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Autore: thewickedwitch    14/02/2022    1 recensioni
A seguito della partenza di Robin da StoryBrooke, Emma decide di distrarre Regina la sera di San Valentino passandola con lei. Ma i pensieri sono tanti, le parole non dette ancora di più, ed entrambe credono di poter trovare nell'alcol la loro via di fuga.
Ma ciò che l'alcol suggerisce loro di fare, poco dopo, non è per niente una via di fuga.
In una così bella notte, senza niente di meglio da fare...perché non sposarsi?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti e buon San Valentino! Piccola premessa prima di iniziare: la storia è ambientata nella quarta stagione, dopo la partenza di Robin e prima dell' episodio 4x12 (prima della scena in cui Emma porta il pranzo in ufficio a Regina, ad ogni modo). è una sorta di missing moment ma neanche troppo serio, più qualcosa per celebrare questa giornata e le swanqueen e divertirsi. 
L'ispirazione é giunta (parecchio tempo fa) dalla canzone di Bruno Mars "Marry you", dunque ci saranno parecchi riferimenti nel testo. 
Spero vi piaccia!





It's a beautiful night, we're looking for something dumb to do
Hey baby, I think I wanna marry you
Is it the look in your eyes or is it this dancing juice?
Who cares, baby, I think I wanna marry you


15 Febbraio
 
Fili d'argento si intrecciavano, ancora e ancora, in un circolo senza fine. Un inseguimento perpetuo, al punto che, se provava a seguirne uno, con lo sguardo o con la punta delle dita, lo perdeva immediatamente dopo qualche secondo.
Trattenne a stento un sospiro, un sorriso piccolo e ribelle sulle labbra, quando i polpastrelli si scontrarono con le piccole ali brillanti che emanavano lievi bagliori, interrompendo quel circolo, che in fondo esisteva in loro funzione e ad esse tendeva, in inutili giri, tra le sue mani, come nella sua mente inutili pensieri vorticavano senza tregua solo per scontrarsi contro di lei, e dal suo pensiero, perennemente presente ed al tempo stesso improvviso, venire interrotti.
Non avrebbe saputo definire, Regina, da quanto tempo sedeva lì, illuminata da un raggio di sole, a rigirarsi quell'anello tra le mani, silente ed ossessionata, in trance.
Non era riuscita a fare altro quella mattina, tanto forte era l'attrazione che quell'oggetto esercitava su di lei, tanto potente la richiesta silenziosa di tornare tra le sue mani.
Perché dopotutto, doveva ammettere che le piaceva.
Le piaceva indugiare su quelle memorie confuse e, se non felici, quantomeno allegre; pericolose, ma divertenti, a suscitare quel fastidioso, irragionevole sorriso, che le riempiva il viso di timorosa tenerezza e soffocata gioia, e le faceva rilucere gli occhi, ammesso certo che non fosse solo un riflesso.
E in effetti forse faceva bene a continuare a pensarci, era forse necessario per riuscire a capire come fosse stato possibile che lei, Regina Mills, ex regina cattiva e sindaco di Storybrooke, avesse accettato di fare una cosa del genere.
Lei, sempre attenta alle conseguenze.
Eppure era avvenuto, era successo e non a sua insaputa, e la cosa che reputava certamente più grave era che neppure in quel momento riusciva a pentirsene del tutto.
Perché, se chiudeva gli occhi, poteva ancora percepire la sordida magia che permeava quelle memorie, donandovi oniriche tinte, quei respiri di libertà, spensieratezza appartenente ad una giovinezza mai del tutto vissuta, che aveva creduto di aver perso per sempre molti anni prima.
Risentiva tutto ancora in sé, se chiudeva le palpebre, accogliendo in esse la luce di quei brillanti, a gonfiarle il cuore.
E certo era ben conscia che ci fossero disastri, ad attenderla, guai da evitare e problemi da risolvere, ma proprio per questo non riusciva a lasciare che quel momento finisse, non riusciva a seppellire, sí, perché era questo ciò che avrebbe dovuto fare, seppellire, quei ricordi, quelle emozioni di cui aveva tremendamente bisogno dopo gli ultimi avvenimenti, per lenire il dolore di quella nuova crepa formatasi sul suo cuore, e quel piccolo oggetto che tutto quello conteneva e custodiva.
Non poteva dimenticare, no, perché non poteva capire, non ancora, come fosse stato possibile che per quel mattino, e, come quello, per la notte precedente, non fossero stati quei dolorosi pensieri ad occupare la sua mente, come sempre accadeva e come aveva creduto sempre sarebbe accaduto, almeno per un bel po' di mesi.
Eppure ancora allora, ancora allora la sua mente li evitava e tornava indietro, alla notte precedente, a quegli occhi, quella risata... a quella piccola follia che avevano condiviso.
 
 
14 Febbraio.
 
Non avrebbe mai immaginato, Regina, che quella macchina fosse in grado di tenere così tanto al caldo.
La sua non lo era, sebbene fosse di un modello decisamente migliore.
Faceva freddo fuori, ma lei lo percepiva appena, attraverso il vetro del finestrino chiuso, scontrarsi con l'aria riscaldata che riempiva l'abitacolo e venire da essa prontamente, e fermamente, bloccato.
C'era qualcosa di piacevolmente strano in quell'aria, qualcosa di quasi...familiare, che tuttavia ancora non riusciva a definire.
Sotto l'odore del cuoio e quello della cannella emesso dal piccolo profumatore attaccato al bocchettone dell'aria, era forse quella essenza che avrebbe definito Emma.
O era forse Emma a passare cosí tanto tempo in quella macchina da assumerne l'odore: la cosa non l'avrebbe sorpresa di certo.
Si ritrovò a sorridere appena, come se lo avesse scelto, prima che una realizzazione le si abbattesse contro, riportando le sue labbra in quella dura linea in cui erano abituate a restare: era causa sua, in fondo, se quel maggiolino era stato la casa di Emma per innumerevoli anni.
Certamente solo colpa sua.
E allora la percepí, la riconobbe, oltre quel miscuglio di odori, la più dolce ed accogliente fragranza di una casa, di un luogo pregno di ricordi.
Ma nonostante tutto Emma...lei...
Si voltò a guardarla, quasi di scatto, e per un istante affondò nel verde sincero delle sue iridi, su di lei già puntate, che, sole, furono in grado di cancellare per un istante dalla sua mente qualsiasi proposito l'avesse spinta a girarsi.
Erano passati gli anni, certo. E Regina aveva imparato a conoscere Emma, forse meglio di chiunque altro. Eppure ancora  non riusciva a spiegarsi perché ogni volta la vista dei suoi occhi le facesse quell'effetto.
Forse conosceva lei ma non sé stessa così bene come credeva.
Deglutí, cercando di concentrarsi, di non mostrare quell'attimo di distrazione. Decise poi di abbandonare parole ignote, forse di scusa, forse di codardia, parole che non era mai realmente stata sul punto di pronunciare.
Fece per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma Emma fu più veloce di lei.
"Tutto bene?"
Deglutí di nuovo, Regina. Annuí, distogliendo lo sguardo prima che fosse troppo tardi, prima che ogni suo segreto ed ogni suo pensiero fossero esposti a quegli occhi che avevano sempre saputo leggerle dentro come mai nessuno prima.
"Si, io..." tacque. Sospirò.
Scosse la testa, quasi quel gesto potesse bastare a liberarla da quella nebbia fragrante ed intossicante, leggermente soporifera.
Si sforzò di tornare in sé.
Come se già la situazione non fosse già abbastanza assurda.
"Allora Swan..." sorrise appena, divertita, e la guardò di sfuggita.
"Ti dispiacerebbe spiegarmi cosa ci faccio nella tua...trappola mortale su ruote, con te, la sera di San Valentino?"
Già, cosa ci faceva lí? Cosa aveva voluto Emma da lei quando quel pomeriggio l'aveva chiamata dicendole di "farsi trovare pronta per le otto perché sarebbero uscite"?
Non che Regina non avesse provato a capire, o quantomeno a ribattere, chiaramente, ma alla sua domanda "per fare cosa?" lei aveva risposto semplicemente che era una sorpresa, prima di chiudere il telefono, in modo del tutto maleducato, a dire la verità -non che Regina ne fosse stata poi sorpresa.
Qualcosa di losco, sicuramente. Molto più probabilmente di idiota, come lei.
Ma, sfortunatamente, Regina si fidava della madre di suo figlio abbastanza da accettare, come con nessun altro avrebbe fatto.
E sí, Emma era passata a prenderla alle otto, alle otto e cinque in verità, perché non era mai in orario e Regina lo sapeva meglio di tutti, ma da allora il viaggio era stato silenzioso, riempito appena di sguardi fugaci e di sbrigativi saluti. Ora, ferme a poca distanza dal Granny's, Regina sentiva la necessità di sapere.
Tuttavia la prima occhiata che Emma le lanciò fu alquanto risentita.
"Hey, rispetto per la piccola!" esclamò, prima di ogni altra cosa.
Regina fece del suo meglio per non ridere.
Poi però, evidentemente Emma si rese conto della domanda che le era stata posta e si zittì, mortalmente seria e fin troppo colorita per le temperature ambientali.
Si sistemò la sciarpa quasi nervosamente.
"Beh sai...è colpa mia se devi passare San Valentino da sola, quindi..." deglutí:" ...quindi ho pensato che magari avrei potuto fare qualcosa per rendere la serata..." si strinse nelle spalle:" non so, più divertente. Insomma, non potevo permettere che restassi sola a...bere, piangere e chissà cos'altro."
Regina rise amaramente, quasi divertita.
"Davvero? Credi che passerei la serata a "bere, piangere e chissà cos'altro" solo perché é San Valentino e non ho nessuno con cui festeggiarlo?
Non ho mai avuto nessuno con cui festeggiare, Emma, e non parlo solo di questa vostra festa di cui...non sapevo neanche l'esistenza, prima di venire in questo mondo.
Non mi perdo nell'autocommiserazione e di certo non nell'autodistruzione." aggiunse,più acida e dura di quanto si sentiva, a coprire l'ombra lieve di una bugia.
"Quindi se ti senti obbligata a passare la serata con me solo per non avermi sulla coscienza puoi benissimo lasciarmi a casa e tornare dal tuo pirata che sono sicura starà sentendo molto la tua mancanza. Sopravviveró benissimo anche senza di te, Swan."
Si, gocciolavano veleno le sue parole. Per un momento aveva voluto ferirla, sperando che non si accorgesse cosí di quanto quel semplice pensiero le facesse male. Il pensiero di essere qualcuno da commiserare, qualcuno di cui prendersi cura.
Le faceva male che Emma non la conoscesse come aveva creduto.
E certo, non era sicura che fosse poi cosí, non poteva ignorare, dopotutto, tutto quello che Emma aveva fatto per lei in quell'ultimo periodo. Come le era stata accanto, controllando che stesse bene ogni giorno, lasciandole tenere sempre Henry, portandole il pranzo in ufficio perché "mangi davvero troppo poco", e restando a consumare il proprio con lei perché "senza qualcuno da sopportare perderesti il tuo carattere".
E cosa ci trovasse poi Emma di così speciale nel suo carattere, Regina non riusciva proprio a capirlo.
Dunque sì, le era stata vicina, più di tutti, nonostante lei la cacciasse e fosse spesso e volentieri brusca nei suoi confronti. Ma Emma passava sopra al suo pessimo carattere con un sorriso ed una volontà di ferro che senza dubbio l'avrebbero esasperata se fossero state di chiunque altro, e che a volte la esasperavano, ma non così tanto come credeva e lasciava credere. Tuttavia, forse proprio per questo, preferiva cancellare, ancor prima della possibilità, il solo pensiero di essere un peso per lei, e l'unico modo che aveva per farlo era allontanandola, e forse l'unico modo che aveva per allontanarla era ferirla.
Quando si girò a guardarla però, quello che vide sul suo viso fu solo stupore. E colpevolezza che la fece sentire colpevole a sua volta.
"No, no, hey, Regina, frena! Non lo intendevo a quel modo, so che non sei cosí, io volevo solo dire che..." si portò una mano tra i capelli abbandonando la testa al sedile.
"Dannazione..." la sentí sussurrare Regina, e distolse lo sguardo sentendosi ancora in colpa perché, nonostante tutto, non le sembrava vero quello che aveva detto. Non le sembrava poi cosí male l'idea di Emma, ma averla cosí vicina...
"Non é per questo, Regina. Non lo faccio perché mi sento obbligata." riprese lentamente, quasi con cautela ed a voce bassa, Emma, senza azzardarsi a guardarla.
"Io...mi sento in colpa per...tutto quello che è successo, e..."
Ma Regina non voleva sentire le sue scuse, non ancora una volta. Non voleva ricordare quante gliene dovesse a sua volta.
"Quindi vuoi alleggerirti la coscienza, non è molto diverso..."
"Dannazione, Regina, ascoltami!" esclamò l'altra, zittendola all'istante.
"É possibile che non riusciamo a stare nello stesso posto per...cinque minuti senza litigare?"
Regina non rispose, fissando ostinatamente la strada davanti a loro.
Emma respirò profondamente, chiuse gli occhi per un istante. Parve quasi stesse facendo uno sforzo immane per trovare le parole giuste, ed esse forse non furono esattamente quelle che pronunciò subito dopo.
"Perché devi rendere sempre tutto cosí difficile..."
Ma non era poi una domanda, non voleva una risposta, perché forse Emma la conosceva bene la risposta, non voleva forse neanche essere udita, per quanto piano la pronunciò, eppure parve restituirle determinazione, perché poi riprese a parlare.
"Scusa, se ho alzato la voce. Non voglio alleggerirmi la coscienza, Regina. Solo, io...non trovo giusto tutto questo, ok? Non trovo giusto che tu debba restare sempre sola, se non fosse per Henry..."
"Veramente ti ho sempre intorno, signorina Swan." la interruppe lei, ma Emma, restituitole un breve sorriso, le intimò con lo sguardo di lasciarla continuare.
"Non trovo giusto che, non importa cosa succeda, chi ne paga le conseguenze debba essere sempre tu, non posso vederti sempre triste e..." si strinse appena nelle spalle:" ...chi se ne frega di San Valentino, è una sera come un'altra, non sto facendo niente di strano. Non voglio stare con Killian, voglio solo...veder sorridere la madre di mio figlio."
Già, eccolo lì quell'appellativo, "la madre di mio figlio". Una semplice frase, quello che erano l'una per l'altra. No. La scusa che usavano, dietro cui si nascondevano, la ragione che assumevano per l'affetto reciproco quando non potevano frenarsi dal dimostrarlo.
Regina si girò a fissarla, intensamente.
"Quindi...per favore, per una volta, potresti...fidarti e basta?"
Solo allora Emma si voltò a sua volta. E Regina vide cosí tanta sincerità, cosí tanta limpidezza nei suoi occhi leggermente tremanti, cosí tanta aspettativa sul suo volto, risentendo le sue ultime parole echeggiare ancora nella sua testa, che semplicemente annuí. E si sforzò poi di sorridere, trovandosi improvvisamente impegnata a contrastare con tutte le sue forze un impulso nuovo ma forse poi non cosí sconosciuto, ad azzerare la distanza che dall'altra donna la separava.
 
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La seguì con lo sguardo, mentre lei faceva il giro della macchina e raggiungeva il suo sportello.
Non appena lo aprí, una ventata d'aria gelida invase il veicolo, schiaffeggiandole il viso. Fece per tirarsi indietro, ma prima che potesse farlo si ritrovò ad afferrare al volo due scatole di pizza calde e gustosamente profumate che Emma le cacciò in mano senza il minimo preavviso.
"Mantieni per un secondo." disse solo.
Riuscita nell'impresa, Regina non mancò di lanciarle un'occhiataccia, vedendola entrare nel veicolo.
"Swan, che diamine!"
Emma si limitò a sorridere rapidamente, quasi chiedendole scusa, per poi mettere in moto e spostare l'auto in un luogo più riparato, sul retro del Granny's.
"Ecco, così sarà come stare seduti fuori ma al caldo."
Regina si limitò ad alzare gli occhi al cielo scuotendo la testa, per poi passarle la sua pizza, chiaramente distinta dal suo nome scritto con un pennarello sul cartone.
Non appena aprirono la scatola, un delizioso profumo riempì l'abitacolo, facendo gorgogliare lo stomaco di una più che entusiasta Emma.
"Buon appetito!" esclamò, afferrando la prima fetta ed avventandosi su di essa come se non mangiasse da secoli.
Regina si limitò a fissarla con un sopracciglio alzato, poi scosse nuovamente la testa e, con molta attenzione, prese una fetta di pizza dopo essersi assicurata che non avrebbe ceduto sotto il suo stesso peso durante il percorso fino alla sua bocca. E fu solo quando essa la raggiunse che si accorse del piccolo sorriso che non era riuscita a trattenere di fronte al comportamento di Emma.
Dopo che ebbero mangiato in silenzio per un po', Regina si decise a parlare, a farle quella domanda che da un po' le ronzava in testa.
"Emma"
"Mh?"
"Perché non siamo entrate?"
Emma meditò per un secondo, poi si voltò e le sorrise, fin troppo compiaciuta.
"Perché devo farti apprezzare questo tesoro di macchina, mi sembra ovvio." rispose, con la bocca piena.
Regina fece una smorfia, guardando lo spazio intorno a sé.
"Non credo che ci riuscirai cosí facilmente."
Ma, stranamente, Emma la ignorò.
"E poi perché...beh, non credo tu voglia essere vista in mia compagnia a cena stasera."
Quello zittí Regina per un attimo. Poi, interpretando quelle parole come la volontà di Emma di evitare quelli che sarebbero stati per lei spiacevoli inconvenienti, sbuffò sorridendo amaramente.
"Tranquilla, tanto nessuno crederebbe che stiamo insieme."
Percepí il regolare ruminare di Emma fermarsi per un momento, prima di riprendere come se niente fosse.
Nessuna delle due tuttavia si azzardò a guardare l'altra.
"Tu credi?"
Regina non rispose, non avendo un'effettiva risposta, ed essendo troppo impegnata a cercare di capire cosa stesse effettivamente provando. Rabbia? Forse, credendo che Emma si vergognasse di lei. Tristezza, per quella lontananza che le rendeva cosí diverse e, agli occhi di tutti, incompatibili. Un lieve rimorso, dato dalla consapevolezza di entrambe che non fosse cosí.
Sospirò senza farsi sentire, riprendendo a mangiare, preferendo ignorare quel fastidio nel petto, qualsiasi cosa fosse, e lasciar cadere la questione nell'oblio.
Tuttavia dopo pochi minuti la sua attenzione, fino ad allora estremamente concentrata unicamente sul non sporcarsi e sul maledire Emma (perché lei doveva esserci sempre?) senza farlo però mai ad alta voce, per costringerla a mangiare in quelle condizioni, venne richiamata dal brusco e convulso movimento con cui quest'ultima tentò in ogni modo di salvare il sedile in pelle dalla rovinosa caduta di un pomodoro dalla sua fetta di pizza.
Non poté trattenersi allora dal ridere leggermente davanti alla sua espressione rassegnata e contrariata quando fallì nei suoi tentativi.
"È questo tutto il rispetto che hai per il tuo maggiolino?" le chiese, ironica.
Emma fu chiaramente sul punto di ribattere, ma all'ultimo si fermò, e invece di parlare un sorriso si dipinse sul suo volto.
Regina, ignara dell'effetto che quella sua sola risata poteva aver avuto sull'altra, non mancò di notare il suo cambiamento, repentino e quanto mai inusuale.
"Che cosa c'è ora?" chiese, sentendosi inspiegabilmente a disagio.
Emma scosse appena la testa e puntò i suoi occhi su di lei, fissandola per un momento.
"Lo hai chiamato maggiolino, è già un passo avanti, no?"
Regina sorrise, seppur roteando gli occhi.
"Prima o poi crescerà anche lei, signorina Swan, ne sono sicura."
"Mh, può darsi" si limitò a rispondere l'altra prima di tentare di rimediare al disastro appena avvenuto.
"A proposito di ritardi, dove hai lasciato Killian? Immagino non gli avrà fatto piacere questa tua...brillante trovata di passare la sera di San Valentino con la madre di tuo figlio."
E non riuscì a nascondere, Regina, la lieve nota di subdola ironia presente nel suo tono.
Non era certa del perché, ma sapere di essere ciò che teneva Emma lontana da quel pirata la faceva sentire...soddisfatta. Ed era assurdo, certo, ma ormai molte volte se lo era spiegato con il semplice fatto che a lei quel pirata non piaceva e non era mai piaciuto.
Tornò seria però quando vide Emma irrigidirsi alla sua domanda. Esitò un momento, fissando il sedile che era impegnata a pulire.
"Diciamo che...le cose tra noi sono un po' diverse ora."
Ma, come Emma era in grado di capire Regina, così lei era in grado di capire Emma, ed in quel momento capì che parlarne la metteva a disagio. Così non chiese più nulla, tornando a mangiare la sua pizza, recludendo negli anfratti più oscuri della sua mente e del suo cuore quell'inspiegato, assurdo ed insensato battito di speranza che quell'ultima frase aveva risvegliato.
 
