Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |      
Autore: Dorabella27    13/02/2022    20 recensioni
San Valentino si avvicina, e quest'anno, visto che il 14 cade in un giorno feriale, e, per giunta, di lunedì, anticipiamo un regalino. E uso il plurale, volutamente, perché qui non solo c'è la mano di Galla88, sempre più brava, ma anche l'idea, il soggetto, o, direbbe Marco Tullio, l'inventio, è tutta sua: io ho solo messo nero su bianco le sue suggestioni e idee. E così, per la festa degli innamorati, mettiamoci, una volta tanto, da un punto di vista un poco inusuale: perché non sempre amare, anche con sincerità, con forti sentimenti, significa comprendere qualcosa dell'altro, e spesso si guarda senza capire proprio nulla. E dunque, un San Valentino un po' dolce, un pochetto amarognolo, con una punta di ironia. Grazie ancora, Ifigenia: questa è per te. Ma dov'è che sei stata, esattamente, sino adesso?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Notte di gala, notte d’inganni
 
1 - L’ufficiale, dalla figura sottile, alto ed elegante, si portò una mano al petto, con un gesto impercettibilmente aggraziato, per lisciare una piegolina invisibile dell’alta uniforme: teneva enormemente a essere sempre inappuntabile; e, dopo tanti anni a Versailles, ancora non aveva perso il gusto per i balli, non come il suo Comandante, che, sempre insofferente alla vita di Corte, negli ultimi mesi sembrava avere ancora più in uggia i riti mondani attraverso i quali gli aristocratici si incontravano, si confrontavano, si misuravano reciprocamente e, quando capitava, si divertivano anche. Nei primi anni a Versailles, il Colonnello Jarjayes, durante i grandi ricevimenti, restava, vigile, ma discosto, appoggiato a una colonna, le braccia incrociate, osservando la folla di conti, duchesse, baroni e gentildonne con i suoi occhi severi, l’aria nobilmente malmostosa, e svuotando, occasionalmente, bicchieri di Bordeaux e di Champagne offerti dai valletti solerti e silenziosi che, vassoi alla mano, percorrevano con i loro passi aerei la sala da ballo.
 Mai una volta che avesse danzato, il Colonnello Jarjayes, ovvero Madamigella Oscar: durante i balli vestiva sempre la sua divisa d’ordinanza rossa, eccetto in una occasione, anni prima: allora si era presentata in alta uniforme, splendida e algida, e con una dolcezza nuova negli occhi. E mentre le dame la seguivano con sguardi ammirati, mormorando: “E’bellissima, ma io vorrei che fosse bellissimo”; e mentre i gentiluomini ammiravano la figura elastica, e le snelle rotondità del suo corpo ben allenato, eppure così femminile; e mentre lui, Victor Clément de Girodelle, si estasiava osservando le ombre e i riflessi cangianti che la fiamma delle candele produceva sui capelli biondissimi e sul volto del suo Comandante, di un candore diverso, ma non minore, di quello della sua uniforme di gala, Madamigella Oscar era andata diretta e spedita, con quel passo deciso che tanto lo conquistava ogni volta che la vedeva, in direzione di Sua Maestà. E quando la Regina le aveva chiesto, stupita da quell’alta uniforme, mai indossata prima, e dal messaggio che essa sottintendeva, quale strano vento spirasse mai, in quella notte fatata, più unica che rara, Madamigella Oscar aveva risposto, prostrata ai piedi della sua sovrana per un perfetto baciamano, come il più devoto dei cavalieri medievali: “Un vento che spira da nord e insieme da est, Vostra Maestà”; e poi, aveva danzato per tutta la nottata con la Regina, spettacolo mirabile, sotto gli occhi ammaliati dei cortigiani, e sotto lo sguardo impenetrabile, ma che lui, Girodelle, avrebbe detto anche sottilmente intenerito, del Conte di Fersen.
