogno. Ma per Ginny era stato reale—era stato davvero come essere di nuovo dentro il diario essere di nuovo una marionetta mossa da un burattinaio un mostro gentilmente crudele cordialmente odioso insinuante e insidioso.

Appena arrivata al castello, Ginny era corsa in Infermeria per supplicare Madama Pomfrey di Obliviarla all’istante.

“Vorrei, ma il Dottor Zabini mi ha dato delle direttive precise a tuo riguardo,” aveva risposto la strega.

Così non era rimasto altro che continuare a prendere le sue pozioni e le sue medicine—a supplicare uno dei suoi fratelli di metterle l’Unguento Smemorello prima di andare a dormire perché lei non ce la faceva proprio a guardare quelle cicatrici—a pregare che il Dipartimento dell’Uso Improprio della Magia le desse il permesso di imparare l’Incantesimo Anti-Molliccio anche se era solo al secondo anno.

 

* * *

 

“Signorina Weasley, potrebbe venire nel mio ufficio dopo le lezioni?”

Attorno a lei, gli altri studenti ridacchiarono sotto voce, però Ginny aveva consegnato il compito di Difesa a tempo, non aveva scritto troppo grosso come faceva Ron, e non le era sembrato male—lo aveva fatto perfino leggere a Hermione Granger. Avrebbe voluto chiedere al Professor Lupin se per caso fosse in un pasticcio, ma si limitò a rispondere con un flebile ‘certo, professore’ .

Per fortuna era già pomeriggio, le restava solo la lezione di Erbologia con i Corvonero. A Ginny non piaceva più Erbologia, ogni volta che si avvicinava alle serre—ogni volta che intravedeva la Serra Sette—le venivano i brividi, diventava tutta rigida e non riusciva più a respirare bene. I primi giorni era perfino svenuta; e durante la seconda settimana, Madama Pomfrey le aveva detto di avere sempre della pozione calmante in tasca—la Professoressa Sprout non la rimproverava se arrivava in ritardo, ma le chiedeva sempre se stava bene con uno sguardo un po’ triste.

Fece merenda da sola, come sempre da quando era successo l’incidente, cercando di far finta di non sentire lo starnazzare di quelle Serpeverdi che le puntavano il dito contro.

Le mancava il suo amico speciale, perché era stato l’unico che aveva avuto—e si arrabbiava perché lui non era mai stato suo amico, anche quando era stato gentile e l’aveva confortata e l’aveva fatta ridere era perché voleva qualcosa da lei e lei lo odiava e si odiava perché non riusciva a smettere di volergli lo bene nonostante tutte le cose cattive che le aveva fatto perché non riusciva a smettere di avere bisogno di lui come aveva bisogno del Sonnifero e della Pozione SonnoSenzaSogni perché lui era il suo laudano e il suo assenzio

“Smettila!”

Ginny batté le mani sul tavolo così forte che si fece male e il piatto, la tazza e le posate saltarono un po’, il respiro corto come se avesse fatto una lunga corsa.

Non doveva pensare a lui. Se pensava a lui, sarebbe stata di nuovo male—non voleva stare male lì, in Sala Grande, davanti a tutti.

Non finì la merenda, ma di diresse verso l’ufficio del Professor Lupin, la schiena curva, la testa bassa, i libri stretti al petto come per proteggersi—camminava altera e superba, con una falcata di lupo che non le apparteneva, con un sorriso ferino sulle labbra infantili che non le apparteneva.

Ginny scosse la testa di nuovo per scacciare i ricordi, e affrettò il passo—bussò alla porta con disperazione, come se un mostro dallo sguardo velenoso e nereggiante fosse in agguato tra le ombre, pronto a ghermirla.

“Signorina Weasley, la stavamo aspettando!” la accolse il Professor Lupin, porgendole una ciotola piena di cioccolatini dall’incarto di stagnola multicolore.

Ginny si sentì ancora più confusa nel vedere che non era l’unica studentessa a essere stata chiamata. C’erano Percy e la sua fidanzatina, Fred e George, tre Tassorosso di cui un ragazzo dal bel viso—ma non bello quanto lui— un Corvonero, e la professoressa dalla tunica rossa con cui Ginny non aveva mai avuto lezione. E il Dottor Giovanni Zabini.

Il Medimago le chiese come stava, se prendeva regolarmente tutte le sue medicine—se c’era qualche cambiamento. Ginny rispose, senza osare chiedere perché fosse lì o che ci facevano i suoi fratelli e i loro amici.