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Entrare al Rabbit Hole non fu, per Regina, come si era aspettata.
Aveva creduto, lungo la breve strada che avevano rapidamente percorso in macchina e poi nei pochi passi che l'avevano condotta al locale, che l'atmosfera che vi avrebbe trovato l'avrebbe...sopraffatta, dopo gli ultimi eventi, soffocata e spaventata, spingendola a scappare via con una rapida scusa che aveva già preparato nel momento in cui non era stata in grado di rifiutare la proposta di Emma di andare lí a bere qualcosa.
D'altronde, non avrebbe preferito farlo a casa sua: troppo silenzio e troppo spazio per parlare significavano troppo disagio, in una sera come quella, anche se ancora non era sicura di cosa esattamente l'avrebbe messa a disagio.
Ed Emma era stata gentile, comunque. Aveva passato la serata con lei mandando probabilmente a monte tutti i suoi programmi o tutti i programmi del pirata, non l'aveva lasciata sola mentre Henry passava la serata con i suoi amici, e sebbene si ostinasse a non volerlo ammettere, sí, sarebbe tornata sui suoi tristi pensieri, si sarebbe sentita sola, e sí, sarebbe finita molto probabilmente a bere.
E certo, non che ora stesse andando a fare qualcosa di molto diverso, ma tra il bere da soli e il bere in compagnia c'era un'enorme differenza.
Nonostante tutto però, si era davvero sentita pronta ad abbandonarla nel caso in cui il Rabbit Hole fosse stato troppo da sopportare.
Ma, nel momento in cui Emma aveva aperto la porta e le aveva fatto strada all'interno, e ancora di più quando questa si era chiusa, lasciando che l'atmosfera ombrata e calda e...in qualche modo pulsante, le si richiudesse addosso, non aveva provato nulla di quello che si era aspettata.
La sala era in penombra, illuminata da luci rosse e blu che si fondevano in ombre color cobalto sui volti degli avventori, rendendo tutti irriconoscibili ed al tempo stesso unici, nel modo in cui gli spigoli dei loro profili accoglievano le luci in mille modi diversi.
C'era caldo, un calore forse fin troppo intenso per lei, ancora racchiusa nel suo cappotto, nelle cui tasche aveva tenuto stretti i pugni in attesa dell'impatto.
Onde di una musica lieve solcavano l'aria, lieve ma profonda, riempiendo l'atmosfera di un particolare battito di vita e di torpore insieme, quasi il tempo dovesse fermarsi, tra quelle mura, per far sí che l'istante venisse vissuto.
Non si sarebbe immaginata qualcosa di cosí...di cosí...accogliente.
C'erano coppie che parlavano sommessamente, sedute ai tavoli, con un luccichio negli occhi su cui Regina distolse lo sguardo, e gruppi di amici che discutevano animatamente, ridevano e si divertivano bevendo, che la convinsero che loro due non sarebbero state cosí tanto fuori luogo, dopotutto.
Così chiuse gli occhi per un istante, quello necessario per prendere un respiro profondo, e ancora una volta cercare di capire le emozioni che la stavano tenendo ancora lì.
Era qualcosa di strano, ciò che si agitava nel suo petto. Qualcosa che non aveva forse mai provato, un senso di libertà, un'eccitazione sommessa alla prospettiva di essere soli, distanti da ciò che di solito circondava, l'illusione di essere protetti da sguardi giudici ed indiscreti, perché in fondo sapeva che no, quello di Emma non lo sarebbe stato. La presenza dunque, di innumerevoli strade, aperte e pronte per essere percorse, senza imporre alcuna limitazione, lasciandole la scelta.
E quando mai Regina aveva avuto una scelta?
E sì, forse era esagerato provare così tanto al semplice ingresso in un semplice locale, pensò raggiungendo l'altra, forse era strano provarlo con Emma, la sera di San Valentino, ma, se le dispiaceva? No. Era una sensazione di vita nuova, in parte sconosciuta, catartica, e non le dispiaceva in alcun modo.
 
Emma la attendeva al bancone, guardandosi intorno e tamburellando le dita sulla superficie di legno. Pareva nervosa, Regina non avrebbe saputo dire esattamente perché. Quando la vide arrivare però parve quasi sollevata. La guardò e le sorrise, e fu curioso, notò Regina, come la luce scivolò sulle sue labbra tingendole di rosso per un istante.
"Tutto bene?" le chiese.
Lei annuí, poggiando le mani sul bancone a sua volta.
"Cosa prendiamo?" le chiese ancora Emma.
La bruna si strinse nelle spalle:" quello che vuoi, purché non sia birra."
L'altra annuí e richiamò il cameriere.
"Due Dry Martini, tanto per cominciare."
Il ragazzo annuí, mettendosi all'opera.
Regina la guardava con un sopracciglio alzato.
"Tanto per cominciare, Swan? Quanto hai intenzione di bere? Sai che non ti riporterò a casa in braccio se sarai ubriaca né tantomeno mi azzarderò a salire sulla tua macchina, vero?"
Emma rise.
"Potete stare tranquilla, vostra maestà. Reggo più alcol di quanto tu creda."
Regina sbuffò.
"Questo é da vedere. Qualcosa mi dice che, idiota come sei, lo diresti a prescindere solo per far colpo su di me."
Fu il turno di Emma di alzare le sopracciglia.
"Far colpo su di te? Attenzione!" esclamò.
"C'è qualcosa che dovrei sapere, vostra maestà?"
Ghignò compiaciuta.
Regina si limitò a distogliere lo sguardo arrossendo, contro i suoi migliori propositi. Non aveva forse ponderato le parole come dovuto, prima di dirle ad alta voce.
"Non intendevo in quel senso."
Emma continuò a fissarla per qualche altro secondo per poi girarsi di nuovo verso il bancone quando il suo cocktail arrivò.
"Lo prenderò per vero. E...lo considererò un complimento." terminò, facendo poi girare pigramente la bevanda nel bicchiere.
Regina colse l'occasione dell'arrivo del cocktail per non rispondere ulteriormente.
Era buono, uno dei suoi preferiti in verità. Non si aspettava che Emma avesse gusti cosí raffinati.
Era una delle cose di lei che ancora non sapeva, e non poteva dire che fossero molte, no.
Sicuramente erano molte di più quelle che non sapeva il pirata, di lei, ma dopotutto, dovette ripetersi ancora una volta, quelli non erano fatti suoi.
Tuttavia, al ripensare a quella loro situazione e alle parole che Emma aveva detto poco prima in macchina, non riuscí a tenere a bada la curiosità.
"Emma, perché sei qui, stasera?"
La donna, che stava sorseggiando tranquillamente il suo Martini, si bloccò e il suo sguardo si fissò ostinatamente sulle bottiglie dietro il bancone.
"Te l'ho già detto mi pare."
Rispose, forse più secca e fredda di quanto avrebbe voluto.
Regina scosse la testa.
"Si, lo so, ma...qual'é il motivo per cui non sei con lui?"
"Te l'ho detto, per me questa festa non significa niente, non..." rispose repentinamente, ma Regina la interruppe.
"Bugiarda."
Emma la guardò basita.
"Come?"
"Sei una bugiarda. Lo so che ti importa. Ho sentito come ne stavi parlando ad Henry l'altro giorno, al punto che ho persino sospettato che ci sia qualcosa che non mi state dicendo..." le lanciò un'occhiata inquisitoria che Emma evitò accuratamente.
"...e ho visto come hai guardato i tuoi genitori quando ti hanno detto che avrebbero trascorso la serata insieme per un appuntamento galante. Ti conosco, Emma, non puoi mentire a me. Quindi...perché?"
Dopo qualche secondo di un pesante silenzio, Emma prese un respiro profondo, quasi preparandosi a parlare, o forse solo a sviare la questione, ma Regina parlò nuovamente prima che potesse farlo.
"Senti, lo so che...probabilmente non sono affari miei, ma...tu volevi aiutarmi stasera, no? E cosí voglio aiutarti anch'io. Cosa c'é che non va con Unc...con Killian?"
Emma rilasciò l'aria che aveva trattenuto. Poi la inspirò di nuovo.
"É...complicato. Lui...io...le cose non vanno così bene. Non per me. Lui si...impegna e...non è davvero colpa sua, ma io...io mi sento come se qualcosa non andasse. Come se non fosse giusto o...forse è solo qualcosa in me che non va, che mi impedisce di ricambiare quello che lui prova...del tutto."
Solo allora Emma si girò a guardarla. E nei suoi occhi trovò profondità, fin troppi riflessi, fin troppa comprensione. Distolse velocemente lo sguardo rovesciando il capo all'indietro."Dannazione, scusami! Faccio di tutto per cercare di annullare il tuo dolore e poi...sto qui a lamentarmi con te sulla mia vita sentimentale."
"No...no, va bene. Sta tranquilla. Te l'ho chiesto io." rispose Regina. E di certo Emma dovette credere che lei stesse evitando il suo sguardo, si stesse richiudendo su sé stessa, solo perché si era ricordata di non avere neppure la possibilità di sentirsi come si sentiva Emma, solo perché non aveva nessuno che le desse un amore che poteva temere di non ricambiare, ma la verità era che non era così.
Si richiudeva in sé, Regina, perché non riusciva a capire, anzi temeva, di capire perché si stesse sentendo a quel modo, che razza di amica era se si sentiva quasi...contenta di sentire quelle parole lasciare le sue labbra, che razza di brava persona era se godeva della sofferenza altrui?
Che non avesse mai reputato l'uomo all'altezza di Emma era noto, ma nonostante questo lei stava soffrendo, avrebbe dovuto comprendere la sua sofferenza, magari persino condividerla, avrebbe dovuto...si, forse persino incolparla per starsi sfogando con lei su un qualcosa che a lei era negato per sua stessa causa, eppure...non ci riusciva, e si sentiva un essere terribile per questo.
Entrambe dunque, preferirono lasciar cadere la conversazione.
Emma, finito il suo drink, richiamò subito il cameriere.
"Due di Patron per favore."
Regina sollevò nuovamente lo sguardo su di lei.
"Hai deciso di andare sul pesante."
Emma si strinse nelle spalle.
"Hai qualcosa di meglio da fare?"
"...no."
Poi, deglutendo l'ultimo sorso di cocktail, un pensiero attraversò la mente di Regina, improvviso.
"Credi che sia giusto per noi essere qui?"
La bionda non la guardò.
"Persino noi ci meritiamo un bicchiere di tequila,  Regina."
A quello, Regina non obiettò.
 
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Con il passare delle ore il locale era diventato se possibile ancora più affollato e più caldo, cosí entrambe avevano deciso di liberarsi dei loro cappotti.
Regina portava un tubino nero, su calze e stivaletti in tinta, Emma un semplice maglione e dei jeans.
Era stato strano il modo in cui quest'ultima l'aveva guardata, quando aveva rimosso il pesante strato del cappotto. Era come se la studiasse, pur cercando di non darlo troppo a vedere, consumando poi la sua bevanda in meno tempo di quanto fosse consigliabile.
Ma Regina, seppure lo avesse notato, non aveva detto niente a riguardo ed era tornata a sedersi accanto a lei.
Con lo scorrere del tempo, e certamente del liquore, l'atmosfera tra loro si era alleggerita.
Erano scivolate nella conversazione, cose futili, cose che ancora ignoravano l'una dell'altra, misteriosi aspetti della tradizione della foresta incantata e strane istituzioni delle megalopoli americane, e soprattutto Henry. Come Henry cresceva, quanto grande già era, e tutte quelle cose su di lui che avrebbero detto e ripetuto all'infinito se solo ci fosse stato qualcuno disposto ad ascoltarle. Ed ecco che era lì, chi era disposto ad ascoltarle.
Passarono cosí, ore di cui tennero a malapena il conto, quasi timorose di guardare l'orologio, ad un certo punto. Timorose che la serata finisse.
Emma beveva in maniera strana, in effetti. Si comportava, in maniera strana, a detta di Regina.
Si, era sempre lei, idiozia e tutto, ma...c'era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa di unico e diverso, un interesse spropositato, quando le guardavano il viso, un vuoto incolmabile, quando si fissavano, quasi assenti, su una delle pareti del locale. E poi, ogni tanto, improvvisamente, dopo una discussione particolarmente interessante, o particolarmente personale, dopo un gesto particolarmente spontaneo di Regina, buttava giù un intero shottino di tequila senza dire una parola.
Però, Regina dovette ammettere che era vero: aveva davvero una grande resistenza all'alcool Emma.
Anche se, a quello che doveva essere il decimo o l'undicesimo giro, persino la sua resistenza crollò.
E certo Regina non poteva dire di sentirsi completamente lucida: nonostante la sua "predisposizione naturale" che le impediva di subire gli effetti dell'alcool prima di averne ingerita una quantità più che abbondante (e forse anche a causa della sua magia, che tendeva a "guarirla" spontaneamente), cosa non sempre positiva, iniziava ad avvertire il peso di fin troppi shottini di patron.
Per altro, un lieve mal di testa iniziava a farle pulsare le tempie, forse dato dalla stanchezza, forse dalla musica costante. E fu per questa ragione che, quando le arrivò l'ennesimo bicchiere davanti, lo rifiutò cortesemente.
La loro conversazione languiva da un po', forse per l'ora, forse per la nebbia che stava lentamente avvolgendo le loro menti, e lo sguardo di Emma era rimasto fisso su di un punto imprecisato del muro.
Ma quando Regina rifiutò il bicchiere, si voltò a guardarla. Non disse niente, la guardò soltanto, a lungo, con un'espressione illeggibile. Percorse tutto il suo corpo con quei suoi occhi verdi e lucidi, resi grigi dalle luci, generando un brivido che a sua volta percorse tutto il corpo di Regina.
Poi, senza dire nulla, prese il bicchiere che lei aveva rifiutato e ingollò il contenuto anche di quello.
Era davvero assurdo, si ritrovò a pensare Regina. Da che Henry aveva telefonato per avvertirle che sarebbe rimasto a dormire dai nonni, cosa a cui nessuna delle due aveva obiettato, viste le loro attuali condizioni, era tornata a chiudersi in sé stessa, si era quasi rattristata, continuando a bere come se fosse lei quella che aveva bisogno di distrarsi.
Davvero assurdo.
"Emma."
"Mh."
Emma era tornata a fissare il muro.
"Credo che dovresti smetterla di bere."
Le disse, attendendo poi una risposta. Ma la risposta non arrivò, cosí le parlò ancora, leggermente infastidita.
"Emma, mi senti?!"
Solo allora la bionda si girò sullo sgabello fino a fronteggiarla.
"Mh, sì, ti sento!"
"Siamo venute qui per consolare me, eppure quella che sta finendo le riserve alcoliche del locale sei tu. Che ti prende?"
Emma la fissò a lungo. Tanto a lungo che Regina credette avesse deciso nuovamente di non risponderle, ma quando fu sul punto di dirle qualcosa lei la interruppe.
"Mah, sai..." fece un gesto vago con la mano, decisamente scoordinato.
"...cose."
Regina alzò un sopracciglio:" cose?"
L'altra annuì convinta:" cose."
Poi tornò a fissarla, a quel modo che a Regina a volte faceva addirittura paura. Come se Emma la conoscesse cosí tanto da non vedere lei, ma direttamente i segreti del suo cuore.
Poi sorrise divertita da un pensiero.
"Cosa credi che direbbe Henry se sapesse che le sue vecchie mamme sono in un bar ad ubriacarsi, insieme, la sera di San Valentino?"
Regina roteò gli occhi, evitando di ammettere che il pensiero imbarazzava anche lei.
"Non sono ubriaca, tu sei ubriaca Swan."
Emma scoppiò a ridere.
"Si certo, solo io sono ubriaca."
Certo, solo lei era ubriaca. Regina era troppo raffinata per arrivare ad ammetterlo o a comportarsi come tale.
"Certo. E comunque...molto probabilmente sarebbe contento di sapere che ci stiamo divertendo."
Emma smise di ridere ma non di sorridere, anzi. Il suo sorriso si fece ancora più grande, e nei suoi occhi si accese una scintilla.
"Ci stiamo divertendo? Davvero?"
E Regina, rimasta incantata da quell'espressione di innocenza, gioia e provocazione al tempo stesso, dovette riscuotersi per risponderle.
"Non si monti la testa, signorina Swan!"
"Si!" fece Emma, battendo una mano sul bancone ed attirandosi per questo un'occhiata dal barista e ovviamente una molto più truce, in realtà maggiormente sorpresa, da Regina.
"Che ti passa per la testa, Emma?!" la rimproverò bisbigliando, ottenendo solo una sua risata in risposta.
"É inutile che bisbigli, con questa musica non ti sente nessuno."
Poi tornò seria e prese tra le dita il bicchierino vuoto, giocherellandoci.
"Sai é solo che...non credevo di essere in grado di riuscirci per davvero."
Regina la fissò perplessa.
"A fare cosa?"
"A farti distrarre...divertire, sai... non credevo di esserne all'altezza."
L'altra scosse lievemente la testa."Che stai dicendo, Emma?" allungò una mano e la poggiò sul suo polso (cosa che molto probabilmente in condizioni normali non avrebbe mai fatto).
"Certo che ne sei all'altezza, tu sei la madre di mio figlio, tu..." distolse lo sguardo e deglutí.
Poi ritirò la mano, quasi accorgendosi improvvisamente del suo gesto.
"...senti, non...non credo più che sia stata colpa tua. Tutto quello che é successo..." si strinse nelle spalle con un'espressione che Emma avrebbe considerato buffa, in altre circostanze.
"...forse doveva semplicemente succedere, chissà. Forse una volta persa la mia possibilità con quella polvere...non ho diritto ad averne altre."
Ed Emma quasi la spaventò, quando si voltò di scatto poggiandole le mani sugli avambracci avvicinandosi anche più del dovuto.
"Non devi dirlo, non devi dirlo mai!"
Restarono a fissarsi, immobili, l'una sprofondando negli occhi dell'altra, pieni di stupore, si, per una vicinanza che normalmente non si concedevano, ma anche per qualcosa che vedevano in quegli stessi occhi, entrambe, ed a cui un nome non sapevano dare.
Poi deglutí, Emma, mentre lo sguardo le scivolò verso il basso sul viso dell'altra per poi risalire velocemente.
"Eri tu stessa a dirlo, no? Tutti hanno diritto ad una seconda possibilità. E tu...tu ne hai diritto più di tutti."
Poi, quasi accorgendosi improvvisamente di quanto fosse sconveniente quella vicinanza, si allontanò di scatto, tornando a voltarsi allegramente verso il bancone.
"Allora, cosa ne dici, visto che siamo già ubriache potremmo anche fare un altro giro no?"
Regina, rimasta decisamente perplessa dal suo comportamento, non disse nulla per un po'.
Poi scosse la testa.
"Emma..."
Lei sbuffò.
"Si, si lo so, non fa bene ma..." si strinse nelle spalle:" ...andiamo! Per una sera!"
La bruna sbuffò.
"Non ho nessuna intenzione di portarti a casa di peso né tantomeno di entrare nella tua macchina, che già é pericolosa di per sé, con te ubriaca al volante."
Emma rise:"Si, si, questo lo hai già detto, ma io sono già ubriaca! E poi..." alzò un sopracciglio perplessa e la guardò.
"Perché hai bisogno della macchina per tornare a casa? Non puoi fare solo...puff?"
"Puff?"
"Puff, magia. Puff!"
Regina parve perplessa a sua volta.
"Già, perché non posso fare solo puff?"
Disse, quasi a sé stessa. Poi si riscosse, rendendosi conto di come l'alcool stesse, a poco a poco, prendendo sempre di più il controllo della sua mente, e di come Emma nel frattempo si stesse spanciando dalle risate.
Regina sgranò gli occhi.
"Perché ridi così?!"
L'altra si fermò solo il tempo di guardarla, per poi riprendere a ridere.
"Hai detto 'puff'! La composta e raffinata esperta di magia, Regina Mills, ha detto 'puff' signori!"
Esclamò, quasi ci fosse bisogno di dirlo a tutto il locale.
Regina le colpì debolmente il braccio.
"Smettila!"
Emma si fermò alzando le mani in segno di resa.
"Ok, ok... ci dia altro patron per favore!" esclamò poi verso il barista che, dopo aver roteato gli occhi, e scuotendo il capo, si affrettò ad eseguire.
"Emma!" esclamò Regina, fissandola scandalizzata.
"Guarda che figura mi stai facendo fare!"
Uno strano senso di estraneazione stava avendo la meglio su di lei, e doveva ammettere di non essersi mai lasciata andare cosí tanto. Almeno, non in compagnia. Forse, la brutta figura a cui si riferiva era più quella che sentiva di star facendo con sé stessa.
"Beh?" chiese Emma, stringendosi nelle spalle:" la sto facendo anch'io la figura, e poi è la notte di San Valentino, nessuno se ne ricorderà, domani."
"Cosa c'entra? Non é una novità che tu sia...cosí, ma io!"
"Ma tu...Regina, non si offenderà nessuno se per una volta sarai meno rigida e rigidamente insopportabile."
"Non sono rigidamente insopportabile."
La bionda rise ancora.
"Oh, si che lo sei."
Si che lo era. Regina ne era consapevole. Ma insomma, sentirselo dire e sentirselo dire da lei...
Incrociò le braccia al petto con aria offesa.
"Se é questo quello che pensi allora dovresti ronzarmi meno attorno, signorina Swan!"
Emma semplicemente sbuffò.
"Ma io ormai ci sono abituata, sono quattro anni che ti "ronzo attorno", signora sindaco. E...fortunatamente la tua rigidità non ha mai intaccato la mia irresistibile simpatia."
Regina alzò un sopracciglio.
"La tua irresistibile simpatia? E chi ti ha mai detto che sei irresistibilmente simpatica? Il tuo Capitan mascara?"
"Tsk! Non c'è bisogno che lo dica nessuno, mi basta guardare per capirlo." si girò verso di lei:" e non intendo guardare...Killian, intendo guardare te. Se non fossi irresistibilmente simpatica non saresti qui con me stasera. Anzi, io non sarei rimasta in questa città un giorno più di quanto strettamente necessario perché mi avresti cacciata prima."
L'altra distolse lo sguardo da quegli occhi davvero troppo profondi, e allora troppo lucidi, davanti ai quali non poteva mentire.
"Tsk!" fece a sua volta:" credi ti abbia trovata simpatica la prima volta che ti ho incontrata?"
"Beh ecco...magari la prima volta no, ma già la seconda sono sicura di si."
"Intendi...quando hai buttato giù il mio albero? Certamente, cosí tanto simpatica da voler decorare il muro della mia casa con la forma della tua faccia."
Emma ghignò.
"La memoria non ti accompagna, signora sindaco. La seconda volta che mi hai vista é stata nell'ufficio dello sceriffo. Certo, non uno dei miei momenti migliori, ma...sono sicura tu mi abbia trovata adorabile già allora, mentre ti fissavo da dietro le sbarre."
"Assolutamente adorabile! La criminale che voleva portarmi via mio figlio."
La bionda fece spallucce.
"Non avevo fatto un bel niente, non é colpa mia se in questo posto ti mettono in galera per...un incidente!"
Regina alzò le sopracciglia, lanciandole uno sguardo.
"Meriteresti la galera solo per l'utilizzo di quel catorcio che chiami macchina. Sei un pericolo pubblico."
"Tu sei un pericolo pubblico!"
"Io?!" esclamò la bruna, scandalizzata.
"Certo! Tu."
"E perché, sentiamo?"
"Perché distrai le persone, ecco perché! E fai girare loro la testa."
Si bloccò Emma, quasi come se avesse parlato troppo.
Un sorrisetto deformò le labbra di Regina, ormai troppo vittima dell'alcool per curarsi di ponderare le sue parole.
Puntò lo sguardo su di lei e le si avvicinò lentamente, piegandosi sul suo sgabello.
"E come farei? Sentiamo, signorina Swan. In effetti l'ho vista spesso distratta in mia presenza..." 
Sussurrò, pericolosamente suadente.
Attraversò la sua mente, per un momento, l'idea che non avesse poi senso agire a quel modo, perché sicuramente Emma aveva inteso qualcosa che non era ciò a cui lei stava pensando, e forse era persino un rischio, forse avrebbe solo fatto ridere Emma di lei, ma non riuscí proprio a trattenersi.
Dopotutto, aveva sempre amato provocare la signorina Swan.
Emma deglutí. Una, due volte, lanciandole brevi occhiate ma senza girarsi mai del tutto verso di lei.
"Col sidro, ecco come!" Esclamò poi Emma.
"Somministri sidro alle persone senza ritegno!"
Regina tornò dalla sua parte, fingendo di non notare il rossore diffusosi sulle guance dell'altra.
"Oh, somministro sidro! Certamente lo faccio con la forza."
Emma annuí, un'espressione talmente concentrata sul viso da essere ridicola, quasi come stesse cercando con tutte le forze di convincersi di qualcosa.
"Già, é cosi."
"Mhmh."
Regina tornò a girarsi verso il bancone, senza prestarle più attenzione.
Alla fine Emma cedette e prese un altro bicchiere di...qualcosa, nessuna delle due avrebbe ricordato cosa fosse.
Ma solo uno, perché Regina le assicurò che se si fosse permessa di bere ancora il giorno dopo avrebbe rimpianto più lei che la sbornia che già con la quantità di alcool ingerita non avrebbe in alcun modo potuto evitare.
Ad un tratto, Regina si accorse che era già mezzanotte e mezza, e cercò di drizzarsi sullo sgabello, trovando l'azione più difficile del previsto.
Si stirò la schiena con le mani e guardò la bionda al suo fianco, nuovamente persa nei suoi pensieri.
"Emma..." represse uno sbadiglio:" ...direi che siamo state in giro ben più a lungo del previsto. Dovremmo...tornare a casa."
Disse, e deglutí, improvvisamente perplessa sul perché allora quel fatto, quella fine imminente di una serata che si era rivelata inaspettatamente piacevole, le sembrasse così triste.
Emma alzò lo sguardo lentamente su di lei.
Poi assunse un'espressione incredula.
"Ma dico, scherzi? Insomma, la serata é appena cominciata! Credevi davvero che ti avrei solo...fatto mangiare una pizza in macchina e portata a bere in questo posto?"
Regina, che la stava guardando stupita, si strinse nelle spalle.
"Beh é mezzanotte e mezza già, cos'altro avresti intenzione di fa..."
Ma Emma la interruppe, ad occhi chiusi e volto alzato in segno di sfida.
"Tsk! Le serate con me sono più divertenti di cosí!"
L'altra scosse la testa sconfitta.
"Io credo proprio che me ne tornerò a casa. Come ti sei tanto premurata a specificare, siamo leggermente ubriache e domattina abbiamo del lavoro da fare, e abbiamo un figlio davanti a cui mantenere la decenza, e non vorrei che..."
Ma la bionda la interruppe di nuovo, assumendo un'aria esageratamente drammatica mettendosi le mani nei capelli praticamente lasciandosi cadere sul bancone.
"Ti prego Regina basta!" esclamò con tono lamentoso.
La bruna si zittí e rimase a fissarla con espressione corrucciata.
Quando Emma risorse dal bancone la guardò, quasi come se provasse pena per lei.
"Insomma Regina, non hai sedici anni..."
"Appunto! Neanche tu! Dovresti saperti comportare da adulta responsabile e..."
"Io non sono un'adulta responsabile! Tu lo sei! E io sono qui per fartelo dimenticare, per una notte."
Regina si zittí, questa volta leggermente sorpresa. La lasciò continuare.
"Senti, Henry é dai miei, non ti sta aspettando e non ti vedrà prima di domani in tarda mattinata, la tua casa é vuota, nessuno può...ingelosirsi o arrabbiarsi se passi una notte a divertirti con un'amica come una persona normale e...Regina, hai bisogno di divertirti, ok?"
Nel tempo di dire quelle ultime parole Emma le aveva poggiato una mano sul braccio.
" Puoi farlo, per una volta nessuno ti dirà che non puoi, ok? Nessuno é qui a guardarti o giudicarti, sai bene che io non lo farò, quindi..."
Le sorrise, dolcemente, troppo dolcemente, ed il cuore di Regina barcollò pericolosamente.
" ...quindi, puoi farlo come favore per me?"
E poi adottò quell'espressione, quell'espressione da cucciolo abbandonato, con gli occhi lucidi, in gran parte per l'alcool, a fissarla, tanto intensamente da farle quasi male, perforando ogni sua corazza.
E, davanti a quell'espressione, Regina non poté rifiutare.
Fece un cenno con la mano, quasi a darle libertà di fare ciò che preferiva, sbuffando e distogliendo lo sguardo prima che fosse troppo tardi.
"Si!" esultò puerilmente Emma, battendo leggermente la mano sul tavolo.
Regina le lanciò un'altra occhiataccia.
"A questo punto, suggerirei di uscire da qui, prima che ci costringano a farlo, visto lo spettacolo che stai dando."
Emma rise calorosamente, poi annuí.
"Ok, ok hai ragione."
Si alzò fin troppo di slancio, naturalmente finendo per barcollare ed evitare miracolosamente la caduta mantenendosi allo sgabello.
Una volta stabilizzatasi si mise a malapena il cappotto e puntò entusiasta il dito verso la porta.
"Andiamo!"
Poi partí, a passo si marcia, probabilmente più per riprendere contatto con la realtà della terra sotto i piedi che altro.
Regina, che l'aveva guardata a sopracciglia alzate, e con un sorrisetto, fino ad allora, divertita, fu sul punto di ricordarle che prima di lasciare il bar avrebbero dovuto pagare i drink, o si sarebbe dovuta arrestare da sola.
Tuttavia, vedendola cosí allegra, ci rinunciò all'istante, pagando tutti i drink che avevano preso (che, a giudicare dalla cifra, dovevano essere più di quanti ne aveva contati) e seguendola fuori, dopo essersi coperta a dovere.
 