         2 - Tuttavia, da qualche tempo, Madamigella Oscar non compariva più, nemmeno per gli obblighi connessi alla sorveglianza, a nessun ballo, delegando l’incombenza di vigilare sulla sicurezza delle Loro Maestà e dei nobili invitati al suo vice: una manifestazione di fiducia, naturalmente, nelle sue capacità di mantenere l’ordine e garantire la sicurezza delle auguste persone dei sovrani e degli aristocratici che facevano loro corona in queste occasioni mondane; e tutto a Versailles era mondanità; ma quanto gli mancava, in quei frangenti, la figura splendidamente severa del suo Comandante: ancora non si era assuefatto alla sua assenza, che diventava una presenza più acuta, davanti agli occhi della mente.
Pure, Girodelle, per parte sua, aveva sempre avuto, e ancora adesso, dopo oltre tre lustri di servizio indefesso, aveva mantenuto, un certo gusto per la mondanità: gli piaceva sfoggiare l’alta uniforme, catturare l’ammirazione delle dame più polposamente affascinanti, e sentire l’ondata di invidia degli altri gentiluomini mentre volteggiava leggero tenendole fra le braccia sulle note di un minuetto, o di quel nuovo ballo, il valzer, che sua Maestà smaniava per imporre a corte, certo memore dei ritmi della sua terra d’origine; e ancora, Girodelle non aveva smesso di amare l’emozione che gli procurava il tocco leggero della dama che, fattosi appena più pressante sul palmo della sua mano, rispondeva alla tacita proposta della mano di lui, che si stringeva appena un po’ più del dovuto alla vita di lei. E forse proprio quel brivido, insieme a quello che ugualmente provava ancora, mentre, dopo le danze, scivolavano, lui e la dama del momento, furtivi e leggeri lungo i corridoi verso la piccola stanza in dotazione al vice-comandante delle Guadie Reali, contribuiva a non fargli perdere il gusto di compiere il proprio dovere con scrupolo, anche in quell’universo di cartapesta agitato da livori e invidie feroci; e questo, in fondo, anche questo, contribuiva a mantenerlo vivo.
         3 - Certo, non poteva dimenticarlo, quella sera su di lui era rovinata anche l’incombenza, oltremodo seccante, di danzare almeno un minuetto con la marchesina di Perpignan, una cara, dolce ragazza, dalla faccia larga come un campo di pallacorda, e dalle mani sempre sudate e diacce come trote appena pescate, e con il vezzo di una vivace loquacità che la ragazza cercava di impreziosire con quella pronuncia blesa che andava di moda ai tempi dei fasti della Du Barry, ma che, purtroppo, faceva sì che ogni volta che la marchesina pronunciava la lettera S, di cui il lessico della lingua francese è inopinatamente ricco,  - soprattutto quando, per vezzo, si pronuncia così anche il nesso Ch -, una sottile goccia di saliva finisse sul volto del Tenente Girodel, verso il cui bel viso, dai tratti nobilmente regolari e delicati, la marchesina teneva levato con sguardo adorante il suo faccione di luna piena. Ma, se avesse sopportato con impassibilità degna del sapiente stoico quella breve tortura, Girodelle ne era ben conscio, avrebbe avuto quale ricompensa un intimo colloquio con la madre della Marchesina de Perpignan, Madame la Marquise Henriette Hélène, che assommava i vantaggi di una dizione perfetta con un volto da statua greca, e un corpo da Giunone latina, e che gli aveva comunicato il giorno prima quanto gli sarebbe stata grata se la sua cara bambina, tanto timida e impacciata con il sesso forte, avesse avuto la fortuna di poter danzare almeno un minuetto con il Tenente Girodelle,  così da sostituire un franco moto di invida al dileggio di cui era fatta oggetto dalle sue coetanee, rampolle del fior fiore della nobiltà.
         4 - Victor Clément de Girodelle stava giusto assaporando questo piacere, quando la vide. Il suo sguardo fu attirato da una figura alta e slanciata, biancovestita – da quando non si vedeva una abito da ballo bianco, interamente bianco, a corte! – scesa da una anonima carrozza, che guadagnava, con passo leggermente esitante, lo scalone d’accesso al corpo della Reggia dove, in quella notte invernale, si teneva l’ultimo grande ballo che precedeva ill Natale.