“Il Ministero ti ha dato il permesso per imparare l’incantesimo Riddikkulus,” disse il Dottor Zabini, porgendole una lettera.

Ginny la prese con le mani tremanti. “A-allora significa che…”

Il Medimago annuì. “Sì, da oggi puoi iniziare la Riddikkuloterapia. Remus, Septima, e queste gentili signorine e baldi giovanotti si sono offerti di aiutarti. E non preoccuparti, Ginny: mi hanno tutti promesso che non spiccicheranno parola di quello che succede qui dentro. A quei due” —Indicò Fred e George— “ho perfino fatto fare un Giuramento di Sangue.”

Al suo comando, il Professor Lupin fece fluttuare un baule lì dove di solito c’era la sua scrivania, quindi le spiegò che cos’era un Molliccio, come funzionava l’incantesimo per combatterlo e le fece ripetere la formula e il movimento di bacchetta fino a quando non fu soddisfatto.

“Mi raccomando, devi immaginare il più nitidamente possibile come ridicolizzare quello che ti spaventa,” disse il Professor Lupin. Poi si rivolse a tutti gli altri. “Per cominciare, dimostreremo a Miss Weasley come funziona l’incantesimo. E ricordate: quello che sconfigge il Molliccio, è la risata.”

Si misero tutti in fila e, a un colpo di bacchetta del professore, il baule si aprì, liberando una specie di nuvola che subito assunse l’aspetto di Argus Filch con una mappa di Hogwarts in mano. Seguì un Ministro Fudge che diceva a Percy che non avrebbe mai fatto carriera e di nuovo Argus Filch; poi Ginny non fece molta attenzione, perché le importava solo di cosa spaventasse i suoi fratelli. Ma le trasformazioni erano divertenti, specialmente il palloncino del Professor Lupin! E mentre guardava il Molliccio trasformarsi ancora e ancora, Ginny iniziò a riflettere su quale aspetto potesse prendere davanti a lei e come renderlo ridicolo.

La prima trasformazione che le venne in mente fu Lucius Malfoy: dopotutto, era stato lui a metterle il diario nel paiolo. Non era difficile: Ginny poteva immaginarlo con la vecchia vestaglia puzzolente di Nonno Septimus, le pantofole bucate di Papà, e la testa tutta pelata come il macellaio babbano del villaggio.

Il diario… il diario poteva farlo diventare un numero di TeenWitch, con la copertina dai colori sgargianti, le foto dei cantanti e dei giocatori di Quidditch, e le letterine sdolcinate delle ragazzine.

E se il Molliccio si fosse trasformato nel basilisco, sarebbe stato capace di pietrificarli, o addirittura ucciderli? No, non doveva essere possibile, ma come fare… Ah! Poteva mettergli il paio di occhiali buffi che portava la Corvonero con cui aveva condiviso il banco durante Erbologia, e… i denti si cariavano e cadevano—no! I denti diventavano la dentiera babbana che una volta Papà aveva portato a casa, con un meccanismo a molla che la faceva saltellare e ticchettare.

Quando si sentì pronta, Ginny si mise in coda alla fila con il Dottor Zabini.

“Ricorda Ginny: è un Molliccio e tu non sei da sola. In qualunque cosa si trasformi, non può farti del male, però tu puoi sconfiggerlo.”

“E… e se non ci riesco?”

“Non ti preoccupare, devi solo fare un passo indietro e lasciare il posto a qualcun altro. Ora, inspira contando fino a quattro, trattieni il respiro fino a quattro, ed espira fino a quattro.”

Ginny obbedì, respirando lentamente come le diceva il Dottor Zabini, facendo un passo o due man mano che la fila avanzava. Si sentiva tranquilla, la testa leggera.

Era solo un Molliccio, bastava un incantesimo e una risata per cacciarlo via.

Non era da sola. C’erano Percy, e Fred e George. C’era il Professor Lupin e il Dottor Zabini.

Ginny fece un ultimo passo in avanti, restando a tre metri dal Molliccio che aveva ancora l’aspetto di un troll dall’espressione stupida che si dava i colpi di clava in testa.

Un attimo dopo, il Molliccio tornò a essere una nebbiolina dalla forma umana.

Era Lucius Malfoy.