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Quando la raggiunse, la trovò appoggiata alla sua macchina con una strana espressione sul viso.
"Non dovrai vomitare, vero?"
Emma, vedendola, si riscosse e negò vigorosamente con il capo.
"No! No, sto bene. Stavo solo...pensando."
Regina raggiunse la macchina e, non sentendosi neanche lei poi cosí stabile sulle gambe, vi si appoggiò a sua volta.
"Stavi pensando? Addirittura! Sono impressionata signorina Swan."
Ghignó allo sguardo storto che le rivolse Emma.
Poi, con un sospiro, si volse a guardare il cielo.
"É una bella notte...il cielo è cosí limpido, si vedono tutte le stelle..."
Già, era davvero bellissimo il cielo quella notte. Le stelle brillavano luminose e scoperte sulla densa coltre di freddo umido che appannava i vetri delle automobili parcheggiate.
Stranamente, Regina non sentiva il freddo. Attribuí all'alcol la causa di quel calore nel petto, e di quella sensazione di tranquillità quasi mai avuta in precedenza, una tranquillità quasi totale, prendendo ampie boccate d'aria gelida quasi servisse a sopire ancor di più ogni preoccupazione, a gelare ogni pensiero.
Poi, Regina si accorse di qualcosa di ancora più strano: il silenzio. C'era stranamente silenzio tutt'intorno a lei. E insomma, non che Emma fosse nota per essere quieta e silenziosa, soprattutto non da ubriaca.
Si voltò a cercarla dal lato opposto della macchina, temendo per un istante che fosse svenuta o si fosse addormentata o...qualsiasi cosa, dopotutto era imprevedibile, ma invece non la trovò lì dove si sarebbe aspettata di trovarla. Il suo sguardo si scontrò con la sua figura a metà del proprio percorso, invece.
Emma era al suo fianco, l'aveva raggiunta, silenziosamente, e la stava fissando.
Regina deglutí davanti alla profondità di quello sguardo, fisso, incantato.
"Emma...tutto bene?"
Emma abbozzò un sorriso, all'apparenza molto più lucido di quanto lei non sembrasse.
"Si..." sussurrò. Poi, quasi con uno sforzo, rivolse lo sguardo verso il cielo, poggiandosi alla macchina come l'altra aveva fatto fino a poco prima.
Ma Regina non rimase convinta da quella risposta, e continuò a guardarla per qualche altro istante.
"Hai ragione...é davvero una bellissima notte...guarda la luna!"
A quelle parole, l'altra si girò e guardò a sua volta l'astro lucente.
Percepí appena il respiro di Emma spezzarsi, nel momento in cui la luce bianca le illuminò il viso.
Tuttavia non si voltò per capirne la causa, anzi rimase immobile, lo sguardo fisso, perso nell'infinito.
"L'hai mai desiderata?" sentí Emma chiedere, sussurrando, improvvisamente.
Ed era cosí vicina, Emma, che poté percepire persino il calore del suo fiato quando parlò, ed il proprio respiro rarefarsi sempre più.
"La luna?" chiese, sussurrando a sua volta.
E colse il suo annuire anche senza vederla.
Si sforzò di accennare una risata.
"A cosa servirebbe? Non potrà mai essere mia."
Emma rimase in silenzio, poi mormorò.
"Quindi credi che sia inutile riporre anche una...minuscola speranza nell'ottenere qualcosa di irraggiungibile?"
E doveva essere davvero ubriaca, Regina, se in quelle parole credeva di leggere un differente significato.
"Dipende..."
"Da cosa?"
E doveva esserlo anche perché il suo cuore stava battendo così forte da coprire il suono della sua stessa voce.
"...dipende dal motivo per cui quel qualcosa è irraggiungibile."
E allora, e solo allora, Emma distolse quello sguardo bruciante dal suo viso per riportarlo sul cielo.
E si ritrovò, Regina, a temere dal profondo quelle che sarebbero potute essere le sue prossime parole.Ma fortunatamente, o forse no, Emma non aggiunse altro.
Rimase in silenzio, per minuti innumerevoli.
Poi parve riscuotersi improvvisamente e si allontanò.
Regina trasse quasi un sospiro di sollievo.
"Allora..." iniziò la bionda, di nuovo vispa e gaia.
Aveva davvero uno strano effetto su di lei, l'alcol, oppure stava fingendo, pensò.
"Io ho un'idea!"
Ma, troppo vicina al pericolo solo pochi momenti prima, decise di non volerlo sapere davvero, e preferì stare al gioco.
"E io non voglio sentirla."
Emma si fermò a fissarla con gli occhi ridicolmente sgranati.
"Cosa? Perché?!"
"Perché le tue idee non sono idee, Emma."
I suoi occhi rimasero sgranati, un'espressione perplessa sul viso.
La bruna fece del suo meglio per restare seria, anche se le condizioni della sua testa non la stavano di certo aiutando a farlo.
"Sono id-iozie. È diverso."
A quel punto, Emma scoppiò a ridere di gusto, facendola quasi sobbalzare.
E continuò a ridere finché non riuscí, a fatica, a ritrovare un po' di fiato.
Regina si morse le guance per non farlo a sua volta.
"Come sei divertente!"
Esclamò la bionda, rimettendosi poi a ridere portando le mani sullo stomaco.
Regina si limitò a scuotere la testa, pur senza riuscire a nascondere un lieve sorriso.
"Credo tu sia più ubriaca di quanto pensi, Emma. Dovremmo tornare a casa."
Emma si fermò lentamente e la guardò.
"Io? Non sono ubriaca! Insomma si, lo sono ma..." rise ancora:" ...non tanto da non sapere cosa faccio o...cosa dico."
"Certo, perché tu non sai mai cosa fai o cosa dici."
Emma riprese a ridere sguaiatamente.
"Proprio simpatica!"
L'altra allora sbuffò, incrociando le braccia al petto.
"Smettila di ridere di me e smettila di fare tutto questo chiasso davanti al locale!"
La bionda ghignò.
"Perché, altrimenti cosa fai? Mi zittisci tu?"
E Regina, forse solo per tutto il fuoco liquido che aveva ingerito, o forse perché davvero era arrivata al punto tale da non interessarsi più di certe cose, con rapidi passi si portò dinanzi a lei e le si avvicinò fin troppo, invadendo il suo spazio personale.
"Non mi tentare..." sibilò, con un ghigno e un luccichio minaccioso negli occhi che in breve cancellarono il sorriso dal viso di Emma.
Quest'ultima deglutí un paio di volte, certamente zittita.
Regina sorrise:" come vedi, i miei metodi sono piuttosto efficaci."
Poi si fece indietro, rimettendo spazio tra loro.
Emma rimase ancora in silenzio. Deglutí un'altra volta, prima di tornare in sé.
Regina rimase a fissarla a braccia incrociate, con un sorrisetto divertito.
"Tutto bene, signorina Swan?"
Si, era divertente. Era divertente pensare a quante volte, negli anni, avrebbe potuto sfruttare quell'ascendente che sapeva di esercitare su di lei. Era divertente il sapere di averlo in sé.
Anche se poteva concedersi di accettarlo solo allora, solo nella foschia dell'alcol.
Emma abbozzò un sorriso e lo tenne sulle labbra, lo sguardo perso sopra di esso a darle un'aria stralunata. 
Fin quando il silenzio non divenne troppo lungo e Regina iniziò a spazientirsi.
"Avanti, sentiamo allora. Quale era questa grande idea?"
La bionda parve tornare in sé e la fissò, sorridendo con più entusiasmo.
"Oh già, stavo pensando che potremmo sposarci."
"..."
Regina era certa di aver capito male.
"Che cosa?"
Emma si strinse nelle spalle, quasi quella strana fosse lei, che non comprendeva.
"Sposarci. Sarebbe divertente no?"
La bocca di Regina si aprì. Poi si richiuse. Poi, si deformò in una lieve risata, mentre chiudeva gli occhi e scuoteva la testa.
"Sai, forse non ti credevo in grado di reggere l'alcol, ma non credevo neppure avesse un effetto cosí...devastante, su di te."
"Che cosa?"
Esclamò Emma, sorpresa.
Regina riaprí gli occhi.
"Devastante? Cosa c'é di devastante in quello che ho detto?"
La bruna scosse la testa e si avvicinò, aprendole lo sportello dell'auto.
"Sali. Ho ancora abbastanza controllo sulla magia per trasportarci con tutta l'auto a casa."
Emma scosse vigorosamente la testa, piantando i piedi al terreno.
"No! Adesso mi spieghi cosa c'è che non va in quello che dico."
Fu il turno di Regina di guardarla a bocca aperta.
"Cosa c'è che non va?"
Fece un passo indietro, stabilendo una distanza quasi ostile.
"Emma, stai proponendo di sposarci, io e te, nel bel mezzo della notte, a Storybrooke."
"Beh, se preferisci possiamo arrivare a Boston o..."
"Emma!"
"Si?"
Regina allargò le braccia, tra l'incredulo e l'esasperato.
"Non è questo il punto!"
"Però ci hai tenuto a specificarlo."
"Io non..." si zittí. Poi prese un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.
"Emma...il punto é me e te. Io e tu. Sposarci. Stai chiaramente dando i numeri. O mi stai prendendo in giro, il che é ancora peggio..."
La sua voce si spense in un sussurro. Regina distolse lo sguardo.
Era un'assurdità, certo che lo era. E di certo Emma stava parlando sotto l'influenza dell'alcol.
Tuttavia...
Tuttavia non riusciva a capire perché, nel profondo, facesse cosí male.
"Io prendendo in giro te? Certo che no! Perché dovrei, Regina? Insomma, sei la madre di mio figlio!"
Regina le lanciò un'eloquente occhiata.
"Ok, ok." Emma alzò le mani in segno di resa.
"Ipotizziamo per un secondo che sia possibile, cosa ci sarebbe di male?"
E c'erano cosí tante possibili risposte a quella domanda, e al tempo stesso nessuna che vi rispondesse veramente, che Regina optò per rispondere con un'altra domanda.
"Perché dovrei voler sposare te, signorina Swan? Quasi ti odio."
"Quasi." puntualizzò lei.
"Ma la fai troppo seria, insomma guardaci! Siamo ubriache in mezzo alla strada la notte di San Valentino, noncuranti di un freddo cane per cui domani mi troverò probabilmente con un febbrone da cavallo, senza nessuno ad aspettarci e senza nessuno da aspettare!
Cosa c'è di male se ci divertiamo un po'?!"
Regina scosse la testa.
"Tu lo hai, qualcuno ad aspettarti." buttò lí Regina, quasi amaramente. "Tu hai Uncino."
"Non mi interessa di Uncino! Mi interessa di te!"
Esclamò Emma, senza neanche farla finire di parlare, probabilmente a voce fin troppo alta.
Regina si immobilizzò, fissandola. Non ebbe il coraggio di pronunciare parola, troppo impegnata ad interpretare quelle appena pronunciate.
Cosa intendeva Emma, con interessarsi di lei?
Ma presto lei parlò ancora, forse conscia, pur nel delirio, dell'uragano di conseguenze che le sue parole avrebbero potuto portare, intendendo distrarla da quelle.
"Pensaci, avrebbe senso! Dopotutto, abbiamo un figlio, no?"
"Non sposi qualcuno perché "ha senso", Emma!"
Lei si strinse nelle spalle.
"Forse, ma lo posso fare se mi diverte. Non che nessuna delle due pensi di farlo realmente a breve in ogni caso, non ci sarebbe niente di male, no? Almeno sapremmo che significa."
E allora, Regina rise.
E continuò a ridere, sotto lo sguardo basito di Emma.
" Credimi...non sai cosa significa e non lo saprai dopo stanotte. E soprattutto..." il suo sguardo si fece affilato, cosí come la sua voce.
"...soprattutto non significa quello che tu credi."
Emma, in un momento di lucidità, capí a cosa alludeva. Certo, Regina era già stata sposata.
Abbassò lo sguardo.
"Già..." sussurrò. "Già, lo so, per te non deve significare nulla di bello, però..."
Rialzò lo sguardo. Poi, con un gesto d'estrema spavalderia, le prese la mano.
"Però potrebbe essere un'occasione. Un'occasione per...esorcizzare questo terribile demone che ti tormenta. Cosí il matrimonio non sarebbe più...cosí grave. E se un giorno qualcuno dovesse chiedertelo..." la sua voce si spense in un sussurro.
Regina scosse la testa, meravigliata dal suo gesto e sorridente, nonostante tutto, con negli occhi quello stesso sguardo che si riserva ad un bambino troppo piccolo per capire la crudeltà dell'universo.
"Emma...apprezzo lo sforzo, ma non funziona cosí."
Deglutí, cercando poi di allentare la tensione.
"Per altro, non è neanche legale sposarsi nelle nostre condizioni, dopo quanto abbiamo bevuto."
"Tsk! Non sarà legale nel tuo paese!" esclamò Emma, alzando un sopracciglio.
"Emma, questo è il mio paese."Lei parve realizzarlo solo in quel momento.
"Oh già..." disse, scoraggiata. Per tornare entusiasta un momento dopo.
"Ma io sono la responsabile della legge qui, almeno, io devo farla rispettare, quindi concedo a queste due donne uno strappo alla regola."
Incrociò le braccia al petto guardandola, davvero convinta di starla sfidando.
E davanti a quell'espressione, Regina trattenne a stento una risata.
"Se non altro ci credi veramente in quello che dici."
Le rispose solo.
"Certo che ci credo! E anzi! Ho delle prove." disse, per poi aprire lo sportello e infilarsi nella macchina per rovistare tra vecchie cianfrusaglie che teneva nel cruscotto che Regina non voleva neanche sapere cosa fossero.
Restò cosí ferma a fissarla con un'espressione scettica e divertita in viso, aspettando di vedere con cos'altro se ne sarebbe uscita l'altra.
Poi, dopo circa mezzo minuto, uscì dall'abitacolo, sbattendo anche la testa al soffitto nel farlo.
Regina represse un'altra risata e rimase a guardarla, con un sorriso placidamente divertito sul volto.
Era davvero curiosa di vedere cosa altro si sarebbe inventata per convincerla.
Poi, vide che tra le mani aveva una piccola scatola.
Emma trafficò per un po' con i lacci che la chiudevano, poi riuscí ad aprirla.
La bruna vi vide scintillare qualcosa all'interno.
"Emma..." si avvicinó per guardare meglio:" ...e quelli cosa sono?"
Emma sollevò lo sguardo su di lei.
"Anelli. Cosa ti sembrano?"
Regina restò a guardare, stupita. Erano proprio anelli, due piccoli anelli differenti tra loro. L'uno aveva, al centro di un complicato groviglio di fili metallici, un paio d'ali brillanti. L'altro, sulla stessa struttura, una piccola corona lucente.
"Si, ho...lo vedo che sono anelli, Emma!" ribatté infastidita.
"Ma...da dove vengono? Perché tieni...degli anelli in macchina?"
Emma scoppiò a ridere.
"Scusa...scusa, é solo che..." cercò di riprendere fiato:" ...sembra troppo buffo se lo dici cosí."
Regina roteò gli occhi, riportando poi lo sguardo sugli anelli.
"Allora?"
Emma smise lentamente di ridere e poi si strinse nelle spalle.
"Cosa vuoi che ti dica, li ho e basta."
"Emma."
Il suo tono non ammetteva repliche.
Lei abbassò lo sguardo.
"É...é stupido..."
"Più stupido di chiedermi di sposarti la notte di San Valentino con due litri di tequila in circolo?"
Emma rise di nuovo brevemente. Poi il suo sguardo si perse tra i ricordi ed iniziò a raccontare.
"Beh sai... Dopo Neal...dopo Henry, nei nove anni prima di venire qui, non sono stata sempre sola."
Regina alzò il sopracciglio.
"Stai per raccontarmi di qualche tuo ex Swan? Subito dopo avermi chiesto di sposarti?"
Emma rise e le diede una gomitata, gesto fin troppo amichevole per due come loro, con tutto quello che c'era tra loro, ad unirle ed al tempo stesso a mettere distanza.
"Vuoi sapere la storia o no? Tu mi hai chiesto di raccontare!"
Regina finse una smorfia.
"Beh non credevo mi avresti raccontato di come tu avesti rifiutato una proposta di matrimonio e ti fossi poi portata a casa gli anelli."
Emma scoppiò a ridere ancora una volta.
"Non é niente del genere, te lo assicuro."
Ed in qualche modo erano...calde, le risate di Emma. Le davano un senso di familiarità che non avrebbe saputo spiegarsi se ci avesse provato, cosa che non stava facendo, troppo presa a sentirlo e goderne con tutta sé stessa.
"Bene, racconta allora." disse solo, più dolcemente.
Emma annuì tornando seria.
"Come dicevo...a Boston, c'era una ragazza..."
"Una ragazza?"
E a nessuna delle due fu ben chiaro il perché ci fosse un pizzico di fastidio in quella domanda.
"Hai finito di interrompermi?"
Le chiese Emma, voltandosi a guardarla.
L'altra distolse lo sguardo e annuì.
"Hai ragione, scusa. Vai avanti."
"Una ragazza. Si chiamava Eva. Ci incontrammo...per caso, direi, ma andammo subito d'accordo, cosí, in pochi mesi, ci trovammo fidanzate e felici di esserlo."
Regina però non riuscí ad evitare di interromperla di nuovo.
"Com'era?"
Emma le lanciò un'occhiata spazientita e sorpresa al tempo stesso.
"Che ti importa com'era?" ma Regina attendeva una risposta, cosí sospirò e scosse la testa.
"Era...bella. Molto bella. Aveva gli occhi azzurri, ed i capelli rossi, ed un sorriso che..."
"Sei sicura di non star delirando? Una cosí grande bellezza fidanzata con te?"
Emma la fissò impassibile per un paio di secondi, poi aprì la bocca.
"No! Non mi dire!"
La bruna strinse di più le braccia al petto.
"Cosa?"
"Sei gelosa!"
"Non sono gelosa, cosa stai dicendo?" borbottò.
"Si che lo sei! Credevi di essere l'unica donna della mia vita, vero?"
"Emma, smettila!" le diede un colpo sul braccio con la mano. "Non sono una 'donna della tua vita', non ci tengo minimamente, se vuoi saperlo. In realtà quasi ti odio, signorina Swan."
Regina tornò a guardare altrove, evitando lo sguardo divertito e per nulla convinto puntato su di lei che accompagnava il sorrisetto beffardo sul viso di Emma.
Alla fine comunque anche lei si arrese e sospirò.
"Certo, raccontati quello che vuoi. Come stavo dicendo..."
Fece per tornare a raccontare ma poi si bloccò.
"...e comunque...sai, non era bella quanto te Eva, se ti può consolare."
Regina non rispose, né tantomeno la guardò, sforzandosi di ignorare i pensieri molesti che quel tono basso e stranamente più che onesto generava nella sua mente.
"Come stavo dicendo..." riprese l'altra "...un giorno andammo al mare. Ricordo che era il tramonto ed il...sole rendeva i suoi capelli...infuocati, più di quanto lo fossero di solito. E in un momento lei stava ridendo, e poi si voltò a guardarmi con quegli occhi azzurri accesi d'arancio, e io..."
Scrollò le spalle.
"Io non so davvero cosa mi prese ma...mi parve quasi una dea, lei. E mi parve di essere in un sogno, e pensai che...beh, che non avrei voluto mai uscirne, che forse l'universo aveva deciso finalmente di regalarmi qualcosa di buono, e lei era in effetti l'unica cosa buona che mi fosse capitata negli ultimi...cinque anni, come minimo.  Non che avessi deciso di sposarla, però..."
Emma deglutì e sorrise.
"...però, qui viene la parte stupida. Qualche giorno dopo stavo passando davanti ad una gioielleria e...rimasi incantata dal modo in cui scintillavano questi due anelli. E mentre mi avvicinavo per guardarli meglio...beh, ripensai a quel tramonto in spiaggia, a quella possibilità, a quanto all'epoca desiderassi ancora disperatamente una famiglia e...sebbene non avessi ancora le idee chiare li comprai, noncurante della spesa. Non volevo...chiedere ad Eva di sposarmi, no, a questo non ero ancora arrivata, però...sentì come il desiderio di spianare la strada a quella possibilità che credevo l'universo volesse darmi. Speravo quasi potessero essere di buon auspicio, e magari un giorno..."
Solo allora Regina, obiettivamente stupita dal racconto, parlò.
"Come è finita con lei?"
Il sorriso di Emma si spezzò. Il cuore di Regina fu bloccato per un attimo da catene di latente dolore vedendo lo sguardo dell'altra rivolto alle stelle.
"Beh, diciamo solo che... l'universo si affrettò a smentirmi."
La bruna distolse lo sguardo annuendo.
"Mi dispiace..."
"Nah, dopotutto...non era niente di che."
E poté sentire la menzogna nelle sue parole, Regina, ma preferì non dire nulla.
Dopo pochi momenti di silenzio, Emma riacquistò tutta la sua vitalità ed allegria.
"Ma stavamo dicendo! " sollevò la scatola con gli anelli: "Come vedi ho le prove che quello che dico ha senso! Guardali! Le ali del cigno e la corona, ci rappresentano, no? "
Rise con leggerezza.
"Magari l'universo cercava di mandarmi un messaggio diverso, chissà."
Regina alzò le sopracciglia.
"Certo. Sicuramente cercava di dirti che saresti finita in un angolo ghiacciato del Maine la notte di San Valentino a fare proposte di matrimonio ad una tua nemica madre di tuo figlio."
Emma si strinse nelle spalle.
"Beh, chi può dirlo? Tutta quella storia di una vita di sciagure al fine di fare la salvatrice avrebbe senso, finalmente. E poi tu non sei una mia nemica."
L'altra la fissò, a lungo. Poi scosse la testa e tornò a guardare altrove.
"È un'assurdità, Emma."
"E cosa c'è di male in questo?"
Emma si piazzò davanti a lei per essere al centro del suo sguardo.
"Guardami! Non stiamo facendo del male a nessuno, no? Ci stiamo solo divertendo. "
"Tu, ti stai divertendo."
Emma rise ancora, e per qualche motivo Regina si accorse di restare sempre incantata dal suo viso quando rideva.
"Nonono, sono certa che ti stia divertendo anche tu, o mi avresti già piantata in asso."
Touché.
Regina fece una smorfia.
"Beh, non posso lasciare una donna ubriaca fradicia in mezzo alla strada. Non ti voglio sulla coscienza."
Emma rise ancora.
"Quanta cavalleria, vostra maestà."
"Taci. Sei fastidiosa."
Ridendo, Emma sollevò le mani in segno di resa.
"Ok, ok, però... però ascoltami." divenne improvvisamente seria.
"So come sei, ti conosco, sempre seria, e precisa, e raffinata, e se dovresti sposarti di certo non lo faresti in una notte in mezzo alla strada ma con sfarzose nozze e di certo non sposeresti una come me, però... però guarda, non c'è nessuno a guardarci, non lo saprà nessuno, potrà restare un segreto tra noi. Ci saremo soltanto divertite, io e te, per una notte, da brave amiche che dovremmo essere e che secondo me già siamo. Domani sarà come se non fosse successo niente, se vorrai lasciarmi di certo non ti biasimerò, lo facciamo solo per divertirci, e potrai incolparmi di qualsiasi possibile conseguenza e farmela pagare per l'eternità se vorrai, solo...non dirmi di no.
E non farlo per me, devi farlo per te. Hai bisogno di un po' di spensieratezza così come ne ho bisogno io, e sarà solo per poche ore. Non hai più colpe da scontare, anzi. Semmai ora è il turno del mondo di scontare colpe nei tuoi confronti, quindi non c'è motivo per cui tu debba continuare a punirti. Ecco guarda..."
Emma frenò quel flusso interminabile di parole, distogliendo lo sguardo dal suo viso solo per un momento per prendere un anello, quello con le ali, dalla scatola.
"...non mi inginocchierò perché suppongo non apprezzeresti, dunque te lo chiederò ancora una volta così."
Le porse l'anello.
"Vuoi sposarmi solo per stanotte, Regina?"
Regina rimase in silenzio. Fin troppo presa dalle sue parole e dall'onestà nei suoi occhi, alternava lo sguardo dall'anello al suo viso ridicolmente speranzoso fino all'inverosimile.
Cosa aveva fatto per meritare un'amica talmente idiota?
Un'amica...un'amica che ci teneva alla sua spensieratezza, forse persino alla sua felicità.
L'unica amica che aveva.
Ecco che il destino si prendeva beffe di lei, presentandole il conto.
E certo non che Emma potesse stare zitta per più di un minuto.
"Ti ho promesso che avrei combattuto per il tuo lieto fine, no? Di certo non è questo ma...una serata divertente è un passo nella giusta direzione. E poi guarda che bello questo anello! Non vorrei proprio che continuasse ad andare sprecato nel cruscotto della mia macchina. Te lo regalo lo stesso, se lo vuoi..."
Ma a quel punto Regina ne ebbe davvero abbastanza.
Le strappò l'anello dalle mani e se lo mise al dito.
"Oh, va bene! Facciamola finita o continuerai ad assillarmi per tutta la notte! Sei proprio noiosa."
Il viso di Emma si illuminò di un sorriso che la fece somigliare a suo figlio fin troppo.
"Quindi accetti?"
"Si, Emma, accetto..."
"Si!" esclamò lei levando i pugni al cielo in una esclamazione di gioia chiaramente poco sobria.
"MA!" attirò nuovamente la sua attenzione Regina : "se anche un solo abitante di questa cittadina o dell'intero mondo lo viene a sapere giuro che ti appendo a testa in giù nella cripta e ti lascio lì finché..."
"Woh, woh, calma!" la interruppe Emma: "non vorrei mai incorrere nelle furie omicide della regina cattiva, dunque prometto solennemente che nessuno in questa città verrà mai a saperlo."
"Nessuno nell'intero mondo, Emma!"
"Oh, e va bene! Nessuno nessuno, lo giuro sul mio maggiolino."
A quelle parole Regina sgranò gli occhi. Emma doveva essere seria, se giurava sul suo maggiolino.
Alla fine sospirò.
"Bene. E...di grazia, come dovremmo fare a sposarci, signorina Swan?"
"Beh sai..." iniziò Emma animatamente: "...nelle grandi città ci sono agenzie che organizzano queste cose, ma..."
"Agenzie che organizzano queste cose? Intendi...matrimoni istantanei?"
Emma annuì: "Già, ma visto che non mi risulta che a Storybrooke..."
"Aspetta, davvero esistono altre persone fuori di senno come te che scelgono di sposarsi in una notte dopo tre litri d'alcol?"
Emma sospirò spazientita.
"T'ho detto di si, insomma! Presta attenzione! Come stavo dicendo, visto che non mi risulta che nessuno a Storybrooke possieda questo tipo di attività..."
"Assurdo." sentenziò Regina, interrompendola per l'ennesima volta.
Questa volta però, Emma non si fermò ed andò direttamente al punto.
"...proporrei di rivolgerci ad Archie."
Regina sgranò gli occhi.
"Che cosa? Sei pazza? Cioè si, sei pazza, ma fino a questo punto? E ottusa, per di più! Ti ho appena detto che non deve saperlo nessuno."
Emma ghignò.
"Oh, ma io ho un metodo per convincerlo a tenere la bocca chiusa, vedrai."
 