Il suo abito, così insolito, senza panier, senza crinolina, diverso da tutti gli altri, o fors’anche, più che originale, sottilmente démodé, insieme al ventaglio di piume di pavone, furiosamente in auge oltre dieci anni prima, la indicava certamente per una dama straniera, forse polacca - come tutte le straniere a Corte, sempre un poco en arrière nel cogliere le ultime tendenze della moda -, a giudicare dalla capigliatura bionda  che ella non aveva nascosto sotto una parrucca – scelta bizzarra –, ma che ricadeva in morbide ciocche, sensualmente ricciolute, ai lati del volto, mentre il resto di quella massa di oro biondo, impreziosita da un diadema, era fissato in un morbido nodo sopra la nuca, lasciata deliziosamente scoperta: certo, pensò Girodelle, rafforzandosi nella sua convinzione, si doveva davvero trattare di una aristocratica polacca, una di quelle che, sulla pigra scia della popolarità della Polonia ai tempi della Regina Maria, ancora, occasionalmente, si potevano incontrare a Corte, incantevoli nei loro colori nordici, che raccontavano di inverni passati pattinando sulla Vistola ghiacciata, di un freddo sconosciuto ai pur rigidi inverni parigini, di furiose lotte d’amore sotto le coperte mentre fuori la neve e il ghiaccio imperversavano per settimane e mesi....
Oh, sì, Victor Clément de Girodelle ricordava con gratitudine e piacere le sue amanti polacche: giovani donne dalla bellezza statuaria e dall’animo semplice e sincero, appena a disagio con il complicato cerimoniale di corte, la voce un poco roca nel timbro orientale, mentre cercavano, nelle pause fra un amplesso e l’altro, fra un bacio e l’altro, di insegnargli a pronunciare i loro nomi irti di consonanti spinose, e quei suoni così selvatici, così eterocliti, così bisbetici, che indicavano la loro città e il loro casato, nomi che mai gli era riuscito di pronunciare correttamente, meno che mai di ricordare.
         Eppure, quella dama in bianco aveva nel suo comportamento un tratto innatamente sofisticato che gliela faceva reputare superiore alle figlie della piccola nobiltà di Varsavia e Cracovia in visita a Parigi per dirozzarsi in vista di un matrimonio combinato con l’erede di vasti possedimenti spopolati e brulli, prima di serrarsi negli aviti e spogli manieri immersi nel nulla ghiacciato. Il passo della dama biancovestita, per quanto timoroso e a tratti incerto – forse, cara ragazza!, era la prima volta che metteva piede nella magnificenza di Versailles, si intenerì lui – tradiva tuttavia un’eleganza di fondo, nell’incedere, tutta parigina: la figlia di un ambasciatore, forse? Una principessa nordica educata in un convento a Parigi? Il frutto, esoticamente gelido e raffinato, come uno strano fiore di serra, di una unione mista, fra un gentiluomo nato sotto il sole della Provenza e una madre cresciuta all’ombra della cattedrale di Cracovia, o davanti alle esangui spiagge baltiche?, si sorprese a fantasticare.
 5- La seguì con lo sguardo mentre, con atto aggraziato e insieme timido, si avvicinava al valletto all’ingresso, dichiarando il suo nome, ed entrava nella grande sala. E, ugualmente ammaliato, Girodelle la seguì, con gli occhi e con i passi, mentre si faceva strada nel salone splendido di luci e di cristalli, fra i brusii delle vecchie cariatidi che già si rincorrevano pazzamente, mormorando, curiose, a proposito della bella sconosciuta, certo una duchessa di un qualche lontano Paese straniero, o perché no?, magari persino una principessa in incognito.
Ed ecco: lo vide. Oh, una cosa da nulla, solo un piccolo, insignificante, gesto, un movimento appena accennato, della mano destra, che, mentre la sinistra – scelta irrituale – sosteneva il ventaglio, coprendo quel viso dai tratti finissimi, e lasciando in vista solo gli occhi, -due laghi alpini ghiacciati che scrutavano il grande salone da ballo con lo sguardo pieno di palpiti di una cerbiatta -, batteva ripetutamente, a intervalli regolari, le dita aperte e distese, sul fianco sinistro.