Doveva essere Lucius Malfoy! L’altezza era la sua! La corporatura era la sua! —alto come Bill, e tornito come Charlie

Doveva essere Lucius Malfoy! Doveva avere i capelli lunghi, lisci e biondi—capelli ordinati come quelli di Percy e tagliati di fresco che si avvolgevano in onde brune, baciate di brillantina

Doveva essere Lucius Malfoy! Doveva avere costosissimi vestiti nuovi di zecca—abiti di seconda mano, lisi su collo e maniche, ma raccomodati per calzare a pennello

Doveva essere Lucius Malfoy! Doveva avere un profumo o un dopobarba costoso, lo stesso che sentiva quando passava vicino a Twilfitt and Tattings—inchiostro vecchio e carta ingiallita appena venato di colonia; e l'odore penetrante delle rose Cherna, speziato di pepe e stucchevole di miele

Doveva essere Lucius Malfoy! Doveva avere le rughe e la faccia bianca e appuntita—un volto dai tratti alteri e armoniosi come quelli del Principe Azzurro, la pelle eburnea, liscia come gesso

Doveva essere Lucius Malfoy! Doveva avere la bocca sottile e tutta storta come se avesse sentito una puzza—labbra tumide, peccaminose, posate in un sorriso ingannatore, suadente e ferino al tempo stesso

Doveva essere Lucius Malfoy! Doveva avere gli occhi stretti e grigi—occhi allungati ombreggiati da ciglia così folte che non era giusto, del verde nereggiante della pozione per le lumache carnivore

Doveva essere Lucius Malfoy! Era un Molliccio! Solo un Molliccio testardo che non voleva prendere l’aspetto di Lucius Malfoy!

Era un Molliccio, solo un Molliccio! Ginny doveva solo immaginarlo in un modo ridicolo, agitare la bacchetta e dire Riddikkulus.

Ginny boccheggiò, ma nessun suono uscì dalla sua bocca, come se le parole si fossero coagulate sulle corde vocali.

Perché non ci riusciva? Eppure era così semplice urlare a pieni polmoni Riddikkulus!

Non urlare durante un duello per non permettere all’avversario di avere il contro-incantesimo pronto era stata la prima cosa che Tom le aveva insegnato quando lo aveva supplicato di darle lezioni di duello perché c’era Tom davanti a lei Tom il suo amico speciale il suo amico che non l’aveva mai lasciata sola e che non aveva riso dei suoi timori e delle sue paure Tom cui aveva confidato i suoi segreti dai più innocenti ai più turpi Tom che si era arrabbiato con lei per aver bevuto troppa pozione per entrare nel diario Tom che l’aveva rassicurata che la pietrificazione di Mrs. Norris di Colin e di Justin non erano opera sua ma forse la pozione aveva risvegliato la sua Vista la pozione fatta di laudano e assenzio di ergot e piscio d’ovolo malefico la pozione di cui non poteva più farne a meno Tom di cui non riusciva più a farne a meno Tom che aveva raccolto il suo primo sangue un sangue prezioso potente ingrediente per pozioni oscure potente elemento per riti sacrileghi Tom che le aveva offerto il pane e il sale dal palmo della sua mano Tom che le aveva offerto un calice colmo della propria essenza Tom che l’aveva fatta danzare fino alla vertigine nei ricordi dei suoi trentuno ottobre Tom che le aveva regalato una gorgiera di rose nere dal profumo inebriante di miele e pepe rose dagli steli crivellati di spine mille rasoi che le squarciavano le carni Tom che le diceva che era bellissima che era un bocciolo di rosa che era il suo bocciolo di rosa e sarebbe fiorita per morire e sarebbe morta per lui perché era sua la sua Fonte di Vita il suo Futuro la sua Rinascita la sua Libertà la sua Gloria la sua Rivincita Tom che la accarezzava con la delicatezza delle foglie morte con l’intimità di un amante con la crudeltà di un boia era Tom che avanzava verso di lei inesorabile come la Morte con la sua falcata di lupo era Tom che tendeva la mano sinistra in tutti i sensi verso di lei era Tom che la avvolgeva nell’oscurità del suo manto come a proteggerla come a isolarla dal mondo esterno perché Tom era il suo Mondo e il suo Tutto e Ovunque perché Tom doveva essere il suo Amore e il suo Odio il suo Piacere nel Dolore il Passato Presente e Futuro perché Tom doveva essere il suo Giudice e la sua Corona di Spine perché Tom doveva essere il suo Signore e Padrone perché lei apparteneva a Tom la sua Vita apparteneva a Tom la sua Anima apparteneva a Tom la sua Innocenza e la sua Carne appartenevano a Tom lei era sua sua da comandare sua da possedere sua per farne quel che più gli aggradava sua il suo Vascello per compiere gli atti più nobili gli atti più turpi lei era sua tutta sua sua e di nessun altro e Ginny non poteva far altro che aborrire all’essere sua Ginny non poteva far altro che anelare all’essere sua a offrirsi a Tom come un fiore a ingozzarlo di Vita Vita avvelenata d’Amore e d’Odio perché non poteva fare a meno di lui perché lui era il suo Laudano e il suo Assenzio come poteva combattere qualcosa di più forte della Morte come poteva negarsi a lui negare il nettare delle sue labbra come poteva respingere il sorriso suadente e ferino di Tom che calava su di lei come poteva negargli la Fuga?