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"Quindi fatemi capire, mi state chiedendo di celebrare il vostro matrimonio, la sera di San Valentino, all'una di notte, in mezzo alla strada?"
Archie le fissava alternativamente, le palpebre ancora appesantite dal sonno, noncurante della sua mise costituita da pigiama bianco a righe con tanto di berretto.
Emma sbuffò.
"Cosa avete tutti con il fatto che sia San Valentino? Ognuno passa San Valentino come vuole, dannazione! E si, abbiamo bisogno di te. Sei tu che celebri matrimoni in questa città."
Regina incrociò le braccia al petto e sbuffò per cercare di alleggerire la tensione che le permeava il corpo. Sapeva che andare da lui non era una buona idea, lo sapeva, eppure... alla fine aveva acconsentito, si era fidata di Emma.
E adesso si chiedeva perché lo avesse fatto.
Si chiedeva perché avesse accettato di prendere parte a quella follia in generale.
Scosse la testa tra sé e sé per l'ennesima volta.
Archie, che fino ad allora era rimasto in silenzio a fissarle, prese una profonda boccata d'aria prima di parlare.
"Posso sapere perché... volete sposarvi, di punto in bianco?"
Regina lanciò ad Emma uno sguardo d'avvertimento, l'altra lo colse appena.
La bionda roteò gli occhi.
"Archie, andiamo! Non sei mica un prete, cosa ti interessa perché ci sposiamo!"
A quel punto anche Archie incrociò le braccia al petto.
"Beh, se devo sposare qualcuno, devo almeno essere sicuro che il matrimonio sia consensuale." lanciò una strana occhiata a Regina.
"Certo che è consensuale, Archie! Ti pare mai che potrei costringere Regina a sposarmi?"
"No, infatti..." lui continuò a guardare Regina con sospetto.
"Aspetta..." iniziò Emma:" ...tu credi che lei stia forzando me!" scoppiò a ridere.
"Questa sì che é buona! Sai quanto ci ho messo a convincerla?"
Regina a quelle parole alzò lo sguardo sull'uomo.
"Grazie per la fiducia, Archie."
Lui si limitò a stringersi nelle spalle.
"Beh, scusa. Non ti si vede più di tanto in giro, pensavo..."
Regina sorrise amaramente.
"Giustamente, pensavi che stessi architettando qualche oscuro piano per farvi del male."
"Dopo quello che è successo..." l'uomo abbassò lo sguardo e la voce:" ...sarebbe comprensibile."
Regina serrò la mascella con un'espressione vuota ed Emma lo notò.
Si affrettò ad intervenire.
"Ok, adesso basta, nessuno forza nessuno o fa piani malvagi, ok? Vogliamo solo sposarci. E tu...beh, onestamente non so da dove o da chi ti venga conferita l'autorità di celebrare matrimoni, per quanto mi riguarda credo che l'unica da cui può dipendere questo é Regina che ti ha messo qui in primo luogo, oltre ad essere nuovamente sindaco di questa città, percui...per favore."
Archie sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
"Ma...non preferireste farlo domattina? Con Henry e i tuoi genitori e..."
"Archie. È una cosa tra noi, loro non dovranno sapere nulla."
"Ma come..."
"Non dirai loro nulla."
L'uomo le fissò spiazzato.
"Ma...ma...non posso mentire ai miei sovrani se mi chiederanno..."
Emma sbuffò annoiata.
"Archie, i miei genitori non sono i tuoi sovrani, Regina lo é, ed io ho una carica persino più alta di quella di mio padre. E poi nessuno ti chiede di mentire a nessuno, solo...ometti di dirlo, ok?"
"Ma..."
"Niente ma. Oppure io dirò della lettera."
L'uomo sgranò gli occhi, e anche Regina guardò Emma, improvvisamente interessata.
"Quale...quale lettera?" chiese lui, a bassa voce.
Emma cercò qualcosa nella tasca del cappotto e la estrasse.
"Questa, lettera. Quella che intendevi dare a Geppetto quest'oggi e che invece hai buttato con noncuranza nel cestino."
Il suo viso perse diverse tonalità.
"Come...cosa...l'hai..." deglutí:" ...l'hai letta?"
Un ghigno malvagio e compiaciuto sorse sul viso di Emma.
"Oh, si che l'ho letta."
Archie deglutí ancora, il suo viso se possibile ancora più bianco del suo pigiama, mentre un sorrisetto malignamente divertito cominciava a sorgere anche sul viso di Regina.
"Beh non é...non é come può sembrare. Io non..."
Emma lo zittí con un gesto della mano.
"Non la facciamo tanto lunga, ti va? Mi era tutto chiaro da un pezzo, non sono cieca. E non ti giudico, Archie. Puoi stare tranquillo, il mio segreto con te sarà al sicuro, se..."
Lui terminò la frase al posto suo.
"Se io accetterò di sposarvi stanotte."
Emma sorrise fin troppo compiaciuta.
"Esattamente."
"E se non ne farai parola con nessuno." aggiunse Regina, guadagnandosi un'occhiata d'approvazione dalla bionda.
La povera vittima sospirò e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi.
"Va bene, cosa volete che vi dica?! Datemi solo il tempo di...prepararmi."
Fece per andare via ma poi si fermò.
"Emma, sappi che non é per niente un bel comportamento da parte tua ricattarmi. Per niente da salvatrice."
Emma sbuffò sonoramente.
"Bla, bla! Non sono la salvatrice di nessuno stanotte, ok?"
Archie si accigliò.
"Che cosa significa? Non é che solo perché sei ubriaca..."
Emma lo interruppe sventolandogli l'involucro sotto il naso.
"Archiee, letteraa!" cantilenò.
Lui si zittí per un momento, nuovamente spaventato, per poi riprovare.
"Sto solo dicendo che..."
"Ah!" continuò a bloccarlo Emma, muovendo la busta davanti a lui.
"Cosa penserebbero i tuoi genitori se..."
"Ah!"
Improvvisamente Regina, stanca di tutta quella sceneggiata, intervenne avvicinandosi ai due pericolosamente.
"Senti...grillo, onestamente non mi importa nulla dei tuoi...interessi in città, ti farò la questione molto più semplice. Se ti azzardi a dire a qualcuno di tutto questo, farò in modo che tutti dimentichino che tu sia mai esistito, dopo averti fatto scomparire!"
L'uomo sgranò gli occhi, ed allora si arrese. Sospirò e fece qualche passo indietro per tornare nella sua stanza.
"Va bene, vado a cambiarmi."
Emma incrociò le braccia al petto vittoriosa, guardando Regina tra un misto di sorpresa ed approvazione e guadagnando da lei un'occhiata molto simile: non si sarebbe mai aspettata di scoprire in Emma un lato talmente subdolo e che tanto si abbinava al proprio carattere.
Prima di scomparire dietro la porta, Archie lanciò ad entrambe un'ultima occhiata truce.
"Ora inizio a capire come mai insistiate tanto a sposarvi..." borbottò oltraggiato prima di chiudersi rumorosamente la porta dietro, lasciandole nel suo soggiorno.
Ma Emma non aveva ancora smesso di importunare il pover uomo.
"Archie, già che ci siamo...potrei usare il bagno?"
 