         Quel movimento, Girodelle lo conosceva molto bene; era il gesto di chi, abituato a portare la spada, soprappensiero si toccava il fianco sinistro, ponendo le dita sull’elsa, e tamburellandovi; il gesto che, da tanti anni, osservava in Madamigella Oscar, quando, ritta in piedi ad ascoltare le chiacchiere degli altri ufficiali e i rapporti, - oltremodo noios -i, dell’attendente del Generale Bouillet, il braccio sinistro piegato ad abbracciare il fianco opposto, con le dita della mano destra toccava, a ritmo alterno, l’elsa della sua spada.
Lei?!
 Possibile?!”!!
 
 
 
Possibile che fosse lei la dama misteriosa, quella donna di una bellezza sconvolgente che attirava gli sguardi curiosi e cupidi di tutto il salone?
Girodelle, a debita distanza, cercò di metterla bene a fuoco; e benché l’avesse vista per anni solo in uniforme, seppe misurare e ritrovare le forme di quel corpo a onde, lunghe e morbide come le lente maree di Normandia, nella sconosciuta che armeggiava timidamente con il suo ventaglio.
Ecco spiegata la bizzarria del suo abito e della sua acconciatura: ché Madamigella Oscar non era tipa da scapicollarsi da Rose Bertin e dal Léonard di turno per diventare, nel suo debutto in vesti femminili a un ballo, la copia impersonale di una delle tante contesse e baronesse, marchesine e principesse che affollavano quella riunione mondana.
Ecco spiegato il senso di sottile disagio che tradivano i suoi passi di debuttante su quei sottili tacchi delle scarpine di raso.
Ecco spiegate le occhiate timide e come impaurite che, in quelle vesti per lei inedite, Madamigella Oscar lanciava sulla sala.
Si trattava di una prima volta, e Victor Clément de Girodelle, da gentiluomo quale era, sino al midollo, provava sempre una strana tenerezza per quelle occasioni, di qualsiasi genere di prima di volta si trattasse nella vita di una donna: le considerava con uno speciale struggimento, se ne faceva coinvolgere con una speciale delicatezza, e ne serbava sempre uno speciale ricordo.
6 - Mosse un passo in direzione della dama in bianco, ma, subito dopo, si bloccò: perché, gli sovvenne, se Madamigella Oscar aveva preso parte a quel ballo, presentandosi con una carrozza senza lo stemma nobiliare dei Jarjayes, significava che non voleva essere riconosciuta, e lui, che nutriva per il suo Comandante un assoluto rispetto e insieme una silenziosa adorazione, non poteva certo usarle l’indelicatezza di avvicinarsi a lei e invitarla a ballare, giacché sarebbe stato troppo palese che l’avesse riconosciuta. E questo, intuì Victor Clément de Girodelle, non avrebbe potuto che accrescere il suo disagio, che già, lo capiva dalla sua postura, doveva in quei momenti attanagliarla come mai nella sua vita. E meditando un simile pensiero il Tenente Girodelle si intenerì, e brindò, mentalmente, ingollando una coppa di champagne alla salute e alla felice conclusione di quella serata, auspicando che Madamigella Oscar potesse assaporare, anche se non con lui, tutte le gioie dell’essere donna.
In quel momento, fra l’altro, Girodelle realizzò che accanto a Madamigella Oscar non era comparso, come sempre era accaduto sino a quel monento, il suo attendente, quel villano ripulito di André Grandier: la cosa, inutile dirlo, gli provocò un sorriso di soddisfazione, e fra sé e sé stappò una piccola bottiglia interiore, come amava dire suo padre nei minuti trionfi quotidiani: si dava forse il caso che quel sodalizio indecoroso di Madamigella Oscar con il suo servo, quella familiarità che gli toglieva il sonnno e su cui tutta la Corte mormorava, formulando da oltre tre lustri le ipotesi più pazze -  alimentate dal mutismo e dalla naturalezza dei due - , si fosse rotto?