 

Perché la via d’uscita passava per le sue labbra.

 

 

 

 

Note:

 

Oca: Da quello che ho letto su internet, il Patronus di Molly non ha una forma definita, ma dato il suo atteggiamento verso i figli e, soprattutto, la foga con cui ha duellato contro e sconfitto Bellatrix Lestrange per proteggere Ginny, l’oca, un uccello che attacca chiunque osi minacciare i suoi piccoli senza esitare, mi è sembrato l’animale più adatto.

A Caudron Full of Hot Strong Love: una canzone di Celestina Warbeck.

Rose Cherna: una varietà di rose rampicanti magiche di mia invenzione. Hanno petali neri come le Halfeti turche, ma tutto l’anno, il loro profumo è di miele e pepe come il giglio bianco e hanno spine affilatissime.

Ninna nanna: Molly canta la prima e l’ultima strofa della ninna nanna tradizionale gallese Mil harddach wyt. L’ho scelta perché 1. le parole mi sembrano tematicamente adatte 2. anche se non confermato, è probabile che i Prewett siano originari del Galles.
Sei mille volte più bella della rosa bianca / O della rosa rossa sulla collina / O del cigno che nuota fiero nel lago, / Mia cara bambina.
Mille volte migliore di tutto l'oro del mondo / È ammirare i tuoi sorrisi nella tua culla, / Sei la mia fortuna e la mia benedizione, / Mia cara bambina.

Incantesimo convulsivante (shock spell): incantesimo simile a quello fulminante, usato a San Mungo per il trattamento delle malattie mentali, con effetti simili all’elettroshock (NB: non ho letto i libri in italiano, ma in OotP dopo la pubblicazione dell’articolo di Rita Skeeter sul ritorno di Voldemort, una lettrice lo consigliò a Harry.)

Serra Sette: quella in cui sono coltivate le piante più pericolose e cui solo gli studenti del corso di Erbologia Avanzata possono accedere.

Argus Filch: Molliccio di Fred e George, o meglio, la paura che questi riesca a far funzionare la Mappa del Maladrino!

Ministro Fudge: Molliccio di Percy, a simbolo del fallimento delle sue ambizioni.

Lucius Malfoy: da qualche parte avevo letto che la Rowling aveva affermato che il Molliccio di Ginny dopo CoS era Lucius Malfoy perché... era stato lui a metterle il diario nel paiolo

Verde nereggiante: gh, sono ormai venti dico venti anni che nel mio headcanon Tom Riddle ha gli occhi verdi, o per essere precisi il verde di Scheele, tinta a base di arsenico in voga nel XIX secolo che, oltre a essere estremamente tossica, aveva la caratteristica di virare al nero in presenza di zolfo. Senza contare che, alla fin fine e pittorialmente parlando, la differenza tra verde e marrone è la proporzione di pigmento rosso e blu *flashback di quando studiava acquarello e doveva preparare il vert glauque*.

 

Il Molliccio di Ginny Weasley è Tom Riddle e lei soffre di Disturbo Post-Traumatico da Stress. Change my mind.

Sì, il ricordo/incubo è di quando Ginny era posseduta da Tom, ergo il suo parlato più aulico e un po’ retrò.

Sì, la mancanza di punteggiatura in alcuni passaggi è voluta: trovo che il flusso di coscienza joyciano si adatti a rendere il senso di panico e angoscia di un flashback, inteso come fenomeno psicologico in cui un individuo rivive in modo improvviso e potente un'esperienza passata traumatica o elementi di questa.

Questa storia è sulla stessa linea / sequel della short Inchiostro rosa dall'odore artificiale di fragola e della long ancora in corso Le rose fioriscono per morire, in cui rielaboro gli eventi de "La Camera dei Segreti" dal punto di vista di, rispettivamente, Tom e Ginny: non è necessario averle lette per capire questa storia, per quello basta CoS, ma permettono di avere un'idea più completa e apprezzare i leitmotif

   
 
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