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Prima di officiare quella loro...peculiare cerimonia, Archie chiese del tempo da solo per ripassare il discorso, visto che, a quanto disse, era passato un po' dall'ultima volta che aveva sposato qualcuno. Così Emma e Regina rimasero in macchina a guardarlo camminare avanti e indietro con un piccolo libro stretto al petto e il capo rivolto in alto, ripetendo.
Emma lo trovava molto buffo, e non si era di certo risparmiata con le risate da che erano rimaste sole.
"Non mi sarei mai aspettata di vedere questo suo lato da ricattatrice, signorina Swan."
Commentò Regina tutt'a un tratto, girandosi a guardarla.
Emma sorrise e si strinse nelle spalle.
"Che posso dire, predisposizione naturale."
Le sopracciglia della bruna schizzarono verso l'alto.
"Vedo... non cosí pura come ci si aspetterebbe da una figlia del vero amore,mh?"
"Tsk! Il vero amore può nascere anche tra le due persone più cattive dell'universo, non significa che il figlio che avranno sarà puro."
Regina inclinò il capo.
"Vero. Ma la tua magia è bianca."
"Ora lo é anche la tua, no?"
Già... Regina tendeva spesso a dimenticarlo, forse perché ancora non se ne era del tutto convinta.
Così annuí semplicemente, rimanendo poi in silenzio per un altro minuto.
Come luogo per sposarsi avevano scelto la piccola spiaggia nascosta da una parete di roccia ai confini del bosco. Era stata la scelta che più si confaceva ai requisiti che entrambe avevano finito per richiedere: era deserta, ma non abbandonata; era romantica, ma non esageratamente; era a contatto con la natura, ma non troppo piena di terra e fango che avrebbero rovinato le scarpe di Regina: la sabbia se ne veniva piú facilmente; era un bel posto, ma non significa troppo per nessuna di loro due.
Non che poi fosse realmente importante il posto, dopotutto, volevano solo "divertirsi".
D'improvviso Regina parlò.
"Emma...davvero, perché lo stai facendo?"
Emma si voltò verso di lei e, semplicemente, le sorrise:" te l'ho già detto..."
"Si, vuoi divertirti, ma..."
"Voglio far divertire te. Voglio...sai qual'é il mio obiettivo per stasera? Vederti ridere. E non ridere...come ridi di solito, ridere davvero, di allegria, sinceramente."
Regina rimase in silenzio, spiazzata dalle sue parole. Poi storse la bocca.
"Cosa c'è di male in come rido di solito, signorina Swan?"
Emma scosse la testa:" lo sai...oh, a proposito, dovresti ridarmi l'anello."
"Cosa?" la mano di Regina si strinse istintivamente quasi protettivamente intorno al gioiello.
"Perché? Hai cambiato idea?"
La bionda ci mise un attimo a realizzare.
"Cosa? No! Certo che no! Ma non ne abbiamo altri per la cerimonia, percui..."
"Ah"
"Già..."
"Ok"
Regina si sfilò l'anello e glielo mise in mano. Poi però non ritirò il braccio, rimase cosí, con la mano poggiata sulla sua, ancora per qualche istante.
"Emma..."
"Mh?"
"Grazie. Per tutto questo.Per come tu ci stia...provando."
Emma le sorrise dolcemente.
Ed entrambe si accorsero, poi, di come la mano di Emma si fosse delicatamente richiusa su quella di Regina, ed avesse iniziato ad accarezzarla con il pollice. Così entrambe, nello stesso momento, ritirarono le rispettive mani e distolsero lo sguardo, facendo finta di non sentire nel petto lo stesso calore che si stava irradiando sulle loro guance.
 
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Quando Archie si dichiarò pronto, uscirono dalla macchina per raggiungerlo. Prima però, recuperarono da questa la busta di candele che avevano "preso in prestito" da casa di Archie (perché ne avesse cosí tante era un mistero) e che avrebbero utilizzato per "creare l'atmosfera", come aveva detto Emma, e, in termini più pratici, per fare luce.
Le disposero a creare una sorta di sentiero, lasciandone altre sparse in giro.
Poi, improvvisamente, Emma si fermò e si mise le mani tra i capelli.
"Ci manca una cosa importantissima!"
Regina incrociò le braccia al petto.
"E cosa sarebbe?" chiese, leggermente contrariata.
Ma anziché rispondere Emma parve essere colta da un'illuminazione.
"Torno subito!" disse solo, e con queste parole scomparve di corsa alla vista dei due.
Regina allargò le braccia senza parole, per poi lasciarle ricadere sui fianchi e, con poche cerimonie, si sedette sulla sabbia, come senza dubbio da lucida non avrebbe mai fatto.
"Abbandonata all'altare..." borbottò soltanto, per poi guardare Archie e trovare il suo sguardo stupefatto già su di sé.
Quelle attenzioni esagerate, ovviamente, le diedero fastidio, così cercò di rivolgerle altrove.
"Geppetto, Archie? Davvero?"
Allora l'uomo distolse lo sguardo, per essere subito dopo imitato da lei, che scosse semplicemente la testa tornando a fissare le onde.
 
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Emma ritornò trafelata circa dieci minuti dopo, stringendo in mano un mazzo di fiori di varia specie e misura.
"Scusate, eccomi! Ho fatto più presto che potevo, ma non potevamo sposarci senza!"
Affermò convinta, cercando di prendere fiato.
Poi raggiunse Regina, tornata in piedi appena l'aveva vista, e le mise in mano con scarsa delicatezza i fiori.
"Ecco, prendili tu! Sono i migliori che ho trovato."
La bruna cercò di non farne cadere nessuno, sistemandoli al meglio tra le mani.
"E posso sapere dove li hai recuperati, di grazia?"
Emma alzò la testa:" nel bosco, ovviamente. Dove altro? È qui vicino, cosí..."
"Emma...se qualche creatura che di certo al buio non puoi aver visto mi striscerà sulla mano ti giuro che..."
"Okok ho capito, ti arrabbierai molto e mi farai male, dunque é meglio sbrigarsi a sposarci prima che quelle creature si sveglino."
Regina scosse la testa, senza parole, prima di vedere Archie avvicinarsi a loro, estraendo un laccetto dalla tasca della giacca.
"Ecco, ho questo, magari...magari può servirvi a tenere i fiori insieme."
Emma glielo strappò dalle mani entusiasta, legandolo poi intorno ai fiori.
"É perfetto Archie, grazie!"
Regina, rimasta in silenzio ad alternare lo sguardo tra i due, si limitò a scuotere la testa incredula.
"Tutto ciò è una follia..."
"Già, ma è la nostra follia."
Sentí improvvisamente Emma sussurrarle all'orecchio, senza essersi neanche accorta che si fosse avvicinata cosí tanto.
Rabbrividí appena quando lei si scostò, di certo per l'inclemente freddo della sera, ma non poté evitare che un lieve sorriso le si disegnasse sul viso.
 
Archie si schiarì la voce.
"Dunque...bene, siamo tutti...e tre qui riuniti oggi per celebrare questo...ehm, matrimonio tra il sindaco di questa città ed il suo sceriffo..."
Emma sgranò leggermente gli occhi, sorpresa, e lui si affrettò a chiarire.
"Cioé non suo del sindaco, suo della città, anche se...beh, tecnicamente vi state sposando, quindi a livello di semantica..."
"Archie." Lo interruppe, secca, Regina.
Lui deglutí ed annuí, improvvisamente memore della sua minaccia.
"Va bene, vado avanti. Come dicevo, celebriamo questo matrimonio, e, come ogni matrimonio che si rispetti, pronuncerete voti di fedeltà e di..."
Regina si distrasse: sentiva la testa troppo leggera per seguire quell'interminabile e quanto mai spropositata perorazione.
Il suo sguardo, quasi di sua spontanea volontà, si spostò sui fiori che ancora teneva a debita distanza da sé, per paura che quelle suddette creature potessero svegliarsi e decidere di salirle addosso. Già tenerli tra le mani era uno sforzo più che sufficiente.
La sua mente iniziò a divagare.
Non che non le piacesse la natura, o i boschi, certo che no. Da piccola amava perdersi tra gli alti rami al galoppo, credere che tutto quel verde potesse assorbirla e farla sua, facendola scomparire per sempre dal mondo degli umani.
Lo credeva e lo sperava.
Così come amava prendersi cura da sé del suo cavallo, noncurante di sporcarsi o rovinarsi gli abiti, nonostante sua madre non avesse mai mancato di fargliene pagare le conseguenze.
Ma tutte quelle belle cose...tutte le farfalle rincorse, e i piccoli insetti messi in salvo, appartenevano al passato, ad una vita che, invece, non le apparteneva più da molti anni, troppi per essere contati.
E adesso era come se dovesse essere cosí, come se lei dovesse essere quel tipo di persona, quella che altri l'avevano fatta diventare. Come se non potesse farne a meno.
Eppure quella persona...quella persona non avrebbe mai fatto quello che lei stava facendo in quel momento.
Sposarsi per gioco, che assurdità!
La giovane Regina, lei sí, lo avrebbe fatto.
Per ribellione, spirito d'avventura, pura spensieratezza. Per la consapevolezza di avere una scelta, e la facoltà di cambiare idea il momento seguente.
Ma ora era lì e, si accorse con orrore, non aveva alcuna intenzione di andarsene.
Si accorse anche, con disgusto per sé stessa, di starsi persino...divertendo, in un certo senso.
Si accorse di aver smesso, durante quelle ore, di pensare a Robin, che altro non era che un promemoria, simbolo della rovina in cui fin troppo spesso la sua vita versava.
E si accorse di non essersene nemmeno accorta fino ad allora.
Terribile. Spaventoso.
Meraviglioso.
Alzò lo sguardo su Emma.
Emma che, a giudicare dall'espressione che aveva sul viso, così come lei, non aveva davvero le forze necessarie per sorbirsi tutto quel sermone. E dire che aveva chiesto lei ad Archie di celebrare il matrimonio.
Ad ogni modo...su qualcosa era concentrata, Emma, solo che non si trattava di Archie, né del suo discorso.
I suoi occhi, verde scuro nel buio della sera, erano fissi su di lei.
E la fissavano cosí intensamente ed allo stesso tempo cosí delicatamente, cosí timorosamente, e con un'aria cosí sognante, che Regina si chiese se era davvero lei quello che Emma stava vedendo. Se non era entrata, piuttosto, in un peculiare stato di sonno ad occhi aperti.
Ma quando si accorse del suo sguardo, la bionda sbatté le palpebre quasi stupita, colta in flagrante, e distolse il proprio fissando ostinatamente la sabbia, mentre un leggero rossore che pure tanto leggero non doveva essere, se poteva essere facilmente scorto anche nella semi oscurità, le si diffondeva sulle guance.
E non si era mai accorta, Regina, (o forse non aveva mai voluto accorgersi), di quanto bella fosse Emma.
Non si era mai accorta della dolcezza con cui la luce scivolava sulle curve dei suoi capelli, persino quella fioca delle candele che le circondavano; non si era mai accorta della forza racchiusa nei suoi occhi, eppure della tenerezza e della vitalità racchiuse nel suo sguardo. Di come esso potesse repentinamente cambiare, a seconda del suo obiettivo.
Era sempre stata diversa da lei, Emma. E Regina aveva sempre creduto che fosse troppo diversa da lei.
Troppo forte, troppo libera, troppo lontana,  all'inizio.
All'inizio l'aveva semplicemente odiata, perché era la cosa più facile da fare.
Poi, improvvisamente, se l'era ritrovata troppo vicina, e questo l'aveva spaventata.
La spaventava ancora, in verità.
Così, si era limitata a sopportarla.
E certo, a volte Emma era davvero insopportabile, ma, in qualche modo, stare al suo fianco aveva sempre reso tutto un po' più...semplice.
Ed erano forse troppi quei pensieri per una notte cosí, per un falso matrimonio al sapore di tequila.
Erano forse troppi per un qualsiasi momento, se arrivavano tutti cosí all'improvviso.
Eppure erano lí, e lei era lí, ed Emma, Emma era lí, e l'aveva fissata a quel modo, la madre di suo figlio, la donna che stava per sposare...
"Regina!"
Si riscosse improvvisamente, tornando a guardare Archie.
"Si?"
Lui sospirò alzando gli occhi al cielo, comprendendo di non essere stato minimamente ascoltato.
"Vuoi tu prendere come tua legittima sposa Emma Swan, e prometti di amarla e rispettarla finché morte non vi separi?"
Regina ci pensò per un momento. Poi rispose, con piú leggerezza di quanta il suo carattere le avesse mai permesso.
"Beh...no. Ma si, accetto di sposarla."
Emma si illuminò di un sorriso sincero. Così sincero e caldo da far saltare un battito al cuore di Regina.
L'uomo intanto sospirò, quasi sconsolato e certamente rassegnato, scuotendo leggermente la testa, per poi voltarsi verso Emma.
"E tu, Emma Swan, vuoi prendere come tua legittima sposa Regina Mills, e prometti di amarla e rispettarla finché morte non vi separi?"
Emma, dal fissare Regina sorridendo radiosa, divenne ad un tratto perplessa.
"Hey, secondo te se non volevo perché le avrei fatto la proposta? Questa domanda non ha senso!"
Archie fece un evidente sforzo per controllarsi, liberando solo un disperato:" Emma, per favore!"
"Ok, si!" disse dunque lei semplicemente, come se stesse accettando di andare a fare una passeggiata in compagnia.
"Non sei tanto bravo a celebrare matrimoni, sai Archie?" aggiunse subito dopo.
L'uomo la ignorò volutamente.
"Allora, con il potere conferitomi dal sindaco..."
"Aspetta un attimo!" lo interruppe Regina, per l'ennesima volta:" io non ti ho conferito proprio niente!"
Emma annuì, improvvisamente coinvolta.
"Già! Per altro ho sempre avuto questa curiosità" tornò a guardare Regina, come se lei avesse la risposta:
"Perché tutti i matrimoni in questa città li celebra lo psicologo?"
Regina rimase a fissarla, stupita dalla domanda e sempre meno in possesso della facoltà di rispondere. E restarono a guardarsi negli occhi cercando una risposta l'una nell'altra così a lungo che alla fine scoppiarono entrambe a ridere.
"Sai una cosa? Non ne ho idea!"
Emma rideva cosí tanto da riuscire a malapena a tenere gli occhi aperti.
"Ma come non ne hai idea!? Tu hai creato questa città!" riuscí appena a dire prima di scoppiare di nuovo a ridere.
"Beh signorina Swan, avrò pure creato questa città, ma di certo non la follia dei suoi abitanti!" rispose Regina, cercando di mantenersi seria e fallendo miseramente un momento dopo, ridendo ancora.
Quando entrambe si furono calmate, si girarono a guardare Archie, che ormai si era rassegnato al loro stato di ebbrezza e le fissava in un silenzio stizzito, ma in qualche modo anche...consapevole, ormai.
Poi Emma spezzò quella tregua.
"Archie, stiamo aspettando una risposta!"
Lui aprí la bocca, senza parole. Poi lasciò ricadere le braccia sui fianchi.
"Non lo so! Sono sempre stato io a celebrare i matrimoni, da che il sortilegio è stato spezzato. Non so chi mi abbia dato tale autorità!"
"Come vedi..." riprese Regina, voltandosi nuovamente verso Emma:" ...da quando il sortilegio si é spezzato, io non c'entro proprio niente!"
"Certo, perché la gente neanche si sposava quando c'era il sortilegio, Regina!" le rispose Emma, fin troppo animatamente.
"E tu cosa ne sai? Eri qui per caso?" ribatté l'altra, piccata, facendo un passo verso di lei.
"Signore, per favore!" le supplicò Archie a quel punto.
Loro si zittirono all'istante, ed incontrando il reciproco sguardo nuovamente, arrossirono leggermente.
Poi, con più serietà di quanta ne avessero dimostrata fino ad allora, si voltarono ancora una volta verso di lui e, schiarendosi la voce, Emma lo invitò a terminare.
"Finisci pure, Archie."
Lui , che nel frattempo sussurrava un:" cosa ho fatto di male nella vita..." , sospirò nuovamente.
"Dunque, allora...scambiatevi pure le fedi."
A queste parole Emma riprese a sorridere, ed estrasse nuovamente quei due famosi anelli. Prese quello per Regina e poi le porse la scatola, invitando a fare lo stesso.
"Davvero avete anche delle fedi?" si sentirono allora chiedere. Guardarono Archie.
"Certo! Cosa credi che siamo, delle sprovvedute?" rispose Emma, in maniera buffamente risentita.
"Ma come..."
Regina sbuffò:" lascia perdere, lunga storia. Ora finiamo, per favore."
La bionda annuí e, recuperando in un istante compostezza e felicità, prese la sua mano per metterle l'anello.
Ed erano così delicate le dita di Emma, a sollevare le sue, a scivolarvi sopra poi per metterle l'anello con una lentezza solenne, forse anche esagerata, che Regina ne rimase incantata.
Restò, subito dopo, a guardare il gioiello scintillante al proprio dito, e sorrise genuinamente a sua volta.
Poi sollevò lo sguardo su Emma, ed Emma sorrideva fin troppo, guardandola. Così decise di sbrigarsi, e rapidamente prese la sua mano per far scivolare a sua volta con facilità l'anello al suo anulare.
E le sembrò quasi che Emma trattenesse il respiro, mentre lo faceva, per poi sorridere ancora più di prima, guardando la propria mano.
"Dunque...vi dichiaro ufficialmente sposate."
"Sii!" esclamò a bassa voce Emma, guadagnandosi un'occhiata da Regina che avrebbe voluto essere poco amichevole ma che in realtà risultò alquanto forzata.
Poi, tutti restarono immobili, quasi attendessero l'arrivo di qualcos'altro, che pure Regina non riusciva proprio a ricordare cosa potesse essere.
Solo quando Archie ebbe il coraggio di parlare lo capì.
"Potete baciarvi ora." disse, quasi con timore.
E, beh, questo Regina non lo aveva messo in conto.
Guardó Emma, ed Emma guardò lei, senza dire niente, quasi come se stesse aspettando una risposta ad una domanda che non aveva il coraggio di porre.
Poi, con lentezza, Regina realizzò cosa fosse ciò che avrebbe dovuto dire.
"No!" esclamò allora. Ma non come se la sentisse in realtà, piú come se fosse l'unica cosa sensata da dire, impossibile cambiarla.
"Non esiste, non ci pensare Swan."
Emma alzò le mani in un gesto fin troppo plateale :" ok, ok, non ho detto nulla."
Archie, che non aveva smesso di fissarle, addirittura incuriosito, sospirò nuovamente e scosse piano la testa.
"Bene signore, a questo punto...ho fatto ciò che volevate, ora andrei."
Emma annuí, sebbene non accennasse a spostare lo sguardo da quello di Regina, quasi come fossero rimasti impigliati entrambi in una rete di conseguenze ed implicazioni che li legava.
"Ok, va pure. Buonanotte."
Passarono secondi di silenzio.
"Emma?" chiamò ancora lui.
"Mh, che c'è?" si voltò verso di lui a fatica, infastidita.
"Beh dovresti...visto che siamo arrivati qui con la tua auto dovresti...sai, riportarmi a casa."
Emma si batté una mano sulla fronte.
"Oh, cielo, é vero!"
Fece scivolare lentamente la mano dal suo viso, abbandonandolo verso il cielo. Poi si riprese e annuí:" hai ragione, giusto."
Guardó Regina per un momento, poi le chiese:
" tu cosa fai, resti qui?"
Regina sbuffò:" se dovessi aspettare te che lo accompagni a casa e che torni qui, mi addormenterei senz'altro. Oltretutto non ti permetto di metterti al volante nella mia città, ubriaca come sei. Già non avresti dovuto usarla per portarci qui."
Emma sgranò gli occhi:" e allora cosa propone di fare sua maestà?"
La bruna le lanciò un'occhiataccia.
"Ti ricordo, signorina Swan, che abbiamo la magia. Puoi benissimo trasportarlo a casa con quella. Anzi, potresti, ma per quanto lucida sei molto più probabilmente vi trovereste in Africa, quindi lo faró io."
"Addirittura! Faresti questo per me!?" Emma diede una gomitata ad Archie:" vedi? Il matrimonio sta andando piuttosto bene."
Lui scosse solo la testa, scoraggiato.
"Uff, come siete noiosi!" esclamò la bionda, tornando poi a guardare Regina.
"Allora cosa farai, puff di là e puff di qua?"
"Puff? Ma che cos..." poi la bruna capí ciò che l'altra stava dicendo e lasciò ricadere il capo, massaggiandosi la radice del naso con le dita.
"Si, signorina Swan, farò "puff di là e puff di qua". E poi ognuno farà "puff" a casa sua visto che è già un'ora vergognosa per stare in giro."
Emma sbuffò:" ok, va bene, come vuoi, intanto portalo a casa."
L'altra le lanciò un'occhiataccia:" intanto, non mi dire che cosa fare."
La bionda la ignorò semplicemente, girandosi a salutare Archie.
"Dopotutto, é stata una bella cerimonia. Grazie, Archie."
Lui si limitò a sorridere, sebbene in modo poco sentito e decisamente stanco. Regina gli si piazzò a fianco, pronta a trasportarli entrambi, ma Emma parlò nuovamente.
"Archie!"
"Dimmi, Emma." rispose lui, con la poca pazienza rimastagli, il che spiegava già tutto di per sé.
Emma gli prese la mano e, estratta la lettera dalla tasca della giacca, la richiuse su di essa.
La ragazza lo guardò e gli sorride, questa volta con sincerità.
"I matrimoni sono una bella cosa, Archie."
L'uomo, visibilmente stupito, strinse la mano attorno alla lettera, affrettandosi a metterla al sicuro nella sua giacca. Poi però, le sorrise grato, quasi avesse realizzato ciò che lei stava cercando di dirgli.
"Ti ringrazio, Emma."
Lei continuò a sorridergli prima che il suo sguardo cadesse su Regina. Le si avvicinò, bloccandola ancora una volta prima che potesse usare la magia.
Lei, esasperata, si girò a guardarla.
"Cosa c'é ancora, Emma?"
"Tu...poi torni, vero? Non é che mi lasci qui?"
E c'era cosí tanta verità e così tanta paura negli occhi di Emma, che ne rimase impressionata.
Ed ogni risposta aspra perse il coraggio per uscire dalla sua bocca.
"Certo che torneró, Emma."
Le sorrise dolcemente, sperò non compassionevolmente.
Era sciocco, certo. Dopotutto, Emma era solo ubriaca, magari semplicemente non voleva ancora che la serata finisse. Però...
Però quante volte doveva essere stata abbandonata, Emma! E con quanto dolore, se solo un ubriacatura poteva mostrarne facilmente gli esiti.
E tutto per colpa sua...si ritrovò in un istante a pensare che, se anche Emma avesse riportato indietro Marion volutamente, lei non avrebbe potuto biasimarla lo stesso, dopo quanto aveva fatto.
Si sforzò di trattenere il sorriso sulle labbra.
"Torno subito, ok?"
Emma, piano, si convinse, e lasció il suo braccio.
"Ok".
Le sorrise, e qualcosa cambiò nel cuore di Regina Mills.
O forse qualcosa era già cambiato prima, ma per la prima volta in quel momento decise di arrivare alla sua testa, facendosi notare.
Deglutí. Poi, non volendosi soffermare ulteriormente su quei pensieri, mosse la mano e si lasciò avvolgere dalla nube di fumo che avrebbe dovuto portarla a casa di Archie.
 