Naturalmente, per un istante, Girodelle valutò anche l’opportunità di avvicinarsi a Madamigella Oscar e di strapparle un ballo, e poi ancora un altro, e poi un altro ancora, e poi, forse, inebriato dal profumo di mughetto e rosa che sempre esalava la sua pelle candida, di strapprle anche un bacio, ma senza dare a vedere di averla riconosciuta: tuttavia, accantonò immediatamente quella balzana, sciocca idea, perché non sarebbe stato credibile – via, forse solo nelle favole di Monsieur Perrault!- che un uomo, che conosceva Madamigella Oscar da tanti anni, che la vedeva tanto spesso e che tanto assiduamente discorreva con lei, non la riconoscesse,  - sebbene in vesti tanto diverse da quelle che indossava nella comune quotidianità – , stringendola fra le braccia, a distanza tanto ravvicinata.
Via, via, si disse Girodelle, solo uno stupido patentato, solo un cretino, un deficiente, un minus habens potrebbe non riconoscerla, dopo una così lunga familiarità. E io, aggiunse fra sé e sé, non voglio affatto essere considerato come tale da Madamigella Oscar. Si dispose quindi ad assistere, da osservatore non disinteressato, al debutto del suo Comandante in panni femminili a un ballo, meditando fra sé e sé che il sacrifizio del piacere presente, che egli si andava imponendo, sarebbe stato ricompensato, probabilmente in un futuro non troppo remoto, con la gioia di una vicinanza più calorosa, quella che da anni sembrava ormai essersi spenta fra loro due, limitandosi ormai il loro rapporto a uno scambio di ordini e direttive, osservazioni e appunti relativi alla gestione dei turni di guardia, dell’addestramento delle reclute, delle risorse dell’Armeria Reale.
 
 
7- Ma, in quella, vide una figura maschile massiccia e insieme agile, vestita di una fastosa marsina bianca a decori di damasco d’oro muoversi verso Madamigella Oscar: il Conte di Fersen!
Girodelle non aveva mai nutrito alcuna simpatia per il Conte: indecoroso e indegno il suo comportamento, lo aveva sempre giudicato. Quale gentiluomo, per quanto toccato e pervaso da un amore bruciante, vorrebbe mettere a rischio la buona reputazione della donna che ama, esponendola, per giunta, se questa è nientemeno che una Sovrana, al pubblico ludibrio di tutta una Corte e anzi di una intera nazione?
Perché non se ne tornava in Svezia, il Colonnello Fersen, lui e la sua inutilmente ostentata divisa da comandante del reggimento dei dragoni, a compromettere il buon nome della regina del Suo Paese, invece di recare oltraggio alla consorte del re Cristianissimo, lui sì, Re Luigi XVI, troppo nobile, e generoso, e pio per comprendere e stroncare quello scandaloso adulterio consumato da tanto, troppo tempo, fin quasi sui gradini del trono?
Avrebbe dovuto soffocare l’amore, il conte di Fersen, e soffrire in silenzio, coltivando nel segreto del suo cuore un sentimento tanto profondo quanto impossibile, proprio come faceva lui, Girodelle, e proprio come lui avrebbe dovuto consolare  - come del resto le malelingue dicevano che Fersen già facesse con grande impegno – il dolore di amare una donna a lui preclusa con sporadici incontri amorosi, capaci di dare un ristoro momentaneo al suo spirito, e, insieme, di tenere viva la fiamma impossibile che lo animava, facendogli ogni volta misurare la differenza fra la donna che stringeva fra le braccia e la meraviglia di bellezza, di grazia, di nobiltà che non poteva avere.
Ed eccolo ora, quello straniero senza decenza, senza rispetto, senza decoro sotto i suoi modi garbati e sotto il suo eloquio fluente, avvicinarsi a Madamigella Oscar, e iniziare a danzare con lei. I movimenti della coppia, meravigliosamente armoniosi, parlavano di una fascinazione potente che, sprigionandosi dalla figura di lei agiva su di lui, che le teneva gli occhi addosso, avvinto alla sua bellezza; ma i gesti timidi e insieme pieni di passione inespressa di lei, la rigidità delle spalle e gli sguardi trepidanti da sotto in su che Madamigella Oscar rivolgeva a Fersen, invece, raccontavano di una passione profonda e radicata, da chi sa quanto tempo, una di quelle passioni silenziose, che non possono avere voce, e che diventano ossessione della mente e dei sogni; e quando Victor Clément de Girodelle se ne rese conto, il bicchere di champagne che aveva appena ingollato si tramutò tutto in fiele.