 
Passò appena un minuto prima che Regina riapparisse sulla spiaggia, leggermente disorientata certo, perché usare magia di trasporto da ubriaca non era esattamente un'ottima idea, ma almeno tutta in un pezzo.
Emma scattò come se nell'attesa fosse caduta in uno stato di trance (probabilmente aveva solo iniziato ad addormentarsi) e si illuminò di un bellissimo sorriso, o almeno, di un sorriso che Regina trovò bellissimo, forse in realtà anche piuttosto idiota, ma certamente raggiante.
"Sei tornata intera! L'hai lasciato a casa o in Africa?"
Regina le lanciò un'occhiataccia.
"Certo che sono tornata intera e certo che l'ho lasciato a casa, cosa credi, Swan?" incrociò le braccia al petto sollevando il mento:" non sono un disastro come te con la magia."
Emma rise:" già, già, però siete ubriaca come me, vostra maestà."
"Di certo so essere più seria e composta di te anche da ubriaca, signorina Swan."
La bionda ghignò:" iniziamo a litigare come una vera coppia, vedi che non era così insensata la mia idea di un matrimonio?"
Regina roteò gli occhi e si allontanò sulla spiaggia di qualche passo superandola.
"Abbiamo sempre litigato cosí, Emma. Abbiamo fatto anche di peggio."
Emma rimase ferma per qualche istante, in silenzio. Poi prese a seguirla.
"Già, ma ci siamo anche trovate in un sacco di situazioni tra la vita e la morte io e te, e ci siamo sempre salvate a vicenda. Ormai siamo piuttosto intime, no?"
Regina la guardò a malapena, lo sguardo fisso sulle onde nere in lontananza, nel punto in cui si perdevano nel buio, e la testa piena di pensieri, riflessioni, scomode riflessioni, su quanto tutto quello che stavano dicendo fosse vero e su quanto tutto sembrasse terribilmente...a posto. Sensato. E giusto.
Un brivido scosse la sua pelle.
"Hai freddo?" le chiese Emma, con voce improvvisamente più seria e profonda.
Un altro brivido percorse la pelle della bruna.
"Sto bene, grazie."
"Mh..." fece l'altra, fingendosi convinta, per poi iniziare a camminare in circolo, guardando le sue orme sulla sabbia, accanto a lei.
"Allora, dal momento che é la notte del nostro matrimonio...direi che dovremmo fare qualcos'altro che stare qui a fissare il buio, non ti pare? Adesso che Archie se ne é andato e siamo finalmente rimaste sole, possiamo fare quello che vogliamo." si girò a guardare Regina, e trovò sul suo volto uno sguardo sospettoso e truce al tempo stesso.
"Swan..." suonò decisamente come un avvertimento.
Non era sicura di aver capito, anzi, sperava di non aver capito. Emma non poteva starsi riferendo davvero a quello, giusto?
Lei, per tutta risposta, si strinse nelle spalle.
"Cosa? Non avrai davvero intenzione di far finire la serata qui, vero? Ogni matrimonio che si rispetti, prevede la sua parte di divertimento, no?"
"Si beh ma il nostro non è un vero matrimonio..."
Emma aprì la bocca, scioccata.
"Come no? Certo che lo é! E piuttosto bello anche! Guarda! Il mare, le stelle sopra di noi..."
Iniziò ad elencare, aggirandosi ed indicando con le braccia ciò che nominava. Poi rise di nuovo, con tanta leggerezza e gioia che per un momento a Regina venne impossibile mantenere quell'espressione e trattenere il lieve sorriso che tentava disperatamente di disegnarsi sulle sue labbra.
"É una bellissima nottata! E tu non vorrai di certo che finisca cosí!"
"No, Emma, ma..."
"Vedi?" continuò lei senza lasciarla parlare:" dobbiamo assolutamente viverla allora! Viverla appieno! Fare tutte quelle cose che si fanno nelle notti di matrimonio."
"Emma." Regina tornò di nuovo mortalmente seria, perché di Emma si fidava, e sapeva anche quanto ubriaca fosse, ma non si fidava così tanto. E soprattutto, improvvisamente non riusciva più a trovare sufficienti motivazioni per cui Emma non potesse volere davvero una cosa del genere.
"Spero tu non stia pensando quello che stai lasciando intendere."
Emma si zittí e la fisso, inclinando poi la testa.
"No?"
"No! Non sei mia moglie e di sicuro non farò con te quelle cose!"
Emma parve più stupefatta che mai.
"E perché? Che c'è di male?" si guardò intorno.
"Guarda che bel posto che abbiamo a disposizione! Il rumore del mare, le stelle, tutte queste candele che abbiamo acceso, che creano una bellissima atmosfera...é il posto perfetto per rendere giustizia ad un matrimonio!"
Fu Regina allora, a metter su un'espressione scioccata.
"Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Se anche la tua proposta fosse degna di considerazione, e non sto dicendo che lo sia, di certo non accetterei di farlo qui, con questo freddo ed esposte agli occhi di tutti!"
E si diede della stupida da sola subito dopo, perché non avrebbe dovuto neanche soffermarsi a considerare la sola possibilità che una cosa del genere accadesse.
Emma corrugò la fronte, riflettendo, cercando di comprendere.
"E dove proporresti di farlo, a casa tua? Casa tua è meravigliosa, ma insomma...questa mi sembra molto più adatta come location."
La bruna continuò a fissarla con la bocca ridicolmente aperta.
"Non ci credo che lo faresti davvero qui."
"Regina, io...non capisco davvero cosa ci sia di cosí strano. Di solito queste cose si fanno all'aperto, o...oh, forse nella foresta incantata non è cosí! Mi dispiace, non ci avevo pensato. Forse siete abituati a farle nei castelli o nelle grandi residenze estive."
Regina incrociò ancora una volta le braccia al petto, quasi sulla difensiva:" beh, certo! Saremmo pure stati antichi, ma almeno eravamo civilizzati! Non facevamo certe cose all'aperto come animali!"
Emma corrugò la fronte ancora una volta.
"Animali?" poi, dopo un attimo di esitazione, la sorpresa prese il posto della perplessità.
"No! Non mi dire che avevate gli animali danzanti, come gli ippopotami di quel film, come si chiamava? ...Follia...qualcosa del genere, no, Fantasia, ecco come si chiamava!" si fermò per prendere un respiro:" Li avevate davvero?"
E anche per quanto riguardava Regina, la sorpresa prese il posto della rabbia.
"Emma, che cosa stai dicendo?"
Emma si strinse nelle spalle :" non lo so, tu cosa stavi dicendo?"
Prese un respiro profondo passandosi una mano tra i capelli.
-Non sono abbastanza lucida per questo- pensò, cercando poi di munirsi di tutta la pazienza possibile prima di risponderle...
"Stavamo discutendo di quanto la tua proposta sia inaccettabile ed assurda..."
...per poi perderla del tutto a metà discorso.
"...e tu ti sei messa a parlare di...ippopotami che ballano!"
Un'illuminazione parve cogliere la bionda.
"Ah, vero! Avevi detto che gli animali festeggiavano all'esterno e voi all'interno...beh però...non c'è nulla di male nel festeggiare all'esterno, no? Allestire un bel banchetto, ballare..."
Regina la guardò sospettosa.
"Tu...stavi parlando soltanto di festeggiare?"
Ed Emma parve ancora più perplessa di prima.
"Certo, di che altro se no? Non é che si facciano molte altre cose nella notte di nozze oltre festeggiare e...oh."
Si zittì improvvisamente, assumendo tutt'a un tratto un colorito cremisi visibile persino nella penombra.
Rise nervosamente, allora, grattandosi il retro del collo.
"Oh, tu intendevi... quelle cose. No, no, parlavo di...festeggiare, solo di divertirci un po', sai...visto che siamo qui e che finora non abbiamo fatto altro che ascoltare i sermoni di uno psicologo prete mancato..." abbozzò un sorriso dolce, quasi cercando di farsi perdonare.
Regina, se non altro per uscire dall'imbarazzo in cui quella situazione aveva gettato entrambe, e soprattutto prima che Emma realizzasse che, in fin dei conti, era stata Regina stessa a presupporre che si stesse riferendo a quel genere di cose, decise di deviare il discorso.
"Tu hai voluto chiamare Archie, e poi non hai ascoltato nemmeno una parola di quello che ha detto. Non capisco perché ti lamenti tanto, dal momento che é stata una tua scelta."
Emma scosse la testa:" beh, volevo un celebrante, non un predicatore. Non immaginavo sarebbe stato così lungo."
"É una cerimonia, Emma. É normale che sia lunga."
La bionda si strinse nelle spalle.
"Beh, per me lo é stata fin troppo, percui..."
Alzò lo sguardo su di lei, nuovamente sorridente.
"Che ne dici di ballare? Alle feste si balla, giusto? Soprattutto ai matrimoni. Non c'è niente di male, no?"
E Regina, ancora una volta quella sera, non poté evitare di sorridere.
"No, suppongo di no."
"Ottimo." Emma estrasse il proprio cellulare.
"Cosa vorresti ballare?" chiese, già scorrendo tra i suoi brani.
La bruna rimase per un attimo interdetta, incantata dalle ombre che le sue sopracciglia, illuminate dalla luce dello schermo, disegnavano sul suo viso. Incantata dalla sua espressione intenta, e dal modo in cui aveva iniziato a mordersi il labbro cercando la canzone più adatta.
Si schiarí la voce, affrettandosi a tornare in sé.
"Beh ecco..."
E poi eccola, l'idea folle. Lo sapeva, Regina, quanto fosse folle. Eppure non la rifiutò.
"Ai matrimoni di solito...si ballano i lenti, no?"
Vide Emma annuire, lo sguardo ancora fisso sullo schermo.
"Qualche richiesta in particolare?"
Regina si strinse nelle spalle, anche se l'altra non la stava guardando.
"Non so, fai tu."
Ed allora, Emma la guardò, fermandosi improvvisamente a bocca aperta.
"Aspetta un attimo: tu vuoi ballare un lento con me e me lo stai per giunta facendo scegliere?" chiese, incredula.
Regina strinse la labbra, uno sguardo di rimprovero negli occhi.
"Devi sempre rovinare tutto?"
La bionda alzò le braccia.
"Ma no! Solo che é...strano, stranissimo, ecco tutto!"
"Già, e dovresti sbrigarti prima che cambi idea..." biascicò, distogliendo lo sguardo.
"Agli ordini!" esclamò Emma, tornando a lavoro sullo schermo.
Regina mise le mani suoi fianchi e si voltò verso il mare nell'attesa, incapace di guardarla.
Davvero, cosa stava facendo?
Emma aveva ragione, quello era strano, persino per lei, persino ubriaca!
Poi, la sentí di nuovo parlare.
"Sai ci sarebbe...questa canzone...ecco io..."
E forse non aveva mai sentito, Regina, parlare Emma con una voce tanto insicura.
E non smetteva di sorprenderla quando l'alcol potesse renderla lunatica.
Non si voltò.
"...ecco io ho sempre pensato che fosse...una gran bella canzone per un lento. Ma, non ho mai avuto con chi ballare un lento..."
L'amarezza fece alzare improvvisamente il sopracciglio di Regina.
"Come! Pensavo che il pirata fosse un'icona di romanticismo!"
Esclamò, forse con fin troppo disprezzo.
Sentí Emma sospirare e poté solo immaginare la sua espressione in quel momento.
"Senti, Regina, potresti...evitare di parlare di lui almeno per ora, finché siamo qui?"
"Credevo fosse il tuo grande amore! E ora dovrei evitare di parlarne?"
"E io credevo di averti spiegato a sufficienza quanto la situazione non sia come tu credi!"
E improvvisamente c'era freddezza, tanta freddezza nei loro toni, ed una rabbia che per l'intera serata era stata dimenticata.
E un po' Regina se ne sentì responsabile, perché dopotutto le stava piacendo quello che erano riuscite a fare, ed era stata in effetti lei a portare un' altra volta in ballo il discorso.
Sembrava improvvisamente fin troppo lucida Emma, pensò.
"Credevo che tu potessi capire, credevo che tra tutti almeno tu..." si zittí.
Prese un respiro profondo, e con la coda dell'occhio Regina la vide stringere gli occhi e massaggiarsi la fronte.
Ricominciò poi a parlare, con tono molto più calmo, ma anche più spento.
"Va bene io...capisco. Capisco che vedere gli altri costruirsi una vita in questo momento ti infastidisca, dopo quanto è successo. E quanto è successo è stato per colpa mia, dopotutto, quindi me lo merito. Però...avevo creduto che tu tra tutti potessi capirmi quando dicevo che...non è cosí che stanno le cose. Non è con lui che voglio costruirmi una vita. "
Regina rimase senza parole per quell'ultima frase. Ad occhi sgranati, si sforzó di continuare a darle le spalle per non mostrarle il suo stupore.
Si, aveva intuito che qualcosa non andasse tra i due, ma sentirglielo dire cosí... le faceva qualcosa, qualcosa di pericoloso, molto pericoloso.
Faceva nascere nella sua testa un'unica domanda. Ma non era per niente sicura di volere una risposta, non in quel momento almeno.
Sospirò a sua volta. Si sforzò di sorridere.
Poi si voltò e la raggiunse, nel nuovo intento di risolvere la situazione.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, stava passando una bella serata, si stava davvero rilassando, e non aveva intenzione di rovinarla.
E non aveva intenzione di litigare con Emma più di quanto avesse già fatto nei passati giorni o anni.
Così, in un gesto del tutto insolito che non riconobbe neanche mentre lo faceva, le prese la mano libera con le sue e la guardò.
Semplicemente, la guardò, e qualsiasi pensiero avesse attraversato e contrastato la mente di Emma fino ad allora si fermò nell'esatto momento in cui i loro sguardi si incrociarono.
E c'era una scusa, negli occhi di Regina, sebbene non vi avrebbe mai dato voce. E c'era stupore ed un po' di dispiacere in quelli di Emma, ma nel momento in cui si fusero, assieme superarono qualsiasi divergenza si fosse potuta creare, o risvegliare, nei precedenti momenti.
"Allora, qual è questa canzone?" chiese semplicemente Regina, non trovando nulla di meglio da dire.
Emma deglutí, gli occhi ancora persi nei suoi. Poi, quasi forzandosi, riportò lo sguardo sullo schermo del cellulare.
"Si chiama 'Abbracciami', ha...un gran bel testo e...una gran bella musica."
Regina abbassò lo sguardo sullo schermo a sua volta, per poi riportarlo su di lei.
"Davvero non hai mai ballato un lento?"
Emma scosse la testa, le labbra strette.
Un sorrisetto divertito piegò le labbra di Regina.
"Sicura di sapere come si fa, signorina Swan?"
Ma, davanti ad una provocazione, per quanto presa potesse essere dalla situazione, Emma non era tipo da rimanere in silenzio.
Sorrise a sua volta.
"Potrei stupirla, signora sindaco."
Regina continuó a sorridere fissandola.
"E sia allora."
Sentí, allora, la sua mano venire avvolta da dita fredde, cui presa sicura tuttavia non fece altro che mandare un dolce brivido caldo su per il suo braccio.
Mantenne il sorriso sul suo volto, pur sentendo qualcosa di decisamente strano travolgerle il cuore, mentre fissava i suoi occhi che lentamente si riempivano di una luce speciale, più brillante delle stelle e più viva delle onde che continuavano ad infrangersi a ritmo regolare sulla riva.
Poi, la musica partì, note sottili e d'inizio appena percepibili nella notte, quasi solo un battito di cuore, un passo leggero.
 
Chissà per quale azzurra volontà,
In quell'istante hai detto alla mia anima
Che volevi la luna come me
E con il suo infinito andare via
Il tempo ci ha concesso solo un attimo
Per fermare la corsa e per scendere qui,
Da questa malinconia, regina di un falso vivere.
 
Sentí la mano di Emma circondarle la vita e la assecondò poggiando la propria sulla sua spalla.
E nel momento in cui mossero il primo passo, imperfetto, forse confuso, quasi abbozzato, Regina non poté piú dire chi fosse a guidare quella danza, né cosa stesse accadendo di preciso, perché tutto divenne come avvolto in una nebbia, confuso, sfocato, forse a causa dell'alcol, forse di qualcos'altro, ma si accorse  che non le importava poi davvero.
 
Abbracciami, lascia che il cielo s'innamori un po' di noi,
Riscaldami, stanotte è freddo come non è stato mai!
 
E non le importava perché era bello, piacevole, lasciarsi cullare da un minuto di nulla nel flusso del presente, un attimo privo di pensieri e preoccupazioni, un attimo di calore nella fredda notte, perché dopotutto la confusione, l'incertezza, per una vita calcolata e fin troppo spesso temuta, non era un male.
 
Abbiamo solo questa eternità
Per raccontarci tutti i nostri lividi,
Ma restiamo in silenzio io e te,
Perfetti sconosciuti in sintonia,
Due linee parallele che si incontrano
Sulla giostra del mondo che passa di qui,
Scordando la sua follia, padroni di un altro vivere.
 
Ma giunse, d'un tratto, mentre seguiva i suoi passi o forse mentre faceva seguire ad Emma i propri, giunse un soffio di vento, fece tremolare la fiamma di una candela, si insinuò tra le vesti, ed insinuò un improvviso senso di vuoto nella mente, una perplessità.
Perché c'era ordine, nel loro disordine.
E non c'era un senso, nel loro essere lí, ma c'era un senso nell'essere insieme. Lo stesso essere insieme trovava un senso da sé, ne aveva l'abilità, e dunque forse anche l'essere lí doveva averne uno. E, se lo aveva, allora doveva essere tutto il resto del mondo a non avere senso. Ad essere una semplice follia.
Ma era strano, troppo strano, pensarci confondeva tanto.
Perché in fondo, se Regina provava a ripensare a tutto quello che erano state loro in passato, e se provava a pensare a quello che erano nel presente, si poteva accorgere che c'era cosí tanto che avevano in comune, cosí tanto di cui avrebbero potuto parlare, che la reale stranezza, incomprensibile ed al tempo stesso, lo sapeva, per loro inevitabile, era il non essersi mai fermate a farlo.
Spesso lo avevano colto, l'una negli occhi dell'altra, quel barlume di comprensione profonda, quella scintilla di sguardo riflesso, ma mai esso aveva trovato una via nelle parole. Mai.
Da un certo punto di vista, era un po' come se in tutto quel tempo fossero rimaste le stesse sconosciute che si erano incontrate in una sera d'ottobre anni e disastri prima.
 
Abbracciami, stanotte è un sogno che facciamo solo noi,
Difendimi come quel figlio che non cresceremo mai.
 
Ma c'era anche un ché di doloroso, in tutto quello, realizzò. C'era qualcosa di doloroso, in quello sguardo incantato e perso che Emma aveva incollato al suo volto, con cui pareva assorbire ogni bagliore di fiamma che vi si posava ed ogni ombra che vi si proiettava.
Ed il dolore era nel fatto che Regina si accorse di averlo già visto, forse innumerevoli volte, ma sempre così vago e sfuggente da farle quasi credere che non fosse vero, che non fosse lí e che fosse solo lei a vederlo, forse per presunzione, forse per disperazione.
Ma invece ora era innegabile, impossibile ingannarsi. Quello sguardo era lì, fisso su di lei, non le lasciava via di fuga.
E allora era doloroso pensare come quella notte potesse essere un sogno, un dolce sogno realizzato, ma pur destinato a finire, come ogni sogno, a poter restare solo nel profondo del loro cuore, racchiuso nell'angolo di mente che non lo avrebbe mai dimenticato.
 
E poi, Regina si concentrò per un attimo sulle parole di quella canzone, e si rese conto che parlava di loro.
Si rese conto, in quella che era poco più che un'estetica illusione, che quello che avevano vissuto, il modo in cui le loro personalità si erano incontrate, dopotutto, somigliava ad un abbraccio. Un'unione contro tutto e tutti, in nome di ciò che le accomunava, anche quando non sembrava che fosse cosí.
Un difendersi a vicenda ed un accettare di essere dall'altro difesi, quando non lo avevano mai fatto prima.
Un completare una vita, la vita di loro figlio, dandogli l'una quello che non poteva dargli l'altra, circondandolo di un amore che, ne era certa, mai avrebbe potuto ritrovare in tal misura ed intensità in tutta la sua vita. 
 
Abbracciami e il mio corpo sarà il tuo,
Riaccendimi la vita, amore mio!
 
E per un singolo, folle istante, arrivò ad accettare, senza riserva alcuna, che quella richiesta agli argini della disperazione fosse la sua, il motivo per cui aveva sentito il suo cuore scalpitare fin troppe volte nel suo petto, che le si rivelava ora come la più ovvia ed al tempo stesso ragionata delle verità.
E le spezzò il cuore.
 
Abbracciami, perché il domani è adesso e adesso te ne vai.
Ricordati che in questo perdersi esistiamo solo noi.
 
Le spezzò il cuore perché, così come giunse ad accettare, per la prima volta, l'esistenza di quella verità, ne colse al tempo stesso l'intrinseca impossibilità.
Che non aveva ragione, o forse solo troppo dolore alle spalle.
Che pareva essere disegnato nelle stelle, quelle stesse stelle che le guardavano e sovrastavano, che dovesse essere cosí.
E allora c'era qualcosa di tragico, si, nel modo in cui tutto quello sarebbe finito. Nel modo in cui era cominciato come uno scherzo, sul calar della sera, e sarebbe finito come la più amara condanna, al sorgere del sole, perché esso avrebbe sbiadito ogni illusione.
Eppure qualcosa, qualcosa per sempre sarebbe rimasto, forse solo un ricordo sbiadito, buio e sfocato, ma, all'interno di esso, sarebbero rimaste pur sempre loro.
Loro, e quella bellezza inevitabilmente perduta che, per una notte, avevano inconsapevolmente posseduto.
 
La canzone finì, il silenzio piombò sulla spiaggia deserta e solo allora Regina si accorse di star piangendo. Se ne accorse per una sensazione di umido sulla guancia, e per l'espressione stupita e preoccupata sul volto di Emma.
"Regina..." deglutí. Anche lei aveva la voce roca.
"T...tutto bene? Stai bene?" le tolse le mani di dosso, abbandonando le braccia lungo i fianchi e  stringendo nervosamente i pugni, pur senza allontanarsi.
Regina riprese il controllo di sé. Non doveva andare cosí. Non si era ubriacata a tal punto da lasciarsi andare, non poteva usarla come scusa. Non era giusto e non era da lei.
Si asciugò rapidamente gli occhi.
"Si, sto bene. Scusa, l'aria fredda mi ha irritato gli occhi."
Emma continuò a fissarla. Poi disse solo.
"Oh...ok."
Ma quando tornarono a guardarsi negli occhi ancora nessuna delle due si era allontanata, e per un istante quella distanza parve più irrisoria che mai.
Ma cosa stava facendo Regina, su una spiaggia in una notte di febbraio, a pochi centimetri dalla donna che le aveva da poco rovinato il lieto fine, ancora una volta, che aveva la sua vita, con cui contendeva l'amore di suo figlio, che, semplicemente, era figlia della sua più acerrima nemica?
Il punto era, si accorse, che, pensandoci allora, tutte quelle considerazioni non sembravano altro che bugie.
E questo la spaventò più di tutto.
Fece un passo indietro.
Emma la lasciò fare, senza dire nulla. Solo fissandola, con sguardo intento, forse lo stesso sguardo di prima, solo che ora faceva male.
Si voltò verso il mare e tornò a respirare.
Era davvero fredda, quella sera, e l'odore del mare si insinuava pungente nelle radici.
Non era spiacevole però, no. Dava di purezza, buie profondità e libertà.
Emma, che ancora non aveva detto una parola, seppellí le mani nelle tasche dei jeans.
"Beh allora...magari adesso é ora che vada. Fa freddo, non vorrei che...prendessi qualche malanno."
La voce insicura, una patetica scusa.
Regina sorrise appena. Emma che si preoccupava per i malanni, lei che se ne andava in giro in qualsiasi stagione con quella ridicola giacca di pelle.
Scosse appena la testa.
"Non hai bisogno di mentire, sai? Non c'è nessuno a sentirti qui."
Non le giunse risposta, e per un attimo giunse a credere di essere addirittura più ubriaca lei di quanto lo fosse Emma.
Poi però, Emma parlò, quasi sussurrando.
"È solo che...è un po' strano tutto questo, no?"
Regina si voltò a guardarla, quasi sorpresa di sentirla nuovamente, e sollevò un sopracciglio, divertita.
"Un po' strano? Cosa, che lei mi abbia chiesto di sposarmi, signorina Swan..."
E sentí un lieve calore salirle alle guance, a quelle parole, sebbene il suo intento fosse di scherzare.
Per quanto finte e assurde,  avevano...un certo effetto. Un effetto che di certo in quel momento non le avrebbe fatto comodo riconoscere come tale. Molto più facile dare la colpa all'alcol.
Continuò.
"...o che siamo qui nel bel mezzo della notte su una spiaggia deserta a morire di freddo?"
Emma rise, ma non suonò poi così genuina, né ubriaca.
"Entrambe, suppongo."
Poi sollevò improvvisamente la testa, sgranando gli occhi, quasi avesse appena avuto una realizzazione.
"Aspetta, stai davvero morendo di freddo?"
Proprio in quel momento, un brivido percorse la pelle di Regina, quasi a confermare quelle parole.
In un istante, si accorse di provare improvvisa nostalgia per quel calore che l'aveva fatta stare bene fino a qualche minuto prima, quel calore che aveva trovato tra le braccia di Emma.
Si accorse di volerne ancora.
Si strinse nelle spalle, cercando di distogliere la sua mente da quell'improvviso, intenso desiderio.
"Beh, caldo non fa..."
Istantaneamente, Emma iniziò a  sbottonarsi il cappotto. Regina la guardò, stranita.
"Emma, che cosa stai facendo?"
"Hai freddo, no?" rispose lei, come fosse la cosa più naturale del mondo. Si sfilò il cappotto.
"Che razza di marito sarei se non ti offrissi la mia giacca?" chiese, ridendo poi appena.
Ma, prima che potesse accorgersene, Regina aveva già invaso il suo spazio personale e poggiato un paio di mani gelide sulle sue, bloccando i suoi movimenti, e un paio di occhi profondi ed inamovibili nei suoi, bloccando i suoi pensieri ed il suo respiro.
"Non blaterare sciocchezze e rimettiti la giacca, Emma."
Disse, decisa. Poi, dopo un momento in cui parve pensarci su, aggiunse, con tono più morbido.
"Non sono il tipo moglie che va protetta. Sono più che capace di badare a me stessa da sola."
E per quanto avesse dovuto fare uno sforzo per pronunciare quelle parole, solo per non far sentire Emma troppo a disagio o aggredita, dal momento che aveva voluto solo usarle una gentilezza, riuscì a sorridere ugualmente.
Emma, dunque, era rimasta immobile. Qualcosa tra l'incantato e l'indeciso negli occhi, fissi prima nei suoi, poi poco più giù.
Si riscosse, finalmente.
"Ok...vuoi andare via?"
Ed era strana, quella domanda, dubbiosa e quasi timorosa.
Regina rifletté sul fatto che non rispecchiasse la verità.
No, non voleva andare via. Non più, anche se non ne capiva ancora il perché.
Scosse appena la testa.
"No. Tu?"
Emma deglutí, ancora leggermente dispersa.
"Ok...no. Allora cosa dici se...almeno ci sediamo?"
Chiese, il cappotto ancora stretto tra le mani.
Un brivido la scosse e Regina si affrettò a strapparle l'indumento per poggiarglielo sulla schiena.
"Si, a patto che tu ti copra."
Emma annuí, quasi vinta, solo per protestare scuotendo la testa un attimo dopo.
"No! Non ho freddo, sto bene!"
La bruna roteò gli occhi, dandole le spalle e avvicinandosi alla riva.
"Certo, come no... lascia perdere."
Ma fu il suo turno di restare sorpresa, quando sentì improvvisamente qualcosa circondarla, immobilizzandola per la sorpresa, e una voce sussurrarle qualcosa, più vicina all'orecchio di quanto le avrebbe permesso di non rabbrividire.
"Hai detto di avere freddo, non posso lasciar perdere."
Rimase ferma, Regina. Qualcosa a batterle forte nel petto.
Un impulso sconosciuto la portò a voltarsi, afferrando qualsiasi cosa si stesse trovando alle sue spalle, istintualmente.
Emma la guardò, sorpresa: era la sua camicia, quella che aveva afferrato.
"Tutto...bene?" le chiese la bionda, a voce ancora più bassa di prima.
Regina si accorse quasi solo allora di quanto...bizzarra, se non assurda, fosse la situazione, e la lasciò subito andare, distogliendo lo sguardo.
A quanto pareva, Emma aveva ignorato le sue proteste e le aveva ugualmente messo il suo cappotto sulle spalle, rimanendone priva.
Rendendosene conto (e soprattutto volendo cancellare quanto appena avvenuto- promise a sé stessa di non ubriacarsi mai più) cercò di recuperare credibilità colpendo Emma sul petto. Quest'ultima fece un passo indietro sollevando le mani in segno di innocenza, già pronta a difendersi.
"Che cosa ho fatto per..."
"Adesso mi stai a sentire, Emma. Ti prendi questo cappotto e te lo metti perché non ho nessuna intenzione di passare la prossima settimana a curare la tua febbre, chiaro?"
Subito Emma rispose.
"E perché dovresti curare la mia febbre? Per una settimana poi! Non mi pare di aver mai..."
Si zittí, ed un ricordo si insinuò, in contemporanea, nella mente di entrambe.
Aveva già curato la sua febbre in passato, Regina. L'aveva tenuta nella sua stanza degli ospiti per un'intera settimana, solo perché -aveva rivelato tra il sonno, la veglia e il delirio- non aveva intenzione di andare da sua madre ed era, più in generale, troppo cocciuta per prendere medicine o chiedere aiuto a chiunque.
Non curandola, la sua febbre aveva raggiunto livelli decisamente preoccupanti, al punto che era stato Henry ad andare da Regina quasi a supplicarla di prendersi cura di sua madre.
E beh...il concetto che aveva Regina di "prendersi cura" puntava senz'altro all'efficienza prima di tutto, e alla gentilezza solo in secondo luogo, ragion per cui Emma non aveva avuto la benché minima possibilità di opporsi, né tantomeno di protestare. Non che poi avesse tutta questa forza, o questa voglia, di farlo.
Tuttavia, questo non le aveva impedito di metterci ben sette giorni per guarire.
Giorni in cui Regina, se non fosse stato per Henry, sarebbe stata accusata di sequestro di persona e di chissà cos'altro.
Proprio per questo, la bruna alzò un sopracciglio, guardandola a braccia incrociate, e l'altra non poté che distogliere lo sguardo.
"Ok, una volta è successo, ma..."
"Emma."
Lei alzò lo sguardo.
"Mn."
"Vieni qui."
Emma tentò un paio di passi, avvicinandosi a lei.
Nel frattempo, Regina si sedette sulla sabbia, e lei rimase a fissarla, perplessa.
Poi, la bruna alzò la testa e tese la mano verso di lei.
"Su, vieni."
Emma si sedette.
"Avvicinati."
Si avvicinò, e a Regina quasi venne da ridere per la paura presente nei suoi occhi.
Poi, si tolse il suo cappotto dalle spalle e lo mise anche su quelle della bionda.
Se quello era l'unico modo per farla coprire, che fosse.
Non importava che dovessero sedere spalla contro spalla, di fronte al mare, illuminate appena dalle candele quasi consumate.
Non importava che desse più calore il corpo dell'altra e la sua stessa presenza, di qualsiasi cappotto.
Emma non disse una parola, e non la fermò. Restò immobile, portandosi le ginocchia al petto, e si fece avvolgere da quel piacevole calore.
E in fondo, non c'era niente da dire. Non c'erano parole che valessero quel momento, la sua semplicità, la sua profondità, la sua bellezza.
Era strano pensare che dopo tutto quello che avevano vissuto insieme fossero arrivate a quello. O forse, erano arrivate a quel punto proprio a causa di tutto quello che avevano vissuto insieme.
A quello scaldarsi il cuore strappando un momento al freddo dell'inverno, e strappando una pagina all'inverno delle loro storie.
Poi, dopo un tempo indeterminato, fatto di occhiate rubate, brividi nascosti e respiri profondi, Emma deglutí e iniziò a parlare.
"Sai io...non credo che dovremmo continuare nella ricerca dell'autore."
Esalò, la voce forzatamente leggera, per poi tornare a tacere.
Regina la guardò stupita.
"Cosa? Perché?" si rabbuiò:" non vuoi più aiutarmi?" chiese a bassa voce.
Emma si voltò subito verso di lei e posò una mano sul suo braccio.
"No! Cioè sì, certo che voglio aiutarti, e voglio che tu ottenga il tuo lieto fine, ma..."
Ritirò la mano e distolse lo sguardo, arrossendo leggermente.
"...ecco io...non sono sicura che questo sia il modo migliore per farlo."
Regina sbuffò, ironia nel suo tono quando parlò.
" E ce ne sarebbe un altro?"
Ma, ancora una volta, era strano, perché Regina era certa che no, non ce ne fosse un altro, eppure qualcosa dentro lei quasi sperava che Emma le desse una risposta diversa.
La bionda tacque per interminabili secondi. Poi prese un profondo respiro, stringendosi nelle spalle.
"Voglio solo dire che...insomma, guarda noi!"
E Regina non seppe spiegarsi il perché ma il suo cuore sussultò a quelle parole.
"Secondo il libro, eravamo destinate ad odiarci. Io sono la salvatrice, avrei dovuto volerti annientare, sconfiggere, chissà, forse persino uccidere, e tu avresti dovuto fare lo stesso con me. Però non mi é mai passato per la testa di ucciderti, né in realtà ho mai voluto annientarti davvero, e di certo non lo voglio ora, percui...voglio solo dire che magari il libro, l'autore, può anche avere torto a volte, e tu potresti convincerti che il tuo lieto fine sia quello che lui deciderà ma...magari sarà sbagliato. Non puoi saperlo."
Regina distolse lo sguardo e annuì appena.
"Ho capito cosa vuoi dire."
Emma sorrise:" Andiamo, non siamo favorite dalle storie, sappiamo come andrebbe."
"Disse la salvatrice..."
"Fidati, non sono favorita dalla mia storia quanto sembra."
A quello, Regina non rispose. L'altra riprese subito a parlare.
"Magari potrebbe...chessò, indicarti come lieto fine un uomo orribile, una sorta di scimmione peloso con una strana tendenza a tirare cose e ad abbandonarle poi lí dove sono finite."
Regina rise a quello. Poi si fermò, realizzando che Emma non stava facendo un esempio a caso.
Quando si voltò a guardarla però, trovò un'espressione cosí incantata sul suo volto che per un attimo si scordò quanto stava per dire.
Si schiarì la gola, recuperando.
"Emma...so di chi stai parlando. Non puoi parlarne cosí."
Emma alzò le mani :" ok, ok, chiedo perdono, ma...insomma, conosco tutte le vicende, le circostanze, il destino e quello che vuoi ma...per me resta il fatto che ti ha abbandonata."
"Per salvare sua moglie! Che diritto hai di giudicarlo? Anche tu hai salvato sua moglie."
Emma si rabbuiò.
"Già, e dovrei pentirmi di averlo fatto..." sussurrò, tornando a stringersi le ginocchia al petto.
Regina, che si era rattristata alla ripresa di quel discorso e di quei pensieri, parve come riscuotersi.
Le diede una leggera spinta.
"Emma! Non devi dire così."
La bionda la guardò e lei si strinse nelle spalle.
"Insomma, anche io sono arrivata ad accettare il tuo gesto, è stato senza dubbio giusto, perciò...tu sei la salvatrice, non puoi pentirti di aver salvato una vita."
Emma allora sospirò, alzando lo sguardo alla luna piena di fronte a loro.
"Non lo so, Regina, é che sembra tutto cosí sbagliato..."
La bruna distolse lo sguardo.
"Già...forse lo è." sussurrò.
L'altra non disse nulla per un po'. Quando parlò di nuovo, il suo tono era tornato leggero e scherzoso.
"Però cosa ne sai, magari l'autore ti consiglierà davvero un brutto scimmione!"
Regina tornò a sorridere.
"Magari no."
"Correresti il rischio?"
Allora, la bruna cedette all'evidente tentativo di Emma di farla ridere. Nuovamente vide quell'espressione incantata sul suo viso, questa volta però ancora meno sveglia di quanto fosse apparsa prima, anche se non era certa che lei non lo stesse facendo di proposito.
Certo, l'incanto pareva vero, ma anche quasi...volontariamente accentuato.
"Senti..." iniziò Emma:" ...per quanto riguarda quel bacio di prima..."
Il cuore di Regina perse un battito, si sforzò di non pensare al perché.
Restò impassibile, riuscí persino a suonare spazientita.
"Emma..."
"Ok, ok capito. Scusa."
Vide la bionda alzarsi subito dopo, quasi avesse improvvisamente fretta di andarsene, o quantomeno di allontanarsi da lei, perdendo naturalmente il cappotto nel movimento.
"Ok, fa davvero, davvero, freddo qui, e le candele si sono praticamente spente quindi...siamo anche rimaste al buio. Cosa ne dici se ci trasferiamo nella mia macchina? Se...se non vuoi tornare a casa, ovviamente."
Terminò, seppellendo le mani nelle tasche dei pantaloni e guardandola.
Regina nel frattempo aveva già iniziato ad alzarsi.
"Finché non decidi di guidarla, la tua macchina, accetto l'invito."
Emma la guardò a bocca aperta, fingendosi stupita.
"Regina! Sono ubriaca, non posso guidare!"
"Quindi lo ammetti." rispose la bruna, leggermente divertita.
L'altra si finse accigliata.
"Sono uno sceriffo responsabile, cosa credi?"
Regina sospirò, facendo scomparire le candele con la magia e incamminandosi verso la strada, subito seguita da Emma.
"Emma, tu sei tutto tranne che responsabile."
"Tutto? Quindi anche intelligente, simpatica ed irresistibile?"
La bruna si fermò un attimo dandole la possibilità di affiancarla. Sorrise a metà nel risponderle.
"Forse."
"Ah! Segnerò queste tue parole e te le ricorderò la prossima volta che mi dirai che sono un idiota!" esclamò Emma, entusiasta come un bambina.
Regina, nonostante tutto, non poté evitare di sorridere di più, nascondendoglielo voltando il viso.
"E io negherò di averle dette."
Emma si fermò improvvisamente.
"Non puoi! Non é valido!"
Ma Regina non la assecondò, cosí le toccò riprendere subito a camminare.
"Oltretutto..." iniziò la bruna, con tono calmo:" quello che ho detto non esclude che tu sia un'idiota. Tutto, ricordi?"
"Ma...è una contraddizione!" ribatté Emma, oltraggiata in modo alquanto ridicolo.
"Non lo è." replicò l'altra, sempre con estrema calma.
"Come posso essere intelligente e idiota allo stesso tempo?"
Raggiunsero la strada, Regina si ostinò a non guardarla.
"Per me lo sei."
"Sono un idiota solo per te, in ogni caso!"
Le urlò dietro Emma, cercando con esilarante impegno di sostenere la sua posizione.
"Già, solo per me..."
Rispose Regina in un sussurro, forse udito o forse no, inspiegabilmente pesante.
Dopo pochi passi, raggiunsero l'auto.
 