Ma esiste un dio anche per gli amanti sinceri e sfortunati come lui: a un tratto vide Madamigella Oscar turbarsi, chinare il capo, come colpita da una parola irriguardosa – chi sa quale bestialità doveva aver proferito quel Fersen? Sempre così, accade con i protestanti, pensò Girodelle: per quanto possano essere apparentemente bennati e bene educati, la civiltà è una vernice molto sottile, e presto o tardi si nota con tutta evidenza che è mancata loro quella compitezza che solo le finezze dell’educazione cattolica possono dare. Madamigella Oscar, rigida, turbata, e come impacciata, aveva incespicato, e stava per sbilanciarsi e cadere; e allora quel Conte, venuto da chi sa quale  selvaggia contea spersa nei ghiacci, l’aveva sostenuta, sì, ma con quale malagrazia, afferrando il polso di Madamigella Oscar, che lo fissava costernata: in quel momento, Girodelle si sentì montare da dentro una vampata di odio contro di lui, ma lo detestò con tutte le sue forze, quando, dopo un istante, Madamigella Oscar corse via, sconvolta, lasciando il salone della festa in stato di evidente alterazione.
8 - Con discrezione, Girodelle la seguì, e la vide, ferma davanti alla maestosa fontana di Latona, mentre, le mani a stringere il bordo con tutte le sue forze -  ne faceva fede la tensione delle braccia, visibile anche dal suo punto di osservazione, poco discosto dall’ingresso - , e il capo chino, piangeva: e benché lei gli voltasse le spalle, dai sussulti della sua schiena Girodelle intuiva e immaginava, e anzi vedeva, vedeva con pena, le lacrime che le scorrevano lungo le guance e i singhiozzi che le squassavano il petto.
Non voleva, non poteva avvicinarsi, in quel momento: non voleva umiliarla, scoprendo il suo gioco, che tanto dolore le aveva già arrecato, e aggiungendo a quel morso dell’animo anche la mortificazione dell’essere stata riconosciuta, e in una circostanza tanto umiliante, per giunta; poteva solo immaginare che parole orribili e severe dovevano avere graffiato l’animo di Oscar. E, in quel momento, l’amò più che mai, il suo bellissimo Comandante, tanto fiera e algida in uniforme quanto tenera e delicatissima in vesti femminili. In quell’attimo desiderò come non mai abbracciare quella sua irresitibile fragilità,. e proteggerla, per tutta la vita, da ogni durezza e da ogni insulto; in quell’attimo capì che non solo amava Madamigella Oscar, ma la voleva sposare, voleva che fosse accanto a sé, al riparo da ogni tempesta e intemperia, per lunghissimi anni. E lui voleva essere quel riparo. ****************************************************************************************************************
 
Ed eccolo qui, il nostro regalino di San Valentino, mio, ma, soprattutto, di Galla88, la quale, oltre ad avere realizzato la strepitosa fan art, mi ha donato l’idea e il soggetto per questa one shot. Perché volevamo un punto di vista diverso, per una volta, da quello di Oscar e André; perché, si diceva sopra, si può amare, e amare sinceramente, e mettere tutta la nobiltà di cui il proprio animo è capace,in questo sentimento, e si può vedere tutto, ma non capire assolutamente niente: non è vero, Briony Tallis? ;)) Almeno, Girodelle, da gentiluomo compito qual è, non combina disastri. Devo anche ringraziare, per un tocco secondo me importante, Tixit (Il generale parla: leggetela, e dite se non è geniale!), che mi ha fornito l’ispirazione per il punto in cui Girodelle rammemora i vantaggi di una educazione tipicamente cattolica (avrei voluto fargli citare i collegi gesuitici, ma, ahimé, quando avrebbe avuto l’età per frequentarli l’ordine era già stato sciolto in Francia).
E ancora, grazie a chi legge, e a chi apprezza questo divertissement, direbbe Monsieur Blaise, insieme con noi. A presto!
 
          
 
   
 
Leggi le 20 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Dorabella27