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L'abitacolo, d'inizio freddo, si riscaldò presto dopo un paio di minuti di motore acceso.
Da che erano entrate, Regina non aveva detto una parola. Uno strano stato d'animo era calato su di lei. Sicurezza, in parte, di essere in un luogo cosí raccolto ed inspiegabilmente familiare, al tempo stesso incomprensibile ansia, quasi quelle pareti potessero scegliere di chiudersi su di lei da un momento all'altro. Ma soprattutto, malinconia. Si, malinconia, al pensiero che quella serata stesse per finire. Perché poteva essere stata assurda, sconclusionata e sciocca, eppure...eppure in fondo le era piaciuta, e ormai non poteva più negarlo a sé stessa.
Sperava solo di riuscire ancora a negarlo ad Emma, sebbene d'un tratto non le paresse più così importante farlo.
Quando il sistema di riscaldamento ebbe garantito loro una temperatura accettabile, Emma spense il motore e scese dall'auto per poi rientrare goffamente, anche a causa dell'alcol, sui sedili di dietro, dove era già Regina, urtandola nel movimento poco garbato.
Quest'ultima la fissò stranamente.
Quando si accorse del suo sguardo, la bionda si strinse nelle spalle:" cosa c'è? qui fa più caldo. E poi come faccio a parlarti dal sedile davanti?"
Regina alzò un sopracciglio.
"Parlarmi? E di cosa dovresti mai parlarmi?"
Ancora una volta Emma si strinse nelle spalle.
"Beh, non lo so, ma di certo non staremo in silenzio."
"Certo, sarebbe troppo difficile per te."
Emma non rispose, ed in un istante parve quasi lontana miglia da lì, con lo sguardo perso fuori dal finestrino. Anche stranamente...triste, al punto che più volte Regina fu tentata di chiederle se andasse tutto bene, infrangendo la sua premessa di silenzio.
Si trattenne a lungo dal farlo, finché non ci riuscì più.
"Emma..."
"Mn"
"Che hai?"
Emma si girò e la guardò. La guardò cosí a fondo, con cosí tanta concentrazione, nel silenzio dell'abitacolo scalfito solo dai loro respiri, che a Regina vennero i brividi. Ed era forse anticipazione, anticipazione di qualcosa di magnifico e spaventoso, qualcosa di inaspettato, qualcosa di...
"Niente."
Con una parola, l'altra smontò l'atmosfera.
Regina distolse lo sguardo, sentendosi una stupida. Cosa si stava aspettando, realmente? Preferí non scoprirlo.
"Cosa diremo su questa serata? Ai tuoi, ad Henry...cosa dirai a Killian?"
Emma parve d'un tratto quasi arrabbiata.
"Cosa vuoi che dica? Esattamente la verità. Non sono forse libera di trascorrere il mio tempo come preferisco?"
"Emma..."
"E poi" continuò l'altra, ignorandola:" non vedo perché a qualcuno dovrebbe interessare cosa ho fatto. Non vedo come qualcuno potrebbe permettersi di chiedercelo!"
"Sai bene che tua madre lo farà. E se non lo chiederà a te, o se non le risponderai, di certo vorrà saperlo da me. Siamo andate avanti, ma quando si tratta di te... è diverso. E Killian è il tuo fidanzato, mi sembra normale che ti chieda con chi hai trascorso la serata di San Valentino."
Emma ispirò profondamente, una rabbia che davvero Regina non avrebbe saputo giustificare nei suoi occhi.
"Se osi nominarlo solo un'altra volta..."
Ma Regina, ubriaca o meno, non era tipo da accettare minacce senza ribattere e senza tantomeno capirne il motivo.
Si girò verso di lei sul sedile.
"Perché, Emma? Avanti, ora spiegami il perché! Dimmi cosa c'è che ti turba tanto e ti impedisce di goderti il lieto fine che a te, a differenza mia, è stato concesso!"
"Perché lui non è il mio lieto fine!"
Esclamò a voce alta Emma, ed improvvisamente parve come se la gabbia che tratteneva una bestia feroce si fosse aperta, lasciandola uscire, ed ora non si poteva far altro che avere a che fare con le conseguenze.
Restò a fissarla, ansimante, mentre a Regina si bloccò il respiro.
-Cosa significa che lui non è il suo lieto fine? Di certo non si può definire un grand'uomo, ma lei lo ha scelto, continua a stare con lui, quindi perché…-
Perché. Già, perché. Il quesito in cui sembravano confluire tutte le realtà dell'universo.
Perché.
Poi, Emma distolse lo sguardo.
"Solo perché tu hai perso il tuo lieto fine, non vuol dire che tutti quelli che ti circondano debbano stare meglio di te. "
Disse solo, tetra e più seria (e lucida) di quanto fosse mai stata.
Regina scosse la testa, quasi incredula, senza mai distogliere lo sguardo da lei.
"Davvero? È così? E allora perché non fai qualcosa per cambiarlo? Perché continui a stare con lui quando non è quello che vuoi? Perché, a giudicare da come ti stai comportando stasera, sembra che tu non lo sopporti affatto."
"Perché non è cosí facile, Regina." le rispose l'altra, suonando quasi esausta.
Ma Regina non aveva alcuna intenzione di lasciar cadere la cosa cosí, perché se lei non era brava ad aprirsi, Emma lo era ancor meno di lei, ogni volta che provava a parlarle quando credeva ci fossero dei problemi, lei scappava, e per questo sapeva che non si sarebbe ripresentata una simile occasione per sapere come stessero davvero le cose.  Ed in fondo, lo voleva cosí tanto solo perché voleva che lei stesse bene, a prescindere da qualsiasi rancore potesse portare nel cuore.
"Perché? Cos'è che te lo impedisce?"
Chiese, questa volta con più calma. Ma pareva che fossero due macchine che funzionavano in modi opposti, loro due, perché non appena l'una si calmava, era il turno dell'altra di agitarsi, per poi agitare nuovamente anche la prima,  continuando cosí a condizionarsi in un moto perpetuo.
Infatti, Emma rise, di una risata falsa, amaramente divertita.
"È inutile, tanto non capiresti. Nessuno di voi capirebbe."
"Provaci. Sei la salvatrice, nessuno può dirti cosa fare. Cosa c'è di cosí difficile?"
Emma si voltò a guardarla, ancora con quel sorriso ironico e quello sguardo disperato negli occhi.
"Cosa c'è di difficile...già, cosa c'è di difficile? Per voi è tutto facile, no? Per voi avere un destino già scritto nella maniera migliore è facile. Tu, come tutti gli altri, pensi che solo perché sono la salvatrice la vita mi si apra davanti senza difficoltà alcuna, dandomi tutto quello che desidero, senza che io mi sforzi neanche per ottenerlo, no?"
Lo sguardo di Regina si scurí.
"Non penso questo. Non paragonarmi a quella plebaglia."
Emma rise di nuovo.
"Sai Regina, è strano, pretendi di essere cosí al di sopra di tutti, eppure la tua concezione di me non è diversa dalla loro. Per te, sono solo la salvatrice venuta qui per strapparti ogni possibilità di lieto fine, che sia tuo figlio, o il tuo potere, o il tuo...amato. Per te conta solo questo. E non importa in realtà quante volte io provi a chiederti scusa e provi a dirti che...non ho mai voluto farlo, tu continuerai ad incolparmi a prescindere, semplicemente perché credi che il destino che mi è stato riservato sia migliore del tuo. E forse lo è, non dico no. Ma di certo non é...felice, o semplice come tutti voi credete.
Neanche io ho tutto quello che voglio, neanche io ho avuto...una vita priva di sofferenze, anzi. E sai, la cosa buffa é che la maggior parte di queste, anzi, forse tutte, sono state causate proprio da questo mio...destino, già scritto. Avrei potuto avere una vita normale, avrei potuto essere felice, e invece sono sempre stata abbandonata, le cose sono sempre andate per il peggio per me, e perché? Solo perché sarei dovuta arrivare qui, un giorno."
Regina non riuscì più a trattenersi e la interruppe.
"Già, eppure non hai ancora risposto alla mia domanda. Perché continui a renderti infelice? Perché sei ancora con lui se lui non è evidentemente quello che vuoi?"
"Perché non posso avere, quello che voglio, Regina! È cosí difficile da capire?!"
"E si può sapere cos'è che vuoi? Cosa c'è di cosí irraggiungibile?" sbraitò Regina, a sua volta.
Ma si era ormai acceso qualcosa, negli occhi di Emma, qualcosa che le impedí di risponderle, che la costrinse, invece, a fissare l'altra in silenzio per un paio di istanti, prima che Regina la ritrovasse ad un respiro da sé, a bloccarla al sedile con il peso del suo corpo, e a calamitare i suoi occhi con la semplice attrazione dei propri, e dello sguardo perso, disperato ed affamato al loro interno.
Respirò, per un momento, un vago sentore di alcol.
Poi, le sue palpebre crollarono, tutto divenne improvvisamente buio, dolce oblio e soddisfazione a cui si abbandonò.
Come se avesse trovato ciò a cui aveva teso, e che aveva aspettato e forse inconsciamente desiderato, fino ad allora.
Emma la baciò, infrangendo quel respiro che le divideva, con una decisione tale da non lasciare dubbi sull'intenzionalità di quel gesto, e con una passione tale da dare l'impressione di non aver voluto fare altro da ore, giorni, forse anni.
E Regina rispose a quel bacio senza doverci neanche pensare. Le venne così automatico che ne fu terrorizzata, eppure non furono di terrore i brividi che sentí percorrerla da capo a piedi.
Ed era buffo, le labbra di Emma erano come aveva sempre immaginato che fossero. Non che avesse pensato spesso a come dovessero essere, le labbra di Emma.
Non troppo spesso, ad ogni modo.
E durò un'eternità, morbida e dolcissima, e al tempo stesso troppo poco.
Poi, Emma si ritirò, il fiato corto.
La fissò, come se le avesse risposto, ma Regina non era in condizioni di risponderle a sua volta.
Per lunghi secondi, tutto quello che riuscí a fare fu guardarla, senza parole, senza pensieri, con un unico desiderio, assurdo ed irrazionale, di afferrarla e di riprendersi ciò di cui era appena stata privata.
Per vendetta, non per altro.
Perché Emma non era nessuno per trattare cosí una regina. Decisamente nessuno.
Decisamente, lo avrebbe fatto solo per vendetta.
Ma, con grande sforzo, evitò di farlo a prescindere.
Deglutí.
Emma, improvvisamente, arrossì e distolse lo sguardo, iniziando a ridere.
E non aveva la lucidità necessaria Regina per capire se quella risata fosse vera o falsa. Solo, non sembrava sobria.
Quando si calmò leggermente, Emma si grattò lievemente il retro del collo.
"Beh, a quanto pare alla fine mi sono presa quel bacio che volevo, no?"
Si fece improvvisamente seria, in maniera quasi comica, e la guardò negli occhi.
"Scusami."
Poi si voltò, sistemandosi più comodamente sul sedile.
"Ad ogni modo...ci siamo appena sposate, quindi non ci vedo nulla di male, no?"
Regina avrebbe dovuto rispondere. Lo sapeva, che avrebbe dovuto rispondere. Solo che non trovava né le parole né l'aria necessaria per farlo. Alla fine si sforzò di deglutire e di tirar su un sorriso:" no" disse solo, voltandosi a sua volta, inconsciamente cercando di porre una distanza tra sé e la bionda.
Rimasero per un po' in silenzio, Regina ancora profondamente turbata e sorpresa, ed Emma  in un apparente stato di beatitudine messo in mostra dal lieve sorriso idiota che le curvava le labbra.
"Comunque, per quanto mi riguarda, puoi dire che abbiamo passato la serata a bere e...parlare. "
Disse dopo un pò. Si voltò su di un fianco verso di lei e chiuse gli occhi.
"Di certo non andrò in giro a raccontare di tutto questo, puoi stare tranquilla."
Aggiunse, con un tono cosí pacifico che Regina, ancora una volta, non riuscì a dir nulla.
A giudicare dalla sua espressione e dalla posizione da lei assunta, Emma aveva ogni intenzione di dormire e, nello stato in cui si trovava, Regina non provò neppure ad impedirglielo. Si limitò a fissarla a lungo, fin quando questa non si avvicinò ulteriormente a lei con un rapido movimento, e, anziché sul sedile, poggiò la testa sulla sua spalla.
Regina rimase immobile.
Passarono svariati secondi, forse minuti. Poi, Emma si avvicinò ancora di più se possibile e la bruna non poté fare altro che fissare il proprio sguardo su di lei, sul suo viso rilassato e, ora poteva ammetterlo nei meandri della sua psiche, bellissimo.
Sorrise, approfittando dei suoi occhi chiusi.
Si accorse di non avere alcuna voglia di parlare, di provare a svegliarla o ad allontanarla da sé.
E in effetti non poteva dirsi certa che Emma fosse davvero così ubriaca ancora da fare tutto quello inconsciamente, ma non poteva neanche affermare che non le stesse piacendo, perché sarebbe stata una bugia.
Poi, la sentí biascicare qualcosa.
"Sai, penso che avrei davvero potuto sposarti, in un altra vita."
Poi, il suo capo divenne impercettibilmente piú pesante, il suo respiro piú profondo, e Regina capí che si era addormentata.
Restò ancora a guardarla, tuttavia, come in trance.
Poi, abbandonando la testa al sedile a sua volta, quasi arrendendosi, sussurrò qualcosa a sua volta.
"Già, in un'altra vita...."
 
15 Febbraio
 
Un bussare sommesso la fece sobbalzare. Si schiarí la gola, maledicendo la sua distrazione, e si affrettò a mettere via quell'anello prima che qualcuno potesse vederlo.
Raddrizzò la schiena e, con voce più sveglia e seria possibile, disse:
"Avanti."
Tuttavia, non si sarebbe mai aspettata, dopo un bussare cosí delicato, che sarebbe stata proprio Emma ad entrare.
"Emma…" sussurrò, istintivamente, mordendosi la lingua subito dopo.
La bionda si guardava intorno circospetta, con un'espressione quasi sperduta.
"Regina...hey, disturbo?"
Regina si sforzò di distogliere lo sguardo da lei, e da quelle labbra che la sera prima aveva potuto assaggiare.
"No. Prego, accomodati. Cosa c'é?"
Emma si richiuse accuratamente la porta alle spalle. Poi, in silenzio, si avvicinò alla scrivania, senza tuttavia sedersi.
"Senti, io…" iniziò, esitante come Regina non l'aveva mai sentita, torcendosi le mani.
"...per quanto riguarda ieri sera, io…"
La bruna non poté evitare di interromperla, terrorizzata da cosa l'altra avrebbe potuto dire dopo.
"Emma, non…"
"No, davvero. Mi dispiace. Io...non ricordo molto di quello che ho fatto, però…"
Distolse lo sguardo: "...ecco, so che tendo a fare cose abbastanza stupide quando sono ubriaca, quindi spero di...non aver fatto nulla che possa averti offesa o...messa a disagio."
Si grattò appena il retro del collo, ostinandosi a non guardarla negli occhi.
Regina chiuse gli occhi per un istante, prese un respiro profondo.
"Non c'è bisogno che ti scusi, non è…"
-successo niente-, stava per dire, ma poi si interruppe.
Non era corretto dire che non era successo niente. Purtroppo, o per fortuna, lei, a differenza di Emma, si ricordava tutto piuttosto bene. Ed era piuttosto certa che quanto era accaduto non fosse stato niente.
No, forse nulla di significativo, ma non niente.
Non voleva vederla cosí.
Sospirò.
"...non hai fatto niente di male. Solo...dato un po' di matto, ma…"
Ghignò, tentando di alleggerire la tensione:
"...non ti è nuova, come cosa da fare."
Emma roteò gli occhi, ma parve visibilmente sollevata.
"Quindi...tutto apposto tra noi?"
Regina rise appena, nervosamente:" perché, é mai stato tutto apposto tra noi, signorina Swan?" chiese, scherzando.
Emma sorrise e distolse lo sguardo, eppure non parve genuinamente divertita.
"Suppongo di no."
Poi, lo sguardo di Regina cadde sul cassetto dove teneva l'anello.
La sera prima, dopo che Emma si era addormentata, era rimasta ferma per un po', fin troppo, attendendo di riprendersi a sua volta -e forse fissandola più di quanto avrebbe dovuto-. Poi l'aveva riportata sotto casa sua, pur lasciandola nella sua auto, l'aveva coperta, ed era andata via prima che si svegliasse.
Non aveva avuto occasione per parlarle, figurarsi per restituirle l'anello.
Perché era stato tutto un gioco, no? L'anello restava di Emma.
Non era significato niente, lo avrebbe sicuramente voluto indietro.
Si schiarí la gola ancora una volta e lo prese nuovamente, notando come i propri gesti fossero meno fermi di quanto avrebbero dovuto.
"Ieri mi hai...dato questo. È tuo, quindi…"
Glielo porse. Emma lo fissó per un istante. Quello che disse, poi, la spiazzò.
"Non lo vuoi?" le chiese, con gli occhi grandi e, a parere di Regina, tristi.
Regina ritirò la mano all'istante.
"No, io…"
Guardò l'anello. Certo che lo voleva. Come voleva non dimenticare mai quella serata.
"Insomma, é tuo, di certo non intendevi darmelo sul serio…"
"Invece si."
Regina sollevò lo sguardo nei suoi occhi, cercò di sondarne le profondità, solo per comprendere se si stesse riferendo all'anello, solo a quel cerchio di metallo, o a tutti i significati che ad esso erano legati, a tutti i ricordi che ormai vi erano incisi, per quanto
sciocco potesse essere.
Vide Emma deglutire.
"Si io...volevo davvero dartelo. Sai, tenerne due…" sorrise tristemente, forse momentaneamente prigioniera di una memoria lontana, dell'ennesimo rifiuto, stringendosi nelle spalle.
"...non ha molto senso.Tu sei...una bellissima donna e... questo è comunque un bellissimo anello quindi...sono certa starà meglio a te."
Sorrise più convinta ora, arrossendo appena, e l'altra non poté evitare di ricambiare quel sorriso, quasi come se ne fosse incantata, sentendo un inspiegabile peso sollevarsi dal petto.
La sua mano si chiuse sull'anello, stretta, quasi come non volesse più lasciarlo andare.
"Ok allora...grazie."
Emma parve pensarci per un secondo. Poi allungò una mano verso di lei.
Regina la guardò perplessa.
"Cosa?"
"Dammi la mano. Insomma vorrei...vedere come ti sta, almeno."
"Credo che tu lo abbia…"
-già visto ieri sera- stava per dire, ma poi si zittí.
"Va bene." disse solo, e raggiunse la sua mano con la propria, poggiandovi dentro l'anello.
Lei lo prese, e con un tocco delicato come un sospiro di piuma sollevò la sua mano.
La guardò negli occhi solo per un istante, poi fece scivolare l'anello al suo dito, restando a rimirarlo per un po'.
E per tutto il tempo gli occhi di Regina non abbandonarono il suo viso, perché c'era qualcosa di strano, di incredibile, in quanto solenne stesse rendendo quel momento, con il modo delicato che avevano le sue dita di sfiorare il suo palmo, e forse la risposta, la spiegazione, avrebbe potuto trovarla nella sua espressione, forse solo lí.
Ma non ebbe il tempo di capire, troppo breve il momento, o forse infinitamente lungo, ma non abbastanza per realizzare cosa significasse davvero.
"Grazie." fu tutto ciò che riuscì a dire.
Allora Emma sollevò lo sguardo, ed incrociando il suo tutto ad un tratto parve avere incredibile fretta. Si allontanò quasi di scatto, eppure, quando si guardarono nuovamente, nei loro occhi parve esserci un tacito accordo.
Forse di dimenticare quanto le aveva accomunate la sera prima, ma a Regina parve ancora di più come se non fosse cosí. Come se ci fosse di più, di condiviso e ancora da condividere, ma semplicemente stessero scegliendo di non farne parola per il momento.
La bionda seppellí nuovamente le mani nelle tasche dei jeans:" allora, ci sono novità sull'autore?"
A Regina servì un momento per realizzare di cosa stesse parlando e tornare in sé.
"No...non ancora."
In realtà non era in ufficio da molto, e soprattutto ancora non si era concentrata quasi per niente sul lavoro.
"Allora…"
Guardò Emma e la vide ferma davanti alla porta.
"Allora vado, sai, in stazione."
Regina fece solo un cenno d'assenso con la testa.
"Se dovessero esserci novità...avvisami, ok?"
Annuí di nuovo.
"Ok." ribadì Emma, aprendo la porta e facendo per uscire.
E non riuscì a capire, Regina, perché si sentisse come se avesse dovuto dire altro. Come se avesse dovuto forse persino fermarla.
Ma, quando non capiva, Regina preferiva non rischiare, così rimase in silenzio.
Perché forse davvero aveva smaltito l'alcol più velocemente ma al costo di quella persistente, sottile ed incerta illusione.
Emma, tuttavia, si fermò. Voltò appena il capo.
"Sai, stavo pensando...ti andrebbe se ti portassi il pranzo di Granny in ufficio e...mi fermassi poi a mangiare con te oggi?"
Ed ecco, germogliò una nuova speranza, una giovane gioia.
Sorrise, spontaneamente come non faceva forse da troppo tempo, e come si accorgeva di fare forse solo con Emma.
Rese il suo sorriso più ironico, cercando di nascondere quanto quella proposta l'avesse resa inspiegabilmente...felice.
"A cosa devo l'onore, signorina Swan?"
Emma si girò, un sopracciglio alzato.
"Signorina Swan? Davvero?"
Il suo sorriso divenne improvvisamente provocatorio, quasi come se avesse deciso di ricambiare la sua, di provocazione, come un tempo non mancava mai di fare.
"Dopo la notte scorsa, Regina…"
E Regina fu tentata di distogliere lo sguardo, come per troppe volte aveva fatto, come si era abituata  a fare, perché sapeva che quel gioco tra loro, quel gioco che ormai aveva abbandonato anni prima, era pericoloso, e poteva essere a loro fatale, ma...non lo fece.
Decise, finalmente, di non farlo più.
Decise di riprendere a giocare. E allora sostenne quel suo sguardo, e tenne il suo gioco.
"Come preferisci, Emma…"
Scandí il suo nome come aveva sempre fatto, più intenzionalmente di quanto avesse fatto nell'ultimo periodo però.
"...dopotutto, se non ricordo male sei tu quella che si è piú compromessa, ieri notte."
Ma a quello, Emma distolse al suo posto lo sguardo, arrossendo appena.
Regina si godette compiaciuta quel silenzio per qualche istante. Poi, continuando a sorridere, disse.
"Qui alle tredici. Non tardare, Emma."
Emma riportò lo sguardo su di lei e si affrettò ad annuire.
"Non lo farò."
Con quelle parole ed un'ultima occhiata, si voltò e si chiuse la porta alle spalle.
E, per Regina, improvvisamente, fu come se quella porta si chiudesse su un passato troppo grande per essere ignorato ed al tempo stesso troppo piccolo per non cercare di sopravvivere, e di prosperare, in un futuro che, per la prima volta, riconosceva essere possibile.
A prescindere dal dolore, dai giudizi e dalle stupide convinzioni.
Perché in fondo, era ancora la signora Swan.
 
 
 
P.S. La canzone che ballano è 'Abbracciami' di Marco Masini. La trovo perfetta per loro. è in italiano e ho riflettuto sul fatto che in effetti non potrebbero conoscerla (ho anche pensato di tradurla in inglese) ma alla fine ho deciso di inserirla lo stesso così com'é. Licenza poeticaXD
Grazie per essere arrivati fin qui!
 

 
   
 
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